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Autore: Selene Silver    01/07/2012    4 recensioni
(post-Avengers) Era passato quasi un mese. Lui si era chiuso nella sua officina informandosi e valutando i pro ed i contro. Aveva chiuso le porte. Aveva ascoltato musica a tutto volume per soffocare i propri pensieri quando si facevano troppo invadenti. Aveva rifiutato le visite e le cerimonie. Tony stava diventando bravo ad imparare dai propri errori, e aveva deciso che provare a distruggere tutto come aveva fatto l'ultima volta che stava morendo non era una buona idea. Sarebbe stato troppo facile capire cosa stava succedendo. Così, invece, era tutto molto strano e cupo, come uno di quei film tratti dai racconti dell'orrore di Poe che guardava quand'era ragazzo. Gli piaceva di più così. Improvvisamente la luce troppo diretta del sole gli faceva male agli occhi.
Genere: Angst, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai, Slash | Personaggi: Pepper Potts, Steve Rogers/Captain America, Tony Stark/Iron Man, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Their tears are filing up their glasses
(NO EXPRESSIONS)

 

“Look right through me,, 

«Hai presente quelle scatole di biscotti assortiti, Tony? È praticamente impossibile che ti piacciano tutti. Quindi inizi col mangiare quelli buoni, poi quelli meno buoni ed infine quelli che non ti piacciono. La vita è un po' così, no?» Pepper sedeva davanti a lui con un libro sulle ginocchia e lo osservava con gli occhi azzurri pieni d'attenzione. Pepper non era capace di parlare di argomenti del genere senza quello sguardo serio e attento.
«Mmh…» Lui guardò fuori dal finestrino del jet e si domandò come le fosse venuto in mente quel discorso. Lui si stava solo lamentando perché lei gli aveva impedito di bere un po' di whisky.
«Solo che devi stare attento, perché se consumi subito tutti i bei momenti, che sono i biscotti buoni, poi ti rimangono solo quelli cattivi.»
«È un altro di quei discorsi sulla mia mancanza di equilibrio?» ribatté, la voce melliflua, non troppo pungente. Era un tono che lei conosceva così bene. La sentì sospirare e riaprire il suo libro come se avesse deciso di rinunciare.
Era il loro piccolo gioco; Tony la esasperava finché lei non lasciava perdere, per poi tornare ad attaccarlo da un altro lato. Come una goccia che cade sulla pietra. A lungo andare, l'erosione dell'acqua vinceva sulla roccia. Era una cosa che Tony riusciva a capire così bene. Era una cosa che aveva vissuto per tutta la vita.

“Wearing the face that she keeps in a jar by the door,,

Le scintille che schizzavano fuori dalla fiamma ossidrica quando colpiva il metallo arroventato gli cadevano sulla mano senza guanto. Aveva dimenticato il guanto. Per essere preciso, era troppo pigro per andare a raccoglierlo da terra dove l'aveva lanciato in preda alla frustrazione. Per essere ancora più preciso, non l'aveva raccolto come punizione per quella mancanza di sangue freddo. Tony odiava sentirsi emotivo e cedere alle proprie emozioni, odiava ricadere in errori che aveva già fatto, odiava sperare ed essere più attaccato alla speranza di quanto non potesse permettersi.
La sua mano si stava riempiendo di puntini rossi di scottature. Se non si fosse fermato avrebbe iniziato a fare male davvero. Ma non si fermava, perché, e questo già lo sapeva, il dolore era solo un altro modo per sentirsi vivi.
Make my stand
No man's land
On my down
Man in blue
It's up to y–
«Non mi piace quando interrompi la mia musica» disse in tono minaccioso, voltandosi verso il lavandino e lavandosi le mani per nascondere con la schiena la sua mano mezza ustionata.
«Problem child» constatò Pepper, senza prendere atto delle sue parole. «Cosa c'è che non va, Tony?»
«Cose che non potresti capire.» Chiuse il rubinetto e alzò il viso verso la parete e si ritrovò riflesso nel vetro della cornice della sua stampa di Iron Man. L'avrebbe tolta dopo, decise. 
Pepper non replicò. Lui si meravigliava sempre della sua capacità di repressione. Della rabbia, della preoccupazione. 
«Perché mi stai disturbando, ad ogni modo?»
«Il Direttore Fury chiede che tu ti presenti al quartier generale dello S.H.I.E.L.D. il prima possibile.»
«Mmmh.»
«Siccome sa come sei fatto, aggiunge anche che se non ti farai vivo entro due giorni, manderà Natasha a prenderti.»
«Di ritorno dalla sua luna di miele col Cupido?» ridacchiò.
«Era solo una missione.» Anche se le dava ancora le spalle sapeva che stava sorridendo e alzando gli occhi al cielo.
«Va bene. La ringrazio, Miss Potts.»
«Di niente, Mr Stark.» La sentì uscire con un ticchettare di tacchi. Non appena la porta si richiuse, lui schioccò le dita.
–ou
The seed is sown
What I want I stash
What I don't I smash
Quindi Fury voleva vederlo. Si passò una mano umida sulla fronte. Bruce doveva aver cantato. Se lo aspettava da un po' di tempo; era solo grato che non l'avesse detto a Pepper. Bruce era un uomo troppo onesto per tenere un segreto, ed ecco perché Tony non gliel'aveva detto, ed ecco perché Bruce l'aveva capito lo stesso.
And you're on my list
Dead or alive
Got a .45
And I never miss

