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Autore: DumbledoreFan    29/06/2012    18 recensioni
Blaine è giovane, troppo giovane per fare il supplente nel temibile liceo pubblico di Lima, ma da qualche parte deve pur iniziare, e così si imbarca in questa sua nuova impresa...nel suo primo lavoro. Kurt è all'ultimo anno e i suoi occhi sono ogni giorno più spenti, più stanchi, i suoi vestiti sempre più macchiati, e le cose che lo rendono felice non sono mai abbastanza. Sarà un giovane supplente a riportare il sorriso sul suo volto, mentre lui, senza neanche accorgersene, insegnerà al nuovo professore la lezione più difficile della vita: gli insegnerà ad amare.
{Teacher!BlainexStudent!Kurt}
Genere: Introspettivo, Romantico, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Blaine Anderson, Kurt Hummel | Coppie: Blaine/Kurt
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Un giorno di ritardo, solo un giorno di ritardo! Mi sento soddisfatta! Certo, mi scala CrissColfer is out, bitches!, ma potrei aggiornare stanotte...o comunque, mi basta aver aggiornato sia quella che FC per il week-end e dovrei essere apposto...diassa, questi aggiornamenti sono peggio di una corsa ad ostacoli xD I miei amici non mi sopportano più, non faccio che dire "oddio, devo aggiornare, sono in ritardo, sono in ritardo, oggi devo scrivere tre capitoli aaaaaaaah". L'altro giorno, una mia compagna di classe mi fa "allora, come va a lavoro?" e io "sì, lo stage è un po' faticoso, però mi piace lavorare nella moda..." e lei "no, intendevo le fanfiction" LOL. Bene, adesso basta chiacchiere, vi lascio al capitolo.
Enjoy!



















Kurt aveva messo sottosopra tutta la sua stanza, e la cosa non faceva che aggiungere inquietudine a quella che già lo aveva spinto a rivoltare la sua camera. Si fermò al centro e si guardò intorno con aria afflitta, abbandonandosi ad un gran sospiro mentre si passava preoccupato una mano fra i capelli.

Kurt aveva perso il suo cellulare.

Il giorno prima, appena tornato a casa si era messo con Carole in cucina per aiutarlo a preparare il soufflè e distrarsi un po’, cercando di sfruttare quel suo nuovo acquistato buon umore. Cenarono tutti insieme, come ogni venerdì sera, e poi si misero davanti alla TV finchè il sonno non aveva cominciato a farsi sentire, e Kurt era andato a letto con una certa serenità; serenità che venne minata la mattina successiva, quando dopo essersi alzato aveva cercato il telefono nella sua borsa, invano. Così come nella sua giacca, sul mobile all’ingresso, in camera sua, in cucina, perfino in bagno.

Niente.

Non aveva idea di che fine avesse potuto fare il suo telefono e non riusciva nemmeno a ricordare l’ultima volta che lo aveva usato, facendosi prendere dal panico. Dentro il suo cellulare c’era la sua vita, non poteva averlo perso.

Continuò a cercarlo e cercarlo, controllando in ogni anfratto della casa, perfino nella stanza di Finn, in cui non entrava mai per paura di contrarre qualche strana mutazione del virus dell’ebola, andando a vedere anche in punti in cui era già stato, solo per essere sicuro, ma nulla.

Iniziò a pensare dove gli fosse potuto essere caduto e se avessero potuto rubarglielo, ma non gli venne in mentre niente, cosa che lo inquietò ancor di più.

“Kurt, c’è Rachel al telefono!”

Il ragazzo sentì la voce di Carole provenire forte dal piano di sotto, e si avviò con passo strascicato verso la cornetta abbandonata sul pavimento, prendendo la chiamata.

“Pronto?”

“Perché non mi rispondi al telefono?”

Kurt tirò un sospiro tanto profondo che era certo fossero riusciti a sentirlo anche dall’altra parte della città. Tornò ad accarezzarsi nervosamente i capelli e riprese a guardare fra i cuscini del letto.

