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Autore: Alexandra e Mac    01/07/2012    5 recensioni
La storia, quella con la “S” maiuscola, a volte riserva grandi sorprese. Fra le pieghe di un libro può capitare di trovare le cose più strane, o fra le sue righe captare qualcosa che non è detto esplicitamente ma che è volutamente lasciato intuire dall’autore o dall’autrice.
Sono specialmente le biografie del “grandi” quelle che riservano le maggiori meraviglie, e occorre un occhio attento per saper cogliere quello che, in superficie, non compare.
Questo racconto è nato così, cercando i messaggi nascosti che la Storia ha disseminato lungo il suo cammino e che alcuni più perspicaci hanno saputo cogliere e che hanno poi elaborato offrendoli al lettore.
Siamo certe che adesso anche voi cercherete fra il detto e il non detto di un volume quella zona grigia che vi spalancherà le porte di un altro mondo.
Genere: Romantico, Sentimentale, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altro Personaggio, Harmon 'Harm' Rabb, Sarah 'Mac' MacKenzie
Note: Lemon | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Scritto nel Destino'
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GdD - 2 - Un Diario

Capitolo XXX

Giochi del Destino



Mac era delusa per com’era terminato il diario del Conte. In tutta franchezza aveva sperato in un “e vissero felici e contenti” perciò c’era rimasta davvero male, quando, la sera prima, aveva scoperto che Lady Sarah aveva abbandonato Andrè.

Perché poi?” si stava domandando, mentre attendeva che il caffè si scaldasse. Qual era l’irrinunciabile missione di Milady? Non poteva credere che possedesse così tanta fermezza d’animo; qualunque donna, anche la più fredda e glaciale, aveva lo stesso un cuore.

Prese la tazza e si avviò lemme lemme, sprofondata in queste riflessioni, verso la sua stanza. Era arrivata molto presto quella mattina per sistemare la relazione che lei e Harm avrebbero dovuto presentare quel pomeriggio all’Ammiraglio e che conteneva le loro conclusioni sul caso Blackbird.

Da un lato sapere che il Conte D’Harmòn e Lady Sarah erano realmente esistiti la confortava, era bello avere appreso che le fiabe potevano diventare realtà, anche se quella fiaba in particolare non aveva avuto un lieto fine. Dopotutto sentiva di aver contratto un debito di riconoscenza con il bell’André, se non fosse stato per il suo diario non avrebbe mai fatto chiarezza nei suoi sentimenti verso Harm.

Si sedette alla scrivania, posò la tazza e diligentemente mise mano alla bozza di relazione che il collega le aveva lasciato sulla scrivania la sera prima.

Anche Harm c’era rimasto male per come era finita la storia fra Lady Sarah e il Conte, ma la sua non era delusione per una bella favola senza lieto fine, al contrario ce l’aveva col Conte per non essere stato in grado di tenersi stretta la donna che amava.

Perché tu cosa stai facendo?” chiese alla sua immagine riflessa, mentre si stava annodando la cravatta della divisa. Come al solito era in ritardo.

Stai permettendo che Webb torni a farsi strada nel cuore di Mac, quando sai perfettamente che la ami e che l’ultima cosa che vorresti è che tornasse con lui. Sarah vuole solo ciò che desiderano tutte le donne normali: un po’ d’attenzione e sentirsi dire ‘ti amo’.

Scosse la testa, non era tipo da cenette romantiche, rose, violini, anelli e dichiarazioni appassionate. Non lo era e non lo sarebbe mai stato, questo lo sapeva con granitica certezza, ma sapeva altresì con altrettanta granitica certezza che amava Sarah, che la voleva accanto a sé per i giorni e gli anni a venire e in più di un’occasione gliel’aveva dimostrato con i fatti. Purtroppo ogni volta o lui o lei avevano frainteso le parole o i gesti dell’altro e anziché avvicinarsi avevano finito con l’allontanarsi ancor di più.

Mac terminò di correggere la bozza di Harm e andò a portargliela, visto che l’aveva sentito arrivare nel frattempo, nonostante la porta chiusa.