“All that is gold is rusting,,

Bruce era stato il primo ad accorgersene. Era stato un commento casuale una sera. «Non stai dimagrendo un po' troppo, Stark?» A suo tempo, lui aveva ribattuto con un'altra punzecchiatura. «Sei tu che ingrassi, Banner.» Da qualche settimana, sentiva nelle ossa un senso di spossatezza che neanche il caffè voleva scacciare, e di tanto in tanto il petto gli faceva male. Essendo appena uscito da una serie di allenamenti sfiancanti con Happy, comunque, aveva dato poca importanza alla cosa.
Bruce era stato il primo a preoccuparsi ed il primo a imporgli delle analisi. Tony aveva iniziato a chiamarlo mamma chioccia, a dirgli che si preoccupava troppo, ma lui non aveva voluto sentire nulla. «Tony, è importante che tu stia bene. Non puoi continuare a maltrattarti così» e poi una seria ramanzina su tutte le notti insonni passate in officina e il consumo di whisky che comunque era ai livelli più bassi della sua vita.
Quanto Bruce era andato a trovarlo col risultato delle analisi, spostando il peso da un piede all'altro e stringendo spasmodicamente la cartelletta piena di fogli fra le dita, Tony aveva capito che qualcosa stava per andare male, molto male, e che stavolta non sarebbero stati solo lui e Jarvis a saperlo. Gli si era seccata improvvisamente la bocca. La cosa di cui sarebbe stato per sempre grato a Bruce, comunque, fu che non gli disse "mi dispiace". Ridendo in modo triste e disfatto, Banner sussurrò; «Te l'avevo detto che avresti dovuto trattarti meglio, Stark.»
Neanche una settimana dopo aveva lasciato Pepper . Aveva pensato fosse più sicuro così. Più facile, se non altro, perché sapeva che se avesse avuto qualcosa a cui aggrapparsi l'avrebbe fatto con troppa forza, fino a sbriciolarlo. Pepper era troppo fragile, così aveva lasciato perdere. L'aveva lasciata andare. Tony non era bravo a fare cose del genere, e aveva paura di averla ferita molto più di quanto lei non avesse lasciato capire; eppure Pepper era rimasta, e sembrava che quella loro "parentesi romantica" non fosse mai avvenuta. A volte aveva voglia di chiederle se l'avesse volontariamente rimossa. Se ci fosse un modo per farlo.
Quindi, lentamente, aveva iniziato a lasciare andare tutti. Erano tutti troppo fragili per sobbarcarsi "l'ennesimo dramma made in Stark", come l'aveva soprannominato fra sé e sé – si era interrogato pure su che razza di persona fosse, per dare un nome del genere a qualcosa di mortale. L'ennesima prova che era davvero stanco di se stesso. Si era fatto promettere da Bruce che non l'avrebbe detto a nessuno, che avrebbe tirato fuori lui la cosa quando fosse stato pronto – «E comunque non è mica qualcosa d'importanza mondiale, no?»
Era passato quasi un mese. Lui si era chiuso nella sua officina informandosi e valutando i pro ed i contro. Aveva chiuso le porte. Aveva ascoltato musica a tutto volume per soffocare i propri pensieri quando si facevano troppo invadenti. Aveva rifiutato le visite e le cerimonie. Tony stava diventando bravo ad imparare dai propri errori, e aveva deciso che provare a distruggere tutto come aveva fatto l'ultima volta che stava morendo non era una buona idea. Sarebbe stato troppo facile capire cosa stava succedendo. Così, invece, era tutto molto strano e cupo, come uno di quei film tratti dai racconti dell'orrore di Poe che guardava quand'era ragazzo. Gli piaceva di più così. Improvvisamente la luce troppo diretta del sole gli faceva male agli occhi.

“We could steal time just for one day,,

Ovviamente non fece neanche un passo per andare allo S.H.I.E.L.D. Aspettare Natasha era una scelta pericolosa, ma meglio che andare di sua spontanea volontà. In fondo, chi aveva voglia di trovarsi circondato da tutte le persone che conosceva – che tenevano a lui, in qualche modo – che gli facevano la ramanzina per non averli informati che stava per morie? Ci era già passato, e quella volta erano state solo due persone a fargliela, troppo sollevate che fosse sopravvissuto per essere davvero arrabbiate. Immaginare cosa sarebbe stato adesso lo lasciava senza fiato. Lo lasciava con la voglia di nascondersi e scappare e ritornare bambino e lasciarsi accogliere dalle braccia di sua madre.

