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Autore: ziawilma    28/06/2012    5 recensioni
L’idea per questa fanfiction nasce dalla rilettura in chiave “potteriana” dell’Orlando Furioso di Ludovico Ariosto (opera splendida che consiglio a tutti!). Arrico De’ Vasi, il mio protagonista, vola in groppa a Proderostro fino sulla luna, dove stanno tutte le cose perdute. Buon divertimento!
Genere: Demenziale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Draco Malfoy, Harry Potter
Note: Cross-over | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Primi anni ad Hogwarts/Libri 1-4
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ARRICO DE' VASI E IL PERDUTO SENNO

1
Lezion v’era, quel dì, presso l’angusta capanna
Ove Agrido d’incantate creature la cura spiegava.
Per Arrico quell’ora era di certo una manna
dopo Divinazion, che solo morte prospettava.
Quando il giardin ormai distava una spanna,
il giovine, inorridito, capì chi l’aspettava:
Drago e i Serpeverde eran lì a chiacchierare
Del suo svenir, e lui non lo poteva tollerare.

2
“Di lor non ti curar, mio prode amico!”
Sussurrò Romualdo, la testa scuotendo,
e assieme ai due, la bell’Erminia e Arrico,
salutò Agrido, che la lezion andava allestendo.
Arrico un occhio gettò al sibilante nemico
che ancor lo sbeffeggiava, forte ridendo.
Ancor Drago idea non aveva di che lo attendesse,
quando Agrido chiamò la classe, ché lo raggiungesse.

3
Nel recinto rinchiuso vi stava un destriero
Terrificante all’aspetto e truce allo sguardo.
Mentre Arrico lo guardava, fascinoso e fiero,
Agrido ne parlò, avvicinandosi con riguardo.
“Proderostro il suo nome, è bello ed altero,
l’indole sua lo fa forte e testardo.
Questi animali dai Rifei vengon, ma rari,
molto al di là dei ghiacciati mari.

4
Nato dall’amor d’un grifo e una giumenta
ha piume d’aquila sul corpo, e zoccolo duro
non c’è niente che non oda e che non senta
quando da piccin divien grosso e maturo.
Non avvicinatelo, a men che lui acconsenta,
dopo un inchin che sia sincero e puro.
Ippogrifo è la creatura, or più non esitate,
toccatelo pure, ma i consigli rammentate!”

5
Quando Arrico riscosso si fu, tardi era:
la classe era fuggita, lasciandolo inerme
di fronte alla gran creatura straniera.
Si sentì solo e nudo come un verme
Mentre l’ippogrifo muoveva la criniera
E soffiava a lui, ormai su gambe malferme.
Agrido felice fu, e verso lui lo spinse
così che a farsi avanti lo costrinse.

6
La mano allungò, tentando il coraggioso,
ma Proderostro ringhiò, infastidito:
chi si permette un gesto sì oltraggioso?
Il mago in un inchino si piegò, assai impaurito
e l'ippogrifo il rispose, piegandosi cerimonioso.
Arrico, in un grido di vittoria, la mano tese
e di accarezzar la creatura paziente attese.

7
Quando la sua mano le piume sfiorò
Arrico felice fu, e rise di gusto:
fu allor che Drago le regole ignorò
e avanti venne, sollevando un gran trambusto.
Proderostro con lo sguardo lo fulminò
mentre il mago s'avvicinava con disgusto.
“Difficil non sarà, se De Vasi c'è riuscito!
Io ce la farò muovendo appena un dito!”

8
L'ippogrifo, imbizzarrito, con un calcio lo colpì
e il biondo cadde a terra, senza senso alcuno:
Arrico, spaventato, addossi si fece la pipì,
e il panico allor s'impadronì d'ognuno.
Agrido al suo dover di maestro dunque adempì
e Drago sollevò, nei suoi due metri e settantuno.
Il biondo mago allor riaprì gli occhi
e lo sguardo spostò sul giovine quattrocchi.

9
“Arrico, come sei bello, un bacio da te voglio!
Prima mi sembravi uno scemo studentello
ma or per te io mi ignudo, io mi spoglio!”
e mentre così urlava, già si slacciava il mantello.
Ormai dimentico della classe e dell'orgoglio,
ululava e scalpitava: aveva perso il cervello.
“Il senno Drago ha perduto, far cosa si può per lui?”
Agrido allor gridò, preoccupato per costui.

10
La situazione era strana, facciamo il punto:
Romualdo, divertito, se la ride grandemente
Erminia la soluzion cerca, dai libri traendo spunto,
Pansetta, di Drago donna, piange copiosamente,
e Arrigo, allontanandosi, esprime disappunto,
mentre Drago il suo amor dimostra variamente.
Al fin, un grido si leva, mentre quasi imbruna:
“Il suo senno sarà finito sulla luna!”

