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Autore: DTmyRoom    29/06/2012    1 recensioni
Quello che accadde il giorno della partenza di Hawkins senior lo sappiamo tutti, è storia. Ma quanto sappiamo di quel che accaduto dopo? Nulla. E’ terribile anche solo pensare alla fatica che il piccolo Jim può aver fatto per ricostruire da capo la propria vita, ripartire dallo START iniziale ancora una volta, ma senza la speranza di rivedere un giorno suo padre.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Avevo quattordici anni quando è successo. Durante una delle ultimissime lezioni che mi presi la briga d’ascoltare.
<< … All'arrivo di questo, le vescicole per effetto dell'onda di depolarizzazione, fondono la loro membrana con quella del neurone e… >>
Biologia. Professore, è ridicolo anche solo pensare che a qualcuno di questa classe interessi. Guardali bene, anche quelli che prendono appunti desiderano solo che ti venga un ictus e che tu perda la capacità di parlare.
<< … la dopamina tende a generare sensazioni piacevoli simili a quelle sperimentate quando si assumono sostanze alcoliche, droghe stimolanti, oppure quando si fa sesso. >>

Già, ci vorrebbero proprio degli stimoli, rischio di fare la muffa su questa sedia.
<< Professore. >>
Alzo la mano e percepisco chiaramente gli sguardi degli altri addosso, e so che sono identici a quelli del vecchio alieno tartaruga: hanno paura e ne hanno piene le palle “delle stravaganze di quell’Hawkins”.
<< Si, Hawkins? >>
<< In quali casi avviene il rilascio di dopamina? >>
E quello sbatte le ciglia. Hey, non essere così sorpreso!
Si schiarisce la voce tentando di ritrovare la sua professionalità che si era appena dissolta alla mia domanda.
<< Ad esempio in situazioni di stress. >>
<< Quali? >>
<< Non saprei… >>
Ah, il vecchio suda, tutto questo interesse da parte mia lo preoccupa.
<< … ad esempio situazioni di pericolo… >>
<< Ho capito. >>
Lo interrompo subito, è così patetico quell’uomo che non ho neanche voglia di stuzzicarlo oltre e, ormai, mi ha detto quello che mi interessa sapere.
Il professore tentò di riportare l’attenzione sulla questione e trovare altri esempi esaurienti, ma con scarso successo.

 

*  *  *

Wake up (Wake up) 
Grab a brush and put a little makeup 

Hide the scars to fade away the shake up 

(Hide the scars to fade away the shake ) 

Why'd you leave the keys up on the table? 

Here you go create another fable 


La zona delle miniere abbandonate è anche più merdosa di quella delle miniere ancora in funzione. Non c’è assolutamente nulla lì, se non distese di macchinari arrugginiti, gallerie a rischio crollo e il terreno sconnesso pieno di strapiombi e costoni. Direi che è perfetto.
Ormai era più di mezzora che mi dondolavo con la punta del surf rivolta verso il vuoto in cui erano gettate le carcasse di ferro. Era più di mezzora che cercavo di convincermi a buttarmi.
E tutto per una lezione di biologia! Odio la scuola, è inutile anche quando è utile.
Mi arrendo, non ho voglia di sprecare altro tempo in preda alle vertigini.
Imbraccio il surf e faccio retro front.
<< Vado ad annoiarmi altrove. >>
E’ questo il problema, io mi annoio. E io sono qui per risolvere questo problema!
Mi focalizzo su questo obiettivo, spengo il cervello, ributto la tavola con malagrazia sulla roccia, mi sistemo sopra e parto. Sono fritto.
I propulsori mi sospingono per qualche metro nel nulla, finché uno sbuffo sospetto e uno schifoso rumore del motore non mi fanno voltare appena in tempo per vedere del fumo nero.
Precipito e vedo la vita passarmi davanti.


(You wanted to) 
Grab a brush and put on a little makeup

(You wanted to)

Hide the scars to fade away the shake up 

(You wanted to) 

Why'd you leave the keys up on the table?

(You wanted to) 

I don't think you trust, in, my, 
Self-righteous suicide, 
I, cry, when angels deserve to die! 

