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Autore: Tenar80    30/06/2012    5 recensioni
Tornato tra i vivi, Sherlock decide di rispondere alle domande della stampa. Lo fa a modo suo, ovviamente, anche se c'è una sola persona con la quale vorrebbe davvero parlare
Genere: Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Sherlock Holmes
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Con le presentazioni sono un disastro, comunque, grazie di essere qui a leggere.
I personaggi non sono miei, nessun guadagno da questo, solo tanto divertimento.
Da cosa nasce questo delirio? Il ritorno di Sherlock ormai è diventato quasi un sotto genere. Ne ho letti tanti di splendidi. Quasi tutti sono drammatici, con malinconia a palate. L’idea era di farne una versione più leggera, con Sherlock che decide di rispondere alla stampa, anche se ovviamente l’unica persona a cui vuole parlare è John. 
Ogni recensione è benvenuta, anche se nei prossimi giorni sarò senza internet e non so quando le potrò leggere.
A PROPOSITO DI DROGA, SESSO E J.W. 
 Non trovo per iniziare che la parola che mi è meno congeniale.
 Grazie.
 Goditela, Greg, perché non credo avrò modo di ripetertela in altre occasioni.
 Quattro giorni fa Lestrade, durante la conferenza stampa, ha detto: “Il Sig. Holmes non risponderà a domande personali.” E’ stata la parola che ho pensato in quel momento. Grazie.
 Negli ultimi mesi, tuttavia, ho imparato alcune cose. I giornalisti non smettono di fare domande solo perché li si ignora. Se non ottengono risposte dalla fonte primaria, ne cercheranno altre. Avranno comunque le loro risposte e le confezioneranno in modo che sembrino la verità. 
 Se almeno fossero delle domande intelligenti... Ma due sole cose sono infinite, l’universo e la stupidità umana. La stupidità umana assai più che l’universo.
 I punti centrali della questione - come sono sopravvissuto, come ho sgominato in pochi mesi il tessuto criminale creato dalla più pericolosa mente perversa che l’Inghilterra abbia visto - non importano a nessuno. 
 Le domande che interessano alla “gente” - quale che sia la cosa o l’entità da ricercare dietro questo termine - e che da quattro giorni mi perseguitano, sono, condensate e riassunte:
  • Se è davvero un sociopatico, sig. Holmes, non dobbiamo temere comunque che lei possa rappresentare un pericolo per la società?
  • Ha fatto uso di sostanze stupefacenti? Continua a fare uso di sostante stupefacenti? Faceva uso di sostanze stupefacenti anche mentre collaborava con la polizia? E altre variazioni sullo stesso tema.
  • Qual è il suo orientamento sessuale?
  • Ha avuto una relazione/rapporti intimi con Jim Moriarty?
  • Quali sono/quali sono stati i suoi rapporti con il dottor John Watson?
 Sherlock sospira. Il cane ringhia da sotto il tavolo. Sherlock gli tira un biscotto e riprende a scrivere
1
 So che alle mente semplici è necessario che l’ovvio sia ribadito. Se fossi un serial killer ad alto potenziale intellettivo non ve lo verrei certo a scrivere. Dunque quanto segue potrebbe essere falso.
 Sono un sociopatico. 
 Cosa significa? Fatico a provare empatia. Deduco i sentimenti altrui senza che questo muova in me qualcosa a livello emotivo. Sono abile a farlo, la cosa è scarsamente invalidante. 
 Alcuni serial killer sono sociopatici. Il sillogismo non può essere rovesciato, non tutti i sociopatici sono serial killer. Perché un sociopatico diventi un potenziale killer devono verificarsi anche altre condizioni. Il soggetto deve trarre piacere dal dolore altrui e quasi sempre il dolore altrui mi è indifferente. Se poi questo piacere è attinente alla sfera sessuale e in particolare se il soggetto è impotente e riesce ad eccitarsi solo causando del dolore, allora la pulsione all’omicidio sarà forte. Ma io non sono impotente, traggo piacere principalmente dal risolvere problemi interessanti e, se non strettamente necessario, odio sporcarmi. E’ molto difficile uccidere qualcuno in modo del tutto pulito.