“Your boldness stands alone among the wreck,,

«Mi sento come se fossi stato appena stato rapito dagli alieni. Un po' di musica? Non si può avere?»
Natasha lo guardò con la coda dell'occhio, in quel suo modo raggelante a cui ormai si era abituato. Incrociò le braccia e sbuffò. «Posso sapere che orari ha Fury? Voglio dire, per farmi venire a prendere alle sei del mattino…»
«Magari l'ha fatto solo per darti fastidio.»
«Ohh, sarcasmo, mi hai proprio bruciato.» Gli occhi di Natasha indugiarono sulla sua mano arrossata e lui la nascose nella piega del gomito. Indossava ancora la t-shirt con cui lavorava nell'officina. Almeno i vetri oscurati della limousine non lasciavano penetrare il sole. Rimasero in silenzio senza guardarsi. Chissà se lei sapeva.
«Se vuoi puoi andare.» Natasha parlò così improvvisamente che Tony quasi sobbalzò. Si voltò a guardarla con un sopracciglio inarcato. Lei teneva gli occhi fissi sul finestrino e le braccia incrociate. «Se vuoi. Capirei.» Prese un respiro profondo e finalmente incontrò il suo sguardo. «Non credo sia giusto costringerti a parlarne… anche se è per il tuo bene. Quindi puoi fare ciò che vuoi.»
«Wow, la luna di miele con l'uccellino ti ha proprio ammorbidita» sogghignò lui. Lei non ribatté ma continuò a fissarlo, gli occhi a malapena più freddi – forse perché non voleva ammettere che era vero. La sua mancanza di reazioni fece sentire Tony stanco. Se c'era una reazione poteva continuare a comportarsi come un idiota, ma in mancanza d'impulsi si sentiva crollare. «Chi te l'ha detto?»
«Bruce. L'ha detto a tutti.»
Lui strinse i pugni.
«Non è colpa sua. L'ho costretto.»
Gli sfuggì una risatina. «Strega.» Teneva ancora le dita serrate. Non voleva fare la domanda che aveva in mente perché si sarebbe scoperto troppo, e non ci si scopre con una spia per quanto lei sia apparentemente dalla tua parte. Comunque, se prima aveva davvero ponderato l'idea di squagliarsela, adesso non poteva più. Doveva vedere le loro reazioni. La sua. «Grazie, Tash» sorrise vagamente sapendo di averla colta di sorpresa. «È stato un bel gesto, ma non posso accettare.»
Lei annuì e rimase in silenzio senza offrirgli neanche un sorriso. Il che lo fece sentire meglio, perché se avesse tirato fuori altra gentilezza si sarebbe probabilmente scatenata l'apocalisse.

