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Autore: MystOfTheStars    27/06/2012    5 recensioni
Così, in questa maniera curiosa, l'Italia del Sud entrava in guerra contro la Germania. Era il 13 ottobre 1943.
Apparentemente, Germania non vuole saperne di accettare la dichiarazione di guerra di Romano, che non è che un territorio occupato dalle forze alleate - almeno finché Romano non prende il coraggio a due mani e non va a dichiarargli guerra personalmente.
Genere: Commedia, Parodia, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Germania/Ludwig, Spagna/Antonio Fernandez Carriedo, Sud Italia/Lovino Vargas
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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[[Questa breve fan fiction è basata sull'episodio storico richiamato (la dichiarazione di guerra dell'Italia del Sud alla Germania) così come raccontato da Petacco, in "La nostra guerra, 1940-1943". Tale episodio, per quanto sottointenda eventi drammatici, è narrato dall'autore in maniera così leggera e quasi divertita che non ho potuto resistere alla tentazione di riscriverlo in chiave hetaliana.]]





Madrid, ottobre 1943



“Non accettano di ricevervi?”
“No, signore.” l'ambasciatore sembrava assai contrito “La cosa si fa più complicata del previsto.”
“...merda.”
Romano si incupì, mentre prendeva in mano la busta che l'ambasciatore gli porgeva, la busta che conteneva la dichiarazione di guerra dell'Italia del Sud alla Germania. Una dichiarazione che, evidentemente, i tedeschi non si degnavano di ricevere perché non lo riconoscevano come Stato autonomo. No, figuriamoci, per loro non era che un territorio occupato dal nemico, qualcosa da riconquistare – tsk, l'aveva sempre detto, a suo fratello, che non aspettava altro, quel crucco maledetto. Alleati, eh? Babbeo idiota che non sapeva far altro che credere alle parole di quel ammasso di muscoli stempiato.
In ogni caso, aveva bisogno di essere ammesso all'ambasciata tedesca e di consegnare loro la sua personale dichiarazione di guerra. Che palle.
Ma avrebbe costretto quel mangiapatate a riconoscere la sua sovranità di Stato indipendente, in quale modo. Erano bastati così pochi decenni di unità per renderlo incapace di muoversi da solo? 'sta minchia!
Non poteva tornare a Brindisi senza avergli dichiarato guerra, questo era chiaro. Già aveva dovuto sudare perché quell'inglese borioso e quello spaccone di un americano gli concedessero il misero stato di cobelligeranza - cobelligeranza, seriamente? Ma scherzavano? E gli avevano riso in faccia, quando aveva parlato di alleanza! Disgustoso. Questi biondi stranieri... tutti uguali.
Se poi non fosse riuscito nemmeno ad adempiere al suo primo, vero incarico politico, gli avrebbero dato una simpatica pacca sulla spalla e l'avrebbero costretto ai loro ordini, anche più di come stavano già facendo.

“Va bene, va bene.”
No, andava tutt'altro che bene, ovviamente, ma non si poteva arrendere.
“Quei crucchi evidentemente hanno paura di noi.” dedusse con un ghigno perfido.
Oh, se gli avrebbe spaccato il culo. Moriva dalla voglia di vendicarsi, sì.
“Andrò io direttamente, questa volta, e Herr testa di patata si terrà la mia dichiarazione di guerra, a costo di fargliela mangiare arrotolata come uno di quei suoi wrustel schifosi!” disse brandendo un pugno per aria.



La mattina dopo, bussava in incognito alla porta dell'ambasciata tedesca. Con incognito, Romano intendeva un cappello tirato in basso sulla fronte, grossi occhiali finti ed una sciarpa tirata fino al naso. Decisamente fuori stagione, inutile precisarlo, ma la cosa più strana a proposito della sciarpa era che gli copriva un paio di baffi posticci.
Spagna lo seguiva, bardato come l'italiano e leggermente nervoso – non era da lui, forse, ma perfino un cuor contento come Spagna aveva la pelle d'oca ad avvicinarsi all'ambasciata tedesca, di quei tempi.

“R-Romano... non credo che...”
“Zitto tu, cretino. Sono uno stato indipendente e dichiaro guerra a chi mi pare.” sibilò lui, deglutendo sonoramente prima di suonare alla porta con un dito un po' tremante.
Ad aprire si affacciò un Germania guardingo e posò due occhi sospettosi sullo strano individuo che gli porgeva una busta di carta.
Direttifen dai pianen alten, fershtanden?!” borbottò Romano nel suo migliore accento tedesco.
Germania prese la busta con precauzione tra indice e pollice, come se temesse che potesse esplodergli in mano, mentre i due insoliti messaggeri si incamminavano in fretta da dove erano venuti.
Un po' troppo in fretta, in effetti.
Il biondo aprì la busta e ne intuì il contenuto anche prima di leggere. Si lanciò a rincorrere gli altri, che come lo sentirono arrivare se la diedero a gambe; Germania, comunque, fu più veloce e li raggiunse.