E adesso?
Guardo il vuoto sotto di me, oltre il pontile; erano minuti, ore, giorni interi che ero appeso all’ormeggio di legno. Forse? O forse sono sonnambulo e sono finito qui per caso. In fondo ho ancora il pigiama, potrei averlo sognato. Proprio come in un sogno, pezzi interi di quella corsa disperata, giù per la discesa di pietra, dove mi ero sfracellato le ginocchia, erano stati rimossi. Sapevo di essermi svegliato - sì, ora lo sapevo -, di essere entrato in salotto e di essere uscito. Poi mi sono ritrovato appeso qui, con la gola secca, le lacrime agli occhi; dolori per tutto il corpo che sapevo d’avere, ma che realmente non percepivo. Ormai è andato, no? Forse dovrei tornare dentro. Ma se quando mi volto lui ripassa di qui, con la sua nave, per salutarmi con la mano? E se le gambe mi si spezzano quando cerco di muoverle? E se mamma piange ancora? Io non voglio vedere mamma piangere.
A pomeriggio inoltrato mi decisi a girare i tacchi; le mie gambe erano ancora intere, nessuno mi avrebbe mai salutato da una nave in partenza e mia madre era in cucina a preparare la cena, tutto come sempre, nonostante ormai non sarebbe stato più nulla come prima.

Wake up (wake up) 
Grab a brush and put a little makeup 
Hide the scars to fade away the shake up 
Why'd you leave the keys up on the table? 
Here you go create another fable 


<< Jim, mio caro, devi capire che l’istruzione è fondamentale… >> Aveva detto quel ridicolo cane da biblioteca.
<< … tua madre è molto preoccupata per te… >>
A te non deve importare né di me né di mia madre; credi di poter sostituire mio padre? Te lo dico subito, scienziato del cavolo: lasciami in pace e vattene da casa mia!
Sono stufo di te e delle tue parole, della tua voce tranquilla, dei tuoi modi da maestro! Non si è mai visto un ragazzino di tredici anni che riesce a terrorizzare un adulto con il solo sguardo. Sei uno smidollato, Delvert!


(You wanted to) 
Grab a brush and put on a little makeup 
(You wanted to) 
Hide the scars to fade away the shake up 
(You wanted to) 
Why'd you leave the keys up on the table? 
(You wanted to) 

I don't think you trust, in, my 
Self-righteous suicide, 
I cry, when angels deserve to die 
In my self-righteous suicide, 
I cry, when angels deserve to die 

 

La mattina dopo mi svegliai come tutte le mattine, nello stesso letto, con uno dei miei soliti pigiami; il sole sorgeva a est come sempre e Montressor era ancora il solito pianeta minerario e privo di qualsiasi stimolo utile. Scesi da basso mezzo rintronato e venni accolto dal medesimo buon odore di colazione, la colazione che la mia mamma preparava tutte le mattine. Lei era in cucina come ogni giorno.
<< Tesoro, vai sciacquarti il viso, la colazione è pronta. >>
E mi sorrideva, come sempre. Era tutto come l’avevo lasciato il giorno prima. Ma non scherziamo! Una pila di piatti sul tavolo davanti a me, troppo in ordine.
Non era tutto come sempre!
Allungai il braccio e migliaia di scariche d’adrenalina percorsero la mia schiena.
Tutto è cambiato, mamma perché non lo capisci?
Con un solo gesto li tiro giù tutti e si fracassano in terra. Lei s’affaccia dalla cucina e mi fissa con quello sguardo desolato che da allora prese a perseguitarmi: ogni volta che ne combinavo una delle mie, ogni volta che quella donna pensava che fossi solo tanto confuso e che avessi solo bisogno d’esser capito, io mi beccavo quegli occhi tristi. Imparai a conviverci, in un modo o nell’altro.
<< Non capisci! >>
Gli grido contro prima di scappare di fuori.

