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Autore: Low_Armstrong    26/06/2012    5 recensioni
Un piccolo momento di tenerezza tra un fluffosissimo Ron ed un’incintissima Hermione. Ron è sempre il solito pasticcione combina guai un po’ allarmista, ma alla fine riesce anche a fare il dolce con la sua ‘Mione e a essere un bravo ometto.
«Mi dispiace, signorina, lei ha voluto vedere tutte quelle partite in quella scatola infernale in salotto, io sono uno da Quidditch!» riprese dopo qualche istante Ron, decisamente sollevato e determinato a mantenere l’ormone dell’allegria in circolo nelle vene di Hermione ancora per un po’. Sì, perché ultimamente aveva imparato che era sempre solo una questione di ormoni: se dava in escandescenza, era colpa degli ormoni, se voleva salame a colazione, era colpa degli ormoni e se faceva paragoni con stupidi sport… beh, era colpa degli ormoni.
Genere: Fluff, Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Coppie: Ron/Hermione
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
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Questi personaggi non mi appartengono, ma sono proprietà di J.K. Rowling; questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro.





~ Di lacrime e dolcezza ~



La porta della stanza si aprì piano, tanto quanto bastava per lasciar passare Ron. Scivolò in silenzio dentro la camera da letto e un sorriso dolce gli si disegnò sul volto: la sua Hermione era addormentata al centro del letto, appoggiata su diversi cuscini, la mano sinistra sull’addome. Accanto a lei, un libro aperto. “Storia della Magia di Bathilda Bath” pensò Ron facendo mentalmente il verso a Hermione. Indugiò con lo sguardo sulla pancia della donna che amava e che aveva sposato l’anno prima. E quello, quello che ora lei sfiorava con la mano, era il frutto del loro amore. Si tolse la divisa da Auror e la appoggiò sulla sedia nell’angolo della stanza. Si avvicinò piano al letto e, senza fare rumore, prese il libro, lo chiuse e lo appoggiò sul suo comodino. Non si stupì affatto di averne azzeccato il titolo e si lasciò sfuggire un sorriso compiaciuto. Si distese accanto a Hermione, sperando di non svegliarla e la coprì con il lenzuolo di cotone bianco. Era estate ma la loro stanza era fresca, così decise che la camicia da notte rosa pallido con le spalline sottili che Hermione indossava era troppo leggera per quella notte, preceduta da una giornata stranamente nuvolosa di fine giugno. Negli ultimi mesi era stato così premuroso con lei che quasi le aveva fatto cambiare idea sul fatto che avesse la sfera emotiva di un bradipo, anche se sapeva che lei non lo avrebbe mai ammesso. Ma a Ron stava benissimo così. Viveva con la donna che amava e ora aspettavano un figlio, aveva una famiglia e degli amici fantastici e il lavoro dei suoi sogni. Insomma, aveva la vita che aveva sempre voluto. E di questo non poteva essere più felice. Con un braccio attorno alle sue spalle, sollevò appena Hermione per toglierle qualche cuscino da dietro la schiena, così che potesse riposare più comodamente, ma lei si svegliò e aprì piano gli occhi. Nella penombra della stanza, le orecchie di Ron avvamparono per il senso di colpa.

«Mi dispiace, non volevo svegliarti, scusami», farfugliò preoccupato.

«No, scusami tu. Volevo aspettarti sveglia ma devo essermi assopita…», ribatté lei un po’ dispiaciuta. Le sembrava ingiusto che il suo Ron dovesse lavorare mentre lei se ne stava a casa a far niente.

«Ma come? No, non voglio assolutamente che mi aspetti sveglia!» esclamò Ron, col tono severo e protettivo allo stesso tempo di chi sa cosa è meglio per l’altro, «Al Ministero c’è molto lavoro ultimamente e torno a casa tardi. Tu devi riposarti. Non voglio che ti stanchi», aggiunse, sussurrando l’ultima frase in un modo incredibilmente dolce, avvicinandosi ancora di più a lei.

«Lo so, lo so. Stavo solo…»

«Leggendo, lo so. E sempre la tua prima edizione di “Storia della Magia”», la precedette Ron, indicando con un rapido cenno della testa il libro poggiato sul suo comodino. «Non vorrai mica che lo sappia a memoria ancora prima di nascere! E io di certo non voglio che la sua prima parola sia “Hogwarts”! Come minimo vorrei un riconoscente “mamma!-papà!”»

