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Autore: _joy    29/06/2012    5 recensioni
 E nemmeno la felicità di vederlo così felice, di saperlo così vicino
mi prepara alla gioia, all’incredulità, alla meraviglia
che le tre parole che seguono riescono a suscitare in me:
«Gin, ti amo»
 
Gin/Ben 
[Serie "Forever" - Capitolo II]
 
 
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Forever'
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Affondo la testa nel cuscino cercando di trattenere gli ultimi brandelli del mio sogno mentre sento una mano gentile che mi accarezza il fianco, sopra il lenzuolo.
«Mmmm» borbotto.
«Buongiorno principessa. Ora di svegliarsi»
La voce che sussurra mi riporta alla coscienza. Così dolce e sensuale come solo la sua voce sa essere. Borbotto ancora e giro la testa sul cuscino mettendomi supina, gli occhi ancora chiusi.
Lo sento ridere piano e affondare una mano nei miei capelli.
«Ciao ricciolina. Ti ho portato la colazione»
Ben si china a baciarmi la guancia e io sorrido con gli occhi chiusi e tendo le braccia. E lui mi stringe subito. Sento il suo peso su di me e le sue mani che si fanno strada sotto la mia schiena mentre si china e lo stringo forte. E lui mi dà un bacio sulla punta del naso. Apro gli occhi e vedo il suo viso vicinissimo al mio. Così bello, con gli occhi scurissimi, gli zigomi delicati, la fossetta sul mento e il sorriso candido.
Sento il mio cuore riempirsi di gioia e di amore, come sempre quando lo vedo.
«Buongiorno» mormoro.
Lui mi bacia la fronte e le guance e mi scavalca per sdraiarsi vicino a me. Io sono ancora intorpidita e mi accoccolo subito nel suo abbraccio.
«Come mai sei già sveglio?»
«Volevo farti una piccola sorpresa, per ringraziarti di ieri»
E mi strofina contro il naso un bocciolo di rosa. Rossa. Io sgrano gli occhi.
«Mi hai…comprato una rosa?»
Lui sembra spiazzato.
«Si…perché?»
«Non me ne hanno mai regalate» arrossisco. E poi lo stringo forte forte.
«Piccola, dai…non è niente» sembra spiazzato, mentre mi accarezza i capelli.
Io respiro il suo profumo e mi lascio cullare dalle sue braccia, mentre ripenso a ieri sera, al mio spavento quando l’ho visto irrigidirsi e alla premura con cui invece mi ha portata a casa e mi ha messa a letto, visto che io non mi reggevo molto in piedi.
Mi rilasso tra le sue braccia mentre lui mi accarezza la schiena con la mano e mi bacia lentamente il collo e scende fino alla spalla. Sospiro e volto la testa e gli metto una mano sulla guancia.
«Grazie»
Lui sorride di nuovo – quel sorriso meraviglioso che ha il potere di farmi sciogliere – e mi bacia ancora. Mi fa stendere sulla schiena e mi bacia il viso, la gola e scende fino al seno, sfiorando con le dita la spallina della mia sottoveste. Io affondo le mani tra i suoi capelli e lui mi posa la testa sul petto.
«Non vorrei essere sdolcinato ma…»
«Ma?» sorrido.
«Ma sei così bella anche appena sveglia…» mormora.
Chiudo gli occhi e mi sembra incredibile. Quanto una persona sappia cambiarti la vita solo con la sua presenza. Forse è un sogno…
Ma Ben è vivo e tangibile tra le mie braccia. Faccio correre piano un dito sulla sua nuca e lui mi stringe più forte. Alza la testa e i nostri occhi si incrociano. Ci guardiamo in silenzio per un attimo lungo cento anni e io annego in quelle pozze nere come l’onice. Con il dito seguo il profilo del suo viso.
«Vieni qui» gli bisbiglio piano.
E lui si solleva e posa con estrema delicatezza le labbra sulle mie, in bacio dolce e tenero. Le mie labbra si schiudono sotto le sue, ma dopo un attimo lui si solleva sui gomiti.
«La tua colazione si fredda, mia signora»
Mi mette un vassoio sulle ginocchia e si siede accanto a me, mettendomi un braccio dietro la schiena.
«Tu hai già mangiato?»
«No, volevo mangiare con te»
Guardo bene il vassoio e mi mordo un labbro per non commuovermi. È andato fino al mio bar preferito per prendermi tutte le torte che adoro. Ci sono due cappuccini nei loro bicchieri coperti e un’altra rosa rossa. Come si fa a non amarlo?
Sorrido e mi sporgo a baciarlo ancora. Le nostre lingue si cercano e si accarezzano con dolcezza e lentezza estreme. Ben mi prende il volto tra le mani e mi accarezza lo zigomo con il pollice.
«Non hai proprio fame, eh?» sorride.
«Veramente ho molta fame, ma il problema è che tu mi distrai» sorrido.