 

Father (father) 
Father (father) 
Father (father) 
Father (father) 
Father Into your hands I commit my spirit 


Mamma dice che sono un prodigio perché riesco a mettere insieme una tavola e una vela. Stronzate! Sarei un prodigio se queste scemenze fossi in grado di farle per un talento particolare. Io, il “talento” me lo sono fatto venire a forza.
Cosa ho fatto quando mio padre era via? Ho studiato, sì, ho cercato qualcosa che potesse sorprenderlo e mi sono applicato con tutto me stesso. Era sempre in viaggio, gli piacevano le navi, gli piaceva volare… ma queste erano solo mie supposizioni. Quando avevo poco più di cinque anni potevo cimentarmi con esperimenti quali la barchetta di legno, che non venne nemmeno degnata di uno sguardo. Quando compii sette anni, mi resi conto che ero ormai “un ometto”, o almeno fu quello che mi disse mio padre. Pensai che volesse dirmi che era il momento di fare cose da “ometti”. Presi a trafficare con i motori e con i surf solari, per sfiorare almeno con un dito il cielo in cui finiva sempre per sparire la figura di papà. Neanche il prototipo costruito a soli otto anni riuscì a smuoverlo.

Father Into your hands, why have you forsaken me?  
Papà mi aveva dimenticato, dal primo giorno che ero venuto al mondo, nonostante io fossi diventato un prodigio solo per lui.
In your eyes, forsaken me 
Perché mi ha dimenticato? Perché non mi guardava? Perché non sapeva che avevo il suo stesso colore degli occhi?
In your thoughts, forsaken me
Perché mi ha dimenticato? Perché non mi parla? Perché non mi chiama Jim, come fa mamma? Scommetto che, al di fuori di Montressor, non ha mai parlato a nessuno di suo figlio “James”.
In your heart, forsaken me
Perché mi hai dimenticato? Papà, tu mi vuoi bene?

 

Oh, trust in my, self-righteous suicide 
I cry when angels deserve to die 
In my self-righteous suicide 
I cry when angels deserve to die

 

Mamma non ha più versato una lacrima da quel giorno, anche se le persone la guardano storto, quelle stesse persone a cui preparava da mangiare con tanto impegno. Quelle persone sibilavano e si raccontavano all’orecchio del figlio di Sarah che va male a scuola, che risponde male a tutti e che fa di tutto per mettersi nei guai.

 

*  *  *

 

Ho paura! Schiaccio come un matto il pedale per riaccendere il motore che non da segni di vita. Mi sto per schiantare; oddio, sono morto!
I propulsori esplodo e strepitano con me, in un attimo il surf prende una traiettoria diagonale e mi ritrovo a urtare contro una cisterna. Tento di gestire la vela per prendere quota. La tavola avanza ancora per qualche metro prima di piantarsi con la punta nel terreno e sbalzarmi in avanti contro delle tubature lunghe come serpenti neri. Sbatto la fronte e una miriade di esplosioni mi riempiono gli occhi, insieme a calde lacrime di dolore. Mi accascio a terra: sono vivo!
Mi sdraio a pancia in su, sulla terra battuta del cantiere e guardo il cielo di Montressor.
<< Cazzo… >>
Esalo poco prima di scoppiare a ridere. Rido e sono contento d’essere vivo, rido perché per una volta non mi sto annoiando, rido perché non sarò più lo stesso ragazzino Montresiano di prima.
<< Che pianeta di merda! >>
Esplodo in fine contro l’azzurro, poco prima girarmi e cercare di raggomitolarmi su me stesso. Risultati della missione kamikaze: un surf distrutto, due ginocchia sbucciate, un dito rotto, sangue dal naso e un’erezione. Mi sono eccitato, sì, e sono diventato dipendente dalla dopamina.








Note dell'autore: il finale ha un che di comico, lo ammetto, anche se nella mai testa era tutto tranne che divertente. Mi piace l’idea di una scena “tragica” con personaggi che ridono, è folle, la follia mia piace U.U. La verità è che Jim ah trovato la scappatoia, è riuscito a scrollarsi di dosso il ricordo del suo genitore degenere ( figlio di chi-so-io! è.é) tramite un passatempo in parte distruttivo.
La canzone è Chop Suey dei System of a Down.

 

  
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