“Who wants to live forever?,,

Iniziò a sudare quando entrò nella sala conferenze e li vide tutti seduti lì con le espressioni serie serie e quella di Bruce venata di senso di colpa. Ma lo stomaco gli si strinse solo quando vide le sue spalle contratte sotto il tessuto della camicia bianca. Distolse in fretta lo sguardo prima che lui se ne accorgesse. «Be', questo che è un party deprimente. Se mi aveste dato il tempo di organizzarlo… Mi stupisce che non abbiate invitato anche il dio Belli Capelli.»
Natasha, alla sua destra, lo sorpassò e si andò a sedere fra Fury e Clint. Tony lasciò cadere il suo sorriso e fissò il capo dello S.H.I.E.L.D. dritto in faccia. Si chiese se magari l'offerta di Natasha non fosse venuta direttamente da lui, ma decise di non chiedere, perché preferiva mantenere alcune illusioni, finché lo facevano sentire meglio. D'altro canto, fissare Fury invece che chiunque altro nella stanza perché era l'unica persona di cui gl'importasse il parere era anche quella un'illusione. «Nessun rancore, Bruce» aggiunse sottovoce. Avanzò e si sedette al posto rimasto libero. «Potremmo andare direttamente al punto, per favore? Non vorrei che Pepper s'inquietasse non trovandomi a casa.»
«Pepper lo sa» disse Fury.
Lui raggelò.
«Della riunione» si affrettò ad aggiungere Clint. «Abbiamo pensato che fosse meglio così.»
«Non tutti» replicò una voce soffocata. Tony non si voltò, ma dentro di sé tentò di analizzare quella voce; sembrava così stanco e arrabbiato e… perché doveva essere così difficile guardarlo e chiederglielo direttamente? Ma non l'avrebbe fatto, lo sapeva. C'era di mezzo l'orgoglio e anche una sorta d'istinto d'auto-conservazione, che non riusciva a capire.
«Grazie» disse Tony, rapidamente. «E allora?» Si accorse solo allora che davanti a Fury sul tavolo c'era una copia della cartelletta delle sue analisi. «Sono fuori?» Una domanda così diretta e sincera gli costò una certa dose di fatica, ma fece in modo che nessuno di loro se ne accorgessero. Unì la punta delle dita e attese.
«Mi dispiace per te, Stark, ma no. Sei solo sospeso per un po'. Devi curarti.»
«È un angiosarcoma, Direttore Fury, probabilmente uno dei tumori con meno possibilità di guarigione, soprattutto per un uomo adulto. Potrebbe già essere in stadio troppo avanzato per essere rimosso chirurgicamente. E se anche non mi uccidesse, dovrei sottopormi alla chemio e prendere medicine per il resto della mia vita, il che mi renderebbe inservibile al vostro progetto dal punto di vista fisico, per non parlare degli effetti che il tumore avrebbe sulla mia psiche e che mi renderebbero totalmente instabile per quanto riguarda il punto di vista mentale.» Riuscì a pronunciare tutto ciò senza praticamente riprendere fiato, con una freddezza notevole. «L'ultima volta che una cosa del genere è successa sono andato avanti in una finzione, ma questa volta non mi è possibile. Questo non è un problema che posso risolvere. Quindi, vede, siccome non sarò più funzionale alle attività dello S.H.I.E.L.D. preferirei che mi lasciaste andare senza ulteriori pagliacciate come questa.» Si alzò in piedi con i palmi premuti sulla superficie di vetro del tavolo. Li guardò in viso uno per uno, Fury duro, Natasha impenetrabile, Bruce pietrificato, Clint con una smorfia e… lui no, lui non l'avrebbe guardato. «James Rhodes prenderà il mio posto come Iron Man e, se vorrete, avrete sempre un contributo finanziario da parte delle Stark Industries. Ho semplicemente bisogno del vostro congedo.»
Mentre ancora stava parlando, sentì le gambe di una sedia sfregare contro il pavimento ed una mano si chiuse sul bavero della sua maglietta. Gli fu impossibile adesso non incontrare il suo sguardo. Gli occhi di Steve se li era immaginati impotenti come i suoi, ma invece erano solo arrabbiati. «Smettila, Stark. Smettila con questa… sceneggiata.»
«Sceneggiata, Rogers? Siete voi che mi avete fatto venire qui come in una brutta versione di This is your life» sogghignò. «Ah, già, tu non puoi capire cosa sto dicendo.»
Steve lo scosse. «Non fare questo giochetto con me. Smettila di fingere che non te ne importi, è la tua vita. Sei un uomo ricco, puoi curarti, non…» s'interruppe prendendo un profondo respiro e lo lasciò andare, respingendolo
Tony fece una smorfia e si portò una mano al petto. «Non sono affari tuoi ciò che mi succede, Capitano. Mi dispiace che non potrò più darvi il mio contributo. Direttore Fury… prendo il suo silenzio come un sì alla mia richiesta.» Fece una specie di beffardo saluto militare e voltò sui tacchi.
Nick Fury sospirò. «Stark…» Ma lui sbatté la porta sulle sue parole e corse fuori nel corridoio.

