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Autore: What is her name    26/06/2012    4 recensioni
Elisabeth Rosenberg è una ragazza di diciassette anni. Vive a Los Angeles, ma dopo essersi cacciata in diversi guai, la madre la trasferisce dal padre a Rodeo, in un posto completamente diverso dalla sua città natale. Come riuscirà ad accettare la diversità delle due città? Riuscirà a vivere serena in quel posto dimenticato da Dio? Per scoprirlo basterebbe solo dargli una lettura.
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altri, Billie J. Armstrong, Mike Dirnt, Nuovo personaggio, Tré Cool
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 1






Erano  le 11:30, il nostro coprifuoco era scattato da un pezzo, ed io, Joey, Roxy, Jay e Ronnie stavamo correndo velocemente in cerca di una scappatoia. Correvamo e ridevamo come dei deficienti. Ci piaceva sentire scariche d’adrenalina sul corpo, avere il fiatone e scappare da un pericolo grosso. Amavamo questa vita e non ci importava essere giudicati da altri, neanche dai nostri familiari.
Due uomini in divisa cercavano di raggiungerci con poco successo. Loro non avevano idea di quanto eravamo esperti in questo campo, o forse sì!
Entrammo in un vicolo stretto e girammo a sinistra. Spuntammo davanti una recinzione, il che ci fece fermare.
“Adesso? Cosa facciamo?” chiese Ronnie in ansia.
“Facile no! Saltiamo la recinzione!” risposi io pronta a saltare.
“Ragazze, venite” sussurrò Jay, che con Joey si erano seduti dietro una grande siepe.
Ci sedemmo di fianco a loro e aspettammo l’arrivo dei poliziotti.
“Qui non viene nessuno” bisbigliò Roxy
“Shhh” ordinò Joey, mentre un rumore di passi si avvicinava a noi.
Mi sporsi leggermente, facendo attenzione a non farmi vedere, e vidi i due poliziotti che facevano irruzione nel vicolo.  Si bloccarono di colpo ed io mi  avvicinai di più a Joey, non riuscendo più ad individuare nient’altro che foglie.
“Dove saranno andati?” chiese uno dei due poliziotti, con ferocia.
“Non saprei… Dalla recinzione non possono essere saltati.”
“Perché no?”
“E’ fin troppo alta per poterci aver impiegato pochissimi secondi.”
Joey sbuffò divertito. Lui era un grande esperto riguardo lo scavalcare grandi altezze in pochissimo tempo, ed io ero sicura che, se non ci fossimo stati noi, lui l’avrebbe tranquillamente scavalcato e sarebbe tranquillamente andato a casa.
“Allora dove pensi siano andati?”
In quel preciso istante la paura si impadronì di me e notai, girandomi a guardare i miei amici, che non ero l’unica.
“Avranno preso quell’altro vicolo. Andiamo a controllare, stiamo sprecando del tempo”disse il poliziotto più intelligente.
Stemmo in silenzio fin quando i passi dei poliziotti furono lontani persino per le nostre orecchie.
“Whuuu! Andiamo prima che ci beccano” dissi io alzandomi e levandomi l’erbaccia dai pantaloncini.
“Per prima va Ronnie, poi Roxy, poi Jay ed infine noi due. Ci state?” disse Joey sicuro di sé.
I miei amici acconsentirono e Ronnie iniziò a scavalcare, sotto indicazioni di Joey. Ronnie aveva il volto pallido, dalla preoccupazione. I suoi occhi azzurri erano luminosi come il mare estivo. I suoi capelli color melanzana era lisci come dei chiodi, corti a maschio con una bellissima cresta bionda. Ronnie era la ragazza più dolce che io stessa avessi mai conosciuto. 
“Adesso vai tu Roxy” disse Joey.
Roxy guardò Ronnie dall’altra parte della recinzione, sorrise a tutti noi e si arrampicò.
Guardai i suoi boccoli rosa pallido, che le accarezzavano la vita, dondolare ad ogni suo movimento. Roxy era una ragazza molto bella. Aveva un bel fisico, snello e slanciato. Aveva degli occhi verdi e la sua pelle aveva il colore della perla. Roxy era la ragazza più testarda al mondo
“Vai Jay, muoviamoci!” disse Joey preoccupato.
Evidentemente stava avendo un sesto senso, cose di cui tutte le persone nella stessa situazione avrebbero avuto. Joey lo chiamava sesto senso, io più che altro la chiamavo paranoia.