2
 Droghe.
 Quasi nessuno si rende conto di quanto sia fortunato a non essere me. Non è sarcasmo. Il sarcasmo non viene naturale ai soggetti a bassa empatia. Immaginate. Vivere in un mondo in cui tutti coloro che vi circondano si muovono su binari prefissati che tuttavia solo voi vedete. Tutto diventa ovvio. Sapete già chi incontrerete nel corso della giornata, conoscete ogni parola che vi dirà, ne leggete sottintesi e menzogne, vedete ogni azione che sarà compiuta. E’ come essere costretti a rivedere all’infinito lo stesso film. Cercare ogni tentativo di fuga diventa imperativo. 
 Si arriva ad un punto in cui anche la propria vita diventa ovvia. Prevedibile. Scontata. Insopportabile. 
 E poi che senso ha vivere se si è condannati alla mediocrità e neppure la consapevolezza del proprio genio basta a elevarti?
 Da qui le cose che già sapete, dato che avete intervistato Anderson.
 John dice che sono l’unica persona salvata dal crimine. 
 Il crimine spezza la monotonia, rompe le rotaie, porta gli eventi, le persone, su traiettorie differenti. Rende il mondo interessante. Di più, crea enigmi. E io sono bravo a risolvere enigmi. Posso diventare il più bravo. Il migliore.
 E questo mi porta alla mia professione. Consulente Detective. E a collaborare con la polizia. E a impattare con Lestrade.
 Un uomo che sbaglia quasi tutte le deduzioni, tranne una. Sei un drogato Sherlock, mi dice, ho iniziato nella narcotici, dunque lo so. Se vuoi collaborare devi essere pulito.
 So dedurre quando qualcuno è irremovibile. Lestrade lo era. Dunque ho scelto. Essere il migliore. Quindi la risposta è si, ho fatto uso di droghe. Si, anche durante le prime collaborazioni. No, non più da allora. Posso battere Lestrade in tutto, ma non in questo. Sono il migliore nel mio campo. E è stato interessante - entro un certo limite - sperimentare gli effetti delle crisi da astinenza sul mio organismo. 
 E ci tengo a precisare che la volta in cui nello spogliatoio di quella squadra di rugby ho baciato l’allenatore ero lucidissimo. Dato la componente omofobica del delitto dovevo valutare le reazioni dei giocatori.
3
 Orientamento sessuale.
 Definizione assurda. Non sono una bussola e neppure una cartina, che si possa orientare verso un qualche polo magnetico.
 Su questo, nelle interviste che sono state fatte nei mesi scorsi, girano versioni differenti e contraddittorie.
 Le endorfine prodotte dall’orgasmo sono spesso il primo tipo di droga che gli adolescenti sperimentano e non ho fatto eccezione. 
 Viene comunemente riferito che tali endorfine sono maggiori se prodotte con un incontro intimo con qualcun altro che risulti gradevole. Dunque ho cercato un soggetto adeguato, che mi risultasse gradevole, fosse attratto da me, fosse esperto e che potessi allontanare facilmente se non avessi desiderato ripetere l’esperienza. Il mio professore di scienze al liceo, attratto da ragazzi più giovani e con una coscienza facilmente ricattabile. Il momento prefissato, al termine dei colloqui con le famiglie, quando saremmo rimasti soli nella scuola deserta. 
 L’unica volta che mio fratello abbia sentito l’esigenza di venirmi a cercare e di parlare con i miei professori, ovviamente dopo aver risolto gli impegni lavorativi e quindi ben oltre il tempo massimo. 
