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Autore: Alexy Snitch    30/06/2012    2 recensioni
Dopo la morte di Dobby, Harry è confuso, perso. Si rende conto che lo scontro con Voldemort si fa sempre più vicino, ma anche nel momento più oscuro si può trovare la felicità.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Harry Potter, Luna Lovegood | Coppie: Harry/Luna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7
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A Chantal,
che ascolta le mie paranoie notturne.



La Collina



C’è qualcosa di strano qui, non riesco a comprendere con esattezza cosa sia, ma il venticello leggero che mi accarezza la pelle mi dice che non devo temere. Villa Conchiglia è un bel posto per vivere, ne sono sicuro. Le onde del mare che si infrangono sugli scogli a poca distanza rendono questo luogo un’oasi di pace. Dobby sarebbe contento di stare qui, per sempre. Mi fa male pensare a lui, così tanto che il dolore mi stringe in una morsa. Vorrei fermarlo. Sono stanco di dover dire addio alle persone a cui voglio bene. Ogni volta è una pugnalata, è una ferita che so non si potrà mai rimarginare. Questa assurda guerra sta portando via ogni alito di vita intorno a me e non riesco ancora a porre fine a tutto. Potrei consegnarmi a Voldemort e farla finita, smettere di soffrire, morire e lasciare che finalmente per me ci sia pace, ma sono sicuro che non cambierebbe niente. Sarei egoista a lasciare tutti qui, Ron e Hermione, i Weasley… Dobby si è sacrificato per me ed io sono in debito con lui.
Oggi è un nuovo giorno e il sole splende alto nel cielo. Ce la farò in qualche modo. Silente credeva in me e non posso deluderlo.
Mi sdraio sull’erba e osservo il cielo. L’azzurro denso fa a pugni con le candide nuvole bianche che si spostano veloci, cambiando forma. Quando ero piccolo stavo spesso ad osservare le nuvole. Vedevo draghi, strani animali, spade, castelli…un mondo in cui vivere, un mondo che potesse essere solo mio. Benché sia disteso, ho la sensazione di stare dondolando avanti e indietro mentre tengo gli occhi chiusi. I ricordi mi invadono e voglio perdermici dentro. Solo un poco, per non sentire dolore.
Credo siano passati alcuni minuti o forse qualcosa di più, quando sento la presenza di qualcuno poco lontano. Sento il rumore delle scarpe sulla terra: sono passi leggeri, di chi non vuole far rumore. Apro un occhio e dopo l’altro per accorgermi che Luna sta portando un mazzo di fiori gialli verso la tomba di Dobby. I capelli biondi sono sospinti leggermente dal vento e animano il suo profilo. Ha la pelle chiara, candida, ma le guance sono arrossate. Forse, anche gli occhi, non riesco a distinguere bene da qui. Mi metto seduto e la osservo mentre si inginocchia davanti alla lapide e posa il mazzo sulla terra. Sento una strana fitta al cuore quando tocca la pietra fredda con la mano. Qualcosa scorre lento dentro di me, parte dal cuore e arriva ovunque. Brividi. Non di paura, ma di piacere. Quando si volta per tornare indietro, mi vede e mi sorride. Non posso fare a meno di ricambiare. È la prima volta che sorrido dopo tanto tempo. Si avvicina e il mio corpo va improvvisamente in subbuglio. Non capisco. Un attimo sorrido calmo per quel gesto inaspettato e l’istante dopo sono agitato. Credo di non riuscire ad alzarmi, forse è meglio che non lo faccia.
“Ciao, Harry!” Mi saluta nel suo vestito azzurro. Si siede accanto a me e sorride ancora. È disarmante e puro il suo sorriso, me ne rendo conto solo adesso e non comprendo il perché.
Sento la gola secca. “Ciao, Luna!” Mormoro a stento. Sta accarezzando una margherita. Non so cosa stia succedendo; sono sicuro, però, di non avere paura e questo è un bene.
“Ti ho svegliato.” Sembra dispiaciuta.