“Ciao Marine” l’accolse, “ti stavo aspettando.”

Si stupì: “Per cosa?”

“Ieri sera, dopo che abbiamo terminato di leggere il diario te ne sei andata senza dire una parola.”

“Bè abbiamo chiacchierato per ore, mi hai fatto tornare a casa che erano quasi le due” celiò lei.

“Però non mi hai detto le tue impressioni sulla scelta di Lady Sarah.”

“Che vuoi che ti dica?” rispose sedendosi. “Ci sono rimasta male” confessò, “se fossero stati due personaggi di fantasia avrei alzato le spalle e mi sarei dedicata ad altro, come faccio quando termino un libro che mi ha particolarmente appassionata, ma loro sono realmente esistiti e questo cambia le cose. Avrei preferito…”

“Avresti preferito un happy end” completò lui per lei.

Mac sorrise ironica del proprio stato d’animo e si prese in giro da sola: “Che stupida vero?”

Harm la guardò intensamente: “Per me non sei stupida” le disse serio, “dopotutto è stata una lettura appassionante e il Conte è un ottimo narratore.”

“Soprattutto è stata una lettura illuminante, non trovi?” disse lei riprendendosi dalla momentanea debacle mentre uno strano brillio le accendeva gli occhi. Tuttavia non gli lasciò il tempo di replicare: “Ti ho portato la bozza corretta della relazione. Dimmi cosa ne pensi.” Si alzò, posò il fascicolo sulla scrivania e uscì dalla stanza.

Harm lo aprì e cominciò a leggere. Forse c’era una speranza, dopotutto.

Il tempo scorse veloce e l’ora di pranzo giunse in men che non si dica. Harm alzò lo sguardo dalle carte e si accorse che gli uffici erano semideserti. Senza accorgersene era rimasto immerso nel lavoro per buona parte della mattinata e non aveva più visto Mac. Ma ora ne sentiva la mancanza, e pertanto decise di pranzare con lei, così avrebbe goduto della sua compagnia e nel frattempo avrebbero potuto discutere di alcune cose prima di mettere definitivamente in bella la relazione sul caso Blackbird.

La riunione con l’Ammiraglio era fissata per le 16.00, quindi dovevano sbrigarsi.

La trovò con un piede sulla porta dell’ufficio.

“Pranziamo?” le chiese indicandole anche il fascicolo.

“Volentieri” gli rispose con un sorriso radioso prendendolo sottobraccio.

Dall’uscio della stanza di Coates, l’Ammiraglio aveva seguito la scena. Se mai avesse avuto dei dubbi ora erano definitivamente fugati. Non gli era mai capitato di vedere il Colonnello prendere sottobraccio il Comandante con un’aria da scolara in gita. Il reef di una vecchia canzone gli tornò alla mente “Love is in the air, everywhere you look around”. Soddisfatto si ritirò nello studio, non voleva rovinare l’atmosfera creatasi fra i due ufficiali facendo la parte del terzo incomodo, ancorché involontario. Avrebbe atteso che abbandonassero la palazzina e poi sarebbe uscito a pranzo a sua volta.

Harm e Mac si sedettero ad uno dei tavolini esterni di McMurphy’s. La primavera era solo all’inizio, ma l’aria si era fatta più tiepida, anche il sole era divenuto più caldo e all’ora di pranzo era piacevole stare all’aperto.

Presto indosserà la divisa bianca” pensò Mac apparentemente immersa nella lettura del menù, “e allora potrò bearmi dei suoi bicipiti… e di altro” terminò il pensiero maliziosamente. Ormai aveva intrapreso la strada dell’illuminazione perciò tanto valeva ammetterlo fino in fondo: Harm le piaceva da impazzire fisicamente, non si stancava mai di guardarlo e di immaginare il suo corpo sotto l’austerità della divisa o sotto i più comodi abiti borghesi. Era indubbio: era proprio un bell’uomo, il classico tipo che, quando lo incontri per strada, ti fermi e ti volti a guardarlo fino a quando non scompare alla tua vista invidiando a morte la fortunata donna che l’ha come compagno o come marito…

Spesso si era sorpresa a chiedersi come sarebbe stata una vita con lui, come sarebbe stato dividerne la quotidianità, se fosse un tipo che lasciava in giro i calzini sporchi o il tubetto del dentifricio aperto sul lavandino… l’arrivo del cameriere la distolse da questi pensieri. Ordinarono e, nell’attesa, discussero sulle modifiche apportate da ciascuno e su quelle, eventualmente, ancora da apportare. Ora che ebbero terminato il pranzo si erano accordati sulla versione definitiva da stendere.

