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Autore: Thumbelina    29/06/2012    1 recensioni
Sui giornali di domani potrete leggere la mia morte. I giornalisti parleranno di suicidio, mio marito piangerà la mia morte, la mia suocera dirà che ero depressa, mia sorella stringerà forte a se la mia bambina. Ma nessuno di loro saprà mai la verità, nessuno di loro saprà mai perché sto per saltare giù.
Genere: Malinconico, Erotico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Famiglia Weasley, Fleur Delacour, Sorpresa, Victorie Weasley
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Il regalo più bello

Al mio compleanno ormai non dovrebbe mancare molto. Forse settimane, forse mesi, forse giorni. Da qualche tempo a questa parte, ormai, il tempo scorre inesorabile sopra al cigno di cera che è diventata la mia persona, ed intanto è come se non passasse mai, e l’attimo diventa l’ora, e il mese diventa un giorno, e i secondi cedono il posto ai minuti, e poi i minuti ai secondi, e poi ancora, e ancora, le lancette si invertono, si scambiano di posto, i giorni del calendario si danno il cambio piano piano, ed il tempo ormai non esiste più. Per quanto mi riguarda, il mio compleanno potrebbe essere già passato, o potrebbe essere oggi, ed io non me ne accorgerei comunque. Si dice che lo scorrere del tempo, che la durata di un attimo, che la lunghezza di un minuto, che tutte queste non siano affatto proporzionate al peso di una lancetta, né al chicco di sabbia in una clessidra, ma alle nostre aspettative, a ciò che pensiamo ci attenda un secondo più in là. Si dice che il tempo rallenti in maniera inesorabile, che paia quasi annullarsi del tutto quando siamo in attesa di un qualcosa di importante e che spicchi il volo veloce come il vento, quando questa la si sta vivendo. Sarà per questo forse che nel mio universo il tempo ha totalmente cessato di esistere, perché non vivo nulla di così importante da farlo correre, ad al contempo non aspetto nulla da farlo rallentare. Potrei anche aver compiuto trent’anni senza essermene accorta.
Bill dice che si farà perdonare, il mio ultimo compleanno non è stato proprio come lui se l’aspettava, immagino, con la mia brutta sorpresa, la nostra discussione a tutto il resto, ma dice che in questo si farà perdonare, organizzerà qualcosa di grande, immagino, dicono tutti che avrei davvero bisogno di festeggiare. Credo abbia intenzione di preparare un bel pranzo in una qualche locanda, con cibi prelibati e camerieri, e se ci penso a me sale il vomito in gola. La mia premurosa odiata suocera mi ha promesso di portarmi in giro a comprare un bell’abito, sa bene che non ci andrei mai da sola, e credo che abbiano già parlato con una parrucchiera, come se fra i miei capelli ci fosse ancora qualcosa da recuperare… Possibile che abbiano già pensato anche al regalo, credo di aver sentito addirittura parlare di brillanti. Il ristorante, lo shopping, il regalo… Sì, li ha fatti davvero bene i conti il mio caro marito, vuole che ogni cosa sia perfetta questa volta. Quel che non capisce, quel che non potrà mai capire, il mio caro amato ottuso Bill, è che è già stato perfetto, e che il giorno del mio compleanno sarà già stato perfetto precisamente un anno fa.
Me lo ricordo perfettamente quel giorno.
Penso che i ventuno anni non siano poi un traguardo così importante. Non hanno il fascino dei diciassette, la suspence dei diciotto, né lo spauracchio del numero due che fa da preludio ai venti. Sono un numero e basta, un’età come un’altra, eppure penso che io i miei li ricorderò per sempre. Ciò che è successo nei miei ventuno anni d’età non si ripeterà più, e credo di non sbagliare se ora vi dico, che probabilmente questo è stato l’anno più significativo della mia vita. Tutti i miei cambiamenti, tutta la concezione di ciò che sono stata, tutta la mia coscienza di quello che sono, tutta la mia speranza in quella che un giorno sarò, è stata, è e sarà per sempre condizionata da questo singolo misero stupido anno d’età. È un concetto così assurdo!
Però quel giorno ve lo voglio raccontare. Non fu il miglior compleanno della storia del mondo, forse io stesso ne ho avuti di migliori, e non credo neppure che sia di una qualche grandiosa importanza ai fini della storia. Eppure ve lo voglio raccontare. Forse solo perché si tratta di un momento felice, forse perché ho ancora la sua impronta stampata sulla pelle, o forse perché sono stanca di raccontarvi pensieri tristi, e perché ancora più tristi son quelli che in seguito dovrò raccontarvi, e quindi acquista ancor più valore un piccolo sorso di gioia. Perdonatemi quindi, per questo mio ricordo inutile, siete liberi di tapparvi le orecchie, mentre io comincio a narrare.
Ah, già, dimenticavo, dedico questa mia piccola memoria al mio amato venerato amante Charlie Weasley, questo fu il suo piccolo capolavoro.
Forse le ragazze che stanno ascoltando avranno presente quella vaga sensazione che si prova la mattina quando si spazzolano i capelli dinnanzi allo specchio. Così, semplicemente, senza fretta, e mentre la nostra acconciatura assume i caratteri dell’accettabile i nostri pensieri fanno lo stesso, soffiando via la nebbia degli ultimi sogni del mattino. Ero senza un filo di trucco quando Charlie irruppe nel bagno. Bill se ne era già andato a lavoro da un po’, dopo avermi svegliato con un bacio ed avermi augurato felice compleanno con mazzo di dieci rose. Stupido, stupido uomo, non è forse risaputo che i fiori si comprano dispari? A paia si comprano le uova, non i fiori. Avrei preferito che me ne avesse comprate solo due, simbolo degli anni che avevamo trascorso insieme, o ventuno, come la mia novella età, o tredici magari, o ventotto, od un altro qualsiasi numero con un po’ di carattere forse, ma non un dieci.
Anche Molly era fuori, a fare la spesa per il pranzo, credo, e tutti gli altri erano fuori o a scuola o a lavoro. Il ragazzo Charlie Weasley entrò dalla mia finestra con un salto. La casa era vuota, avrebbe potuto tranquillamente usare la porta, eppure lui entrò con un salto. Mi sembrava una cosa carina.
- Che modo triste di passare un compleanno, Fleur Delacour, - commentò sorridente quando mi vide – tutta sola a pettinarti i capelli!
- Non è ora la festa – risposi io sbrigandomi a posare la spazzola per mettere mano al belletto – questa sera farò in modo di sembrarti più contenta.
- Tuo marito ti ha già dato il suo regalo? – chiese Charlie mettendosi comodamente a sedere sul muretto della doccia.
- Ah ah – risposi io scuotendo la testa – me lo darà stasera, dopo la torta, tua madre dice che è tradizione.
- Ah, capito, - commentò lui – si tratta di una borsa comunque. Ci ha speso un bel po’, mi ha chiesto se mi piacesse ed io ho detto di sì, in realtà non mi piace affatto, e questo è divertente. Mamma ti ha regalato un libro di cucina, le sono scoppiato a ridere in faccia quando l’ho saputo, mentre George ti ha preso quello strano paio di occhiali da sole che dice avevi apprezzato nel suo negozio quando sei andata in visita due settimane fa. Da quando è morto Fred parla poco, ma ascolta molto. Ginny, Percy e Ronald hanno cercato di aggiungermi alla loro colletta per il tuo regalo, credo che ti faranno un profumo, o un bracciale, o qualcosa di simile. Mi hanno chiesto di partecipare, fossi matto! Quanto a papà, beh lui…
- Sei venuto qui per farmi una rassegna dei miei futuri regali o è per qualche vero scopo che sei entrato nel mio bagno? – gli chiesi interrompendo la sua lista.
- Un motivo ce l’ho, - mi rispose lui sorridendo, togliendomi la matita di mano e posandola sul piatto dei trucchi – ce l’ho eccome.
Vorrei riuscire a ripetere il tono della sua voce, ma dubito che riuscirei a riproporlo. Così intenso, così suadente…
Poi si allontanò ridendo da me, e ritornò alla finestra.
- Vestiti, - mi disse uscendo con il solito salto – che ti porto a ricevere il mio regalo.

