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Autore: acetylcholine    25/06/2012    1 recensioni
Nora & Nina. Due ragazze, due amiche, due destini che si incontrano. La paura di amarsi, la paura dei giudizi degli altri, la paura di un futuro separate.
Era una giovane ragazza, dal fisico longilineo e dalla muscolatura tonica, abbastanza bella, che stava per affacciarsi alla vita con ancora la sua verginità incollata addosso.
A volte Nora si sente menomata da quella cosa, sente che la gente la prenderebbe in giro se sapesse.
Non se la tiene per valore o perché crede nel sesso dopo il matrimonio, ce l'ha perché non le piace regalare cose alla gente, perché non le piace buttare un pezzo di sé al miglior offerente.
Genere: Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Fight or Flight


La norapinefrina, in quanto ormone dello stress, coinvolge parti del cervello dove risiedono i controlli dell'attenzione e delle reazioni. Insieme all'epinefrina provoca la risposta di 'attacco o fuga'  attivando il sistema nervoso simpatico per aumentare il battito cardiaco, rilasciare energia,e aumentare il tono muscolare. Ha un'azione eccitante.
 
Nora corre, contro il tempo, contro il passato che incalza, verso il futuro che sogna, corre e non si ferma, neanche quando le manca l'aria, neanche quando sente i polmoni bruciare, i muscoli tirare.
Corre, con la musica nelle orecchie, isolata dal mondo; lo fa perché non sa fare altro, perché ha bisogno di sapere che può scappare, veloce come il vento, andare via, sparire e cambiare vita, per sempre.
Ha il cervello annebbiato ma continua a macinare metri, a sollevare i piedi dall'asfalto bollente, sempre più veloce, con sempre più passione. Non sente quasi più neanche la musica che scorre veloce, stordendola.
Non le importa della musica, riempie solo il silenzio, le da un ritmo, una scusa per non ascoltare i rumori del mondo che pressa contro le sue orecchie, che urla per essere ascoltato o preso in considerazione.
I capelli lunghi e castani si muovono a tempo con le sue falcate, le solleticano le spalle nude, le si attaccano a tratti lungo il collo.
Sente il corpo sudato, vischioso, ma non si sente sporca, non dentro.
Arriva davanti alla casa di lei, rallenta, sorride, finge di doversi allacciare la scarpa e si ferma.
Respira a fatica, tenta di regolare l'inspirazione con l'aiuto del naso e non della bocca, sbircia dietro le tende di quella casa che conosceva meglio della sua. Le sembra di vedere la sua ombra dietro la tenda.
Lo sa che l'aspetta, lo fa sempre. Tutti i giorni passa lì davanti, alle cinque del pomeriggio, si ferma fingendo qualche problema, sbircia e scappa via, tornando su i suoi passi, più veloce di prima.
Le è sempre piaciuto correre, sentire la fatica abitare il suo corpo. L'ha sempre fatta sentire leggera, libera ed in pace con se stessa.
Ora, mentre corre, non riusce a fare altro che a pensare a quei giorni in cui correva assieme a lei, in cui la sbirciava di nascosto mentre le respirava affannosamente accanto.
Le mancava la sua mano appiccicaticcia nella sua, i momenti in cui si sdraiavano sull'erba, sfinite, a guardare il cielo, in silenzio.
Il sogno di correre per professione era sempre stato solo di Nora, ma lei l'aveva sempre accompagnata, era sempre stata parte del suo sogno. Almeno fino a quando non l'aveva scacciata.
Erano passati tre anni, tre lunghissimi anni, e lei non riusciva a fare altro che a pentirsi ogni giorno di non riuscire a parlarle, a ricucire quel rapporto che aveva distrutto con le sue mani.
Nora era una ragazza coraggiosa quando si trattava di corpo, di sfide fisiche, di dolore curabile con delle medicine; ma era una codarda quando si parlava di cuore, di sentimento, di ferite che non si rimarginano mettendoci sopra solo un cerotto.