“Non appena torniamo in ufficio la metto in bella” disse Mac. Poi, dopo una breve riflessione, aggiunse: “Perchè non lavoriamo in tandem? Tu detti e io scrivo così se dobbiamo apportare ancora delle variazioni possiamo discuterne direttamente senza fare la spola fra i due uffici.”

Harm era sinceramente stupito: “Sei sicura di volerlo fare?” chiese, memore delle volte precedenti quando avevano finito con l’accapigliarsi persino sulla disposizione delle virgole.

“Perché no? Sono disposta a correre il rischio” rispose lei terminando l’acqua tonica. Sapeva cosa stava pensando lui, ma non gliene importava nulla, lo voleva accanto a sé il più a lungo possibile.

Si alzarono e pagarono, dopodiché tornarono alla palazzina di mattoni rossi. Entrambi sentivano molto la presenza dell’altro accanto e nell’aria sembrava corresse una strana elettricità.

Mac prese Harm sottobraccio e, chiacchierando tranquilli del più e del meno, arrivarono a destinazione.

Durante il tragitto incontrarono i Roberts che stavano andando al Bethesda per il controllo mensile di Harriett, ormai in avanzato stato di gravidanza.

“La calma che precede la tempesta” osservò Bud. La moglie lo guardò con aria interrogativa.

“Di solito quando si comportano a questa maniera manca tanto così ad una delle loro epiche litigate” rispose alla muta domanda il Tenente Roberts.

Harriett salì in macchina scrollando la testa e sorridendo: “Conosci pochissimo i tuoi amici, caro” rispose, “se non hai notato lo sguardo del Colonnello e l’aria beata del Comandante.”

Bud si voltò e sgranò gli occhi: “Vuoi dire che...” Ma non terminò la frase. Neanche nei suoi sogni più arditi avrebbe mai osato sperare che quella storia decennale fosse alla fine giunta al termine.

“Non ancora, ma sono sulla buona strada.”

Mise in moto e partirono alla volta del Bethesda.

Nel frattempo Harm e Mac erano arrivati, si installarono nell’ufficio e cominciarono a lavorare.

Quando il personale del JAG, per lo meno chi li conosceva, li vide sparire nell’ufficio del Colonnello con la chiara intenzione di lavorare assieme pensarono quello che aveva pensato Bud poc’anzi: di lì a poco il Comandante sarebbe uscito sbattendo la porta e inveendo all’indirizzo del Colonnello che era meglio che i rapporti se li scrivesse da sola. Per cui tutti rimasero ancora più stupiti, quando non solo non udirono alcunché né videro Rabb abbandonare l’ufficio della collega, ma addirittura, più tardi, li videro dirigersi tranquilli e rilassati in direzione dello studio dell’Ammiraglio.

Ne uscirono un’ora dopo con una pila di fascicoli tra le braccia, entusiasti per l’inizio di un nuovo incarico ma al tempo stesso delusi per la fine di un’avventura tanto appassionante e avvincente.

Mentre Harm tornava nel suo ufficio all’improvviso, senza un perché, ricordò il bacio che Mac gli aveva dato ormai settimane addietro e le sensazioni che aveva provato in quegli istanti. Si rese conto che avrebbe voluto riprovarle, che avrebbe voluto impossessarsi delle sue labbra per assaporarle di nuovo. Desiderava sentirla abbandonarsi contro il proprio corpo, arresa alle sensazioni che sperava il suo bacio le avrebbe provocato.

Si sedette alla scrivania, per iniziare a studiare il nuovo caso, ma l’istinto prese il sopravvento: si alzò e uscì.