Io non lo sapevo che avesse una moto. Era color giallo canarino, con delle fiamme nere a sfumature verdi, ed un sellino un po’ troppo grande rispetto alla struttura rivestito di una squamosa pelle di drago color arancio intenso. Potrebbe essere la moto più brutta che io abbia mai visto. Dico davvero, non dovrebbero fabbricarne così. La figura orribile della sua moto, la scomodità del suo sedile, sono comunque l’unica cosa che posso descrivervi parlandovi del viaggio. Un foulard giallo a mimose viola mi coprì gli occhi per tutto il percorso, mentre i miei ricci biondi si perdevano nel vento ed io mi stringevo al corpo di Charlie lungo tutta la strada.
Quella, quella è una cosa che vorrei poter cambiare. Vorrei avergli detto di no quando mi ordinò di bendarmi gli occhi per farmi la sua sorpresa, vorrei aver guardato ogni cosa, il sole, il paesaggio, vorrei essere in grado di descrivervi ogni cosa, dal verde del prato all’azzurro del cielo, vorrei potervi dire quanto fosse bella la macchina rossa che ci sorpassò in mezzo alla strada, o a quanto fosse brutto il tipo grasso in canottiera sudata che inveiva pesantemente contro il motore ottuso della sua macchina. Vorrei potervi descrivere dei bambini che ci facevano le boccacce dai loro sedili posteriori, o un vigile che guardava arcigno le vetture che gli sfrecciavano davanti, o il lavavetri, o le donne che attraversavano la strada. Vorrei potervi descrivere ogni cosa così come fu, ed invece dobbiamo accontentarvi solo della mia immaginazione, che seppure una di queste cose ci fu, io non la vidi per raccontarvela.
Quando la benda mi fu tolta, ero già scesa dalla moto da un po’. Charlie mi aveva preso la mano, e fra lui ondeggiavo in un luogo rumoroso che risuonata delle più varie voci di gente. Dovevo spostarmi spesso, zigzagare fra la folla, doveva essere un qualche mercato. Credo che Charlie abbia poi sollevato la porta della tenda, sì, è molto probabile che l’abbia fatto, e che mi abbia spinto ad entrare.
Quando mi tolse la benda dagli occhi, questi ebbero un po’ di difficoltà a mettere a fuoco l’ambiente, ed ancora di più a comprenderlo.
- E’ lei? – domandò a Charlie un uomo alto, con i capelli scuri ed un pizzetto verde, ed un enorme orecchino a forma di centauro che gli pendeva dal lobo sinistro.
- È lei – rispose lui Charlie stringendomi più forte la mano.
È molto probabile che io qui per un istante abbia provato paura.
- Avevate già qualcosa in mente – ci chiese il tizio con l’orecchino.
- Sì, credo di sì, - rispose Charlie sorridendomi.
- Perfetto, siediti lì. – mi disse l’uomo, e il mio compagno mi guidò fino ad un rudimentale lettino.
Fu quando il tizio che era con noi scoprì involontariamente il braccio per organizzare i suoi attrezzi che capii cosa stava succedendo. Probabilmente non avevo mai fatto una cosa così pazza e stupida nella mia vita.
E poi ci accadde una cosa che prima non c’era mai successa. Senza che ci fossimo messi d’accordo, senza che ci fossimo neppure guardati, io e Charlie dicemmo, contemporaneamente, all’uomo:
- Vorremmo che fosse una farfalla.