“Perché l’ho perso Rach, l’ho perso! Non riesco a trovarlo da nessuna parte!” sbottò con tono lamentoso, finendo poi per accasciarsi arreso sul materasso.

“Oddio, mi dispiace! Comunque volevo chiederti se ti andava di andare a fare un giro al centro commerciale, ci prendiamo un frappè e guardiamo qualche vetrina…così magari ti tiro un po’ su di morale” disse l’amica con una nota speranzosa nella voce, e Kurt aspettò qualche istante prima di rispondere. Che il suo umore fosse nero era un dato di fatto innegabile, e questo lo spingeva naturalmente ad accoccolarsi sul suo letto con una vaschetta di gelato di soia e il suo musical preferito; ma d’altro canto sapeva che uscire e
distrarsi un po’ gli avrebbe potuto fare solo bene, specie se il programma era gelato e shopping con la sua migliore amica.

“Va bene, ci sto…ti passo a prendere io fra un’ora” rispose Kurt mentre dall’altro lato del telefono Rachel squittiva entusiasta e lo salutava allegro.

Kurt si rigirò nel letto e poggiò malamente la testa sul cuscino con aria depressa.

Oh sì, gli serviva proprio un po’ di centro commerciale con la sua migliore amica.

 
*

 
Bene, c’era qualcosa che non andava.

Kurt non sopportava più quei suoi prepotenti sbalzi d’umore, si sentiva peggio di una donna incinta, e non comprendeva perché non riuscisse proprio a stare semplicemente tranquillo per qualche ora di fila.

La sera prima, dopo il Glee Club, era stato allegro e pimpante, aveva saltellato per la cucina e canticchiato canzoni spensierate, quando solo poche ore prima si era sentito impaurito, depresso e sofferente. Poi aveva cantato, e a quel punto si era sentito toccato ma più leggero. Dopo essere uscito dalla classe, seduto sulle scale aveva provato confusione, contemporaneamente ad avvilimetnto e determinazione. Con l’arrivo del professor Anderson, al mix esplosivo dei suoi sentimenti si era aggiunta anche la gratitudine, e un po’ di serenità, consolidata durante la loro chiacchierata.

Poi il telefono smarrito, e di nuovo era tornato il nervoso e l’abbattimento.

Quando aveva chiamato Rachel, si era convinto che avrebbe finalmente passato un pomeriggio SOLO tranquillo, ma evidentemente si era illuso.
Eppure non stava succedendo niente di insolito o strano, anzi, lui e la sua migliore amica stavano passando quel giorno esattamente come tutte le loro tipiche giornate al centro commerciale, mangiando gelato, guardando le stesse vetrine, parlando delle solite cose un po’ frivole per distrarsi un po’.

Ma Kurt non stava bene.

E ad affliggerlo non era quel solito sentimento di tristezza cosmica e perenne, ma la sferzante situazione che ci fosse qualcosa che non andava, che gli mancasse qualcosa, come se si sentisse incompleto e per niente motivato. Era anche molto più taciturno del normale, e impiegò almeno due ore a capirne il motivo; poi il suo inconscio si tramutò lentamente in consapevolezza, quando realizzò che ogni volta che stava per dire qualcosa, nel suo cervello appariva una vocina che lo scoraggiava, dicendogli “tanto non capirebbe davvero”.
Ed era assurdo. Rachel lo capiva, da quando erano diventati amici lo aveva sempre fatto, e si era dimostrata più simile a lui di quanto si sarebbe mai immaginato. Rachel era in grado di capire a cosa stesse pensando solo fissandolo negli occhi, sapeva di cosa aveva bisogno e di cui aveva voglia.

Come di quella giornata al centro commerciale.

Eppure qualcosa era cambiato, e gli ci volle almeno un’altra ora per ammetterlo.
Kurt aveva scoperto cosa voleva dire parlare con qualcuno come lui.
Che non si limitava a capire quello che provava, ma se lo ricordava, perché l’aveva vissuto. E in quel momento gli faceva strano essere tornato alla situazione originaria, come è sempre difficile tornare al buio dopo aver visto la luce.