Hermione si lasciò sfuggire una risata in risposta alla predica divertita di Ron, che si fece contagiare da lei, prima che entrambi si perdessero nell’immaginare quel futuro a tre. Poi Ron si ridestò da quel sogno ad occhi aperti e abbracciò istintivamente Hermione, facendo attenzione a non stringerla troppo. Era abituato alla pancia ma, in fondo in fondo, a cose come quelle, non ci si abitua mai.

«Avremo un bambino», bisbigliò all’orecchio della ragazza, la voce rotta dall’emozione.

«Sì, Ron», fece lei, fintamente disinteressata, con l’aria di chi sta ripetendo la stessa cosa banale e insignificante per la milionesima volta.

«Il nostro bambino», continuò Ron, che ormai saltava dall’eccitazione.
Ogni volta che lo diceva e lei gli rispondeva di sì con tono indifferente gli tornava in mente il momento in cui lei gliel’aveva detto per la prima volta, con le lacrime agli occhi e la voce rotta per l’emozione. Lui aveva lasciato cadere la tazza di tè ormai vuota che aveva in mano e l’aveva abbracciata forte, con gli occhi umidi a sua volta, e l’aveva sollevata e fatta girare in aria. Poi l’aveva rimessa a terra quando lei aveva cominciato a colpirlo con dei deboli pugni sulla schiena e, staccandosi da lei quanto bastava per guardarla in faccia, le aveva chiesto di ripeterlo e di giurargli che non fosse uno scherzo. Lei l’aveva fatto, divertita e straordinariamente contenta per la reazione del marito.

«Già…», rispose lei, con un pizzico di malinconia nella voce che spaventò Ron. Si spostò per guardarla negli occhi, che si stavano pericolosamente riempiendo di lacrime, che indovinò essere di paura.

«E se non fossimo capaci? Se non andasse tutto bene? Se succedesse qualcosa di brutto? Se non fosse tutto bello come sembra?» partì a raffica lei, le guance ormai bagnate. Esitò un attimo e prese un lungo respiro, come se si stesse preparando a dirgli un segreto che gli celava da tanto. «E se non fossi una brava madre?» sussurrò velocemente, come a non voler sentire quelle parole.

Ron sapeva che è normale avere paura quando la tua vita sta per cambiare così radicalmente, lui stesso si ritrovava a pensare di non essere adatto a fare il papà. Ma poi capiva che erano le cose più naturali del mondo, diventare papà e averne paura. Così, la strinse di nuovo tra le braccia e le accarezzò i capelli e la schiena, mentre qualche nuova lacrima traboccava dagli occhi ambrati di Hermione e finiva sulla pelle della sua spalla. Poi si staccarono, Ron le strinse delicatamente le spalle per sottolineare l’importanza di ciò che stava per dirle, e le parlò lentamente, come a voler rimarcare il concetto.

«Noi saremo capaci, andrà tutto bene e non succederà mai niente di brutto». Si fermò per darle il tempo di imprimersi quelle frasi nella mente e le asciugò le guance, che però ripresero a bagnarsi subito dopo. «Non sarà tutto bello come sembra, hai ragione. Sarà mille volte meglio, sarà davvero fantastico. Insomma, abbiamo creato la vita, Hermione. Tu hai creato la vita. Cosa c’è che può “non essere bello come sembra” in questo? E…», si interruppe di nuovo per avvicinare il volto al suo, «e tu sarai una madre perfetta, sarai straordinaria. La migliore madre che qualunque bambino possa desiderare», concluse con un filo di voce a pochi centimetri dal suo viso. Hermione sembrò risollevarsi dopo quelle parole, ma Ron, non convinto che la crisi potesse risolversi così facilmente, continuò, facendo di tutto per vedere il sorriso spuntare sul volto della ragazza e sostituirsi alle lacrime.

«E poi, vuoi mettere? Potresti fargli i compiti di due mesi in meno di cinque minuti, chi non vorrebbe una madre così? Insomma, potresti perfino, che so, suggerirgli agli esami con la Legilimanzia! E sono sicuro che gli insegnerai a Smateriliazzarsi ancora prima che impari a camminare!» Le labbra di Hermione si incurvarono mentre poggiava la testa sul petto di Ron.

«Non vorrai mica lasciar fare tutto a me!» fece, accompagnando le parole con un colpetto sul torace nudo di lui.