11
Arrico ruggì, felice, e su Proderostro saltò
per cominciar il viaggio a volo tra le nubi,
e subito l'ippogrifo a partire invitò,
terrorizzato che qualcun l'opportunità gli rubi:
si sa che sulla luna qualche mago relegò
le cose perdute, chiuse in ampolle e piccoli cubi,
e così l'occhialuto potrà recuperar senza subir oltraggio
quel che perse da tempo, che gli mancò sempre: il coraggio.

12
Agrido una pacca sul cul dell'ippogrifo dunque dà
e i due il volo spiccano, condotti dal buon vento,
Arrico quasi non trattiene la sua felicità
mentre gli occhi chiude, per non provar maggior spavento
nel librarsi su Islanda, America e Canadà
e perché il terror nel suo cuore non prenda il sopravvento.
Mentre così pensa Proderostro in alto schizza
e sulla Luna atterra con Arrico, che già tutto analizza.

13
"Proderostro, ma che posto magnifico l'è questo!"
Dice il mago, guardandosi d'intorno.
"Tutto ciò che perduto sulla terra fu, io lo attesto,
qui, sul lunar suolo, ha però fatto ritorno!
Anche se del viaggio m'è antipatico il pretesto,
felice son di trovarmi qui, invece che a Livorno!"
Questo disse, e poi a cercar si mise
il senno del ragazzo che prima lo derise.

14
Mille e più boccette v'eran sulla Luna chiara,
ed ognun conteneva qualcosa di smarrito:
i sospiri di Erminia in una, bella scolara,
dietro a Romualdo perduti, il suo favorito.
In un’altra vide Arrico una splendente tiara,
e di prenderla decise, assai incuriosito.
A Nevillo un'intera sezion era poi dedicata:
anche la testa persa avrebbe, se non fosse attaccata.

15
Da una parte un calzino, a Dobbetto appartenuto,
giaceva solo, vicin a due candele quasi spente,
dall’altra un corpo pallido, davvero mal tenuto.
Arrico s’avvicinò, guardando impaurito la pelle trasparente
del cadaver che per sbaglio o per sorte ha rinvenuto:
due gran occhi rossi lo fissan, con sguardo di serpente.
Del Signor Svolazz de’ Dipartita riconosce la carcassa
e allor con un bastone il naso gli fracassa.

16
Arrico dunque, conclusi i suoi sollazzi
alla ricerca del senno si dedica al completo:
proprio allor ode di Proderostro gli schiamazzi
che, poverel, è piuttosto inquieto .
“Taci, o la testata avrai come Materazzi!”
L’ippogrif allora, urtato dal divieto,
un calcio gli da, e il mago prediletto
sbatte la testina contro un mobiletto.

17
Mai punizion più prolifica fu, a onor del vero,
perché la mensola un tesoro in seno portava:
“Amico mio, fortunati siam! Più nulla è nero!”
Arrico esultante ormai balbettava,
perché le speranze credeva pari a zero.
Una boccetta c’era, e un’iscrizion riportava:
“Senno di Drago Malafede” in oro e argento,
degno della Serpe, ch’era ricco e opulento.
 
 18
Mentre ancor della scoperta gioiva,
una scintilla l’attenzion catturò
e il suo sguardo brillante colpiva:
un’ampolla conteneva ciò che a lungo cercò:
e finalmente quel dovere compiva!
Arrigo in uno slancio Proderostro abbracciò.
“Il coraggio, il coraggio al fine è tornato
Da tutti mai più verrò io umiliato!”
 
19
In groppa salì, e tornarono insieme
Al cortil della scuola, ormai a tarda notte
Agrido c’è ancor, e Drago che freme
d’aver il suo amor, e poi ragazze a frotte
che di Arrico attendon le gesta supreme:
Pansetta, in un angolo, ha ormai le palle rotte.
“Son tornato, vittoria ho in questo bicchiere piccino
Come un falco l’ho gremito, come fosse un boccino!”

20
Arrico si vanta, l’applaudono tutti
E lui fa la ruota, manco fosse un pavone:
Drago il senno suo beve, alternando dei rutti,
lui beve il coraggio, mentre tutti intonan una canzone.
Nessuno s’è accorto, né tra i belli ne tra i brutti,
che Arrico De Vasi l’è solo un co***one.
Questa la storia: se gradito avete almeno un frammento
Non siate cattivi e lasciate un commento.
  
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