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Autore: RainySky    28/06/2012    1 recensioni
Con grande onore annuncio la fine della FF ^^ Godetevi l'ultimo capitolo!
Titolo originale: I'm the ruler of my whole life. Bene benino :D Sono sempre la vostra Sky con una nuova appassionante FF. Ecco una breve intro ^^
Questa storia è un’alternativa di Private Prince, (Yeah! Io adoro le alternative di storie già esistenti XD), dunque non contiene spoiler etc etc, ah sì, i contenuti… “Hot” che poi non sono tanto “hot” del manga non vi saranno. Preferisco stare sul soft ma non tralasciare nulla di importante, questo è il mio stile.
Intro:
Immaginate che qualcuno disponga liberamente della vostra vita. Immaginate ora che questo qualcuno sia un importantissimo nobile, di una casata nobile di cui fate parte. Ora immaginate che stia cercando a tutti i costi di trovare l’uomo della vostra vita (Immagina di buttarsi in un fosso) e ormai penserete di essere costretti ad una vita da segregata, ma se qualcosa cambiasse ?
Sta a voi, con tempo e pazienza scoprire cosa e come cambierà la nostra protagonista.
Genere: Comico, Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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*SkySpace*
Ad un solo giorno di distanza dalla fine della mia precedente FF (Revolution Time) della quale sono molto contenta del risultato, tento la sorte con questa nuova romanticosa (?_?) ff su personaggi inventati, che con la storia non prendono un accipicchia ma comunque sulla base del bellissimo Private Prince, che ho letto chissà quanto tempo fa e solo ora mi ricordo di averlo effettivamente fatto XD.
Spero che chi mi ha seguito nella mia precedente ehrm "opera" voglia provare a leggere anche questo ed invito i nuovi lettori che molto probabilmente non sanno nemmeno chi io sia, a recensire, perchè erhm mi fa sempre piacere ed è utile :D
Buona lettura e buona serie!
Sky!
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“Maki, per favore, ti supplico. Esci dalla stanza”, era il mio maggiordomo Albert. Personaggio alquanto simpatico e bizzarro, non avevo niente contro di lui ma mai e poi mai sarei uscita da quella benedetta stanza per vedere i miei pretendenti, non si può accettare una cosa del genere. Anzi, molte delle giovani ragazze della nobiltà che conosco la accettano senza troppe storie evidentemente a loro basta vivere negli agi di ogni giorno, di una noiosa vita.
Io no. Quando mai si era deciso che mio padre, Spencer Wilkinson della casata omonima, potesse monopolizzare ogni singolo istante della mia vita; grazie al cielo mia madre mi dava supporto, Misako Ichiko, un bel miscuglio di culture. Giappone ed Estonia, la fredda Estonia i cui paesaggi lasciavano senza fiato.
Ogni mattina quando mi alzavo dal letto la prima cosa che mi risultava normale fare era andare allo specchio e ripetere velocemente tutto quello che sono, per non dimenticarmi che anche io ho dei diritti, così come papà aveva scelto di sposare Misako. Scelto.
Quella mattina non faceva eccezione: Mi chiamo Maki Wilkinson. Ho 17 anni. Vivo in Estonia al capezzale dei miei genitori che vogliono trovarmi un fidanzato. Ho dei diritti e dunque mi rifiuto. Lottare. Declinare. Resistere.
Facevo così da ormai 5 anni ed era davvero sfiancante, tuttavia per una questione di principio mi sforzavo di non perdere colpi e così è stato. Maki, la perfetta, l’elegante, la sapiente, la divertente, la sorridente contessa dei Wilkinson: così dovevo apparire alle telecamere, ai paparazzi e a tutti quei giornalisti in cui abitualmente mi imbattevo se per puro caso mettevo piede fuori da palazzo.
Sospirando riempii il lavandino e mi sciacquai per bene il viso, poi il collo e le braccia; mentre ancora il povero Albert bussava disperato alla porta io me la prendevo comoda, cercando un abito da mettere con calma, provandone altri con calma e pettinandomi con calma mortalmente lenta.
Solo allora fui pronta ad aprire la porta per andare a rifiutare l’ennesimo damerino e prendermi l’ennesima strigliata dai miei genitori. Mi chiedo, come possa mio fratello vivere senza che loro gli procurino il minimo fastidio. Ah, se solo Steve fosse qui, sicuramente non mi farebbe nemmeno scendere e ci penserebbe lui a fare quattro chiacchiere con mamma e papà ma era partito per uno dei suoi strani viaggi e chissà quando sarebbe tornato.
Una volta fuori dalla stanza affiancai Albert e mi mossi, con moltissima calma, fino all’atrio dove Spencer riceveva quei damerini bamboccioni senza un minimo di midollo, o di intelligenza.
“Salve padre”, mugugnai e andai educatamente a sedermi sulla poltroncina vicino alla sua. Questo damerino era il peggiore di tutti: tremava e balbettava. Mi ero appena seduta che mi dovetti rialzare impietosita “Oh, ti prego” dissi perdendo le staffe “Questo è davvero troppo”.
Per un attimo mi parve che il damerino stesse andando via, in lacrime.
  
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