"Riprendetela! Prenditi questo foglio e sparisci, Romano, tornatene a casa!" ordinò Germania, afferrando l'italiano e tentando in ogni modo di ficcargli in mano il foglio incriminato.
"No! Non se ne parla, brutto crauto semovente! Questa è guerra, capito?!" Romano si divincolava e scalciava, schiaffandogli addosso quella busta maledetta, cercando di infilargliela nelle tasche, nel colletto della camicia, nella cintura dei pantaloni.
“Sei un territorio occupato, nient'altro! Va' via da qui!”
"Occupato, eh?! Non per molto! Ti ricacceremo a casa, hai capito?! L'avrai finita di fare i tuoi zozzi comodi a casa mia, bastardo!"
Volarono un paio di pugni - prontamente schivati da Germania - ed innumerevoli insulti. Cappello ed occhiali caddero a terra, Romano tentò di infilare la busta in bocca all'altro rischiando di soffocarlo, mentre Germania tentava di tenerlo a bada, poi tentò di appiccicargli i baffi finti, e Germania gli tirò il ricciolo, al che Romano provò ad assestargli un calcio sul sedere, senza successo.
Quando fu chiaro che le cose si stavano mettendo male, Spagna si decise finalmente ad intervenire per separarli. Una volta che fu riuscito a staccare il recalcitrante Romano, questo si ritrovava con di nuovo in mano la fatidica dichiarazione di guerra, ora tutta accartocciata e pure un po' umida di saliva.

Germania si allontanò di fretta, mentre Romano gli abbaiava dietro furiosamente.
"Scappa, scappa con la coda tra le gambe, mangiapatate bastardo! Che ti vadano di traverso! Vuoi lo stivale, lo vuoi?! Te lo dò io lo stivale! Diritto su per il cu-" la mano di Spagna era prontamente accorsa a soffocare l'ultima parola di Romano, perché se c'era una cosa che Spagna non voleva, era veder tornare indietro un Germania arrabbiato e vendicativo.
Ma non accadde, e i due rimasero a guardare mentre l'altro rientrava e si chiudeva la porta alle spalle.

"Non avrai mica intenzione di riprovarci, Romano, vero?" chiese cauto Spagna.
"...no." rispose l'Italia del Sud, ancora ansimante, mentre si metteva diritto e si spolverava la giacca. Era ancora parecchio rosso in viso per il tanto agitarsi e per la tirata di ricciolo.
"In realtà, non serve." disse mentre un lampo di malizia gli attraversava gli occhi furbi. "Per avercela ridata indietro con tanta decisione, quel tubero tutto perfettino deve averla letta, non è così?" aggiunse fissando la missiva ora tutta spiegazzata che teneva in mano. "E questo significa che la guerra è dichiarata." decise facendo spallucce e sistemandosi il cappello.
L'avrebbe scacciato da casa sua, sì, l'avrebbe fatto combattendo in prima linea, alla pari di quei boriosi degli alleati e si sarebbe ripreso anche suo fratello. Se lo sarebbe tenuto ben stretto, stavolta, diamine.


Così, in questa maniera curiosa, l'Italia del Sud entrava in guerra contro la Germania. Era il 13 ottobre 1943.







Note:

Lo stato di cobelligeranza: l'Italia, una volta passata dalla parte degli Alleati, era più che disposta ad una nuova alleanza con loro (stato il quale avrebbe consentito all'ex potenza dell'Asse di trattare pari a pari con le altre potenze, una volta finita la guerra, e soprattutto di ritornare sulle pesanti clausole imposte all'Italia il giorno in cui si era arresa) ma gli Alleati si rifiutarono categoricamente di concederle questo status.

Brindisi: dopo l'8 settembre 43, Brindisi era la capitale dell'Italia del sud.

Wrustel: piccolo particolare ispirato dall'abitudine di una persona che conosco di storpiare volutamente questa parola.


L'episodio da cui è tratta questa breve fanfiction non è inventato, anche se è stato da me rielaborato in maniera “hetaliana” sulla base della descrizione di Arrigo Petacco in “La nostra guerra, 1940-1945 – l'avventura bellica tra bugie e verità” (Oscar Mondandori ed.).
Tuttavia, se fu difficile ottenere dagli Alleati il permesso di dichiarare guerra ai tedeschi, ancora più arduo fu consegnare materialmente a dichiarazione al destinatario. L'intoppo protocollare fu risolto in maniera rocambolesca. Non avendo il governo di Brindisi contatti diplomatici con la Germania, fu deciso di affidare il compito all'ambasciatore a Madrid Giacomo Paulucci di Calboli. Egli chiese subito un appuntamento all'ambasciatore tedesco, ma questi, subodorando la ragione della visita, glielo rifiutò. Allora Calboli ricorse a uno stratagemma e affidò la nota a un segretario co l'incarico di presentarsi all'ambasciata tedesca e di consegnare la dichiarazione al primo funzionario che gli fosse venuto incontro. Il segretario eseguì la missione e, appena un tedesco sospettoso aprì la porta  per vedere chi aveva suonato il campanello, gli mise il foglio in mano e scappò via. L'altro rimase sorpreso, ma poi capì di che cosa si trattava e rincorse l'italiano per le scale. Lo raggiunse per strada e gli ignari passanti ebbero modo di vedere due distinti signori che si accapigliavano per un foglio di carta. Alla fine il rappresentante italiano fu costretto a riprendersi la nota spiegazzata che più tardi, sconsolato, restituì a Calboli. Missione fallita? Niente affatto, con perfetto bizantinismo diplomatico, Calboli trasse questa conclusione: “se i tedeschi hanno ritenuto di dover respingere la nostra nota, vuol dire che l'hanno letta e secondo il diritto internaizonale tanto basta perché la dichiarazione di guerra abbia da credersi avvenuta”.
Così, in questa maniera curiosa, l'Italia del Sud entrava in guerra contro la Germania. Era il 13 ottobre 1943.


  
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