“Posso?” bussò alla porta di Mac.

“Prima fammi solo prendere un caffè. Sono molto stanca.”

“Te lo porto io” e sparì in direzione della kitchenette.

Mac si stupì e non poco per quell’insolito gesto di galanteria. In nove anni si poteva contare sulla punta delle dita di una mano quante volte Harm le aveva portato il caffè in ufficio. Non lo faceva per egoismo o perché mancasse di sensibilità, semplicemente era… era Harm e lei lo amava così, non l’avrebbe cambiato di una virgola. Battute al vetriolo comprese. Anzi, forse quello era il suo lato che la stimolava di più.

Arrivò dopo pochi minuti con una tazza di caffè fumante.

“Appena fatto” disse porgendogliela. “Italiano” puntualizzò. “Ti serviranno energie supplementari Colonnello, la giornata non è finita.”

“Cosa è successo di nuovo?” chiese sorseggiando con gusto la bevanda scura.

“Quello che sto per fare.”

Le si avvicinò e percepì un fremito in lei, mentre il suo sguardo s’incupiva e la sfumatura nocciola dei suoi occhi diventava quasi nera. Le tolse la tazza dalle mani e la posò sulla scrivania, sfiorandole il volto con una carezza invisibile. Le labbra di Mac parevano una calamita che l’attraevano sempre di più. L’attirò a sé e le mise una mano sulla nuca portando il suo capo verso di lui e posò le proprie labbra su quelle morbide di Sarah. La baciò a lungo e molto dolcemente, assaporandone la morbidezza e il profumo leggermente zuccherato. Era inebriante e paradisiaco.

Mac non credeva veramente che tutto quello stesse davvero accadendo, l’unico pensiero coerente che riusciva a formulare era che la porta dell’ufficio era semiaperta e che qualcuno li avrebbe potuti vedere. Alla fine rinunciò persino a quell’unico barlume di razionalità e si abbandonò completamente fra le braccia di Harm, rispondendo con ardore al suo bacio e stringendosi a lui.

Sembrava che il tempo si fosse fermato e che tutto intorno a loro fosse scomparso, lasciandoli soli a godere di quella magia…

All’improvviso lui la lasciò andare, ma non resistette alla tentazione: “Avevo voglia di assaggiarti nuovamente, Colonnello” le disse e uscì dall’ufficio.

 



***




Una lama di luce colpì gli occhi chiusi di André che subito si svegliò di soprassalto, con una sensazione di vuoto accanto a sé. Si levò a sedere e vide che la parte destra del letto era vuota.

“Sarah?” chiamò, pensando che fosse nelle vicinanze, ma nessuno rispose.

Sarà sul ponte di coperta.” Si alzò ed entrò nell’angusto bagno della cabina dell’Ammiraglio Blackbird, messa generosamente a loro disposizione dallo stesso, e si stupì di trovarvi le proprie cose, ma non quelle di lei. 

Un orribile sospetto gli s’insinuò nella mente, ma non ci volle credere. Si lavò e si vestì. Era certo che l’avrebbe trovata, con la lunga chioma sciolta e finalmente libera dalle forcine e dalle complicate acconciature di Corte, sulla tolda, abbigliata in tenuta maschile e immersa in una fitta conversazione con l’Ammiraglio Blackbird o con qualcuno dei suoi ufficiali.

Salì sul ponte e la brezza tesa e fredda dell’Atlantico lo accolse. Onde alte almeno tre metri si scontravano con il robusto scafo della “Medea”, che fendeva la superficie di piombo liquido del mare con sicurezza ed agilità. Intorno a lui ferveva l’attività dei marinai, mentre un giovane sottufficiale gridava loro gli ordini che a sua volta riceveva dal secondo in comando, in piedi sul cassero di poppa accanto all’Ammiraglio che era al timone del veliero.

Di Sarah non v’era traccia. Dove poteva essere?

Rise divertito per non averci pensato prima. Avrebbe dovuto ormai essere abituato al suo anticonformismo, ma ancora faticava a starle dietro.

