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Autore: ManuFury    29/06/2012    6 recensioni
Come d’accordo gli americani avevano accolto le sue richieste… tutte. Inoltre, dopo quello spiacevole incidente con il Tenente Raine e il suo uomo, il “Piccoletto”, non aveva più sentito parlare nemmeno alla lontana di loro. Forse erano stati puniti, forse no… non gli interessava, tutto era risolto, adesso.
Si poteva quasi dire che, ormai, Hans Landa non era più Hans Landa.
Genere: Generale, Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Hans Landa, Hugo Stiglitz, Nuovo personaggio
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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QUESTA E’ LA FINE, INFINE

 
 
Come d’accordo gli americani avevano accolto le sue richieste… tutte. Inoltre, dopo quello spiacevole incidente con il Tenente Raine e il suo uomo, il “Piccoletto”, non aveva più sentito parlare nemmeno alla lontana di loro. Forse erano stati puniti, forse no… non gli interessava, tutto era risolto, adesso.
Si poteva quasi dire che, ormai, Hans Landa non era più Hans Landa.
Anzi, era proprio così!
Hans Landa non esisteva più, il Governo americano gli aveva fornito una nuova identità, fresca fresca dai servizi segreti. Lo spietato Colonnello delle SS, il Cacciatore di Ebrei, non esisteva più.
Il suo posto era stato preso da uno svizzero, George Marin… una nuova identità come protezione, un’idea di un Generale americano.
Hans… o meglio George si era abituato presto a quella nuova identità, un po’ come ci si abitua presto a un abito nuovo: all’inizio tirava un po’ e ci si trovava scomodi, ma col passare del tempo ci si fa l’abitudine.
Abituato a quello, che la sua padronanza delle lingue aveva resto ancora più facile, il resto era stata una meravigliosa ascesa.
Il Governo gli aveva trovato una bella villa su un’isola abitata da poche anime, dove George, con il suo conto gentilmente riempito dai soldi dei contribuenti americani, la faceva un po’ da padrone. Non come ai vecchi tempi, ma era meglio di niente.
C’erano feste e amici a volontà… tutto andava per il meglio per lo svizzero.
Ma tempo qualche anno ed era giunta una sensazione strana nel petto dell’ex Colonnello… la solitudine. Quale strana bestia era quella che rendeva fredda ogni cosa e vuota ogni sua giornata? Non lo sapeva bene visto che mai l’aveva provava prima.
Tentò di ignorarla, al principio, ma quel sentimento profondo, proprio come un’animale, aveva unghie e denti. E voleva, anzi, pretendeva, di essere ascoltata!
Forse fu un segno del destino quando, qualche mese dopo ad un festa, George conobbe Kristina, una donna splendida: sorridente, solare, piena di vita… e bellissima. Una di quelle donne che chiunque avrebbe sognato.
E di certo le nozze non si fecero attendere… come i primi eredi. Nel giro di quindici anni ne ebbero tre: due femmine e un maschietto che sembrava il riflesso del padre, quel padre che lo adorava.
Eppure… c’era ancora qualcosa che non andava. Una sensazione viscida che si faceva largo nei suoi pensieri, nei suoi ricordi di un’altra vita. E George quasi si sorprese a non riconoscersi più in quella vecchia vita, dove era austriaco e militare, era come guardare il film sulla vita di un’altra persona.
Era incredibile come in vent’anni fosse riuscito a cancellare tutti i suoi anni da militare, o meglio, da militare Nazista… ma l’aveva fatto, compiendo passi comuni che mai avrebbe pensato di compiere. Si era spostato, aveva avuto figli… cose che le persone normali faceva all’ordine del giorno, prima o dopo nella loro vita… e forse, per la prima volta, George si era sentito veramente completo.
Ma quella sensazione non lo mollava, da mesi ormai, assillava le sue notti.
Forse… era perché la sua vita intera era basata su una bugia… non c’era niente di vero, niente in quegli ultimi vent’anni… il suo matrimonio, la sua vita coniugale, i suoi figli… era un fantastico castello di carte che poteva cadere al soffio lieve del vento, ad una piccola scossa.
 