«Chiedo scusa, mia principessa» sfrega il naso contro il mio e poi si appoggia indietro, sui cuscini.
Non resisto e gli rubo un altro bacio, poi scarto i cappuccini. Beviamo e ci imbocchiamo a vicenda con le torte.
«Chiudi gli occhi» gli dico «E apri la bocca»
Lui obbedisce e io gli do un pezzetto di torta.
«Indovina: che gusto è?»
«Mmmm» ci pensa un attimo «È quella al pistacchio?»
«Bravo. Questa?»
«Questa è facile» sorride «È nutella»
Io rido, perché so che è golosissimo.
«La nutella sarà la mia rovina. Mia madre mi ha detto subito, appena mi ha visto a Londra, che sono ingrassato…»
«Non ti farebbe male mettere su un paio di chili…sei magrissimo»
«Dovevi vedermi quando ero piccolo…ero sempre il più magro e piccolo di tutti…»
Gli bacio la punta del naso.
«E il più bello, scommetto»
Lui sorride ma fa cenno di no con la testa.
«Magrissimo, piccolo e pallido»
«Bè, per me le forme sono sempre state un problema quindi…no, non capisco»
«Ma cosa dici? Le tue forme sono favolose» fa scorrere una mano sul mio fianco.
«Bè, oddio…non è che io la pensi proprio così, ma…grazie»
«Ma Gin, dico davvero! Cioè, tu sei…» mi guarda e io mi sento fremere.
Come fa a farmi sentire così solo con uno sguardo?
«E tu, tesoro mio, sei meraviglioso. E basta»
Lui scuote la testa. Resto sempre stupita del fatto che un ragazzo come lui, che a prescindere dalla sua carriera di attore famoso a livello mondiale è un ragazzo stupendo, sia così modesto. Quasi insicuro e fragile. E educato, gentile e premuroso.
«Gin, dico davvero: sei bellissima. Tralasciamo il fatto che io ho perso la testa per te, ma sei bellissima davvero»
«Che tu…che cosa? Scusa, puoi ripetere?»
Ma lui sorride e beve un sorso di cappuccino.
«Mmm…buono»
«Ben!»
«Sì?» sorride con una faccia fintamente angelica.
Molto bene: se vuole giocare, allora…
Sposto il vassoio di lato e con un solo movimento mi metto a cavalcioni su di lui. Mi mette subito le mani sui fianchi e io sorrido e avvicino il viso al suo.
Gli do un bacio leggero e, appena lui si avvicina, mi raddrizzo e mi allontano.
«Non ho sentito, scusa»
Altro sorriso.
«Non ho detto niente…»
Sorrido anche io e mi avvicino di nuovo. Sfioro le sue labbra con la punta della lingua e lo sento stringermi subito più forte. Cerco di farmi indietro, ma le sue mani si serrano su di me.
Ben rotola sul fianco e mi imprigiona sotto di lui.
«Presa»
Si avvicina per baciarmi ma io resto impassibile e mi mordo le labbra. Lui ride.
«Non sei credibile, sai?»
«Scusa, hai detto?»
E vengo ricompensata da un’altra delle sue bellissime risate.
«Ho detto, ricciolina» e fissa gli occhi nei miei «Che ho ufficialmente perso la testa per te»
Si china a baciarmi e a questo punto la colazione giace dimenticata, mentre lui con lentezza fa correre le mani e le labbra sul mio corpo. La mia mente è annebbiata e connetto a fatica, troppo persa nella beatitudine. Ma c’è un pensiero che continua a ronzare pigramente…lui e io, ieri sera, due parole che temevo avessero creato una frattura tra noi.
Eppure, lui ora ha detto che…
Sospiro e apro gli occhi per guardarlo. Lo so che se non mi tolgo questo pensiero mi rovino la giornata.
Premo appena una mano sulla sua spalla e lui apre gli occhi. Io gli sorrido e faccio per sedermi: lui si solleva subito. Gli metto un braccio attorno alla vita e gli passo di nuovo il cappuccino. Lui sembra perplesso, ma lo prende. Ci accoccoliamo di nuovo sul letto e io avvicino il vassoio. Dividiamo una fetta di torta e lui scoppia a ridere quando addenta e io invece mi metto a baciargli il collo.
«Decidi: mangiamo o facciamo altro?»
Sorrido.
«Mangiamo. Posso chiederti una cosa?»
Mi dà un bacio sui capelli.
«Quello che vuoi»
«Ieri sera io…» esito e lo guardo «Ieri sera ho detto una cosa e non so bene come l’hai presa»
«Ah. Cosa?»
Lo guardo severa.
«Ben, lo so che lo sai. Io ti ho chiamato “amore mio” e tu ti sei irrigidito come un palo»
Butto fuori la frase di getto e lo guardo. E il bello di Ben è che non mi mentirebbe mai, lo so. Infatti china un attimo gli occhi sulle lenzuola e poi li rialza e li fissa nei miei.
«Ti sei offesa?»
«No, mi sono preoccupata semmai. Tu ti sei offeso?»
«Ma Gin! Potrei offendermi per una cosa del genere?» mi prende la mano e intreccia le dita alle mie «Mi hai sorpreso, tutto qui»
«Ma è un problema?»
Ben sorride.
«Mi stai chiedendo se per me è un problema se mi chiami amore?»
Detta così, in effetti…