“No, no. Non dormivo.” La rassicuro. “Non dormo molto bene in questo periodo.”
La mano che toccava i petali della margherita mi sfiora il polso e dentro di me vorrei che mi accarezzasse. Devo essere impazzito, devo stare sognando. Luna ha sempre il sorriso sulle labbra e gli occhi azzurri come il cielo che racchiudono un mondo. Un mondo in cui in questo momento vorrei perdermi. “Sai, nemmeno io riesco a dormire molto bene di notte.”
Penso che è stata rinchiusa per mesi nei sotterranei di Villa Malfoy e senza rendermene conto mi sale la rabbia. Se l’avessi saputo, sarei andato a prenderla.
Tutti considerano Luna un po’ stramba e forse lo è, però, come Hermione è stata una delle poche persone a credermi quando altri non l’hanno fatto e l’unica che come me poteva vedere i Thestral, dicendomi di non essere pazzo, ed io non smetterò mai di esserle grato per questo. Lei può capire il mio dolore, e, da quello che una volta mi ha raccontato, sa cosa vuol dire perdere qualcuno che si ama. È come se la vedessi sotto una luce più potente del sole in questo momento. È strano e bello a modo suo. Proprio come lei, mi suggerisce una voce sconosciuta dentro di me. Mi irrigidisco, intuendo cosa stia accadendo. Non c’è lotta, solo consapevolezza. I miei pensieri non litigano, non si sovrappongono l’uno con l’altro cercando di prevalere, anzi, si susseguono con logica e naturalezza. “Vorrei averlo saputo prima.” le dico, forse troppo tardi.
Per la prima volta il sorriso scompare, si oscura per poi tornare. Sposta una ciocca dietro l’orecchio e sembra quasi imbarazzata. “Non potevi saperlo.” Gioca con la margherita. “Non ho avuto paura. C’era il signor Olivander con me.” Luna è quasi incomprensibile talvolta, ma adesso mi sembra che stia cercando di scacciare i ricordi, i più brutti e bui. Ho sempre dato molte cose per scontato e non mi sono mai veramente soffermato su di lei; ora che voglio capire, invece, inizio a pensare che forse non è poi tanto diversa da me.
“Lo so.” Lo vedo, vorrei dirle. “Grazie.” Esordisco poco dopo spezzando il silenzio nella speranza di poter cambiare discorso. “Per Dobby.” Le faccio segno con il capo verso la lapide.
La vedo animarsi. Gli occhi cerulei diventano lucidi come scaglie di vetro. “Non devi ringraziarmi. Se lo merita.”
Il mio stomaco fa una capriola. Sono triste e al contempo quasi felice per quello che ha fatto, tanto da ritrovarmi a corto di parole. Vorrei dirle, spiegarle migliaia di cose, ma questa strana sensazione che mi pervade sembra impedirmelo. La mano che prima mi ha sfiorato, ora mia sta accarezzando la guancia. Ha le unghie corte ed è piccola. Mi sta asciugando le lacrime, che non sapevo nemmeno di avere, e decido di premere il viso sul suo palmo. È una sensazione di pace, incredibilmente inebriante e mi sento sopraffatto. Cerco di ricompormi in fretta e mi alzo. “Si è fatto tardi.” Mento.
Luna annuisce sovrappensiero. Credo che stia pensando anche lei a quello che è appena accaduto. “C’è pieno di Gorgosprizzi qui.” Esclama d’un tratto, mentre inizio a scendere il lieve pendio della collina. Ho il cuore che batte all’impazzata contro la cassa toracica e mi sento pieno di vita, anche se ho appena pianto.
Finché scendo, migliaia di pensieri si ammassano non lasciandomi via di scampo.