«Non lo permetterei mai! Io, sì, ecco… Magari gli insegnerò a volare prima che parta per Hogwarts! Così anche lì sarà il migliore della classe!» ribatté Ron, orgoglioso. «Ma, tranquilla: mi assicurerò che non diventi un secchione so-tutto-io come sua madre!», concluse guardandola negli occhi divertito. Lei dapprima rise, ma poi il suo viso si incupì. Ron se ne accorse e le sue orecchie avvamparono di nuovo, consapevole che forse non avrebbe dovuto dire quell’ultima frase. Si stava frugando il cervello il più velocemente possibile per trovare qualcosa di abbastanza dolce da dirle per uscire da quella situazione, quando Hermione lo precedette nel parlare.

«Lo pensi davvero? Sono davvero una secchiona so-tutto-io?»

«Come potrei mai pensarlo sul serio, ‘Mione? Credi che sarei qui se lo pensassi? Credi che ti avrei sposata, che aspetterei un figlio con te se ti reputassi un’insopportabile saccente? Davvero, stavo solo scherzando. Era solo una battuta. Beh, lo sai che non riesco ad essere serio per più di dieci minuti di fila. Scusa, non volevo ferirti. Però… vederti triste… lo sai, mi manda fuori di testa e allora cerco di farti ridere, ma poi, poi… combino solo casini. Scusa, davvero», sussurrò Ron, accarezzandole dolcemente la schiena e i capelli.

«Oh… Ehm… Io, sì, lo sapevo, lo sapevo…», Hermione non era per niente abituata a sentirsi spiazzata. Soprattutto non era per niente abituata a sentirsi spiazzata da parole amorevoli di un Ron in versione dolce e premuroso. Era come se si fosse appena tuffato in una pentola di zucchero. E, soprattutto in quel momento, quel suo comportamento affettuoso e tenero non le dispiaceva affatto.

«Grazie, Ron», bisbigliò dopo un po’, la testa ancora appoggiata sul suo petto.

«È la verità. Sei una donna fantastica, Hermione. Sei la persona più dolce, determinata, gentile, coraggiosa, divertente, fragile, tenera che io abbia mai conosciuto. Davvero, non vorrei nessun altro al mio fianco al tuo posto. Sei straordinaria. Te lo giuro, non so come potrei pensare a un mondo in cui tu non esisti», prese un respiro profondo, «Io ti amo, Hermione. Amo tutto di te. Ti amo quando ci amiamo e quando ci odiamo, ti amo quando ridi e quando piangi, quando gioiamo e quando soffriamo insieme. Ti adoro quando non mi parli perché ti ho fatta arrabbiare, quando ti convinci che imparerai a volare come si deve solo leggendo un libro di nascosto, quando sei nervosa e giocherelli con i capelli mentre ti mordi il labbro», e, parlando, le sistemò una ciocca riccia dietro l’orecchio, «Sei la mia vita, lo sai? Se dovessi scegliere tra passare una serata con te che mi insegni a far funzionare un tortapane, o come diavolo si chiama, e qualsiasi altra cosa, io sceglierei sempre te. Io sceglierò sempre te. È semplice. Vedi, io ti amo, sì, ti amo in un modo davvero incredibile e lo so che non riesco a dirtelo spesso e che a volte ti deludo, però ti prometto che cercherò di dimostrartelo ogni giorno prendendomi cura di te. Di voi».
Era rosso come non mai, le sue orecchie erano dello stesso colore del fuoco che scoppiettava d’inverno nel camino della loro stanza. Ma Hermione sembrava ancora più stupita da quelle parole. Non sapeva davvero cosa dire, così sperò che un gesto valesse più di ogni parola: lo abbracciò forte, le braccia attorno al suo torace, una mano persa tra i morbidi capelli rossi. Ormai erano distesi entrambi, circondati l’uno dalle braccia dell’altra. Dopo tutto quello che Ron le aveva detto, nuove lacrime stavano inumidendo il suo viso. Erano di gioia, questa volta. Finivano sul suo collo e lui se ne accorse in fretta. Si scostò appena da lei, un po’ bruscamente: voleva vederla in viso, guardarla negli occhi. Un po’ preoccupato, un po’ intenerito, la osservò nella penombra e si accorse del sorriso mozzafiato che le si apriva sul volto. Lì, tra le sue braccia, al sicuro dalle paure a dai timori, era semplicemente perfetta. I loro occhi si trovarono in un istante, guidati dal luccichio delle lacrime di entrambi che li inumidivano, e i loro sguardi restarono intrecciati per un attimo che portava in sé l’essenza dell’eterno.