“Liz, tocca a noi” disse Joey, facendomi tornare sul pianeta Terra.
Lo guardai confusa, poi guardai Jay. Jay aveva già scavalcato e ci stava osservando, insieme a Roxy e Ronnie. Amavo i suoi capelli ed occhi verdi. Jay era la persona più sensibile di questa terra.  
Joey sbuffò ed iniziò ad arrampicarsi. Alzai gli occhi al cielo e feci altrettanto. Non ricordo esattamente come fu il seguito, ma ricordo che dopo aver messo il piede un po’ più sopra sentì Roxy, Jay e Ronnie urlare:
“Liz!”
Qualcuno mi afferrò da un piede e mi scaraventò per terra. Sbattei la schiena sull’asfalto procurandomi un fortissimo dolore da farmi lacrimare gli occhi. Misi il braccio sinistro intorno i miei occhi, mentre un poliziotto mi prendeva a calci urlandomi parole non udibili.
“Joey!” sentì urlare Roxy, Jay e Ronnie.
“Scappate!”sentì l’urlo di Joey.
Un tonfo fortissimo mi fece capire che anche Joey era stato scaraventato per terra come me.
Un poliziotto mi sferrò un calcio, facendomi girare a pancia sotto, mentre dei rumori sconnessi mi fecero capire che qualcuno di loro stava picchiando Joey.
Quando mi misero le manette ai polsi capì fino a che punto eravamo arrivati.
“Così non può più scappare signorina Rosenberg” disse il poliziotto alzandomi da terra bruscamente e trascinandomi per strada.
“Mi ha legato le mani, mica i piedi!” ironizzai io.
Il poliziotto mi picchiò il capo, procurandomi un piccolo fastidio.
“Stia calmo con le mani! Non è mica mio padre”
“Mi sa proprio che suo padre non gliene ha date abbastanza!”
Alzai gli occhi al cielo e mi fermai di fronte la macchina della polizia. Alzai lo sguardo di fronte a me e vidi Joey. Notato il mio sguardo mi sorrise ed io feci altrettanto. I poliziotti lo avevano picchiato per bene visto le sue ferite. I suoi occhi grigi come il ghiaccio era inumiditi, sicuramente dal dolore che stava provando. Aveva un occhio gonfio, un sopracciglio spaccato e continuava a sputare sangue dalla bocca. Certo! Lui aveva fatto una gran bella caduta, quando lo avevano buttato giù dalla recinzione. Amavo i suoi capelli blu, erano così arruffati. Amavo il modo in cui si vestiva, diciamo che amavo tutto di lui. Joey era il cosiddetto “leader” del gruppo. Quello più sicuro di sé. Quello con più idee.
Alzai, nuovamente, il capo e lo riguardai. Tutte quelle ferite mi fecero sentire in colpa. Era stata mia l’idea che ci aveva causato tutto questo. Quasi tutte le mie idee andavano sempre a farsi fottere, chissà perché ancora continuavano a fidarsi di me. Forse perché a noi non importavano mai le conseguenze.
“Entra” mi disse il poliziotto spingendomi dentro l’auto.
Guardai fuori dal finestrino ed aspettai che il bastardo mettesse in moto.
“Lei si è cacciata in un mare di guai”
“Sa, le persone che mi picchiano di solito non mi danno mai del lei”
“Questo vuol dire che dovrei darti del tu?”
“Sì. Darmi del lei mi sa sentire proprio come lei”
“Come? Professionista? Maturo?”
“No! Vecchio.”
Il poliziotto stette per un po’ zitto, decisamente offeso e poi riprese a parlare.
“Liz, tua madre non sarà molto contenta.”
“Lei è molto perspicace!” ironizzai io guardando fuori dal finestrino.
“Liz, dico sul serio. Tua madre si meriterebbe tutto questo?”
“Oh Dio, odio questi discorsi del cazzo” risposi alzando gli occhi al cielo.
“E’ una grande donna, tua madre. Una donna forte, piena di vita, e posso scommettere tutto l’oro del mondo che vi ama più di qualsiasi creatura al mondo.”
“Che cazzo dice? Perché parla sempre di mia madre?”
“Io sono il fidanzato di mamma”
Spalancai la bocca inorridita.
Quel figlio di puttana era il fidanzato di mamma.
Mamma aveva come fidanzato quel figlio di puttana.
Uno sbirro era il fidanzato di mamma.
Mamma stava con uno sbirro.