“Living reflection of a dream,,

Tony era stato cresciuto con le storie di Capitan America. Suo padre gliele raccontava a tarda sera, quando lui lo andava a trovare nell'officina e fingeva di non riuscire a dormire. Avrebbe potuto dire tante cose di suo padre, tante cose negative, ma col senno di poi aveva deciso che, benché quelle storie servissero più a richiamare il suo passato che non a creare un rapporto fra loro due, poteva perdonarlo. Poteva capire, se non altro.
Tony, quindi, sapeva che la madre di Steve era morta di polmonite quando lui era solo un ragazzino. Sapeva anche che, una volta che avesse saputo della sua malattia, non avrebbe potuto fare a meno di pensare a sua madre. Ma non avrebbe immaginato che la sua reazione sarebbe stata quella. Aveva pensato che si sarebbe amareggiato, pensando che sua madre non aveva potuto ricevere delle cure, mentre lui sarebbe guarito perché ricco. Era un modo meschino di pensare ad un uomo generoso come Steve, ma, per l'appunto, uomo.
Il loro rapporto non era diventato più facile col passare del tempo. Avevano imparato a collaborare in battaglia con efficienza e nella vita con diplomazia – per dirla con le parole di Clint, avevano smesso di tirarsi i capelli. Ma non erano mai andati oltre a quello, perché entrambi si ricordavano a vicenda troppo del loro passato. Tony si era detto che il loro unico anello di unione era Howard. Aveva un po' sperato che non fosse così, perché una parte di lui era ancora quel bambino che ammirava Capitan America e voleva diventare un eroe solo per imitarlo, e poi… e poi aveva scoperto che Steve era una persona e non un eroe, e tutto era un po' crollato e aveva perso splendore, era diventato più vero, e Tony aveva capito che era inutile fingere di essere un miliardario genio playboy filantropo perché era anche quella era un'armatura e Steve non si lasciava ingannare dalle armature.
Una volta Pepper gli aveva detto che riusciamo a creare rapporti d'amicizia con le persone che ci sono più somiglianti – e gli aveva fatto l'esempio di lui e Bruce – ma che i rapporti più profondi e complicati si formano in realtà con coloro che non ci somigliano per niente. «Prendi tu e il Capitano, per esempio. State sempre lì a guardarvi in cagnesco, ma io penso sia semplicemente perché ti ricorda un po' troppo ciò che tu non sei. È un sentimento quasi simile all'amore, sai.» A quel punto lui si era messo a ridere e aveva cambiato discorso chiedendole se anche fra loro due era la stessa cosa.
Quando aveva finalmente metabolizzato il fatto di star morendo, e morendo davvero – perché dal punto di vista clinico lui era sempre sul punto di morire con quelle schegge conficcate nel cuore e ormai era una cosa a cui si era abituato – aveva pensato a tutte le persone che in qualche modo tenevano a lui, dicendosi che non avrebbero dovuto sapere niente. Quello che aveva creato attorno a sé era un equilibrio troppo fragile per poterlo metterlo subito a contatto con la morte. Si era detto così, pensando che Pepper sarebbe crollata, che nessuno avrebbe saputo cosa fare. Ma da qualche parte nel suo cervello aveva continuato a pensare, senza un apparente motivo, senza alcun diritto, anche, che Steve sarebbe stato abbastanza forte da poter sopportare il fatto che un giorno più prossimo che mai lui  avrebbe potuto non esistere più.

“Everybody cracks and bleeds,,

«Pronto?» Di solito era Jarvis a rispondere alle telefonate nel cuore della notte, ma quella sera Tony aveva spento tutti i marchingegni elettrici della Stark Tower e si era seduto con la testa fra le mani nell'officina. Non sapeva se fosse per riflettere o stare completamente solo.
Ma poi il suo cellulare aveva squillato.
Sentì qualcuno schiarirsi nervosamente la gola dall'altro capo di una linea scricchiolante. «Stark, sono… io.»
Lui si mise a ridere. «Rogers? Oh mio Dio, sei capace di usare il telefono?»
«Non è divertente, io… mi sono fatto dare il tuo numero da Natasha e ti sto chiamando da una cabina per strada.»
«È successo qualcosa? Non vedo perché lo dovresti dire a me, comunque…»
«Riguarda… stamattina. Avrei voluto venire alla Stark Tower ma avevo paura di disturbarti.»
«Per favore, Steve…» Era raro che lo chiamasse per nome. «Smettila di comportarti come un gentiluomo degli anni Quaranta.»
«Ma è quello che sono, Tony.» Poteva quasi sentirlo sorridere. «Volevo solo chiederti scusa.» Adesso parlava velocemente, un po' come quando lui aveva fatto quel discorso sull'angiosarcoma a Fury, ma aveva un tono quasi dolce. Tony chiuse gli occhi e lo immaginò farsi – inutilmente – piccolo nella cabina telefonica, nella sua giacca di pelle, che alzava lo sguardo e attraverso il vetro cercava le luci intermittenti della Stark Tower. «Non penso fosse il modo giusto di pormi nei tuoi confronti in una situazione del genere, è solo che…» sospirò. «Non è giusto che tu non ci dica niente e che finga che non te ne importi nulla. Siamo più forti di quanto non credi, possiamo supportarti. Tony… non puoi farcela da solo.»
«Lo so.» Era troppo stanco per mentire e poi lui non era lì per vederlo. «Non devi scusarti.»
«Per me sarebbe molto più facile poterti dire tutto questo di persona, sai.»
«Per me invece è meglio così. Differenza generazionale, penso» rise piano. Rimasero un po' in silenzio, senza sapere che dire. «Cap, grazie.»
Poté sentire il suo sconcerto anche attraverso la linea telefonica. «Di niente.»
«Adesso fa… fa un po' meno paura quello che succederà dopo.» Tony si morse le labbra. «Devo andare, ora. Farei meglio a dormire.»
Steve non commentò, forse capendo che era più imbarazzo che onestà a parlare. «Va bene. Buonanotte.»