Ma alla fine si era scottata lo stesso, si era ferita proprio al centro del petto e sanguinava da anni, senza che nessuno ci facesse poi tanto caso.
Era l'orgoglio a fermarla, lo stesso orgoglio che l'aveva sempre fatta studiare come un mulo per essere la migliore, lo stesso orgoglio con cui si era sempre battuta nello sport per eccellere.
Non credeva che qualcosa che poteva darle tanta grinta, tanto appagamento, potesse anche ridurla ad uno straccio, privarla di qualcosa di ben più importante di una medaglia d'oro.
Entra nella sua stanza e si lascia cadere pesantemente sul letto, fissando le stelle dipinte sul suo soffitto.
Le aveva dipinte con lei in un pomeriggio torrido d'estate, le avevano fatte di tutti i colori, alcune molto storte e bruttine, ma si erano divertite come delle pazze.
Sospira pesantemente spostando gli occhi sul vestito lungo, viola, appeso fuori dal suo armadio a ricordarle che presto dovrà festeggiare la fine del liceo senza di lei.
Mancano pochi mesi alla fine di tutto e non avrebbe più potuto correre lungo quella via, cercarla con lo sguardo, sorridere nel trovarla con lo sguardo incollato su di lei.
Ci sarebbe stata una nuova città, un nuovo futuro, nuove ragazze, nuovi ragazzi, nuovi amici, forse nuovi sogni.
Sarebbe stato tutto diverso e lei non avrebbe potuto raccontarle nulla della sua nuova vita.
Si sarebbero semplicemente dimenticate lentamente, fino a rimanere un vago piacevole ricordo adolescenziale, avrebbero smesso di conoscersi, di scrutarsi e di sostenersi da lontano.
Non ci sarebbe stato più tempo per recuperare, nessun momento buono per parlare e appianare gli anni di distanza.
Non avrebbero più saputo nulla l'una dell'altra, sarebbero cambiate dentro e fuori fino a non potersi più riconoscere neanche guardandosi faccia a faccia.
A Nora veniva da piangere, da urlare, da spaccare tutto, da prendere quel vestito e farlo a pezzi.
Le venivano in mente mille cose da fare, ma mai quella di correre da lei, chiarire, portarla con sé o andare con lei, ovunque fosse.
Si porta una mano al cuore, sentendo i battiti scemare lentamente, e si asciuga velocemente gli occhi lucidi, come ogni volta che pensa a lei ed il suo futuro che non potrà conoscere.
Era stata la paura a fregarla, la paura dei giudizi della gente, delle etichette che le avrebbero apposto sulla fronte, in bella vista.
Aveva paura dei suoi genitori, degli amici, della società che faceva buon viso a cattivo gioco.
A scuola si parlava di lei come di una ragazza difficile, una che non la dava a nessuno. Ma in fondo le andava anche bene, la gente aveva semplicemente smesso di provare a portarsela a letto e lei si era limitata a farsi vedere, ogni tanto, con un tipo qualunque vicino, all'uscita della scuola, tanto per salvare le apparenze.
Era una giovane ragazza, dal fisico longilineo e dalla muscolatura tonica, abbastanza bella, che stava per affacciarsi alla vita con ancora la sua verginità incollata addosso.
A volte Nora si sente menomata da quella cosa, sente che la gente la prenderebbe in giro se sapesse.
Non se la tiene per valore o perché crede nel sesso dopo il matrimonio, ce l'ha perché non le piace regalare cose alla gente, perché non le piace buttare un pezzo di sé al miglior offerente.
Lei vorrebbe poter vivere persino quel momento con la lei del suo passato, anche se sarebbe complicato e forse ridicolo.
Si infila sotto la doccia e lascia che l'acqua le scolli di dosso i pensieri, il sudore, la fatica e l'ombra di lei che si muove dietro una tenda verde, di quelle che non lasciano trasparire nulla.
 