Cerco di stare con Bill e Ron, mentre Fleur, Hermione e Luna preparano la cena. So che dovrei affrontarla con tranquillità, ma il solo guardarla di sottecchi mi provoca già strane fitte. Immagino di sembrare più taciturno di quanto già normalmente non sia, ma non posso permettermi che qualcuno si accorga di quello che sta succedendo. Hermione a tavola mi sorride: ha capito. Lei sa sempre tutto. Però, non mi sta spingendo o ammonendo, non sta facendo nulla e gliene sono riconoscente. E se Luna gliene avesse parlato? Questa domanda mi trincera nel silenzio assoluto fino a che non vado a dormire. Dormire, che parola. Non dormo più: mi stendo e guardo il soffitto, se poi con gli occhi chiusi vago con la mente per me è già un grande risultato.
Stanotte, però, niente va come previsto. Voglio uscire, sentire di nuovo il vento freddo su di me e guardare il mare. Scendo le scale attento a non svegliare né Olivander né Unci Unci né nessun altro, se è per quello. La casa è completamente al buio. Tiro su la zip della felpa e, aprendo la porta, finalmente riprendo a respirare. L’aria fresca della notte è quel che mi serve per schiarirmi le idee. Cammino un po’ a piedi nudi sulla sabbia e in prossimità di un paio di rocce, mi siedo.
Vorrei poter dire che quello che ho provato oggi non è niente, ma mentirei a me stesso. Sono le stesse sensazioni che ho provato per Ginny più di un anno fa e tutte condensate insieme e amplificate. È diverso, è di più. Una parte di me lo vuole, vuole quel “di più”, l’altra mi dice che nulla è certo fino a che le cose tra Voldemort e me non si risolveranno.
Qualcuno sta camminando sulla spiaggia. Mi alzo di scatto ed estraggo la bacchetta di Malfoy pronto ad usarla per la prima volta in uno scontro. È lontana, ma la cosa che noto subito è che è una donna ed è Luna. Vorrei tornare indietro, non perché abbia paura, ma non ho idea di cosa poterle dire dopo che sono praticamente fuggito questo pomeriggio.
Si avvicina e non dice nulla. Nascondo la bacchetta. Ha gli occhi lucidi, ma non sembra preoccuparsene mentre si ferma a nemmeno un metro da me e mi guarda, leggendomi dentro. Rimango fermo, ma con il respiro irregolare. “Non riesci a dormire?” è la prima cosa che chiedo e me ne pento. Me l’ha detto solo qualche ora fa.
Scuote la testa, assorta. “Volevo vedere il mare.” Lo guarda con occhi grandi pieni di curiosità e vita. “Domani parti.” Lo dice schiettamente, mi sembra quasi un pugno nello stomaco.
“Sì, dobbiamo riprendere la nostra missione. Non posso fare altrimenti.” Le spiego, anche se credo lei sappia. Sembra quasi che ciò che diciamo abbia un altro significato, nascosto e comprensibile solo a noi.
“Ce la farai. Vincerai.” Non ha detto ce la farete, ha usato il singolare. Il cuore batte ancora forte, più dolorosamente di questo pomeriggio.
“Io… lo spero.” Mormoro. Le difese si abbassano e le preoccupazioni mi attirano come sabbie mobili. Perché davanti a lei mi pare di essere fragile e forte al tempo stesso? Distolgo lo sguardo dal suo viso e fisso le onde e la luna brillante ed enigmatica proprio come colei che mi sta accanto.
Luna inizia a camminare e mi sorpassa. La seguo incerto sulla nostra meta, su quello che stiamo facendo, ma poi la consapevolezza entra dentro di me come uno scatto del Deluminatore di Ron, veloce ed improvvisa. Ridà luce a tutto il buio.
Stiamo tornando sulla collina.
Mi prende per mano e gliela stringo. È una promessa? Credo di sì. Ci fermiamo nel punto esatto dove ci trovavamo oggi e mi obbliga a sedermi, a stendermi. Lei fa lo stesso. Guardo la luna, guardo lei e mi accovaccio più vicino. Tocco le sue dita, le sue nocche, il palmo, la accarezzo. Intreccio le dita con le sue, sento i suoi capelli che mi sfiorano la guancia e senza che me ne accorga, senza che entrambi ce ne accorgiamo, cadiamo nel sonno.
Domani sarà un altro giorno e il sole splenderà di nuovo.

   
 
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