 Ci ha trovato a fatti già conclusi, ancora nudi. Ha chiesto cosa stavamo facendo e io ho risposto sincero: un esperimento. Dato che è mio fratello e che ha una certa idea di me e che non sarebbe stata l’ultima volta che mi avrebbe trovato nudo - per altri motivi - credo di poter dedurre che abbia dato un’accezione più classica al vocabolo da me usato. Il professore si è licenziato il giorno seguente. Non l’ho più visto. A volte me ne sono rammaricato.
 Da allora non ho potuto che scontrarmi con il semplice, ovvio fatto che milioni di anni di evoluzione e ci rendono ancora inferiori, riguardo al sesso, agli scimpanzé bonobo. La maggior parte degli esseri umani sembra aver bisogno di riti di accoppiamento. Se voglio fare sesso perché devo andare in posti affollati a bere quando non ho sete, ascoltare frasi prevedibili e, nel 99% del casi, false, create per nascondere verità facilmente deducibili?
 Non siamo abbastanza evoluti da rendere le cose più semplici? Io ti piaccio, tu mi piaci, vogliamo fare sesso, lo facciamo, se desideriamo ripetiamo la cosa, se no ognuno per la sua strada. Evidentemente, no.
 Le donne, poi, sono le peggiori. Capirne, anche solo a livello intellettivo, i ragionamenti è noioso e frustrante. Ad esempio non si può dire:
 “Beth, fisicamente mi piaci, ma non voglio fare sesso con te. Tu desideri essere legata per i polsi e frustata con un oggetto di cuoio e poi essere bendata e a quel punto sogni che sia più di un uomo a possederti. E questo, davvero, non è il mio genere.”
 La ragazza in questione fugge piangendo prima che tu finisca di parlare. In tre giorni ha già fatto in modo che tutte le sue amiche ti evitino. Nove giorni e ciascuna di queste amiche ha fatto in modo che tutte le proprie amiche ti evitino. Due settimane e le donne non sono più il tuo genere, che tu lo voglia o no. E pensare che non sono neppure riuscito a spiegare a Beth perché il cuoio per lei era così importante. 
 In breve, gli unici disponibili al tipo di rapporto più logico si rivelano individui meschini. Odio la meschinità.
 Il cane, un grassoccio bulldog inglese, tenta di uscire da sotto il tavolo. Sherlock si gira, digrigna i denti. Il cane abbassa la coda e arretra fino alla posizione di partenza. L’uomo riprende a scrivere.
4
 Ho mai avuto rapporti intimi con Jim Moriarty?
 No.
 So che questa è una risposta ritenuta insoddisfacente. Dunque.
 Ha tentato prima di sedurre quella che pensava fosse la mia donna, poi, ripetutamente, di uccidere quello che riteneva essere il mio uomo. Per cui si, probabilmente era attratto da me. Ha cercato di farmi sedurre dalla sua agente. Dunque, forse, era impotente. Quello che però Moriarty veramente voleva era il potere, su di me. Riempire completamente la mia mente. Mi rammarica ammettere che ci è riuscito. L’ho odiato, un sentimento alquanto distraente. Ma non sono andato a letto con lui. Sarebbe stata un’esperienza interessante, immagino, ma non piacevole.
 E non era così simile a me come gli ultimi articoli vogliono far pensare. Alto QI - forse pari al mio - scarsa empatia, profonda conoscenza di Bach. Chiunque può avere tre caratteristiche in comune con chiunque altro.
 Si interrompe. Guarda il cane, ne sente l’odore. Odia l’odore dei cani. Meglio scrivere.
5
 John Watson.
 Ho conosciuto solo quattro persone al mondo che non sono risultate noiose. Odiose, insopportabili, a volte, ma mai noiose. Moriarty, Adele Adler, mio fratello, John Watson. Le prime tre sono geniali, John Watson ha un’intelligenza nella norma. Le prime tre persone sono amorali, due hanno operato al di fuori della legge, mio fratello plasma la legge tutto intorno a lui, come gli fa comodo. John Watson sarebbe perso senza la sua desueta, ma non per questo insincera, moralità. 