 
La serotonina,  causa un forte aumento della pressione sanguigna, dovuto alla attivazione dei recettori 5-afla-adrenergici con conseguente vasocostrizione. Ha funzione prettamente inibitoria.
 
Non riesce a respirare, le tremano le mani, per un secondo. Vorrebbe scostare la tenda, farsi vedere, affrontarla. Ma non lo fa.
Non è paura, è rassegnazione.
Ci ha provato, tante volte, ma non c'è mai stato modo di recuperare il loro rapporto, non c'è mai tempo per niente che non sia la corsa.
Nora corre nella direzione opposta alla sua, corre fino a farsi male, le scappa davanti agli occhi, scivola via dalle sue mani e lei non riesce neanche più a rincorrerla.
Non ce l'ha il fiato per correrle dietro a vita, Nina.
Sospira sonoramente e si lascia andare sul divano, riprendendo il suo libro fra le mani.
Sta leggendo per la quarantesima volta “Il Conte di Montecristo”. Le ricorda Nora, il suo sorriso, la sua determinazione, il suo temperamento.
Gliela ricorda perché l'hanno letto assieme quel libro, per farci un progetto scolastico.
E poi se lo ricorda perché la loro amicizia e finita con quel libro, si è inabissata come una barca nel mezzo dell'oceano.
La colpa e la sua e Nina non riesce proprio a perdonarsi per essere stata tanto stupida.
Erano sdraiate sul letto, ridevano e scherzavano, con i libri gettati in terra e quel senso di liberazione dato da un compito finito con successo.
L'aveva guardata per qualche secondo, le aveva spostato i capelli scuri da davanti al viso, si era persa nei suoi occhi grandi, nocciola, e alla fine le aveva rubato un bacio, così all'improvviso.
Nora non aveva reagito subito, poi le aveva preso il viso fra le mani, l'aveva sovrastata e alla fine si era allontanata, era scappata anche davanti a quello, come faceva sempre.
L'aveva guardata da infondo alla stanza, come fosse una sconosciuta e l'aveva scacciata.
Da quel giorno non c'era stato più niente, neanche una parola a mezza bocca. Nina era semplicemente sparita, nonostante i suoi tentativi, nonostante le suppliche, nonostante fossero compagne nella staffetta.
Nina aveva smesso di correre, si era allontanata sempre più e alla fine aveva smesso di provare, si era chiusa dentro se stessa e l'aveva lasciata andare.
Nora era come un animale selvatico: era inutile provare a imprigionarla, sarebbe sempre scappata, si sarebbe sempre ribellata e avrebbe corso a perdifiato, il più lontano possibile dal suo aguzzino.
Si spostò una ciocca di capelli biondi da davanti al viso e si asciugò una lacrima pronta a precipitare sulla fuga di Dantés dalla prigione.
Chiuse il libro in uno scatto e fissò il calendario. Mancava sempre meno tempo e non aveva idea di come avrebbe fatto ad andare avanti, con la consapevolezza che lei sarebbe stata felice lontano da lei solo perché non aveva avuto il coraggio di battersi abbastanza.
Nora l'amava nelle stesse proporzioni in cui l'amava lei, ma aveva paura e lei in realtà la capiva. Ma non riusciva a sopportare che la paura impedisse loro di viversi quel rapporto liberamente. Non era giusto e si stupiva che Nora non scappasse anche da quella gabbia.
 