«Ti sto chiedendo se per te è un problema l’implicazione»
Ben aggrotta la fronte. Ah già: come glielo traduco?
Al diavolo. Andiamo dritti al punto.
«È un problema il fatto che io…mi sono innamorata di te?»
Cavolo. M’è uscita un po’ brusca.
Mi sa che Ben la pensa come me, perché sgrana gli occhi. Lo vedo prendere fiato e esitare. Ma io mi sento come una diga con gli argini rotti: sto esondando, letteralmente.
«Voglio dire, so che ci conosciamo da poco e io non so come sia possibile, davvero non lo so, ma… ma io non mi sono mai sentita così prima. Con nessuno, mai. E sei tu che mi fai essere così felice, così tanto felice che io…non so, cosa altro potrei dire? Non che sia facile dirlo, per carità. Ma è vero, sono innamorata di te. Sì, potevo dirtelo in un altro modo, magari aspettare ancora un po’….ma mi è venuto spontaneo. E non farò finta che non sia così»
Lui china gli occhi e io aspetto un attimo, ma lui resta fermo. Allora gli do piano un bacio sulla testa e lui mi stringe le dita della mano. Gli poso l’altra mano sulla guancia e gli faccio alzare piano il capo.
Ci fissiamo e penso di scorgere nei suoi occhi una traccia di inquietudine. Tento di assumere un tono leggero.
«Ti ho sconvolto?»
Lui fa un mezzo sorriso e poi mi abbraccia forte.
«Gin, è solo che…»
«Che?»
Lo sento esitare e mi maledico mentalmente, ma nel profondo so che era giusto dirglielo. Io lo amo e davvero non posso fare finta che non sia così. Non voglio.
Ma se lo vedo addolorato o preoccupato…non riesco nemmeno a pensare a come mi sento io: per me conta soltanto come sta lui.
Gli accarezzo piano la schiena.
«Tesoro…stai tranquillo, dai. Non volevo turbarti»
«Scusa, sono un idiota. È solo che…»
«Che?»
Ben, però così mi uccidi…ora, va bene tutto, ma…
«… che ho paura…» sussurra.
Ah. Ok.
Credo, almeno, che sia ok.
Gli accarezzo i capelli e lo faccio sdraiare accanto a me. Lui ha il viso nascosto nella mia spalla, ma sento che pian piano si rilassa. Intreccia le dita dietro il mio collo e sospira. Poi improvvisamente si raddrizza e mi guarda.
«Gin, scusami» dice, la voce ferma «Sono un imbecille. Mi hai detto una cosa bellissima e io reagisco così. Scusa»
«Non preoccuparti…io…ehm…non importa»
Fa un sorrisino.
«Per me non è mai stato facile da dire…dire a una persona che la ami…non so, è tutto. È così tanto che mi spaventa. Non è la parola in sé, è quello che comporta. Un impegno, un’attenzione, una protezione…vuol dire che la persona che hai accanto per te è tutto, più del lavoro, della famiglia, degli amici, dei tuoi interessi…che viene prima di tutto. Non basta dirlo: vuol dire che poi lo devi dimostrare, che deve essere così nei fatti, tutti i giorni»
In effetti, sì. Annuisco.
Lui mi guarda negli occhi.
«Tu per me sei importantissima. Ci tengo a te, immensamente. Non so cosa mi hai fatto, ma da quando ci sei tu io…non lo so, io sto bene. Mi sento bene. Avevo paura di legarmi a qualcuno, lo sai…e con te è tutto così facile. Così bello. Davvero, tu mi fai felice»
Ho un groppo in gola. Lo faccio felice.
Non desidero altro. Non voglio altro, non mi serve altro. Solo Ben. Sapere che sta bene con me è il premio più grande che potrei desiderare.
Lo stringo forte e sento che la tensione che ho provato prima si scioglie.
Lo faccio felice.
«Cos’altro dovrei volere?»
«Un fidanzato che non abbia paura di dirti che…che ci tiene a te?»
«Non importa se me lo dici, mi importa se me lo dimostri»
E lo penso davvero.
Sono stupita da questa me riflessiva e adulta e matura, ma nel profondo so che è vero: io devo esternare anche con le parole quello che ho dentro, sempre. Fa parte di me, come analizzare e sviscerare ogni problema che mi si pone, o come cercare il contatto fisico con le persone. Io sono fatta così.
Ben è molto socievole, ma un po’ più riservato di me. Ha i suoi tempi, è discreto laddove io sono irruenta. Ma sa dimostrare le cose anche senza dirle.
Certo, ammetto che vorrei sentirgli dire che mi ama. Ovvio, lo vorrei tantissimo.
Ma la prima cosa che voglio è che sia qui, con me: adesso, domani, in futuro. Perché se sta con me, so che lo fa perché lo vuole. Perché non è capace di fare qualcosa che non lo convince al cento per cento, odia scendere a compromessi e non saprebbe riservarmi tante attenzioni e tanta dolcezza se non provasse qualcosa per me.
C’è un attimo di silenzio e poi Ben bisbiglia:
«Non ti merito…grazie…»
 