 L’eccezionalità di John Watson si rivela principalmente nell’azione, non nel pensiero. Una sorta di istintualità pratica attivata probabilmente dallo stress e dall’adrenalina che lo porta, in situazioni di potenziale o conclamato pericolo, a fare sempre la cosa giusta. Non la più logica o la più vantaggiosa per sé - in caso contrario non sarebbe tornato dalla guerra con una spalla bucata - ma la più giusta.
 Questo fa si che sia la persona che chiunque vorrebbe al suo fianco nei momenti di pericolo. Il migliore. E io non posso accontentarmi di qualcosa che sia meno del meglio.
 Non che questo esaurisca la sua eccezionalità. Persino dai suoi resoconti è evidente  quante volte, nei primi giorni della nostra conoscenza, io mi sia sbagliato sul suo conto.  E non potete credere che questo sia abituale.
 Sherlock rilegge. Cancella fino a “meno del meglio”. Non rilevante. C’è un motivo per cui sta scrivendo e non è perdersi in considerazioni sull’eccezionalità del suo coinquilino. Ex coinquilino. Stringe i denti. Il cane arretra ancora di più.
 C’è una cosa importante nel rapporto tra me e John Watson. John Watson non è, non è mai stato e mai sarà una mia debolezza. L’ho temuto, ma un uomo della CIA che gli puntava la pistola alla tempia mia ha dimostrato che non è così.
 Ci sono persone che non desidero soffrano, poiché la loro sofferenza si riflette su di me e, come dice mio fratello, soffrire non è un vantaggio. John Watson è una di quelle persone, ma essere concentrati sull’evitare che possa soffrire non mi toglie lucidità. Non sono mai stato così rapido nel pensiero come nelle occasioni in cui il mio coinquilino si è trovato in pericolo. Forse, senza quest’eventualità, non avrei mai sconfitto Moriarty.
 Aggiunge il link a una foto. Scrive un’altra frase, poi la cancella.
*
 Ha smesso di scrivere. Attende. Il cane lo guarda da sotto il tavolo. Sherlock gli tira un altro biscotto. Attende. Non è mai stato bravo ad aspettare.
 Infine la porta si apre.
 Riconosce il passo, la chiave che rimane incastrata nella toppa - nuova chiave, nuova toppa, uguale risultato. La porta si chiude, ma lui non arriva, si ferma nell’atrio. Perché? Non può averlo visto da lì. Sherlock si gira. Il cane. Ovvio. Il cane non arriva a fargli le feste. E’ ancora sotto il tavolo, vorrebbe correre dal padrone, ma la figura seduta in poltrona con il portatile sulle ginocchia lo inibisce. Sherlock prova a fargli un cenno, ma lo stupido bulldog non coglie.
 I passi riprendono. E John, finalmente, entra nella stanza.
 Il sacchetto della spesa cade a terra - solo bottiglie di plastica, per fortuna.
 - Cosa. Ci. Fai. Qui.
 - Posto sul tuo blog. - risponde Sherlock.
 - Ti ho detto chiaramente, quattro giorni fa, che non volevo vederti mai più.
 - Io non l’ho detto. Tu non sei obbligato a guardarmi. Gioca col cane, vai in cucina. Ignorami.
 Invece John lo guarda, chiedendosi com’è possibile passare mesi a pregare che una persona morta si riveli invece viva e poi scoprire che è viva davvero e desiderare solo ucciderla con le proprie mani. Non che non ci abbia provato. Sherlock ha un aspetto incongruo con la vistosa medicazione al naso e le occhiaia. Lui, che era sempre impeccabile nonostante non dormisse mai.
 John invece ha un aspetto migliore. E’ più magro, ma ha dormito davvero, senza incubi, e dal rumore dei passi Sherlock ha già capito che la camminata è migliorata. Permettergli di prenderlo a pugni gli ha fatto bene. Sherlock valuta se fargli ripetere l’esperienza possa farlo stare ancora meglio. Poi considera il livido alla schiena - quando John lo ha colpito è caduto su uno spigolo traditore. Meglio di no.