No, non sono io il classico stereotipo della ragazza col tatuaggio. Non è una cosa da me, non lo è mai stata, non ci avrei scommesso un soldo bucato su quella possibilità. Ed ora è qui invece, cucita sulla mia scapola una farfalla si posò sulla mia pelle il giorno del mio ventunesimo compleanno, per non andarsene mai più. Non posso descrivervi la gioia che provai nel vederla fiorire pian piano sul bianco della mia pelle, né il dolore che mi provocò quell’ago, mentre Charlie mi stringeva forte la mano, o la felicità nel guardarmi allo specchio. Dopo dieci più di dieci anni il mio sogno di bambina triste si era realizzato, finalmente, ed io avrei potuto spiccare il mio volo. Ero una farfalla quel giorno, lo sarei rimasta per sempre, le ali del tatuaggio erano le mie.
E ve la immaginate adesso, la faccia del mio caro maritino e dalla sua cara famiglia quando ci videro entrare in casa ridendo come cretini, me ed il ragazzo Charlie Weasley, con quella farfalla color nero notte che ardeva sulla mia spalla.
Dio quanto furono alte le urla, gli occhi di Bill uscirono fuori dalle orbite, e cominciò a inveire contro suo fratello con parole e modi che credo di non aver neppure capito del tutto, o che comunque non riuscirei a ricordare. Ma Charlie continuava a ridere, per riuscire a smetterla ci avrebbe messo un bel po’, ed io non riuscivo ad offendermi per quello che stava dicendo, né a prenderla sul serio. Neppure mentre la discussione infuriava, ed anche Charlie ne aveva preso parte, e tutti gli altri tentavano preoccupati di calmarli, io rimanevo tranquilla, lieta, in silenzio, come se non stesse accadendo un bel niente, come se tutti i fatti, tutte le voci di quella stanza fossero da me lontani anni luce, ed io mi librassi in alto, più in alto, più in alto da tutte quelle stupide cose. La metamorfosi era completa, ed io ero diventata una farfalla.

TO BE CONTINUED...



Scusate l'increscioso ritardo, scusate davvero. In caso qualcuno volesse pensare la cosa più grande di come è, sappiate che la lite fra Charlie e Bill è nata per il tatuaggio, solo e soltanto per il tatuaggio, Bill ancora non sopsetta nulla. Spero di avervi soddisfatti. Baci. Giulia.
   
 
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