Quando mi alzo dal letto per andare a fare la doccia, lo lascio sdraiato tra le lenzuola. Non sembra del tutto sereno, malgrado le coccole, le rassicurazioni e le parole dolci che ci siamo scambiati in quest’ultima ora, dimentichi persino della colazione pantagruelica che mi ha portato. Mi sorride, ma lo conosco troppo bene: è preoccupato, teme di avermi ferita.
E io invece mi sento bene. Mi sento forte, serena e determinata: lo amo, lo so, e so che tiene a me. E questa Ginevra che lui mi ha fatta diventare…mi piace. Per la prima volta, io mi sento bene con me stessa. Non inadatta, insicura o debole e sottomessa: mi sento io. La me che sono in ogni altro ambito della vita che non sia quello sentimentale. Sono io al cento per cento.
Mi guardo allo specchio mentre mi pettino i capelli bagnati e mi mordicchio un labbro, pensierosa. Esco dal bagno avvolta nell’asciugamano e trovo Ben sempre disteso sul letto, con il viso voltato fuori dalla finestra, che sembra assorto a guardare i tetti di Milano.
Mi metto davanti a lui e sorrido.
«Sei pensieroso, mio principe?»
«No»
Sorride, ma vedo che mi sta dicendo una bugia.
Sorrido anche io e gli prendo la mano e lo tiro a sedere. E poi lascio scivolare l’asciugamano.
Resto nuda, in piedi di fronte a lui, contro la luce che proviene da fuori. Vedo il suo sguardo percorrere il mio corpo e la sua espressione passare in un istante da incredula, a torrida, a famelica. Sorrido quando vedo il rossore affiorare sulle sue guance mentre alza gli occhi sul mio viso, esitante, quasi timoroso.
E io gli tendo le braccia.
Lui è subito in piedi e mi prende tra le braccia. Le sue mani percorrono il mio corpo mentre io gli bacio il collo e infilo le mani sotto la sua maglietta. Lui freme quando tocco il ventre e gli faccio una carezza lenta che si arresta sull’orlo dei jeans e poi, pian piano, scende più in basso.
Mi prende la mano.
«Piano, principessa. Voglio che sia…speciale»
Annuisco e mi faccio adagiare tra le lenzuola. Sento la seta frusciare attorno alle mie forme nude e il peso di Ben che si sdraia sopra di me.
Mi bacia con tutta la passione e, insieme, la delicatezza del mondo. Lo sento avido e rispettoso insieme, impetuoso e dolce. Mi perdo nelle sensazioni che le sue mani e le sue labbra sanno provocare in me.
Lo costringo a sollevare un attimo le braccia quando gli sfilo la t-shirt, ma le sento di nuovo subito attorno a me. Possessive, forti, bramose. I nostri sospiri si mescolano mentre entrambi esploriamo il corpo dell’altro con abbandono totale. Finora ci siamo sempre fermati, abbiamo aspettato. Ma io sono pronta, so che lo voglio e che non voglio più aspettare che sia mio, mio totalmente.
E Ben la pensa allo stesso modo.
«Ho sempre pensato che sarebbe stato così…» mormora «Sei meravigliosa»
Inarco la testa all’indietro e mi manca il fiato per rispondere quando lui traccia una scia di baci sul mio collo e sul seno. Lo stringo più forte e con le unghie gli solletico la schiena e lo sento rabbrividire. Le nostre bocche si incontrano di nuovo: le nostre lingue giocano a rincorrersi, le labbra fuse.
Ben scivola accanto a me e mi fa voltare sul fianco. Mi guarda con tenerezza infinita prima di baciarmi di nuovo. Faccio correre la mano con lentezza sul suo fianco, sulle costole, una ad una. Sfioro il petto e lo sento deglutire con forza. La mia mano scende con lentezza esasperante sulla sua pancia. Traccio con il dito il contorno del suo ombelico e lo sento sbuffare, a metà tra un gemito e una risata.
Mi metto a cavalcioni sopra di lui e lo guardo negli occhi prima di ripercorrere lo stesso cammino con le labbra. E lui si inarca sotto di me.
«Gin…» ansima.
Rotoliamo sul letto e io non riesco più a seguire tutte le carezze, a descrivere le sensazioni che sa far scaturire in me il suo tocco. È enormemente…Ben. Dolce, esperto, timido, possessivo.
Non resisto. Allungo la mano tra noi e la poso sui suoi jeans, il suo desiderio che si avverte benissimo anche attraverso la stoffa. Slaccio il bottone e glieli abbasso. Lui si ferma un secondo per sfilarli e torna a stendersi su di me. Le sue mani scendono sulla mia vita e, di lì, sui fianchi e sulle cosce; la sua bocca è sul mio seno. Intreccio le gambe alle sue e con le mani gli stringo i glutei, risalgo sulla schiena e la stringo, mentre lui, con la mano, mi accarezza fino a farmi gemere.
Si solleva solo un attimo e quando si sdraia di nuovo non ha più i boxer, non c’è più niente che divida la sua pelle dalla mia.
E siamo una cosa sola, e diventiamo una cosa sola.
Ben è dolce e attento e, malgrado la passione, lo sento forzarsi a muoversi piano, ad aspettare che io sia pronta, che la sua presenza in me mi diventi nota. Ma io sono insaziabile. Mordo piano la sua spalla e gli graffio la schiena mentre lo stringo e lo sento stringermi  ancora più forte in risposta, protettivo e premuroso come solo lui sa essere.
«Ti faccio male?» sussurra.
Io scuoto la testa contro di lui e lo sento fremere per il bisogno di iniziare a muoversi. E io mi muovo con lui. Intrecciati, balliamo una danza antica come il mondo.
«Gin…guardami» lo sento bisbigliare, con il respiro irregolare.
Apro gli occhi e li incateno ai suoi. E ci guardiamo negli occhi, sempre, mentre facciamo l’amore, mentre le nostre gambe si intrecciano, i respiri si mescolano ai gemiti.
 «Sei stupenda…» mormora ancora lui, prima di chinarsi sulle mie labbra.
E il suo bacio vorace soffoca l’urlo che mi sale in gola.
E poi lo sento. Dura un attimo, o forse mille anni. Raggiungiamo l’appagamento praticamente insieme e poi crolliamo, esausti entrambi, lui sopra di me.
Oddio.
Oddio. È stato…incredibile. Non mi sono mai, mai sentita così, in tutta la vita.
Sento Ben ansimare piano, con il viso affondato nel mio petto. Gli accarezzo la schiena. Sento le sue labbra baciare dolcemente la mia pelle, risalire il collo, sfiorarmi il lobo dell’orecchio e arrivare al viso. Sembra quasi una tortura, una dolcissima tortura.
Lo sento sorridere, quando mi vede fare praticamente le fusa. Restiamo a coccolarci con tutta la tenerezza del mondo. Baci, parole, abbracci, e quando suona il cellulare di Ben, lui nemmeno si volta, ma allunga un braccio a tentoni e lo spegne.
«Poteva essere un super-regista-stellare che voleva proporti il film della tua vita»
«Forse. Ma io adesso sono impegnato con la mia ragazza e non ci sono per nessuno»
Sorrido.
Sua. Può ben dirlo. Io sono completamente, solamente sua.
Fremo quando il suo dito solletica la mia clavicola e scende sul seno. E non mi stanco di guardarlo, di toccarlo, di vederlo sorridere, fremere, emozionarsi. Con me e solo con me.
 