Alza lo sguardo dal suo libro, col vento che combatte per girarle le pagine, che le copre la visuale spostandole i capelli biondi, che la gela su quelle gradinate scomode, e la vede da lontano, che si riscalda.
E' il giorno della staffetta ma fa un freddo boia. Non capisce come facciano le ragazze a stare in pantaloncini e canottiera, con quel numero cucito addosso, in bella vista, come fossero carne da macello.
Per un attimo si dimentica che è stata anche lei come loro, che ha sofferto il freddo incurante, che ha corso anche sotto la pioggia, che si è lasciata marchiare come  fosse una mucca.
Sorride, mentre la vede sgranchirsi le braccia, far scrocchiare il collo.
Nora la cerca sempre con lo sguardo, sa di trovarla a tutte le sue gare, a quasi ogni allenamento. La cerca, la trova sempre, sorride impercettibilmente, aumenta la velocità, le sue prestazioni. Solo per lei.
Cambia sempre posto, per renderle la vita difficile, ma lei la trova, perché il suo volto lo sa a memoria e lo riconoscerebbe in mezzo ad un milione di persone, nel buio totale.
Quel giorno ha deciso di essere clemente, si è seduta a quello che era il loro posto, la parte di gradinate su cui Nora posa sempre per primo lo sguardo.
La gara inizia ma lei non guarda le atlete correre, tiene fissi gli occhi su Nora, sulla tensione dei suoi muscoli, sulla sua posizione.
Nora è una velocista, una che si usa alla fine, per recuperare il terreno perduto o per schiacciare gli avversari.
Le tremano le mani, la vede anche da così lontano, quasi le cade il testimone dalle mani sudate, poi però la presa si fa salda, abbassa gli occhi a terra, scatta in avanti, recupera subito una posizione, è terza.
Poi alza lo sguardo, la trova, Nina le sorride, lei stacca gli occhi da i suoi e corre, corre come mai prima, corre contro di lei, come se volesse schiantarlesi contro .
Corre e arriva prima, taglia il traguardo ed improvvisamente si ferma, anche se probabilmente vorrebbe continuare a correre per altri 20km, tanto per non pensare a tutto il resto.
Chiude il libro in uno scatto, lo infila nella borsa e si alza. Per quel giorno Nora ha finito, lei può andare a casa.
Scende velocemente le gratinate, passa sotto di queste, nell'oscurità, e si ritrova nel corridoio scuro degli spogliatoi, quelli che ha percorso mille volte da atleta.
Le piace passare di lì, anche se non è più il suo posto, le fa affiorare mille ricordi, la fa sorridere.
Passa accanto alla Palestra, si ferma e sorride, sfiora con le mani il vetro e sbircia all'interno.
Si vede improvvisamente stesa lì per terra, senza fiato, con Nora che prova a sollevarla di peso per convincerla a marcarla, mentre prova a fare canestro.
Nina è più bassa di lei, meno veloce e soprattutto molto più impacciata. Ed in quei pantaloncini cortissimi si vergogna anche.
Sospira, lascia andare il vetro e continua a camminare, fino a quando non si sente tirare per un polso e si ritrova gli occhi nocciola di Nora puntati nei suoi.
Stanno zitte per un'istante, fisse l'una negli occhi dell'altra, poi Nora la spinge contro il muro e la bacia, la stringe a sé quasi con violenza, la costringe nella sua posizione e Nina non riesce ad opporsi, si lascia trascinare, è remissiva.
-Perché ora, perché adesso?- chiede poi, quando Nora si è stancata delle sue labbra.
-Perché non adesso?- risponde lei, col fiato corto, come dopo una lunga corsa.
Nina sorride, le accarezza il viso e si sente attorcigliare lo stomaco. E' sbagliato che le basti così poco per cancellare quegli anni, è sbagliato che lei possa farla sua in un nano secondo, ma non ci può fare niente.
E' lei la parte forte del loro rapporto.
-Non hai più paura?
-No, non ho più paura. Ho deciso di combattere, non di scappare- risponde lei, in un soffio, prima di baciarla ancora, come non aveva mai immaginato potesse fare.
Nina sente il cuore sobbalzare, quasi si stesse arrotolando su se stesso, e capisce che sarà sempre così.
Sarà sempre compito suo tamponare, aspettare, farsi trascinare, concedersi. Capisce che Nora sarà sempre un animale selvatico, capisce che non sarà mai completamente sua, che non la possiede, che è lei che ha deciso di farsi catturare in quel momento e che potrebbe anche non durare.
Per la prima volta in vita sua prende una vera decisione, decide che si approfitterà di quella concessione, che si godrà tutto quello che lei vorrà darle.
Decide che gli darà anche il suo futuro se lo vorrà, esattamente come le ha regalato il suo passato e come le sta affidando il suo presente.
Perché saranno sempre Nora e Nina, saranno sempre parte di una stessa medaglia, in un modo o nell'altro.
 
