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Autore: Nocturnia    01/07/2012    3 recensioni
Avresti dovuto capirlo.
Avresti dovuto capire che Light non sarebbe più tornato dall'iride colpevole di Matsuda.

[Diciassettesima classificata al contest "Riscopriamo le edite" di Layla84 sul forum di EFP]
Genere: Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: L, Light/Raito, Misa Amane
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Violenza
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looooooooool
Disclaimer: Light Yagami, Misa Amane, Ryuuzaki e tutti gli altri personaggi appartengono a Tsugumi Ohba e a Takeshi Obatanonché al loro editore e a chi detiene i diritti sull'opera. Questa storia è stata scritta per puro diletto personale, pertanto non ha alcun fine lucrativo. Nessun copyright si ritiene leso. L’intreccio qui descritto rappresenta invece copyright dell’autrice (Nocturnia) e non ne è ammessa la citazione altrove, a meno che non sia autorizzata dalla stessa tramite permesso scritto.


 "L’uomo se non soffre a malapena esiste."

- Antonio Porchia -


Candele spente


È opinione comune che il dolore rafforzi, renda migliori.
Il dolore dovrebbe rendere rocche inespugnabili, strapparti una pelle inutile e vestirti con una lorica di tenacia e coraggio.
E' la bestia che hai sconfitto tante volte, un assalto a cui hai resistito, un nemico che hai guardato negli occhi, senza tremare.
Il dolore è il nerbo con cui vengono piegati i deboli e formati gli eroi.
Già... gli eroi: crine pallido e occhio vacuo, un cavallo bianco su cui correre incontro alla vittoria e la fortuna di essere nati tra fragili - patetici - esseri piagnucolanti.
Osservi apatica il caffè rovesciarsi sui fornelli, il nero di un'esistenza priva di colori e l'amaro di un amore mai vissuto appieno.
Se non fosse stato per il lento e regolare ondeggiare della tua gonna, saresti parsa quasi una statua di marmo e acciaio: una bambola di vetro.
Una bambola a cui avevano appena strappato il cuore.

Avresti dovuto capirlo.
Avresti dovuto capire che Light non sarebbe più tornato dall'iride colpevole di Matsuda.
Ti si era seduto davanti, piegando le labbra in un'orrenda cicatrice di scuse.
Attraverso quei cordoli, pietose espressioni del suo rammarico, ti aveva raccontato una storia audace e piena di luce.
Ti aveva spiegato di come Light - il tuo Light - se ne fosse andato da eroe, nella sua morte l'orribile pira funeraria che aveva ucciso Kira.
A pensarci adesso, ti pare quasi un paradosso spietato: Light Yagami aveva dovuto perire perché Kira potesse cessare d'esistere.
Quale ironia.
Quale terribile scherzo del destino.

Sei indecisa.
Frughi il tuo armadio alla ricerca di qualcosa che possa esser degno del momento.
Tra le mani - delicate - pezzi di stoffa e promesse infrante, l'assillo di un solo pensiero e un'ossessione che porta il suo nome.
Cadi in ginocchio, incapace di reagire, piegata.
Non hai più lacrime da versare, poiché la sofferenza pare averle ingoiate tutte, rendendole un pungolo liquido e sgradevole nei tuoi occhi.
Tra quelle ciglia, imprigionati, vi sono decine di aghi che si protendono per trafiggerti, sottili come fili di fumo e potenti come i chiodi di una croce a cui hai scelto di immolarti.
Ti passi le unghie sulle guance, lasciandovi solchi rossastri e desolati.
Puoi anche diventare un mostro: tanto, non c'è più nessuno per cui essere bella.
Neppure lui.

Non era mai stato un amante gentile.
Motteggiava il suo diritto d'essere padrone e conquistatore, schiacciandoti alla sua volontà.
Si impadroniva del tuo corpo solo quando lo portavi all'esasperazione, oppure quando comprendeva di essere ancora uomo e non dio.
Light Yagami era un morso ferino alla nuca e un calore improvviso al ventre, dita prepotenti e sguardo allucinato.
Dietro la maschera del cane fedele e premuroso dormiva un lupo selvatico e vorace, che tutto voleva, che tutto prendeva.
Ti artigliava i fianchi e saggiava la tua pelle, reclamando un piacere avido di parole e sentimenti.
Alla fine, ti ritrovavi sempre qualche livido di troppo e la consapevolezza d'essere pedone e non regina, ma a te andava bene così.
Nel vischioso di un amplesso brutale e ossessivo, bastava potessi rifletterti nei suoi occhi, dorati e asciutti come un deserto, per sentirti viva.
Autentica.

Lo specchio ti rimanda l'immagine vuota di una femmina sconfitta, prostrata.
Dondoli leggermente sulle scarpe troppo alte, troppo eleganti.
Fiaccamente, ti dirigi verso la porta del tuo appartamento, chiudendola così piano da non far rumore.
Sarà così anche morire? ti chiedi incerta Oppure sarà assordante, come il dolore che provo adesso?
Ci sono dimensioni che non hanno sapore, non hanno odore.
Sono solo rovinosi buchi neri, abissi famelici di bocche irte di denti e orbite cave, incubi cresciuti nell'amnio della nostra coscienza.
La disperazione è una di quelle.
Non possiede forma, ma riempie ogni tua cavità, ammazzandoti il respiro e coprendoti la vista con una cataratta lattiginosa.
Il passato diventa polvere e il presente un vago e angosciante momento su cui inciampare.
Del futuro, non sai più che fartene.