Sospirò a quei pensieri mentre si rigirava nel letto vuoto. Kristina era andata con i bambini dai suoi genitori in Florida, doveva andare anche lui, ma all’ultimo George aveva declinato l’invito. I genitori di sua moglie lo odiavano e quell’odio era perfettamente ricambiato.
George Marin si rigirò nel letto matrimoniale vuoto e quasi freddo, nel tentativo di prendere sonno… senza riuscirci. Troppi pensieri nella sua testa, veramente troppi! Erano tanti soldati allo sbando, soldati che avevano perso il loro ufficiale, anzi, il loro Colonnello.
Si passò una mano sul viso, scoprendolo madido di sudore, ma allora perché sentiva freddo?!
Si alzò di scatto a sedere nel letto e si portò ambo le mani alla fronte sempre coperta da una fascia nera… e quella cicatrice, quel marchio che il Tenente Aldo Raine gli aveva imposto sembrò pulsare. Non era stato difficile trovare una scusa anche per quello. Aveva detto a sua moglie che gli era stata fatta da un nemico, il che era anche vero, durante un breve periodo di leva militare. E Kristina aveva capito che parlarne poteva riaccendere brutti ricordi nel marito, così non aveva più fatto domande.
Una vena di panico invase colui che un tempo era stato Hans Landa. Perché stava succedendo tutto quello? I suoi ricordi, la sua cicatrice… perché?
Si guardò intorno riconoscendo i contorni famigliari dei mobili inghiottiti dalla tenebre alla ricerca di conforto.
E poi c’era il freddo… e il sudore… e quel panico che non gli apparteneva.
E non capiva… e si crogiolava in quella sensazione strana.
C’era invece qualcosa nelle tenebre che attendeva… e che sapeva perché era lì. Avvertiva la paura folle dell’altro, la respirava a grandi boccate silenziose, come un predato che attende che la propria preda sia abbastanza carica di terrore prima di poterla aggredire.
Così il predatore attese con pazienza nelle tenebre.
Finché non decise di agire, quando l’uomo ormai era abbastanza spaventato, gustoso al punto giusto. E nelle ombre della notte un’ombra si staccò dalle altre, senza un sospiro, senza rumore, senza esitazione, facendo luccicare nel buio i suoi artigli d’argento.
Per il male che aveva fatto quell’uomo tanto temuto nel passato e che ora rabbrividiva nel suo letto come un bambino che ha paura del buio, non meritava la grazia che l’ombra gli stava per concedere, ma si voleva dimostrare superiore e poi, la paura che aveva assimilato ripagava quel lavoro veloce.
Pochi istanti dopo, George avvertì il freddo che provava condensato nel gelo di una lama premuta contro la usa gola. Deglutì a fatica, capendo ancora meno di prima.
Due occhi verdi e fosforescenti si accesero nelle tenebre, diabolici. Ma il peggio arrivò quando quel viso d’ombre prese forma.
“Ma tu… sei morto!” Sussurrò George in tedesco, con un filo di voce. Un sorriso sadico si disegnò sulle labbra dell’ombra dal viso tanto famigliare.
“ … Sono suo figlio… e porto il suo nome!” Rispose con orgoglio nella stessa lingua. Era da molto che George non sentiva qualcuno parlare nella sua lingua.
A quella rivelazione, stranamente, George si rilassò di colpo… c’era un senso in tutto quello, il cerchio aveva deciso di chiudersi.
Il panico sparì e ringraziò Dio che i suoi figli e sua moglie fossero fuori casa… non poteva, non voleva nemmeno immaginare che sarebbe successo se fossero stati lì con lui.
“Questa è la fine, infine” Disse calmo.
L’uomo che impugnava quel coltello che era stato di suo padre, annuì.
Bastò un colpo secco e preciso, proprio come quello di suo padre. Un solo fiotto caldo di sangue colorò l’aria. Non ci furono altre parole… né preghiere o maledizioni… quella vendetta che l’aveva avvelenato in quegli anni si era finalmente consumata!
In un istante l’ombra tornò a confondersi con le sue sorelle di tenebra, sparendo come se non fosse mai stato lì.
 
Così morì George Marin, svizzero… uomo che un tempo era stato Hans Landa, Colonnello delle SS, Cacciatore di Ebrei.
Il suo corpo fu trovato due giorni dopo da sua moglie e dai suoi figli, di ritorno da una visita dai genitori di lei.
L’assassino non fu mai trovato… si diede la colpa a qualche serial – killer o qualche psicopatico sbarcato per il periodo feriale sull’isola. Il caso fu chiuso in fretta, senza porsi troppe domande.
Il funerale che si svolse fu commovente. George fu ricordato come un brav’uomo, fedele marito e ottimo padre.
Solo uno dei presenti non piangeva e lo ricordava in un altro modo. Un giovane in disparte con due occhi verdi fosforescenti che portava il nome di suo padre.
Come hai detto tu… questa è la fine, infine. Pensò Hans Hugo Stiglitz che, in memoria di suo padre, si faceva chiamare solo Hugo Stiglitz… questo pensò mentre assisteva alle ultime celebrazioni, prima di andarsene.
 

 
 

***

 
Va bene… lo ammetto… è un’oscenità che la metà va bene, ma abbiate pietà di me, l’ho scritta tipo in venti minuti stamattina alle tre.
Comunque fatemi sapere che ne pensate…
A presto,
ByeBye
 
ManuFury

 
  
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