Alla fine, passiamo la giornata a letto. Ci alziamo soltanto per mangiare qualcosa al volo. Quando la sera sentiamo bussare piano alla porta di camera nostra, io sto sonnecchiando con la testa poggiata sul petto di Ben e quasi penso di essermelo immaginato, anche perché lui continua a giocare con i miei capelli con l’aria più rilassata e serena che io gli abbia mai visto, da quando lo conosco.
Poi sentiamo una voce.
«Siete vivi o devo iniziare a preoccuparmi?»
Francesca.
Io aggrotto le sopracciglia mentre Ben si solleva piano dal letto.
«Fra! Oh, scusami!»
«Ma che “scusami”? Ben, ti avrò chiamato cento volte! Allora, mi apri questa porta o no?»
«Ehm…» Ben guarda me nuda, le lenzuola aggrovigliate, la stanza sfatta «Credo di no, Fra. Aspetta»
Si alza, infila al volo boxer e jeans e va alla porta.
«Allora!» sento la voce di lei dal corridoio «Ma si può sapere che cavolo…»
E poi si zittisce. Immagino che vedere Ben sconvolto, spettinato e mezzo nudo le faccia intuire il motivo per cui lui non ha risposto al telefono tutto il giorno.
«Ehm…»
Ben scoppia a ridere e ride ancora di più quando sente me gridare, dal letto:
«Fra, se lo stai guardando a bocca aperta sappi che è proprietà privata! E che il signorino deve cortesemente infilarsi una maglietta.Subito»
«Eh…non ho visto niente» fa lei, maliziosa «Bene, deduco che siete impegnati e me ne vado. Comunque, Ben, ho fatto tutto quello che mi hai detto e Tommaso anche, quindi sei a posto. Per le 21. Gin, ti lascio una cosa qui»
«Cosa?» borbotto, ma sento Ben che richiude la porta.
Mi volto verso di lui e lo vedo che tiene in mano una grande scatola.
«Cos’è?»
«Per te» mi dà un bacio sulle labbra «Per stasera»
«Stasera?»
«Stasera tocca a me portarti fuori, ricordi?»
«Oh. No, non mi ricordavo. Non ricordo niente se non la colazione di stamattina e la giornata di oggi» gli dico, maliziosa.
Lui sorride e mi bacia ancora. Sento la sua lingua cercare la mia, ma quando faccio per stringerlo a me si allontana. Sospira e mi posa la scatola sulle gambe.
«Non che io abbia molta voglia di uscire…»
«Nemmeno io. Restiamo a casa?»
Sorride.
«No, andiamo»
Sposto la scatola e mi metto in ginocchio sul letto. Lo stringo e faccio scorrere le mani sulla sua schiena e poi sui fianchi.
«Non posso proprio convincerti?» lo guardo da sotto in su e lui mi bacia la punta del naso.
«In realtà puoi, assolutamente, ma siccome ti ho preparato una sorpresa preferirei che rimandassimo a dopo cena…»
«Ben, dai, per favore…»
Lo bacio sul petto e lo sento trattenere il fiato. Mi scappa un sorrisino, mentre continuo e scandisco ogni parola con un bacio.
«Per favore…cucino io…dai…ti prego…»
Mi prende il viso tra le mani.
«Ok, facciamo così. Tu ora apri quella scatola e dopo, se ancora sei dell’idea di stare a casa, non usciamo»
Lo guardo perplessa e allungo una mano sul coperchio della scatola. Lo alzo, e devo sedermi di scatto sul letto.
Un turbine di pensieri mi attraversa la mente in un lampo, tutti insieme.
Il vestito.
Quel vestito.
Di quel giorno…
Come ha fatto?
Come se lo ricorda?
Oddio.
Alzo gli occhi su di lui, incredula. E lo vedo guardarmi teneramente.
«Ti piace?»
Io sono ammutolita.
Mi ha comprato un vestito. E non un vestito qualunque. Mi ha comprato il vestito. Quello che abbiamo visto insieme quel giorno di qualche settimana fa, quando l’ho portato con me per negozi. Quando non avevo più niente da mettere. Quando abbiamo parlato della nostra storia e della lontananza.
Io mi ero fermata a guardarlo dalla vetrina e lui era accanto a me, con la stessa aria di sopportazione che sfoggiano tutti i ragazzi che odiano i negozi ma devono accompagnare le loro ragazze a fare shopping.
Lui detesta andare per negozi. Mi ricordo che quel giorno, pur di farmi sbrigare, ogni volta che gli chiedevo “Come sto?” mi rispondeva in automatico “Benissimo. Fatto?”
E invece…se lo ricorda. Se lo ricorda anche se sono passate settimane, anche se l’ho guardato solo dalla vetrina.
Ed è tornato a prenderlo. Per me.
Sono commossa. Ma anche angosciata.
Perché mi ricordo benissimo il prezzo di questo vestito. Costa 500 Euro.
Non posso permettergli di farmi un regalo del genere.
Lo guardo stranita.
«Ehi…»
«Ben, io…io…non so cosa dire»
«Bè, dimmi se ti piace»
«Ma certo che mi piace! Come potrebbe non piacermi? È solo che…è troppo»
Lui aggrotta la fronte.
«Ben, sei un angelo, ma non posso accettare un regalo così bello»
«Cosa? Perché?»
«Perché…è troppo»
«Cosa vuole dire? Certo che non è troppo. Se te lo regalo si vede che voglio farlo!»
«Sì, ma…»
«Niente ma. Insomma, Gin, questa cosa non ha senso! E poi, visto che fa parte della mia organizzazione della serata, devi accettare e basta!»
Io deglutisco.
«Te lo sei ricordato»
«Cosa?»
«Ti sei ricordato che mi piaceva. Che mi ero fermata a guardarlo»
Lui sorride dolcemente e si siede accanto a me. Mi rifugio subito tra le sue braccia.
«Certo che mi sono ricordato. Lo guardavi incantata»
«Io…»
«Facciamo che tu lo metti per me, stasera. Fammi questo regalo, per favore»
Mi scappa da ridere.
«Ah ecco. Ora sono io che faccio un regalo a te?»
«Certo. L’ho preso per far feliceme, non te»
«Si chiama psicologia inversa?»
«Guarda che parli con il figlio di uno psichiatra e di una psicoterapeuta. Allora, mi vuoi fare felice?»
Sorride, ma forse scherza solo in parte.
Il vestito è parecchio sexy, da come lo ricordo.
Ora, beffa delle beffe, lo provo e mi sta uno schifo…
 