Quel giorno eri stata particolarmente molesta.
L'avevi assediato per tutta la giornata, cercando un sollievo alla tua frustrazione.
Neppure davanti ai colleghi aveva avuto la pietà - o il buonsenso - di lasciarlo stare, bramando una sua reazione: una qualsiasi.
E quando questa era arrivata, ti eri sentita assurdamente felice.

"Light, mi stai ascoltando?"
Non ti aveva risposto, dandoti le spalle e togliendosi la giacca del completo cannella.
"Light!"
"Cosa?" aveva ringhiato, stornando l'iride dal tavolo e piantandola nella tua "Cosa vuoi, Misa? Non vedi che sto lavorando?"
"Tu lavori sempre! Non è così che si comportano i bravi fidanzati."
La morsa in cui ti aveva imprigionato il mento era stata violenta e dolorosa.
"Sai un cosa, Misa?" ti aveva mormorato, piantando il pollice nella polpa morbida della gola "Sei la prima donna sulla quale alzerei le mani. Giuro. Sei così irritante, stupida, inopportuna."
Avevi digrignato i denti, avvicinandoti e poggiando le labbra sulle sue.
Light ti aveva replicato comprimendole e lasciandone stillare plasma rubino, tra i tuoi seni un nastro cremisi che sanciva la catena a cui ti eri appena arresa.
Non importava che ti facesse male, perché anche in un pugno vi era l'irreparabile scambio di pelle che tanto desideravi.
A te, piccola preda, bastava sentire ancora le sue mani.

Sotto di te, vi sono solo formiche.
Corrono e si affannano, alla ricerca di un qualcosa che nessuna vita potrà mai dargli.
D'altronde, la tua, di vita, ha appena smesso d'essere fertile.
Spazzi con lo sguardo l'orizzonte, un drappo morente e sanguigno.
Nelle geometrie impossibili e verticali di Tokyo ripercorri una storia in cui non ci sono più debiti da saldare, ammazzati dallo sguardo pallido di una ragazzino precoce e arrogante.
Trasparente.

Sei una femmina crudele, Misa.
Hai ucciso in suo nome, vergando innocenti e colpevoli con la stessa noncuranza del dio.
Hai afferrato un calamo fatto d'ossa e l'hai affondato così a fondo da non saper più come estrarlo.
Ignoravi gli occhi strani e accorati di Rem, il sorriso timido e incerto di Ryuuzaki.
Erano occhi di sangue e oro quelli per cui avevi combattuto.
Occhi che giudicavano, che condannavano.
Pareva inciso nell'avorio e nella bruma Light Yagami, ragazzo dai mille volti e perfetto come solo l'imperfezione sapeva essere.
Ti sfuggiva dalle dita protese e grondava la falsa retorica delle favole dalla bocca dischiusa.
"Ti amo, Misa."
Una bugia che aveva il tenue calore della speranza.

Per una frazione d'istanti, un pugno di momenti strappati, pensi a Matsuda.
Al suo sorriso buono, alla sua risata scanzonata, alla timida e malcelata attrazione che provava per te.
Mostri l'eburneo dei denti, nella fragile espressione di un sentimento mai ricambiato.
Matsuda sarebbe stato un porto sicuro, un bacio tiepido e dolce, la leggerezza della tua età e un futuro certo.
Come una lama, è il volto di Light a trapassarti la mente, spremendoti il cuore.
Sarebbe stato facile.
Sarebbe stato comodo amare un tenero cucciolo, invece di un lupo.
Ma eri una donna complicata Misa, portata a essere vittima e non compagna.
Amavi quel lupo, lasciandoti mordere e dominare, più fiera che uomo.
Alzi gli occhi al cielo scuro, punteggiato da piccole scintille fredde.
Muovi un passo in avanti, chiedendo perdono e morendo un poco.
Ti eri estinta molto prima d'oggi, Misa.
Dovevi solo capirlo.

Cadere è un po' come amare: una dissennata corsa contro il nulla.
Se è vero che un uomo ti possiede tra un groviglio di lenzuola stanche e saccheggiando i tuoi lombi, tu appartenevi a Light da troppo tempo per saper - voler - sopravvivere.
Avevi spostato il peso sull'altro piede, lasciandoti andare.
Qualcuno aveva gridato, altri si erano affannati sotto di te, nell'irrazionalità della paura.
È in un respiro prima dell'impatto che chiudi le palpebre, dietro di esse una storia già combusta e avvelenata.
Nelle orecchie, il rullio furioso di un cuore tradito, amareggiato.

Battiti di un cuore malato, prossimo alla fine.
Un cuore scarnificato, distrutto, nero come la tua anima.

Un cuore rotto, un cuore frantumato.

"Ti amo, Light..." sussurri nel vuoto accogliente, un sorriso che ha qualcosa di tragico e bellissimo sulle labbra insanguinate.

Addio, Light Yagami.

Sei morta esattamente come hai vissuto, Misa Amane: desiderando un uomo mai davvero posseduto e non cercando - volendo - alcuna salvezza.

Sotto i suoi baci, ruvidi ed esigenti, eri diventata solo un fantasma: l'ennesimo di questo evo senza né vinti né vincitori.

È stato il suo corpo a essere polverizzato da un bianco accecante e invidioso, talmente vitreo da essere un nulla disperante.

E lui, che era il rosso di un blasone roboante e sporco di una giustizia malata, si era piegato solo per diventare una voce immortale.

Stiri le labbra, tossendo un grumo di plasma e bile, occhi ciechi e una felicità delirante tra le membra contuse. 

In fondo, volevi solo essere amata. 
   
 
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