“Oh Dio, no!” urlai io.
“Liz..”
“No! Non voglio sapere più niente!” urlai schifata
“Liz…”
“Mia madre si porta a letto uno sbirro!”urlai più a me stessa.
“Liz, se continui ad insultarmi ti sbatto in cella. Non si insulta un pubblico ufficiale!”
“Oh Dio, no!”
Il poliziotto fermò la macchina e mi fece scendere. Fortunatamente eravamo arrivati nel distretto. Il poliziotto mi afferrò dal collo e mi affiancò a Joey, che era già arrivato.
“Ehy!” salutò lui sorridendo raggiante.
“Ehy!” risposi io sorridendo.
“Come è andata la gita?”
“Male. Dove sono gli altri?”
“Li ho fatti scappare. Se loro sono riusciti a passare, non avevano motivo di farsi prendere.”
“Giusta decisione. Sono felice per loro. Se avessero preso loro non so cosa sarebbe successo a Ronnie.”
“Già, suo padre è davvero un violento.”
“Silenzio voi due!” sbraitò il fidanzato di mamma dandoci due pacche in testa.
Entrammo dentro la sala d’attesa del distretto e, dopo averci fatto levare le manette, ci sedemmo sopra le sedie fastidiosamente scomode.
“Queste sedie sono una merda!” sbraitò Joey.
“Non sono fatte per far sembrare ospitale il posto a persone come voi” rispose una poliziotta situata dietro un front office.
Ridemmo silenziosamente e ci girammo verso il poliziotto biondo alias fidanzato di mamma.
“Signorina, venga qui” disse la poliziotta.
“Fff… che palle” mormorai canticchiando e provocando una risata di Joey.
Mi avvicinai al bancone. Misi le braccia sopra di esso e poggiai il mento sul dorso del bancone.
“Stia composta”
“Cosa le serve?”
“Stia composta”
“Cosa devo fare?”
“Prima stia composta, sennò non glielo dico.”
“Bene, allora non fa niente” risposi io girandomi.
“Signorina, qui non comanda lei” disse lei brusca
“Lo so. Se stessi comandando le avrei ordinato di portarmi un sandwich molto sostanzioso e con molta senape.”
“Forse è meglio che cambia comportamento”
“Già, me lo dicono in molti”
“Cosa succede?” chiese un poliziotto avvicinandosi.
“Questa ragazzina fa fin troppo la ribelle”
“Lei fa la ribelle? Tu rispondi così”
L’uomo mi diede uno schiaffo sulla guancia, così forte da provocarmi dolore e da farmi divenire la guancia rossa.
“Perfetto. Ora fai tutto quello che Loren ti chiede”
“Lei è un pezzo di merda” risposi con ferocia.
“Grazie è davvero un complimento”
“Signorina, Come si chiama?” chiese Loren prendendo penna e foglio.
“Elisabeth Rosenberg”
“Anni?”
“Cos’è un interrogatorio?” chiesi innervosita.
“Anni?” richiese Loren alzando il tono di voce.
“17“
“Dove abiti?”
“Dio Santo… Warren St”
“Numero…”
“8”
“Numero di telefono?”
Sbuffai. “555 - 317809”
“Benissimo, vai a farti le foto, mentre io chiamo casa tua.”
Guardai male la signorina e mi allontanai.
 
 
Fare le foto fu la cosa più entusiasmante di quella notte. Ti fanno mettere proprio come diavolo vuoi. Decisi che quelle foto li avrei tenute per sempre.
“Come va?” chiese Joey.
“Guarda. Voglio questa nella mia tomba” dissi io.
Joey rise e si alzò, evidentemente lo avevano chiamato. Mi distesi sulle sedie e mi addormentai.
Quando riaprì gli occhi mi trovai davanti un bufalo inferocito. No scherzo! In realtà era solo mia madre. Mi sedetti di colpo e dissi:
“Hey!! Che strana la vita! Incontrarci proprio qui, in un posto completamente fuori dal comune!”
“Elisabeth smettila”
Ahi! La situazione era davvero grave. Mi aveva davvero chiamato Elisabeth.
“Se non ti ricordi, mi chiami Liz da… da sempre” dissi alzandomi.
“Cerca di andare subito in macchina Elisabeth”
Cercai con lo sguardo Joey, ma non c’era. Probabilmente era andato a fare le foto. Chissà come si sarebbe messo!