“E’ tutto ok?”

Come volevasi dimostrare, Rachel aveva notato che qualcosa non andava, forse da prima di lui, ma aveva aspettato prima di chiedere.

“Sì, sono solo…sovrappensiero” rispose Kurt facendo spallucce e tenendo gli occhi fissi sulla vetrina di fronte a lui, osservando con un po’ troppa attenzione una camicia.

“Non ti ho chiesto di ieri pomeriggio, non so se ti andava di parlarne…” disse la ragazza sollevando lo sguardo su di lui con un po’ d’incertezza.

“Non c’è molto da dire…sono uscito solo perché avevo bisogno di schiarirmi le idee, e poi sono andato a casa” replicò Kurt mentendo alla fine, senza neanche sapere perché, avendo semplicemente e spontaneamente sentito l’istinto di non rivelare a Rachel delle sue chiacchierate con il professor Anderson; e anche di quello non riusciva a spiegarsi il perché.

La sua migliore amica comunque decise di non indagare oltre: gli afferrò dolcemente la mano, rivolgendogli un sorriso brillante e trascinandolo verso il negozio di musica, e Kurt gliene fu silenziosamente grato.

 
*

 
Lunedì a scuola Kurt passò un’altra mattina con la testa completamente fra le nuvole, rimuginando e rimuginando sul fine settimana appena trascorso. Aveva speso la domenica con Rachel, Tina e Mercedes a casa di quest’ultima, una delle loro tipiche giornate tra ragazze, ma non l’aveva mai abbandonato quella sensazione che lo attanagliava da quando il pomeriggio prima era andato al centro commerciale con Rachel, e non sapeva che cosa gli stesse succedendo.

O meglio, lo sapeva, ma non capiva come poterlo metabolizzare.
All’ultima ora aveva lezione d’inglese, ed entrò in classe trattenendo un sospiro.
Il professor Anderson non era ancora arrivato, e lui era stranamente ansioso di vederlo. Si mise a sedere come sempre accanto a Mercedes, rivolgendole un breve sorriso prima di accasciarsi stanco sul banco, continuando la sua opera di autoconvincimento mentale sul tranquillizzarsi.

“Buon giorno ragazzi”
Appena udì la voce del professore, alzò il capo di scatto proprio in tempo per vedere che lui stava guardando nella sua direzione, e che stava anche sorridendo. Kurt ricambiò spontaneamente, e come gli era già capitato più di una volta, si sentì meglio. La presenza del professor Anderson lo rasserenava, in un modo o nell’altro.

Il professore si sedette, come suo solito, sulla cattedra (Kurt aveva notato che aveva una certa affinità con i mobili), e si mise il libro sulle ginocchia, chiedendo ai suoi alunni di aprirlo a loro volta a pagina 483 e cominciare a leggere.

La lezione si svolse tranquilla: essendo l’ultim’ora della mattina la maggior parte dei ragazzi dormicchiava o scarabocchiava per non addormentarsi, mentre Kurt cercava di seguire il più possibile, ed ogni volta che incrociava lo sguardo del professore, l’idea che era balzata nella sua testa guadagnava sempre più convinzione.

La campanella suonò proprio mentre Kurt era nel mezzo ad una specie di conflitto interiore, ed infatti sobbalzò scompostamente beccandosi un’occhiata stranita da Mercedes, che liquidò con un semplice “ero sovrappensiero”. Cominciarono tutti ad andarsene velocemente, Kurt mise il libro in borsa e si avviò verso l’uscita dell’aula, venendo però fermato una volta accanto alla cattedra.

“Kurt, scusa, puoi rimanere un attimo?”

Il ragazzo si voltò a guardare il professore che aveva appena parlato con aria un po’ incerta, però si limitò ad annuire e aspettare che la classe si svuotasse. Una volta da soli, il professor Anderson non disse niente, ma si sporse per cercare nella sua borsa, ed estrarne alla fine l’Iphone di Kurt. Lo studente appena lo vide spalancò gli occhi quasi avesse avuto una visione divina e si portò una mano sulla bocca, squittendo un “oh mio Dio” mentre l’altro gli porgeva il cellulare con un gran sorriso stampato in volto.

