Storie originali > Romantico
Segui la storia  |       
Autore: Shomer    28/06/2012    2 recensioni
Demetrio e Nadia sono amici da tanto tempo e hanno ingenuamente pensato che niente e nessuno potesse dividerli. Allora cos’è successo? Perché sono arrivati a questo punto? Dove hanno sbagliato?
A tre anni da allora posso affermare con certezza che se fossi stata meno egoista e più coraggiosa probabilmente avremmo sofferto di meno, ma posso dire con altrettanta sicurezza che se ti avessi ascoltato e se avessi aperto gli occhi, se non avessi infranto le regole e se neanche tu le avessi infrante, sicuramente sarebbe finita allo stesso modo.
Questa storia si è classificata prima e ha vinto i premi giuria, miglior personaggio femminile, pairing e stile al contest "Love (never) fails - quando anche Cupido sbaglia" di Flaren97.
Seconda classificata al contest "Le sfumature del dolore" di phoenix_esmeralda.
[REVISIONATA]
Genere: Drammatico, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
 <<    >>
Questa storia è tra le Storie Scelte del sito.
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Capitolo sette

Io credo che sappiamo che è diverso se le cose son state poi più avare…
Le accetti tiri avanti e non hai perso se sono differenti dal sognare
perché non è uno scherzo sapere continuare.
E scusami se sono qui a pensare a te, le tue parole e i tuoi sorrisi…
100 Pennsylvania Ave – Francesco Guccini

 

 

Il suono della tua voce mi fece gelare il sangue. Rabbrividii nel sentirla e mi voltai di scatto, felice che tu fossi tornato a casa, felice perche avresti risolto la situazione e cacciato Marc una volta per tutte. L’avresti cacciato dalla mia casa e dalla mia vita e allora sarei stata libera.
«Demetrio» salutò Marc, spostandosi dalla finestra e camminando fino al centro della stanza. Quando vidi che stava arrivando vicino a me, mi spostai. «Sono felice di rivederti. Durante l’ultimo nostro contatto telefonico non sei stato molto, mmh, cordiale.»
I tuoi occhi si assottigliarono, ostili, e per un attimo ebbi paura che volessi saltargli addosso e picchiarlo finchè non fossi rimasto senza forze, invece mantenesti un contegno degno solo di te, un tono di voce glaciale che avrebbe fatto rabbrividire chiunque e rispondesti alla sua provocazione con tutta la dignità possibile.
«Lo puoi ben dire» sibilasti. «Adesso vattene da casa mia. Andate a giocare agli innamorati che si incontrano di nuovo lontani da me, o potrei non rispondere delle mie azioni.»
«Io non vado da nessuna parte» protestai.
«Fai quello che vuoi, non mi interessa» dicesti, senza guardarmi. I tuoi occhi glaciali erano puntati su Marc e non l’avrebbero lasciato stare finchè non si fosse chiuso la porta di casa nostra alle spalle.
«Perdona l’intrusione» disse lui, senza accennare ad abbandonare quell’espressione divertita, quella che ti stava facendo infuriare e che presto ti avrebbe fatto esplodere. «Non volevo rovinare la vostra commedia romantica con la mia presenza.»
«Ti ho detto di andartene» sibilasti ancora, la voce dura come una lastra di marmo.
«Mi sono sempre chiesto per quale motivo anche tu ce l’abbia con me, Demetrio» infierì Marc. «Io a te non ho fatto niente. Adesso dovresti solo ringraziarmi per averti liberato il campo».
Centro. Stringesti i pugni fino a far diventare le nocche bianche e avrei potuto giurare che sui palmi delle tue mani le unghie si stessero conficcando nella carne. Assottigliasti gli occhi talmente tanto che sembrava fossero chiusi e un movimento quasi impercettibile del tuo braccio mi fece pensare che stessi lottando per non colpirlo.
Marc capì e sorrise. «Tolgo il disturbo, tranquillo» disse e mi guardò. «Pensa a quello che ti ho detto».
Non risposi. Io e te lo guardammo voltarci le spalle e dirigersi verso la porta, sbattendola.
Non l’avrei rivisto mai più.