Comunque sia, non vedendolo uscì fuori, respirai aria pulita e mi chiusi in macchina.
Sicuramente mia madre stava pomiciando col suo nuovo fidanzato poliziotto come un adolescente in calore, il che mi fece talmente disgusto che dovetti accendere la radio per tranquillizzarmi.
Mi guardai nello specchietto per vedere com’ero ridotta. Avevo un labbro spaccato e un livido sotto l’occhio. La mia schiena stava implorando pietà.
Proprio nel momento in cui trovai la posizione giusta per la mia schiena, mamma uscì dal distretto e si chiuse in macchina. Mise in moto e ci dirigemmo verso casa.
“Sei incredibile!”
“Non è come pensi” dissi subito sulla difensiva.
“Per te non è mai come penso, vero? Cosa dovrei pensare?” 
“Tutto questo lo abbiamo fatto a fin di bene!”
“Fammi capire, spaccare i vetri di un ristorante, rompere qualsiasi cosa all’interno e tingere sul muro è una cosa fatta a fin di bene?”
“Bè, se la guardi da questa prospettiva…”
“Solo da questa si guarda!”
“Non sai neanche il motivo! La nostra era una protesta!”
“Oh no cara! Questa non è una protesta. Le proteste si fanno con striscioni, cartelloni e cose pacifiche e poi si può sapere che protesta era?”
“Questo ristorante ha fatto chiudere il negozio di CD più figo del mondo.”
“Ci sono moltissimi negozi di CD a Los Angeles.”
“Non sono come quello. Ora ci dovremmo limitare ad andare in negozi dove ci saranno dei reparti con su scritto: Pop, Jazz, Blues, Rock, Disco Music” dissi inorridita.
“Non è una buona motivazione. Ma lo senti quello che dici?”
“Sì, tu lo senti?”
“Con te è inutile parlare. Mi sono stancata di venirti a prendere in ogni distretto di polizia di Los Angeles.” Disse lei posteggiando.
“Almeno questa volta ti ho fatto incontrare col tuo nuovo fidanzato” risposi io scendendo dall’auto.
“Non ti permettere, Elisabeth”
“Non ti fai problemi di stare con lui vero?” dissi avvicinandomi alla porta di casa.
“Perché dovrei? È un brav’uomo”
“Come fai a stare con l’uomo che mi ha ridotta così? Sono tua figlia!”
“Avrà avuto le sue ragioni e ha fatto bene”
“Ha fatto bene? Mi fai schifo! Ti piace vedermi così, vero?”
L’ennesimo schiaffo della nottata mi arrivò dritto in faccia, però questo fece più male.
Guardai mia madre e la sua chioma ramata, presi le chiavi di casa, aprì la porta ed entrai dentro. La casa era al buio, il che mi fece sentire meglio. Salì le scale e mi diressi in camera mia.
Spalancai la porta con un calcio e accesi la luce. Notai i miei cassetti spalancati completamente vuoti e notai che sopra il letto c’era situata una valigia piena.
“Mamma!” urlai in preda alla disperazione.
“Zitta, sennò svegli Karen e Kimberly”
“Non mi interessa niente! Che cazzo ci fa una valigia in camera mia? Ti prego non dirmi che lì dentro ci sono i vestiti che sono magicamente scomparsi dal mio cassetto” dissi con le lacrime agli occhi.
“Ho deciso di mandarti da papà come conseguenza a tutta questa tua follia” disse mia madre mentre le mie sorelle si avvicinavano.
“Mi vuoi davvero spedire in quel posto?”
“Sì. E anche subito, il tuo aereo parte fra tre ore”
Guardai l’orologio e lessi: 4:30
“Mi stai buttando fuori di casa?”
“Penso sia meglio che tu passi del tempo con tuo padre”
“Io odio quell’uomo!”
“è arrivato il momento che incominci a non odiarlo. Fatti una doccia che ti accompagno. Ah, cerca di non metterti queste calze a rete sotto tutti i tuoi pantaloncini, non ci farai una bella figura” disse per poi chiudermi in camera.
Mi sedetti sopra il letto ed iniziai a piangere. Perché mi stava facendo tutto questo? Perché mi stava mandando in un posto come quello? Perché mi stava mandando all’inferno?



<--Nota dell'autrice--> 

Spero sia davvero piaciuto questo capitolo. Spero che avrete apprezzato Liz, come l'apprezzo io e spero che vi facciate sentire, visto che ero titubante nel pubblicarla. 
  
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