“She kisses me windy and I never worry
Now that is a lie,,

Aveva esordito con «Adesso, non agitarti e sta' calma» e aveva proseguito raccontandole dell'angiosarcoma. Pepper non si era scomposta. Si era messa una mano sulla bocca e aveva ascoltato tutto con gli occhi sgranati. Quando lui aveva finito, però, gli aveva rivolto uno sguardo che era certo avesse imparato da Natasha. «Sapevo che c'era qualcosa che non andava. Perché devi sempre tenertelo per te, Tony? Pensavo avessi imparato dai tuoi errori.»
«Be', almeno stavolta non ho fatto la pipì nell'armatura» le sorrise debolmente, sorpreso da quella reazione così pacata.
Lei stringeva la tazzina di caffè che le aveva preparato fra le mani e la sua espressione era quella seria di quando doveva affrontare un problema con l'azienda. «La prima cosa da fare, ovviamente, è scegliere la cura più efficace.»
«Se ce n'è una.»
Lei lo fulminò. «Non iniziare. Sei la persona più testarda di questo mondo e ti arrendi appena c'è in ballo la tua vita. Che razza di uomo sei, Anthony Stark?»
Lui scosse la testa, e Pepper proseguì. «Ti fisserò una serie di visite mediche. È quello di cui hai bisogno al momento.» Si alzò, già con la mente altrove, su quali dottori contattare, come dividere i suoi impegni per essere presente alle visite.
«Pepper…»
«Non osare lamentarti–»
«Virginia.» Lei si voltò con aria sorpresa. Tony si fissava le mani. «Mi dispiace se ti ho ferita, ho solo fatto quello che pensavo fosse più–»
«L'avevo capito» gli sorrise. «Non c'è bisogno che ti sforzi così tanto di parlarne, mi fai pena.»
«Grazie. E, Pepper…»
«Sì?»
«Posso chiederti un favore?»
«Sfortunatamente, mi pare che farti favori sia il mio lavoro.»
«Di' al Capitano che la prossima volta che ha voglia di parlarmi può anche venire qui, invece di cercare di usare un telefono.»

“Closing both eyes now the head filled with light,,

Neanche una settimana dopo se li trovò tutti in casa, seduti come fossero perfettamente a loro agio nel suo salotto. «Questa io la chiamo effrazione» sospirò, fulminandoli con lo sguardo. «Chi vi ha fatti entrare?»
«Pepper, mentre eri di sopra col dottore» replicò Clint, cambiando canale e fermandosi su una partita di football. Steve stava seduto accanto a lui sul divano con Pepper e Natasha da un lato che discutevano di un libro e Bruce seduto a gambe incrociate sul tappeto ad ascoltarle. «Quindi non è effrazione.»
«Dovevo immaginarlo. È una congiura.»
«Neanche. Siamo semplicemente venuti a controllare se stai bene.»
«Sì, sì.» Si sedette sulla poltrona resistendo alla tentazione di raggomitolarsi. «Dovrei iniziare la chemio fra una settimana. Dovrebbe servire a ridurre il tumore per rendere possibile toglierlo chirurgicamente, ma…» si passò una mano fra i capelli e decise di non andare avanti. Non ce n'era decisamente bisogno. Natasha e Clint non lo guardavano, tenevano lo sguardo fisso – troppo fisso – lei sul libro e lui sulla tv, e Pepper, che lo sapeva già, sembrava non volesse prestare attenzione; l'unico che lo guardava era Steve. Dritto in faccia. Immobile. 
«Non è sicuro che funzioni» concluse Bruce, guardando forse il bagliore dell'arc reactor sul suo petto.
«Già.» Tony si alzò. «Sentite, se volete rimanere fate pure, ma io vado in officina.»
«Cosa?! Lavori?» Clint lo guardò con aria incredula.
«In qualche modo dovrò pur pensare a qualcos'altro, no, uccellino?» ridacchiò. «Tu e la tua rossa metà non approfittate della solitudine per fare smancerie, o non solo Jarvis vi sbatterà fuori per mio comando, ma soprattuto shocchereste il nostro Capitan Verginello.»
Corse giù per le scale col libro di Natasha che gli volava dietro. Una volta seduto davanti ai suoi schermi su cui danzavano immagini di progetti che non era sicuro sarebbe riuscito a finire, non poté trattenersi dal sorridere appena. Aveva cercato di non sperare troppo eppure quegli stupidi continuavano a farglielo fare.
«Ehi, Tony?» Si voltò vedendo Steve aprire la porta. «Pepper mi ha dato la password.»
«E tu hai imparato a digitarla. Ti stiamo crescendo bene.»
«Stark…»
Lui ridacchiò. «Che succede?»
«Bruce e Pepper parlano di te e Clint e Natasha…» si strinse nelle spalle, perché in effetti definire di cosa parlassero quei due non era sempre facile. «Su cosa stai lavorando?» Si sedette sullo sgabello su cui di solito prendeva posto Pepper e lo guardò in attesa di una risposta.
«Niente di che. Tento di mantenere la mia mente lontana dal fatto che presto perderò tutti i capelli. Terrificante
Le labbra di Steve si curvarono verso l'alto, appena appena. Tony allungò le dita e sparse proiezioni blu luminose del suo lavoro per tutto il seminterrato. Lo sguardo di meraviglia dell'altro, simile a quella di un bambino, non mancò di farlo sorridere. «Vediamo un po' se riesco a risolvere qualche problema che non comporti salvare la mia vita» disse, spingendo la sedia in mezzo alle proiezioni con un cigolio di rotelle.