Invece no, è favoloso.
Sono davanti allo specchio di camera nostra dopo aver fatto una doccia e rilavato i capelli. Sapete com’è….faceva parecchio caldo qui, oggi.
Sono uscita dal bagno con il vestito già addosso e Ben si è messo dietro di me. Lo specchio ci riflette entrambi e nessuno di noi dice nulla per un lungo attimo.
Il mio vestito è nero. La manica sinistra è di velo trasparente, con delle piccole gemme scure incastonate. Il braccio destro è nudo. Mi arriva al ginocchio in pieghe drappeggiate, morbido, elegante e seducente.
Ben indossa uno smoking. L’ho visto vestito così solo nelle foto delle premiere e, sebbene lui sia talmente bello che in pigiama, in jeans o in giacca non fa differenza, vedermelo così, in camera…bè, quasi mi è venuto un colpo.
Poi lui mi bacia la spalla nuda. Mi appoggio con la schiena contro il suo petto e lui mi cinge con le braccia.
«Vorrei dirti che sei bellissima, ma sto diventando ripetitivo»
Sorrido.
«Grazie. Davvero, grazie grazie grazie mille»
Mi volto tra le sue braccia per baciarlo. Restiamo allacciati per un lungo momento e, quando ci allontaniamo, Ben si fa il nodo alla cravatta e io raccolgo i capelli.
«Lasciali sciolti» mi prega lui, ma io gli sorrido.
«Questo non è un vestito da capelli sciolti»
Faccio uno chignon sulla sommità del capo e Ben si avvicina per baciarmi il collo.
«Approvo» mi bisbiglia e io mi stringo a lui.
 