Ad un tratto, Hermione si mosse appena, socchiuse gli occhi e portò la mano sinistra sul fianco del pancione. Ron la strinse istintivamente con la sua.

«‘Mione, stai bene? Che succede?» fece, tutto agitato, cercando con gli occhi qualche indizio sul viso della ragazza.

«Niente, Ronald, solo che tuo figlio non si decide ad addormentarsi stasera e sta usando la mia pancia come un pallone da calcio!» lo rassicurò lei, quasi divertita dall’allarmismo insensato di Ron. Ok, forse non era tanto insensato dato che stava per concludersi l’ottavo mese di gravidanza.

«Mi dispiace, signorina, lei ha voluto vedere tutte quelle partite in quella scatola infernale in salotto, io sono uno da Quidditch!» riprese dopo qualche istante Ron, decisamente sollevato e determinato a mantenere l’ormone dell’allegria in circolo nelle vene di Hermione ancora per un po’. Sì, perché ultimamente aveva imparato che era sempre solo una questione di ormoni: se dava in escandescenza, era colpa degli ormoni, se voleva salame a colazione, era colpa degli ormoni e se faceva paragoni con stupidi sport… beh, era colpa degli ormoni.

«Ah, bugia! So che non lo ammetteresti neanche se ti pregassi in ginocchio e, ora come ora, non potrei nemmeno permettermi di farlo, ma, in fondo in fondo, ti piace!» Fiuu, ormone dell’allegria ancora in circolo.

«Beh, e se anche fosse?! Magari era così interessato a “Storia della Magia” che ora è troppo agitato per mettersi a dormire!» le diede corda Ron, cercando di sviare il discorso.

«Potrebbe essere, e sarebbe una cosa bellissima!» dichiarò lei, con un sorrisetto compiaciuto sulle labbra. Ron sospirò, fintamente rassegnato.

«Tutto sua madre questo bambino…!»

La cuscinata fu d’obbligo. Ron, non perché fosse una cosa da gentiluomo, ma perché aveva un tantino paura che Hermione potesse avere una reazione sconsiderata, non rispose. Ma qualcosa fece per farla smettere. Le sorrise amorevolmente, scostandole una ciocca castana dalla fronte, poi si spostò più in basso sul letto, sotto l’attento sguardo di lei, e posò un dolce bacio sul suo pancione, nel punto in cui, fino a poco prima, le loro mani erano rimaste intrecciate.

«Forse così si calmerà», sussurrò teneramente al suo orecchio, passandole una mano tra i capelli.

Hermione non riuscì a esprimere la felicità che provava in quel momento, così, sorridendo commossa, si avvicinò a lui, posò la testa nell’incavo del suo collo e, prima che il profumo della sua pelle la inebriasse, bisbigliò un tenero “Grazie”. Ron le diede un piccolo bacio sulla guancia e si assicurò che il lenzuolo la coprisse bene.

«Ora dormi, amore, glielo spiegherai domani perché i roghi di streghe nel Quattordicesimo Secolo furono completamente inutili».



































Autor’s Corner (sì, questa volta lo scriviamo in inglese)

Ok, non ho la minima idea di come possa essere Hermione incinta di otto mesi, quindi me la sono inventata di sana pianta. Ho preso il prototipo di donna incinta e l’ho chiamata “Hermione”, tutto qua. Ron è puffoloso al massimo ma non so che farci: così lo amo, così lo faccio essere… Sono io la regista in questo show, no?!
Ok, quest’ultima frase era decisamente da bimbaminchia.
Fingete che non ci sia.
Per la mia dignità.
Per favore.

Mi scuso per l’assurdo OOCismo (?) di Ron e Hermione, che sfiora livelli esponenziali in questa storia, ma fondamentalmente sono convinta che qualsiasi donna incinta con gli ormoni in palla diventi un po’ OOC. E Ron lo diventa di riflesso perché… perché… perché so scrivere solo così.


Oddio, J.K. Rowling, mi dispiace tanto per quello che ho fatto, perdonami, ti prego.
Sei sempre la mia Regina.
*si inginocchia e si scusa davanti all’enorme quadro celebrativo di zia Jo appeso nella stanza della casa a lei totalmente dedicata*

Fatemi sapere cosa ne pensate di questa follia di storia!

Un bacio,
Lally_Weasley
  
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