Lo guardi
“Quando il mio mondo cade in pezzi,
quando non ci sono luci che possano spezzare il buio,
ecco che ti guardo.”
Ti sembra di sentire una melodia nell’aria nel momento in cui gli occhi
ruotano fino ad incontrare quei capelli stirati sulla fronte, quel profilo dal
mento sporgente, quell’occhio piccolo e dalle ciglia ipnotiche, quel sorriso
che devi per forza sorridere anche tu perché è così che è andata, la tua vita
ti ha condotto a lui, il tuo mondo sembra essersi personificato in lui.
Tenti di non sbattere le palpebre neanche per inumidire gli occhi, perché non vuoi
perderti un istante, il minimo movimento di sopracciglia, di zigomi, di labbra,
di occhi.
E non importa se ci hai appena litigato, in ogni caso lo guardi e vedi la luce. Lo guardi e vorresti portartelo via,
nasconderlo a tutto e a tutti, perché non esiste che così tanta gente sia
autorizzata a posare lo sguardo su di lui. E perché nessuno, nessuno al mondo
può guardarlo come lo guardi tu. Come una profonda e dolorosa ammirazione, che
diventa venerazione e ossessione, tanto che hai i suoi occhi durante il sonno,
la sua bocca che ti parla anche quando è serrata, la pelle che brucia di una
passione incontenibile anche quando è fredda di pioggia.
A volte vorresti cavarteli quegli occhi, perché sono sempre lì a cercarlo, non
lo trovano e si inumidiscono, intercettano un paio di bretelle, tornano
ridenti, si spostano sull’interlocutore e si spengono, ritornano su Louis e
scintillano.
Non importa quanti torti lui possa averti fatto, perché ci stai male, piangi le
tue lacrime, accusi male al petto, poi trovi la sua figura e fai scorrere gli
occhi sul suo sorriso impossibile e non ce la fai, senti di aver dimenticato
tutto, almeno in apparenza, e torni a ridere perché anche lui lo sta facendo,
in una sorta di riflesso incondizionato. Perché è così che fai: il mondo sembra
crollarti addosso, attorno a te non vedi altro che buio, vorresti solo cadere
in ginocchio e procedere a tentoni, o stare fermo, occhi serrati, a dirigere i
pensieri sul tuo dolore lancinante, ma è a quel punto che lo guardi. Perché sai
che la tua vita è costruita attorno a lui, che ti condiziona con ogni parola
pronunciata, ogni movimento della mano, ogni sussurro, ogni occhiata, ogni
cenno del capo. E tu ti senti impotente, dipendente, come la droga che sai che
è male, che ti farà stare male, ma che
continui a prendere perché con lei sei felice, con lei non temi nulla,
con lei combatteresti un drago, con lei la vita ti giura amore eterno.
Dipendente, ossessionato, con il cuore che straborda amore denso e infinito,
gli occhi pieni di lui, di azzurro, perché Louis ti sa di azzurro, del cielo
terso a primavera, del fondo pulito delle piscine, del mare nei pressi della
spiaggia dalle nove a mezzogiorno.
E ti dici che sei bravo a nasconderlo così bene, a nascondere questa tua
dedizione per Louis Tomlinson, a nascondere quanto
vorresti afferrargli la mano durante un concerto, quanto vorresti urlare di
gioia quando ti ricambia un sorriso, quanto vai lontano quando ti bacia, quanto
non senti di far parte di questo pianeta quando vi stringete contro le
lenzuola, ripetutamente, fino a ricevere negli occhi la luce accecante del
Nirvana.
Una musica dolce, violini e pianoforte, flauto traverso e arpa, le orecchie che
captano i suoni del cielo nel momento in cui si stringe a te e si adagia sul
tuo petto e ti chiede di accarezzarlo un po’, di prendergli la mano, di prendergliela
per favore, perché non vuole mettersi a piangere davanti a te, perché Louis Tomlinson non s’azzarda a versare lacrime, eppure ti parla
di piangere, e tu lo fai automaticamente al solo pensiero di vedergli le guance
bagnate di lacrime.