“Ti deve essere scivolato venerdì quando ti ho portato a casa, l’ho trovato sul sedile” spiegò Blaine senza smettere di sorridere.

“Oh santo cielo grazie, sono impazzito quando mi sono accorto di averlo perso!” rispose Kurt improvvisamente euforico, riprendendo il telefono in mano come fosse una specie di reliquia.

“Non ti ho chiamato per avvertirti perché…beh, ce l’avevo io il tuo telefono” replicò il professore finendo per ridacchiare.

“Mi dispiace se ti sei preoccupato” continuò passandosi una mano fra i capelli.

“Nessun problema, anzi…adesso va meglio” ribatté Kurt sorridendo allegro, mentre Blaine annuiva. In quel momento, calò il silenzio, un silenzio pensieroso, come se entrambi stessero pensando il più possibile a qualcosa da dire per non doversi salutare, e ristando qualche istante a guardarsi, continuando a sorridere. Il primo a distogliere lo sguardo fu Kurt, che quasi con imbarazzo tornò a fissare il suo cellulare, riprendendo il conflitto interiore che aveva abbandonato pochi minuti prima. Fu proprio osservando il suo telefono che si decise a parlare.

“Prof…posso…posso chiederle una cosa?” domandò con la voce ridotta ad un sussurro, senza alzare lo sguardo, mentre Blaine inclinava il capo e lo guardava incuriosito.

“Certo, qualunque cosa…” rispose immediatamente il moro appoggiandosi con le mani alla cattedra dietro di lui. Kurt cominciò a grattarsi la nuca visibilmente a disagio e sospirò.

“Vede…lo so che è una cosa un po’…sconveniente, perché…beh, lei è il mio…professore…e io…ecco…” iniziò a balbettare Kurt, che venne fermato da Blaine il quale gli posò una mano sulla spalla e lo scosse appena, facendogli finalmente alzare lo sguardo.

“Ehi, non essere imbarazzato, davvero…puoi chiedermi qualsiasi cosa, voglio che tu mi chieda qualsiasi cosa…proprio perché sono il tuo professore e sono adulto, sono la migliore persona con cui parlare, specie del sesso, che già può essere spaventoso per i ragazzi etero, figuriamoci per quelli gay…” cominciò a spiegare il professore con tono assolutamente tranquillo, e quando nominò il sesso, Kurt sgranò gli occhi sconvolto e arrossì da capo a piedi.

“Oddio!! No, no, prof! Non volevo parlare di quello!” sbottò il ragazzo coprendosi il viso con le mani, mentre anche Blaine spalancava gli occhi dispiaciuto per la reazione dello studente.

“Oh scusa! Scusami, non volevo metterti a disagio ancor di più, solo che…credevo…ah, mi dispiace!” ribatté immediatamente il moro unendo le dita davanti alla bocca, mentre Kurt faceva capolino dalle sue mani.

“Non…non si preoccupi…effettivamente ho cominciato in modo…fraintendibile” rispose il ragazzo scoprendosi finalmente il viso, anche se il rossore permaneva.

“Sono un pessimo professore” sospirò Blaine mettendosi a sedere.

“Lei è un ottimo professore” replicò Kurt subito, mettendosi a sedere accanto a lui, il quale gli rivolse un ampio sorriso.

“Grazie…e scusa comunque, parla pure, e dimmi tutto con la massima tranquillità. Se non vuoi parlarmi del sesso, che è la cosa in assoluto più imbarazzante, puoi stare tranquillo che il resto può solo essere meglio” ribatté il moro con tono divertito, e Kurt annuì ricambiando appena il sorriso.

“Ok” disse lo studente, prendendo poi un bel respiro.