“And there's someone in my head, but it's not me,,

A tre giorni dall'inizio della chemio, Tony stava seduto nella sua officina e aspettava che la nausea ed il dolore passassero per poter andare a letto. Fuori doveva essere già notte inoltrata, ma non riusciva a immaginarselo. Gli sembrava che il tempo si fosse fermato. Sentiva un sapore amaro in bocca. Forse era deja vu, forse stava semplicemente… marcendo dall'interno. L'idea gli fece venire da ridere. Sentiva una patina di sudore sulla fronte. Ricordava di aver salutato Pepper neanche dieci minuti prima, ma chissà quanto tempo era passato. Non sembrava importante. Le proiezioni luminose fluttuavano tutt'attorno a lui. Sembravano pezzi di ghiaccio sospesi nell'aria. Si deformavano e diventavano cose che non erano. Quella fusoliera del jet su cui stava lavorando aveva preso la forma della maschera della sua armatura.
«Questo decisamente non è normale» disse, con una voce pastosa ed alterata, e gli venne da ridere. Normale era una parola stranissima. Chissà cosa voleva dire. Stava perdendo il senso delle parole. Stava perdendo il senso di… ah… non se lo ricordava più. Rimaneva solo quel sapore amaro e una strana sensazione di vuoto. Rimase a fissare il nulla e poi le proiezioni di luce blu che mutavano a ogni sguardo finché non fu come se qualcuno avesse battuto d'improvviso le mani e lui fosse uscito dall'ipnosi. L'officina era buia e silenziosa. Le proiezioni non c'erano mai state.
Tony si alzò e lentamente, barcollando su per le scale, andò in camera da letto, sperando che ci fosse qualcuno dentro, e ovviamente trovandola vuota.

“His is the force that lies within,,

Adesso Steve passava senza più avvisare, e Tony aveva istruito Jarvis perché lo lasciasse passare. Steve arrivava dopo le sedute di chemio e gli parlava di cose senza importanza mentre Tony semplicemente appoggiava la guancia sul palmo della mano e lo ascoltava con gli occhi socchiusi dalla stanchezza. A volte finiva per addormentarglisi addosso. Steve arrivava portandosi dietro Bruce o Clint o Natasha o tutti e tre, e tutto diventava molto surreale come se non fossero un gruppo di supereroi e superspie in vacanza; oppure ancora Steve e Pepper parlavano di lui in sua presenza come se lui non ci fosse stato e loro fossero i suoi baby-sitters.
Steve arrivava mentre lui era seduto nell'officina e gli sembrava di vedere suo padre lavorare al suo tavolo e gli diceva che quella tecnologia non si usava così, che era vecchio e stava sbagliando tutto; arrivava mentre Tony guardava fisso le armature nelle teche e sudava freddo, terrorizzato all'idea che si muovessero. Steve allora lo aiutava ad alzarsi e lo portava a letto e rimaneva se lui glielo chiedeva con quel tono spaventato ed implorante ed alterato, con le parole che uscivano strane e sembravano messe a caso da un bambino che non ha ancora imparato bene a parlare. C'erano mattine in cui Tony si svegliava rannicchiato contro di lui sentendosi svuotato e calmo e pronto per qualunque cosa, e altre in cui si accorgeva che avrebbe voluto abbracciarlo e non osava.
C'erano mattine in cui Steve si svegliava e lo trovava intento ad osservarlo, e gli sorrideva, come se non fosse per niente strano trovarsi lì, e lo abbracciava senza che dovesse chiedere. C'erano mattine in cui Tony provava a parlarne ma parlare non era mai stato il suo forte neanche prima delle disfunzioni cognitive e la schizofrenia e tutta quella robaccia là, e Steve era abbastanza percettivo perché le sue frasi smozzicate bastassero a formare un discorso coerente. «L'unico lato positivo è che se non fosse successo neanche questo sarebbe successo. Uno dei tanti lati negativi è che potrebbe finire da un momento all'altro.»
Steve era con lui e Pepper quando il dottore decise che la chemio aveva fatto regredire il tumore abbastanza da permettere l'intervento, e Steve e Pepper sorridevano come se non avessero sento la parte in cui il medico aggiungeva che comunque il tumore avrebbe potuto riformarsi anche in breve tempo.
Steve era con lui la sera prima dell'intervento, dopo che Natasha, Clint, Bruce e Pepper erano andati vai e Tony era ancora rannicchiato nella sua poltrona con il cappuccio della felpa tirato sui capelli corti neanche un paio di centimetri. Steve si fermò davanti a lui e gli tirò giù il cappuccio con un sorriso. Tony alzò gli occhi per guardarlo, senza preoccuparsi di nascondere la paura, la trepidazione, il fatto che stesse ponderando i mille possibili modi in cui tutto sarebbe potuto andare male. Steve si chinò su di lui e gli baciò dolcemente la fronte e Tony alzò le braccia, avvolgendogliele attorno alle spalle. Rimasero per un po' così, senza dire niente, finché Steve alla fine non gli accarezzò la nuca e si staccò da lui, e tornarono ad essere due entità distinte invece che una sola.

