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Autore: Sion    29/06/2012    5 recensioni
L’unicità di Bolin era nel sorriso. Il suo semplice incurvare le labbra allentava le tensioni, riscaldava i cuori e teneva unito il loro team come un collante.
bolin, korra. spoiler. scritto per piscinadiprompt@livejournal.
Genere: Romantico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altro personaggio
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Spoiler!
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Titolo: one of a kind
Fandom: Avatar: The Legend of Korra
Rating: Verde
Personaggi: Bolin, Korra (+Mako, Asami, Pema, Ikki, Meelo, Tenzin)
Avvertimenti: Spoiler up to 1x08 -- Scritto per piscinadiprompt@livejournal col prompt Bolin, Sorridere.
N/A: Adoro Bolin. E' uno dei miei personaggi preferiti in tutta la serie, per cui ho preso molto a cuore questa fanfiction. Il prompt mi è stato presentato da una mia amica, e sono contenta che l'abbia scelto, è così dolce. Spero di non aver deluso le aspettative.
(Tra parentesi, questa fanfiction è molto poco vagamente Borra. NO H8. Ovvero: io sono fan tutto, non pretendo che lo facciate anche voi, ma per favore, no ship war).
Grazie a chiunque leggerà e - speriamo - commenterà.
Bene, ho finito. A, out! <3