La cambusa!” pensò e subito si tranquillizzò. Salì sul castelletto di poppa e raggiunse l’Ammiraglio Blackbird.

“Buongiorno Conte” lo salutò il lupo di mare.

“Buongiorno Ammiraglio. Un po’ agitato stamani il mare, vero?”

“Non più del normale, Conte. Questa non è la stagione più adatta per affrontare una traversata, ma data l’urgenza…” Gli rispose Blackbird lasciando il timone al suo secondo e scendendo con lui i tre gradini che dividevano il castelletto di poppa dal ponte vero e proprio. “Stamani sul far del mattino abbiamo incontrato del vento teso proveniente dall’Irlanda, la nave ha ballato un po’. Spero che questo non vi abbia disturbati.”

André lo guardò senza capire: “Non mi sono accorto di nulla. L’ultimo ricordo che ho è di ieri verso sera: ho bevuto un tè con Milady e poi sono crollato sul letto addormentato.”

Il sospetto di poco prima tornò più forte, ma anche questa volta D’Harmòn non volle dargli ascolto.

“A proposito di Milady” chiese, “l’avete vista? Al mio risveglio non l’ho trovata in cabina e ho pensato fosse salita sul ponte, ma non la vedo neanche qui.”

L’Ammiraglio Blackbird scosse il capo: “Desolato Conte. Sono sveglio da quando abbiamo lasciato il porto di Southampton e non ho visto nessuno.”

Il porto di Southampton?” pensò.

Si congedò rapidamente dall’Ammiraglio e scese di corsa in cabina. Entrò e cominciò a guardarsi attorno, cercando gli effetti personali di Sarah… non trovò nulla, ma vide il suo diario aperto sul tavolino dove ricordava d’averlo lasciato la sera precedente, sotto il libro che stava leggendo.

Si avvicinò, lo prese in mano e divorò con ansia le parole che vi trovò scritte.

Lei se n’era andata…

Lentamente risalì in coperta, si avvicinò al parapetto di poppa, sperando di scorgere ancora la costa inglese.

Perché Sarah?” si chiese, appoggiando le mani alla balaustra di legno finemente intarsiata con il cuore gonfio di dolore e tristezza.

Fissò l’orizzonte dove la scia della “Medea” si confondeva con il cielo plumbeo, mentre il vento freddo del Nord Atlantico si portava via le sue lacrime.

 





Fine







Dedica

 

 

Questa fanfic è dedicata a Mr.Smith.

E’ un grazie personalissimo per averci regalato dieci anni di sogni, per averci fatto scoprire una vena creativa che non sapevamo di possedere, per averci fatto venir voglia di innamorarci di nuovo e per aver reso possibile conoscere tante persone che non avremmo mai incontrato se non avessimo visto JAG e non ci fossimo “innamorate” di lui e dei suoi fantastici occhi.

Dedicata a David: il classico tipo d’uomo che, quando lo incontri per la strada, ti fa voltare e rimanere ferma ad osservarlo fino a quando non scompare dalla tua vista.

 

 

Questa fanfic è dedicata anche al personaggio di Harmon Rabb jr., eroe gentile ed  affascinante, dal cuore nobile e dal sorriso splendido.

Di te, Harm, non ne abbiamo mai abbastanza e, pur di far brillare la tua stella all’infinito, siamo riuscite a farti rivivere persino attraverso i secoli.

Grazie per avercelo permesso, ispirandoci  con ciò che mostri, i tuoi silenzi, i tuoi dubbi e le tue esitazioni, ma anche con tutto quello che ci hai sempre lasciato immaginare, sebbene abilmente rinchiuso nel tuo cuore.

 

 

 

                                             Mac & Alex




Disclaimers  :

 

Il marchio JAG e tutti i suoi personaggi appartengono alla BELLISARIO PRODUCTION. In questo racconto sono stati usati senza alcuno scopo di lucro.

Qualunque riferimento a fatti o persone, che non siano avvenimenti o personaggi storici, e’ del tutto casuale.

I contenuti del racconto sono tutelati ai sensi della legge 633/1941 (legge sul diritto d’autore). Tutti i diritti riservati.

  
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