“Take a journey to the bright midnight,,

Quella mattina, mentre con la limousine Tony e Pepper si dirigevano all'ospedale, lui si ricordò del discorso della scatola di biscotti che lei gli aveva fatto sul jet tempo prima. «È come se avessi mangiato tutti i biscotti che non mi piacevano in una volta sola» le sussurrò, «come una specie di punizione. Adesso dovrebbero rimasti solo quelli buoni, no?»
Lei gli sorrise con molta dolcezza e gli strinse un po' la mano fra le sue.



(Sono le 7.15 del mattino. Sto lavorando a questa cosa dalle 21.30 di ieri sera. Mi sento come se fossi sul punto di uccidere qualcuno)
Questa cosa è mostly ispirata da: Norwegian Wood di Murakami Haruki, che è un libro bellissimo. È da lì che ho preso il dialogo sulla scatola di biscotti (non proprio copiato pari pari, ma solo perché non avevo voglia di andare a cercare la pagina giusta). Il libro che Pepper stava leggendo sul jet è infatti questo. Poi da Alone on the water, la famosissima fanfiction che penso che chiunque nel fandom di Sherlock conosca. Poi, ancora, da questa fanfiction soprattuto per la parte in cui Tony pensa a suo padre. Un po' anche a Donnie Darko, che ho visto per la prima volta ieri e mi ha impressionata profondamente. Infine a tutte le canzoni di cui ho usato delle strofe per introdurre i paragrafi. Eccovi il mix.
E adesso, un po' di utili informazioni sull'angiosarcoma! *Selene ride istericamente come un evil lord venuto male. Non badatele, è la sleep depravation. Ignoratela anche mentre urla che per un personaggio che ama come Tony farlo passare per un cancro praticamente inguaribile è il minimo*
L'angiosarcoma è quindi un tumore maligno che attacca i tessuti molli, nel caso di Tony del fegato. È anche una malattia parecchio rara, quindi con poche probabilità di cura. Se viene identificata troppo tardi (nel caso del fegato può essere scambiata per cirrosi epatica) il tumore va in metastasi, cioè si espande. Se si inizia prima la terapia, comunque, il processo si può ridurre o fermare - nel caso di Tony infatti è così. Il modo più sicuro per rimuoverlo è la chirurgia, perché spesso coloro che passano nella chemio non sopravvivono più di sei mesi. In più, come tutti i tumori maligni, può causare anche effetti sulla psiche di chi n'è affetto, come dissociamento di personalità o schizofrenia, come nel caso di Tony. Ci sono due tipi di schizofrenia: quella di cui soffre il povero Stark è quella a sintomi positivi, che comporta idee fisse, deliri, allucinazioni e disturbo del pensiero.
Spero di avervi chiarito un po' le idee. Per quanto riguarda la fan fiction, sono a metà fra il pensare che non sia venuta male e che faccia schifo come al solito. Non sono sicura del carattere di Pepper (io amo pure tanto il Pepperoni, che frustrazione) e poi mancano dei personaggi, Rhodey perché se l'avessi inserito mi sarei distratta dalla relazioni Tony/Steve (quando c'è Rhodey Tony diventa una specie di amico gay, il che mi uccide ogni santa volta, quindi metterlo in una cosa così angst mi avrebbe fuorviato), e il dio Belli Capelli per mantenere una certa coerenza nel plot del film (Thor era sulla Terra a scadenza limitata, non credo potesse tornare indietro perché Tony stava male). E poi potreste anche criticarmi perché non ho scritto il finale, ma sono stanca morta, voglio solo dormire e scegliere se far vivere o morire Tony mi avrebbe devastata troppo (io lo amo tantotanto, Tony, e quindi vorrei farlo vivere, ma poi mi direi che è troppo ovvio e allora lo ammazzerei e poi mi verrebbero i sensi di colpa e - oooh, quesito amletico).
Scusate per la lunghezza di cui mi sono accorta solo ora, vi auguro non troppo feels e spero mi perdonerete per la mia... bah. Assurdità/poca bravura/per il fatto che ci ho voluto provare/in realtà non è Tony lo schizofrenico, sono io.
Adieu.
  
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