Alla fine, ci trasciniamo fuori dalla nostra stanza. Francesca e Tommaso sono in salotto e lei batte le mani quando ci vede.
«Siete bellissimi. Divertitevi stasera»
 
Usciamo e Ben mi porta a piedi in Duomo.
«Dove andiamo?»
«Sorpresa» sorride.
«Sulle guglie del Duomo» scherzo io.
Ma lui sorride ancor di più e mi dice:
«Quasi»
Mi porta sotto i gradini antistanti il Duomo e mi dice che siamo arrivati.
Quindi?
«Andiamo da Spizzico?»
Lui ride.
«Sì, pensavo che il tuo vestito fosse adattissimo per Spizzico»
Ah già.
«Burger King? Il McDonald?»
Ma lui scuote la testa. Mette le braccia sui miei fianchi e mi fa voltare verso la Galleria, mettendosi alle mie spalle e abbracciandomi da dietro.
«Savini?»
Oh no, povero tesoro mio. Ditemi che non ha scelto questo. Spenderà un’esagerazione e mangeremo tra giapponesi che scattano le foto anche ai tovaglioli e tedeschi che cenano a pizza e cappuccino. Per carità, Savini è Savini, ma mangiare in Galleria…
Ma Ben posa la sua mano sul mio mento e mi fa alzare dolcemente il viso.
E io per un attimo non capisco.
Poi arriva l’illuminazione e resto senza fiato.
OH-MIO-DIO.
Non ditemi…non ditemi che…
Mi volto a guardarlo con gli occhi sbarrati e lui sorride. E mi dà un bacio a fior di labbra.
«Ma…ma…ma non è che…»
Il suo sorriso si fa ancora più grande.
«Sei pronta, piccola?»
Se sono pronta? Oh, mamma.
 
Mi ha portata al Cubo.
AL CUBO.
Che per la cronaca non si chiama “Cubo” (a meno che voi non parliate il ginevrese, ma credo di no), ma The Cube. Ed è un enorme cubo di vetro che gira per il mondo. Al momento è in cima all’entrata della Galleria di Milano, ma poi andrà a Londra, Stoccolma e Tokio, dopo Milano: è un ristorante itinerante. Da centomilioni di stelle Michelin, o quel che è. È esclusivo, è carissimo…per venire a cena qui non ci si può presentare e basta. Non funziona così. E noi due siamo qui, ora, insieme, più in alto dei tetti di Milano, più in alto del Duomo.
Saliamo e io sono senza parole. Ben saluta il maître e ci fanno accomodare. Mi guardo attorno e vedo solo ed esclusivamente luci soffuse, gente coperta d’oro in abito da sera e il buio della notte e le stelle oltre le vetrate immense.
Mentre ci avviciniamo al tavolo ci fissano tutti e io arrossisco e stringo forte la mano a Ben. Ci sono due camerieri che aspettano dietro le nostre sedie, ma Ben fa loro un cenno e mi fa sedere lui. Mi accomodo e lui si siede di fronte a me e mi prende la mano.
«Perché quegli occhioni?»
«Ci guardano tutti» bisbiglio.
«Bè, succede così di solito quando entra una donna bella come te in un locale. Immagino che dovrò abituarmi»
Io arrossisco ancora di più.
«Ma Ben! Ma cosa dici?»
Ma lui sembra serissimo. Mi bacia una mano e mi accarezza il dorso con il pollice. Muoio. Alza gli occhi e li fissa nei miei.
«Vorrei trovare le parole per dirti quanto sei bella. Stasera, sempre»
No, mi correggo. Adesso muoio.
«Ma non riesco a fare altro che fissarti e dirti sempre le stesse parole e quindi…dovrai accontentarti. Spero solo di non essere troppo noioso…»
Si interrompe e mi guarda bene e si morde un labbro per non mettersi a ridere.
«Gin, ma perché quella faccia? Sembri terrorizzata…»
Sono terrorizzata.
Da…tutto questo. Dai sentimenti che lui sa scatenare in me.
«Io cerco di farti una dichiarazione e tu mi guardi così?»
Una dichiarazione? Oddio.
Semplicemente, credo che morirò d’un colpo.
«Ehm…vai, dimmi»
Lui sembra lottare per restare serio.
Ha pure ragione: vai, dimmi. Ma come si fa?
Prende fiato e mi stringe più forte la mano. Capisce che sono nervosa per cui alleggerisce il tono e mi parla di argomenti tranquilli per farmi rilassare.
Mi racconta che ha chiesto a Tommaso quale fosse il posto più bello di Milano perché ci teneva a portarmi in un posto speciale. Che voleva che fosse tutto perfetto, perché io fossi felice.
Mi si inumidiscono gli occhi.
«Per me è sempre perfetto con te, dovunque siamo»
Ripeto a lui quello che lui ha detto a me ieri. Perché lo penso davvero. Perché ora che sono nel posto più bello della città, sento che sarei ugualmente felice per strada, o sul divano,o  a letto con lui.
Anzi, veramente a letto lo sarei di più. Molto, molto di più.
Sorride. Ed è un sorriso di gioia pura.
«Ma tu ti meriti di essere tratta come una principessa»
«A me basta che tu ci sia. E non sono mai stata più sincera» prendo fiato un attimo «Sai, io normalmente sarei impazzita per una serata come questa. Ma da quando ti conosco, mi importa solo sapere che tu ci sei, che sei con me e che sei contento…e mi basta»
Altro sorriso radioso. Finirà per uccidermi, forse glielo dovrei dire.
«Anche per me è così. Sento esattamente la stessa cosa»
Si interrompe quando un cameriere ci riempie i calici di champagne. Tocca il mio flûte con il suo e beve un sorso, per poi far correre un dito sullo stelo.
E dire, esitante:
«Quindi, non vedo perché dovrei avere così tanta paura a dirti che sono innamorato di te, visto che lo sono»
Sbarro gli occhi e lo champagne mi va di traverso.
Ma…ma…ma stamattina ha detto che è felice con me ma che non voleva dire…
Comunque, annaspo per prendere fiato e Ben si allunga verso di me.
«Gin!» dice, allarmato.
Un cameriere si avvicina discretamente e Ben fa per alzarsi dalla sedia, ma io gesticolo freneticamente per farli restare al loro posto, mentre tutti gli altri clienti mi guardano con riprovazione.
Non ci si strozza così volgarmente in un locale del genere.
Ma andate a ‘fanculo tutti quanti.
 