one of a kind


Quella sera l’isola del Tempio dell’Aria era stranamente calma. I bambini erano tutti già a letto, stremati dopo una sessione di nascondino con Bolin, Korra, Asami e Mako. Pema li aveva ringraziati per quel miracolo con un dolce di crema che aveva fatto impazzire Korra. Dopo la cena, Tenzin aveva trascinato l’Avatar nel Tempio, per fare l’ennesima prova di connessione con il mondo degli spiriti. Controvoglia, Korra l’aveva seguito. Asami e Mako erano da qualche parte nei pressi del Tempio, probabilmente intenti a tubare come piccioncini. Bolin non disapprovava la loro relazione – anzi, trovava che Asami fosse una ragazza davvero incredibile – ma neppure era stato contento dell’espressione che aveva assunto Korra quando Asami aveva preso la mano di Mako a tavola.
Lui, dopo aver osannato Pema per il dolce, si era limitato a gironzolare attorno alla piccola arena dove, supponeva, Korra si allenava col dominio dell’aria, vagando senza una particolare meta sino ad arrivare sul bordo del molo, fermandosi ad osservare la superficie piatta dell’acqua, nera come il cielo e punteggiata di piccole  macchie di luce.
Non gli dispiaceva affatto di essersi trasferito lì. Era un posto molto meno noioso di quanto potesse sembrare – soprattutto grazie all’esuberanza di Ikki e Meelo – e più importante, lì erano tecnicamente salvi. Non si stupiva del fatto che Tenzin avesse tassativamente vietato a Korra di avventurarsi in giro per Republic City, al suo arrivo. L’isola era un porto sicuro.
Eppure vedere Korra ogni giorno, per tutto il giorno, lo provava alquanto. Non avrebbe voluto essere in nessun altro posto, ma d’altro canto la sua presenza gli rendeva sempre più difficile dominare e soffocare ciò che provava per lei.  Mako non poteva aiutarlo come aveva sempre fatto: questa era una cosa che doveva risolvere da solo. Suo fratello era già abbastanza nei pasticci così, e caricarlo anche dei propri problemi era l’ultima cosa che voleva. Dopotutto non riusciva a biasimarlo: riusciva a vedere e sentire il suo dispiacere per la situazione. Bolin strinse le labbra e si sedette, guardando le luci di Republic City e scorrendo lo sguardo sulla costa sino ad incontrare le macerie dell’arena.
Gli si strinse il cuore. La sua casa, ciò che l’aveva reso felice per così tanto tempo, era un cumulo di massi e muri divelti. Quegli ultimi giorni erano stati un duro colpo per tutti.
Eppure aveva continuato a sorridere anche per Mako, Korra ed Asami. A sorridere per davvero. Aveva continuato a scherzare, atteggiarsi come aveva sempre fatto, perché sapeva che divertiva tutti. Non aveva paura di risultare un pagliaccio: se un pagliaccio era ciò che serviva loro per alleggerire il peso della situazione, un pagliaccio lui sarebbe stato.
Era talmente immerso nei propri pensieri e nella contemplazione di Republic City che quasi non si accorse dei passi che si avvicinavano. Si voltò, incontrando la figura slanciata di Korra.
“Hey” borbottò l’Avatar, accomodandosi accanto a lui.
“Hey”. Bolin le sorrise, notando la piega scontenta delle sue labbra e la lieve ruga che le si formava sempre tra le sopracciglia quando era preoccupata o arrabbiata. “Com’è andata la chiacchierata con gli spiriti?”
Korra si limitò  a grugnire qualcosa di incomprensibile e a far fluttuare un filo d’acqua tra le dita, incrociando le gambe e appoggiando la guancia su un pugno chiuso.
“Immagino non siano stati molto loquaci”, rise Bolin. Lei non parve apprezzare la battuta, perché gli lanciò un’occhiata di fuoco.
“Scusa”, aggiunse subito, alzando le mani in segno di resa, e assumendo un’espressione solenne. “Roba da Avatar. Sarò muto come una roccia”.
Korra sospirò e lasciò cadere il filo d’acqua oltre il molo. “No, scusami tu. È che questa storia della connessione con gli spiriti mi sta distruggendo”. Ridacchiò nervosamente ed evitò il suo sguardo. “Il Loto Bianco ha ragione: sono un fallimento spirituale”.
Bolin le assestò una spallata, berciando “Chi sono questi tizi? Gli farò avere un regalino molto poco spirituale!”. Sferrò un paio di pugni al vuoto, arricciando il naso. Korra rise e ricambiò la spallata.
“Calmo, Bo. Hanno ragione, il mondo degli spiriti non è per me”.
Bolin percepì una vaga rassegnazione nel suo tono e si corrucciò.
“Hey, sei o non sei l’Avatar?”, intervenne, puntandole l’indice addosso. Korra socchiuse gli occhi e chinò appena il capo. “Sei la dominatrice più potente di tutte le Nazioni! Al diavolo gli spiriti, gli farai vedere chi sei!”
“Non sono neppure capace di dominare l’aria”. Incassò il capo tra le spalle e sbuffò, seccata.
“Sei la donna più forte che abbia mai conosciuto. Dominerai l’aria e riuscirai a connetterti col mondo degli spiriti”, sentenziò Bolin, distendendo le labbra in un sorriso fiducioso. “Ne sono più che certo”.
Nel vedere le labbra di Bolin curvate in quel sorriso, Korra sentì chiaramente il cuore scaldarsi e riempirsi di una fiducia che non credeva di avere. Era fatto così, Bolin: riusciva a rallegrare persino il più triste dei miserabili e a far ragionare anche il più cocciuto degli Avatar. Korra gli voleva bene. Gli si accostò di più e si sporse per posare un bacio leggero sulla sua guancia, in un gesto spontaneo, affettuoso. Si sorprese a rattristarsi nel rendersi conto che quello era il massimo che poteva dargli.
Bolin, d’altra parte, arrossì di botto e si girò a guardarla, il sorriso congelato sul volto e gli occhi pieni di tanto di quell’affetto, di quell’amore, che Korra non riuscì a sostenerli. Voltò lo sguardo verso Republic City mentre gli rispondeva, a bassa voce, “Grazie”.
Lui, per un momento, aveva trattenuto il respiro e sperato nell’insperabile. Aveva sperato che quelle labbra deviassero verso le proprie, che pronunciassero parole che erano state pronunciate per suo fratello, che sorridessero per lui allo stesso modo in cui lo facevano per Mako.
 Amava Korra. Era giunto più volte alla conclusione che doveva essere così, altrimenti non le avrebbe permesso di fargli tanto male, lasciandole poi la possibilità di toccarlo ancora, abbracciarlo, parlargli, avvicinarlo. Ogni sorriso che Korra rivolgeva a Mako era una sofferenza, ma quelli che rivolgeva a lui erano un vero e proprio martirio.
 Ed ogni lacrima che lei ingoiava per colpa di Mako era ancora peggio. Lo vedeva chiaramente, che lei lo voleva come non voleva nessun altro. Aveva uno sguardo, quando lo guardava, che gli bruciava la pelle e i polmoni, perché, non poteva negarlo, voleva quello sguardo per sé.
Ma adesso, negli occhi di Korra, c’era un affetto ed una devozione che Bolin non si sarebbe aspettato di trovare. Si rese conto che non poteva aspirare ad altro, e in quel momento quell’affetto e quella devozione gli bastarono. E sorrise. Bolin aveva il sorriso più caldo che Korra avesse mai visto e nel guardarlo così pieno e così bello, tutto per lei, sentì lo stomaco stringersi.
“E di che”, rispose piano l’altro, provando a raggiungere la sua mano, appoggiata sul legno del molo, con la propria, e posarvela sopra. Korra non la spostò. Bolin la ringraziò silenziosamente.
Era tutto nel sorriso, Korra si rese conto. In quel sorriso di una bellezza, di un’allegria e di un amore sconfinati. Era perfetto. L’unicità di Bolin era nel sorriso. Il suo semplice incurvare le labbra allentava le tensioni, riscaldava i cuori e teneva unito il loro team come un collante. Mako era la mente, Korra era il braccio. Ma Bolin… Bolin era il cuore. Il sangue caldo e vivificante. Senza di lui, tutto ciò che avevano costruito insieme sarebbe crollato come un castello di carte.
“Sei davvero un amico, Bo. Mi dispiace. Per… tutto”, mormorò Korra, in un soffio.
Bolin annuì e strinse piano la sua mano. “Lo so. Ma va bene, Korra. Sto bene, sul serio”. Korra lo guardò e seppe che non era vero, ma annuì e seguì lo sguardo di Bolin verso l’acqua, tacendo.
Bolin non seppe dire quanto rimasero così, in silenzio, lo stomaco di Korra in subbuglio e il cuore di Bolin che palpitava come se stesse correndo una maratona. Quando Asami e Mako vennero a richiamarli, era tarda notte. Prima di tornare ai rispettivi dormitori, Bolin salutò Korra con un abbraccio. Mako strinse appena le labbra, Asami guardò altrove, Korra arrossì. Ma Bolin sorrideva. E, per questo, andava tutto bene.
  
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