“Ricomincio…allora, lo so che ci sono determinate barriere, e limiti, e non voglio sembrare inappropriato o altro, solo che mi sono accorto di una cosa, e non sarebbe niente di male, o almeno credo, cioè pensandoci è più a chiederglielo che altro, perché di per sé non è niente di che, però comunque non è propriamente una cosa normale…” cominciò a parlare Kurt sempre più veloce, arrivando ad un punto che tratteneva addirittura il respiro, e Blaine sospirò appena e gli afferrò le spalle, scuotendolo appena.

“Kurt! Dimmelo e basta” esclamò cercando di trattenere un sorriso divertito.

Il ragazzo smise di parlare di punto in bianco e fissò gli occhi cangianti del professore per qualche istante, finendo per sospirare a sua volta e abbassare il capo.

“Ho bisogno di un amico” disse semplicemente, con tono di resa.

“Un amico come…me. Ma non conosco nessuno…e lei è l’unica cosa più vicina ad un amico che ho…e mi ha detto che ci teneva ad aiutarmi per sistemare questa situazione, per sopportare questo periodo, e visto che non voglio cambiare scuola, ma ho deciso che voglio combattere fino alla fine, credo che con un…alleato, sarebbe tutto più semplice. Anche se è sconveniente, perché lei è il mio professore. Però sarebbe una cosa…extra, un aiuto ecco, semplicemente parlare come abbiamo fatto…” spiegò Kurt tornando a parlare con tono spedito e senza prendere fiato, obbligando Blaine a scuoterlo di nuovo.

“Kurt!” lo chiamò un’altra volta il professore, per poi lasciarlo andare, mentre il ragazzo lo osservava in silenzio, aspettando ansioso che il moro dicesse qualcosa; qualsiasi cosa.

Blaine lo guardò attentamente, senza smettere di sorridere.

Kurt aveva bisogno di un amico.

Chiaro che ne avesse bisogno, anche lui ne aveva avuto bisogno.

E lui non poteva certo rifiutare. Si era deciso che avrebbe fatto di tutto per far vivere a Kurt quella situazione con tranquillità e, per di più, quella richiesta gli aveva ricordato troppo il suo libro preferito.

Così, il professore ampliò il suo sorriso e tese la mano davanti a lui.

“Piacere, mi chiamo Blaine e abbiamo un sacco di cose in comune. Ti va di essere amici?”















Spazio dell'Autrice.


 

Blaine sarà anche un prof, ma è sempre il solito rincoglionito LOL Certe cose non cambiano mai, potrebbe anche essere il presidente degli USA xD

Questo capitolo è molto Kurt!Centric, e molto introspettivo, però alla fine arriviamo a qualcosa (FINALMENTE xD Ho deciso che mi sto rompendo, abbiamo capito che ci stanno andando piano, e tutti carini, ora si cambia registro u.u Sì, sto facendo tutto da me, è regolare xD Me le canto e me le suono).

Ho voluto andarci piano, perchè ci tenevo, e l'ho ripetuto di continuo: se volevo scrivere una smut senza trama, facevo "colpo di fulmine", li facevo scopare sulla cattedra e fine. Ma non voglio questo. Voglio che sia credibile, voglio che segua dei tempi credibili, voglio che Kurt si faccia dei dannati problemi perché è il suo professore, e voglio che lo consideri tale. L'ha fatto, ma ora si è mosso qualcosa.

Kurt ha bisogno di un amico. Vi ricordate nella 2x07, quando Kurt dice a Mercedes che lui e Blaine non stanno insieme, ma che vuole avere un amico come lui con cui parlare? Mi sono rifatta a quello. E Blaine ovviamente non si può tirare indietro.

Qui comincia il declino. Ma caduta libera proprio. A questo punto non si può tornare indietro.

Quindi...bon, ci siamo xD

Grazie mille alle bellissime persone che hanno recensito, e a tutti quelli che hanno letto!!

Grazie mille alla mia migliore amica Flavia, che ha gentilmente betato il capitolo nonostante dovesse studiare i topi <3

E grazie a tutti!! Vi amo infinitamente!

Baci *w*

   
 
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