Stupida cogliona megagalattica: come si fa a essere così goffi?
Mi insulto mentalmente e mi impongo di smettere di tossire e lacrimare. Ma vaffambagno, Gin.
 
Ben mi viene vicino e mi fa alzare e mi porta in terrazza.
Mi stringo a lui ignorando il panorama mozzafiato e desiderando solo di sparire nel nulla per la vergogna. Ma lui mi accarezza piano la schiena finché non mi calmo. A questo punto, sbircio la sua espressione ancora sepolta nella stoffa della sua giacca e lo vedo guardarmi preoccupato.
«Tutto bene?»
«Sono una cogliona» borbotto.
E lui ride.
«No, ma sei un piccolo terremoto. Mi hai fatto spaventare»
Giro la testa, appoggiando la guancia sulla sua spalla. Lui posa la sua sulla mia fronte e restiamo stretti, accarezzati dalla brezza, immersi in una notte calda e avvolgente.
Penso sia lo scenario più bello che io abbia mai visto.
Sento Ben accarezzarmi lentamente la schiena con la mano.
Alzo gli occhi a guardarlo e lui mi sorride.
Mi prende il viso tra le mani e i suoi occhi si fissano nei miei, come se volesse leggermi fin dentro l’anima.
«Sei arrabbiata con me?»
Cosa?
«Cosa?»
«Perché sono stato vigliacco e non ti ho detto quello che provavo per te»
Esita un attimo.
«Sai, Gin…la mia ex ragazza era una che pretendeva che le dicessi milioni di volte al giorno che la amavo. Mi chiamava “amore” e “tesoro” e “cucciolotto” e cose del genere in ogni circostanza. E io…io alla fine mi sentivo come se le parole che dicevo non avessero più valore, capisci?»
Annuisco.
«Volevo dirtelo, davvero. Volevo dirtelo perché anche io provo questo per te e lo sapevo da giorni, da settimane. Sono stato sul punto di dirtelo più volte, mi sono detto che dovevo trovare un momento speciale e poi quando tu l’hai detto a me io…sono entrato in panico»
Prende fiato e poi continua.
«Ma lo so che stavolta è diverso»
Io poso le mani sulle sue, che circondano sempre il mio viso.
«Sei sicuro?»
Annuisce.
«E sei felice?»
Stavolta sorride, oltre ad annuire.
«Bene. Me lo dici un’altra volta, per favore?»
Lui scoppia a ridere.
E nemmeno la felicità di vederlo così felice, di saperlo così vicino mi prepara alla gioia, all’incredulità, alla meraviglia che le tre parole che seguono riescono a suscitare in me:
«Gin, ti amo»
 
 
 
 

 

Mio angolino: di solito non commento le cose che scrivo, ma stavolta voglio assolutamente ringraziare tutti coloro che commentano le mie storie, le aggiungono tra le preferite/ricordate/seguite o anche solo le leggono…vi vedo aumentare dal conteggio delle visite, ma se voleste commentare a me farebbe solo piacere! J
Detto questo, una dedica: tutta la dolcezza di questo capitolo è per LaNonnina e Lisbeth17, che seguono Gin dall’inizio e che mi hanno aspramente rimproverata (e minacciata!) dopo la conclusione di quello scorso: tranquille che va tutto bene!
Love you <3

   
 
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