Le sfiora una guancia con le dita, con fare incerto, e la vede sorridere, compiaciuta, mentre intreccia le sue gambe nude alle sue.
E' bella Nora, non la ricordava così bella, forse perché non l'ha mai vista completamente nuda.
Le piace poterla sfiorare senza limiti, poterle toccare le labbra, poterle stringere le mani, affondare il viso sul suo petto, perdersi fra le sue gambe.
Le piace tutto di lei, anche il suo odore leggermente fruttato.
Nora le sfiora il naso con il suo e Nina riesce a leggere nei suoi occhi gli stessi identici sentimenti che sta provando, riesce quasi a vedersi con i suoi occhi e si vede bella come non mai.
E' nuda su un letto, accanto a Nora, e non c'è nessun imbarazzo, non c'è bisogno di un lenzuolo che le copra il seno, non c'è bisogno di rivestirsi, di vergognarsi. Lei è sua incondizionatamente.
Lo è sempre stata, dal momento in cui lei le ha dato quel nome, Nina.
E Nora è sempre stata sua, da quando Nina ha scelto per lei il suo nome.
Non importa che gli altri le conoscano come Katherine e Vanessa, non importa che nessuno le chiamerà mai con i loro soprannomi. Sono quelli i loro nomi, le loro identità.
 
-Sai che sei come la serotonina? Inibisci!- Katherine ride, le tira dietro un cuscino, mentre lei non riesce a muovere neanche un muscolo per la stanchezza.
-Sei tu che sei super-energica, come la norapinefrina- risponde, tirandole maldestramente il cuscino che nel frattempo le è arrivato in pieno viso.
Hanno studiato biologia per tutto il pomeriggio, non riescono più a scindere informazioni di studio da vita normale. Il cervello di Vanessa è pieno di nozioni, ed il corpo è scarico di forze, dopo la corsa cui l'ha costretta Katherine. 
Vanessa si alza a sedere, la scruta e poi sorride, divertita.
-Che hai da ridere?
-Niente, pensavo che Nora è un bel nome.
Katherine la guarda, sorride ed annuisce.
-Anche Nina lo è.
Ridono e non sanno che si sono appena scelte per la vita, che saranno sempre come la norapinefrina e come la serotonina, parte della stessa materia, parte dello stesso organo, sostanze chimiche affini e completamente opposte.
Non lo sanno ancora che gli opposti si attraggono, come le calamite, non lo sanno ancora che si apparterranno sempre, che non finiranno mai di rincorrersi, di battersi, di scappare e di catturarsi.



-varie ed eventuali: non ero sicura se pubblicare o meno, però alla fine mi sono decisa.
La storia è un po' strana, di base, me ne rendo conto.
Diciamo che lo studio a volte produce anche cose buone! D:
La norapinefrina e la serotonina sono dei neutrotrasmettitori prodotti dal cervello che servono per la propagazione di un impulso nervoso, ad esempio l'acetilcolina (come il mio nick name) è responsabile della trasmissione dell'impulso ai muscoli e quindi del meccanismo della contrazione. Va beh! XD
Il titolo è il nome inglese dell' attacco e fuga indotto da epinefrina e norapinefrina che è citato a inizio storia.
Mi sembrava calzante per il rincorrersi di queste due :3
Bene, mi evaporo, sperando in commenti positivi ^^
Acety
  
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