Esplodesti dieci minuti dopo che lui se ne andò. Passasti quei dieci minuti a vagare per la stanza, nervoso, a spostare oggetti e a fumare, senza girarti a guardarmi nemmeno una volta.
Non avevo il coraggio di aprire bocca perché non avevo la minima idea di ciò a cui tu stessi pensando e avevo paura di dire qualcosa di sbagliato, avevo paura che tu ti allontanassi ancora di più da me, avevo paura che mi rifiutassi come io avevo fatto con te troppe volte.
Le parole di Marc erano troppo vere e facevano troppo male per fa sì che io pensassi anche solo lontanamente che forse era il caso di ammettere che aveva ragione, che tra me e te c’era sempre stato qualcosa, che tu l’avevi capito e io invece no. La cosa più assurda era che quella sensazione che indicava qualcosa di irrisolto io l’avevo sempre avuta, ogni volta che ti guardavo, ogni volta che ti ascoltavo e ogni volta che ti toccavo. Aveva ragione Marc quando aveva detto che io non mi accorgo delle cose finchè qualcuno non me le sbatte in faccia, aveva ragione quando diceva che l’avevo ingannato. E avevo ingannato anche me e anche te.
Quando finalmente ti decidesti a parlare io avevo solo voglia di piangere.
«E’ stato un teatrino molto romantico» dicesti, evitando di guardarmi. «Erano mesi che aspettavi che lui tornasse a dichiararti tutto il suo amore e ora è arrivato. Non sei felice?»
Non risposi. Rimasi solo a fissarti mentre girovagavi per la stanza cercando qualcosa da fare.
«Mi è dispiaciuto fare il cattivo della situazione» continuasti. «Ma in casa mia non lo voglio. Potevi seguirlo, però. Vabbè, potrete sempre vedervi stasera».
«Non mi ha dichiarato nessun amore» dissi, dopo un po’. «Non hai capito niente, Dem».
«Non c’era molto da fraintendere» dicesti, gelido. «Sono arrivato e lui stava negando tutto quello che ha fatto nei mesi passati e tu sei talmente stupida da andargli dietro, non capisci che ti ha solamente usata, scegli lui ancora una volta!» gridasti. «Io sono stufo di tutta questa storia, Nadia. Sei solo una bambina, non sai neanche tu quello che vuoi e io mi sono stancato, io ho bisogno di risposte!»
«Hai frainteso tutto» dissi, cominciando ad alterarmi anch’io. «Io non vado dietro a nessuno e tu devi smetterla di accusarmi sempre, non sai neanche com’è andata, non c’eri!»
«Forse mi sono sbagliato quando ho detto che la tua è solo un’ossessione» sibilasti. «Forse avevi ragione tu. Quello che è successo poco fa ne è la dimostrazione.»
«Non è successo niente poco fa!» risposi, sentendo gli occhi inondarsi di lacrime mentre tu li perforavi con il tuo sguardo. «E non ti sbagliavi!»
«Non mi interessa più» dicesti. «Va bene così, Nadia. Non ci ho mai sperato più di tanto. Ho sempre saputo che saremmo arrivati a questo punto e ho sempre saputo che non avremmo mai avuto una conclusione. Va bene così.»
«Di che cosa stai parlando?» chiesi, anche se sapevo esattamente a cosa ti riferivi. Stavi dicendo tutto quello che io avevo pensato nei giorni precedenti e non avevo il coraggio di dire ad alta voce. Il motivo per cui io e te continuavamo a respingerci ero solo io, ma allora non me ne rendevo conto.
«Sto parlando di me e te» dicesti, finalmente. Lo stavi ammettendo dopo mesi di frasi spezzate e rifiuti, di sguardi obliqui e pianti. Stavi ammettendo quello che io non avrei mai voluto che tu ammettessi. Era questo il punto di non ritorno, non i nostri baci, non i nostri sguardi. Nell’esatto istante in cui tu pronunciasti quelle parole io realizzai che era veramente finita.
Rimasi immobilizzata a guardarti per quelli che mi parvero secoli, cercando le cose giuste da dire, pregando di essermi sbagliata, sperando di poter ancora aggiustare le cose.
«Non sei mai stata così lontana» sussurrasti. «Non so più che cosa fare.»
«L’altro giorno mi hai detto che quando vuoi qualcosa te la vai a prendere» mormorai.
«Lo so. Ma in questo caso non ne sono in grado» ti sedesti su una sedia e in quel momento mi accorsi che eri veramente sfinito. Appoggiasti un braccio sul tavolo e lasciasti cadere l’altro lungo un fianco. Fissavi un punto imprecisato nel vuoto e avevi l’espressione più triste e amara che io avessi mai visto. «E’ da anni che provo a farti capire.»
«Io ho capito» dissi. «Non sono innamorata di Marc.»
Voltasti la testa e ricominciasti a guardarmi con quegli occhi terribili e penetranti. Ti alzasti e arrivasti vicino a me.
«E di me?» chiedesti, in un sussurro.
«Non lo so» ammisi.
Sorridesti e in quel sorriso vidi tutte le parole che avresti voluto dirmi negli anni passati e tutte quelle che mi avevi detto. Sorridesti e io finalmente capii che nonostante i tuoi sentimenti verso di me, non avresti accettato che io ti ferissi ancora. Quando ti avevo baciato per la prima volta avevo capito che ti avevo perso, in quel momento invece capii che ero stata io ad andarmene.
«Non è abbastanza, Nadia» dicesti, senza smettere di sorridere. Io sentii la prima lacrima bagnarmi la guancia perché sapevo cosa significava quel sorriso.
«Non mi lasciare sola.» sussurrai.
«Non posso rimanere qui.»
Ti avvicinasti di nuovo a me e mi asciugasti la lacrima con la mano. Poi mi baciasti a fior di labbra, con dolcezza. Quando accettasti di staccarti da me, decidesti anche di staccarti dalla nostra casa, dalla nostra città e dalla nostra vita.
Lasciasti tutto quanto anche tu.


«Stavo pensando che mi piacerebbe tornare nella mia vecchia città.»
«Ti vuoi trasferire?»
«A luglio mi laureo e poi dovrò fare la specialistica, che c’è anche nella mia città.»
«Voglio venire con te. Posso cominciare lì l’università.»
«Verresti sul serio? Anche se l’università c’è anche qui?»
«Sì.»
«Potremmo vivere insieme.»
«Sarebbe bellissimo. Così non sentirei mai la tua mancanza.»
«Quanto sei sentimentale.»

   
 
Leggi le 2 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Romantico / Vai alla pagina dell'autore: Shomer