Così alla fine nel dolore ci siete entrambi, solo che tu lo guardi e sei
sereno. Come il cielo che ritrovi nei suoi occhi, quell’azzurro che forse è per
quello che ti ricorda lui, quello del cielo terso e delle piscine e del mare a
mezzogiorno. E non sai se lui è sereno guardando i tuoi di occhi. Ma da come
torna a sorridere ti dici che un po’ lo è, e si aggancia alla tua bocca per
comunicarti che non sei solo, che sta lottando quanto te, solo che tu lo guardi
e sei tranquillo. Lo guardi, e pensi possa essere un sogno, pensi che tra un po’
ti scivola via dalle mani, o si tramuta in un mucchio di polvere, o
semplicemente finisci a stringere il niente. E allora intensifichi l’abbraccio
per non lasciare andare la cosa più bella che hai, e lui ti chiede di
stringergli la mano per favore, ti prego non lasciarmi solo eh, mai, hai
capito? guai a te, e per favore, stringimi ancora un
po’ la mano, e facciamo l’amore un’altra volta, che è già l’alba.
E tutti e due odiate l’alba. Forse tu un po’ di più, perché è proprio all’alba
di un giorno come gli altri che Louis non ti prega più di stringergli la mano,
e tu vai per afferrargliela, ma lui la lascia scivolare via, e ti dà le spalle,
e stringe la guancia scura contro il cuscino, e la linea sinuosa della sua
schiena non ti è mai sembrata tanto tesa. Senti il mondo pronto a crollare, già
il buio rapirti gli occhi, e allora cerchi il suo sguardo, ma lui non c’è, non
ti vuole vedere, stringe gli occhi, non ne vuole sapere, una, due parolacce,
non ne può più, quasi sta male più di te, e stai male anche tu perché non gli hai impedito di
stare male, e domandi, fai domande perché hai gli occhi che bruciano come l’inferno
e vorrebbero uno squarcio di paradiso che non vuole arrivare, non vuole venire
a riempirti i sensi.
Poi lo dice, ed è come recidere il filo della vita, come abbandonare le
provviste e morire di fame, come rinunciare all’acqua e morire di sete, come
ricevere un pugno allo stomaco, no, una coltellata al petto: “Non ti amo più!”,
esclamato, quasi urlato, la porta che sbatte e i singhiozzi.
Non hai resistito una notte: l’hai passata a piangere fino a raschiarti la gola
e a comprometterti la voce, a chiederti cosa può averlo ferito, a domandarti
cosa c’è di sbagliato in te, a mangiarti le mani, a strapparti i capelli, a
graffiarti la faccia, a morderti a sangue le labbra, e a sentire il cuore che
non regge più, per poi vedere Paul spalancare la porta proprio nel momento in
cui cadi a terra, vinto dal dolore lancinante al petto che t’acceca gli occhi e
poi te li spegne, in secondi, se non istanti.
“Era reale, era giusto, ma bruciava in modo troppo intenso per
sopravvivere.”
Nel coma che dura un anno e otto mesi, Harry rivive
la storia con Louis fino al punto di rottura, e in effetti gli sembra tutto
così luminoso e perfetto che decide di continuare a vivere in quella realtà e
di morire nell’altra. E ricominciare dall’inizio quella loro storia, quella
reale, giusta e che sopravvive nonostante la fiamma troppo intensa che
sprigiona. E quel “Non ti amo più”
muore con lui dopo averlo ucciso.
“Nessuno ha detto che fosse semplice,
nessuno ha mai detto che sarebbe stato così difficile,
sto tornando all’inizio.”
§
Allora, la prima frase in corsivo
proviene dalla canzone “When
I look at you” di Miley
Cyrus: “When my
world is falling apart, when there’s no light to break up the dark, that’s when
I look at you”, la seconda
da “Bottom of the ocean” sempre
della Cyrus: “It was real, it was right, but it
burned too hot to survive”, e l’ultima da “The scientist” dei Coldplay: “Nobody
said it was easy, no one ever said it would be so hard, I’m going back to the
start”.
Mirokia