 - Cosa hai detto che stai facendo? - chiede John, che intanto si è chinato a rassicurare il cane.
 - Posto sul tuo blog.
 - Sei stato morto tre mesi. Morto. E adesso rubi la mia identità per postare sul mio blog. Il Mio. Blog.
 - Non essere sciocco. Ho creato un mio profilo, poi sono entrato con il tuo e mi sono abilitato. Tutto ciò che ho scritto è a mio nome.
 - Avresti potuto farlo da casa tua.
 - Volevo essere sicuro che tu leggessi.
 - Sei entrato senza il mio permesso nel mio blog. Certo che avrei letto.
 John si china ad accarezzare il bulldog, che scodinzola, ma non vuole saperne di uscire da sotto il tavolo.
 - Hai terrorizzato il mio cane.
 - Non ho fatto niente a quella bestia puzzolente e bavosa, l’ho solo guardato.
 - Me l’ha regalato Molly. - per essere sicura che John avesse un motivo per tornare a casa ogni sera - E, per tua informazione, si è rivelato un coinquilino molto migliore di te. Più educato, pulito e riconoscente.
 - Mi hai sostituito con un cane, John?
 - Eri morto.
 - Spero almeno che tu non l’abbia chiamato Sherlock.
 - E’ un bulldog inglese, quanto di più distante da un genio iperattivo ci possa essere. E’ stupido e pigro. Si chiama Anderson. Andy.
 - Ah.
 Sherlock vorrebbe sorridere, ma forse non è il caso.
 - Vieni a leggere, per favore?
 John cede, come sempre.
 Prende il computer e va direttamente al capitolo che porta il suo nome. E’ vagamente lusingato, ma non vuole darlo a vedere, tutte cose che Sherlock registra.
 - Non pensi che qualcuno possa prenderlo come una sorta di sfida e provarci di nuovo, ad ammazzarci. O ad ammazzare me? - chiede, alla fine.
 - La mia voleva essere una minaccia a chiunque potesse avere un’idea del genere.
 Sherlock clicca sul link e appare una foto di un giornale di qualche mese prima. Si vede il corpo di Moriarty e il sangue che cola dalla sua testa.
 - Volevo aggiungere una didascalia “Ho solo parlato con lui e ha deciso di suicidarsi”, ma l’avrebbero capita in pochi.
 Quattro giorni prima, alla conferenza stampa, John ha ascoltato per la prima l’audio dell’ultimo incontro tra Sherlock e Moriarty. Da allora non fa che risentirsi nelle orecchie quelle frasi. Ma è la prima volta che ci ripensa con un sorriso, che subito reprime.
 - In effetti è andata così.
 John sposta il cursore e legge anche il resto del post. Strabuzza gli occhi.
 - Ti rendi conto che tutto questo verrà dato in pasto alla stampa?
 - Perché credi l’abbia scritto? Domani uscirà un’intervista a quella Beth. “Voleva legarmi, bendarmi e farmi violentare da degli sconosciuti”. Ci deve pur essere scritto da qualche parte che questi erano solo i suoi desideri, che io mi sono limitato a dedurre e con i quali non volevo avere nulla a che fare.
 - Dio mio, ci sono già cinquanta commenti...
 - Bene.
 - E... Davvero ti sei fatto beccare nudo con un tuo professore da Mycroft?
 - Si.
 John non vuole, ma non può fare a meno di immaginarsi la scena. Lo sguardo inviperito di Sherlock, l’assoluto imbarazzo del professore - al quale va la sua solidarietà, nonostante la riprovazione per la scarsa professionalità - e Mycroft...
 Non resiste, scoppia a ridere.
 Dopo un secondo, Sherlock si unisce alla risata.
 E il mondo - che ruoti intorno al sole, alla luna o a una cometa, che importa? - riprende a muoversi nella direzione giusta. Non ancora perfetta - quella, dopo tutto, non è la casa di Baker Street. Ma è un inizio.

   
 
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