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Autore: Lampih_SJ    02/07/2012    2 recensioni
Spartacus si guardava intorno. Sentiva la terra sacra sotto i suoi sandali, il vento caldo sulla sua pelle sudata e il respiro affannato che pian piano tornava tranquillo. Tutto sembrava normale, eppure qualcosa mancava perché Spartacus potesse affermare che quello fosse un giorno come gli altri, affermare di essere ancora in vita e felice di esserlo. Si guardava intorno e non lo vedeva: non vedeva Varro.
Genere: Angst, Drammatico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Spartacus, Varro
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Autore: Lampih_SJ
Titolo: Un Sole Contornato da Ricci Dorati
Personaggi: Spartacus, Varro
Periodo: prima stagione, fine episodio 10 - inizio episodio 11

 

 





UN SOLE CONTORNATO DA RICCI DORATI





Due pezzi di legno che prendevano vita, due arti che ogni giorno si assemblavano alle loro possenti braccia: queste erano le armi con cui si allenavano i gladiatori della casa di Batiato. Queste erano le armi che Spartacus impugnava saldamente da tanto tempo, così tanto che ormai tutte le azioni che compiva con esse erano diventate naturali, amiche. Ma quella, come tutte le altre, era una parola a cui dava il giusto valore, e il giusto valore doveva avere la persona che ne sarebbe stata degna. Solo un uomo lo era: Varro.
Spartacus si era fermato un attimo ad osservare le nuove reclute sputar sangue sulla sabbia e alcuni gladiatori ridere di altri mentre vincevano a dadi, seduti ai tavoli sotto al portico. Guardava i due fratelli germani, tanto piccoli rispetto ai gladiatori degni di essere chiamati tali, che si trovavano solo a pochi metri da loro, eppure pieni di determinazione e coraggio nei loro occhi e nei loro muscoli. Guardava Crisso, che si sforzava di ridere con i suoi compagni mentre si toccava le ferite causategli da Teocoles: non si era ancora ripreso né da quelle fisiche né da quelle psicologiche, ma sia Spartacus che Crisso stesso sapevano che sarebbe dovuto guarire da entrambe prima di tornare a combattere nell’arena.
Spartacus si guardava intorno. Sentiva la terra sacra sotto i suoi sandali, il vento caldo sulla sua pelle sudata e il respiro affannato che pian piano tornava tranquillo. Tutto sembrava normale, eppure qualcosa mancava perché Spartacus potesse affermare che quello fosse un giorno come gli altri, affermare di essere ancora in vita e felice di esserlo. Si guardava intorno e non lo vedeva: non vedeva Varro. Fece cadere a terra le due spade che stringeva in mano, percorse a passo svelto il campo di allenamento e il portico fino ad arrivare alle celle dei gladiatori. Non c’era nessuno, tutti erano fuori ad allenarsi. Eppure Spartacus continuò a guardarsi intorno, a camminare, a scrutare con attenzione ogni cella, finché non arrivò a quella di Varro. Finalmente lo trovò: era nel corridoio, gli dava le spalle.
Spartacus sentì i muscoli del suo viso contrarsi e la sua bocca allargarsi per dar spazio a un grande sorriso. Andò incontro al suo amico, gli mise una mano sulla spalla e lo giro per guardarlo in faccia. Varro, non appena si girò, ricambiò il sorriso e anzi fece di più: allargò le sue braccia e si offrì al Campione di Capua, che lo abbracciò con forza e vigore.
- Dov’eri, amico mio? Ti stavo cercando! - Disse Spartacus non appena si staccarono l’uno dall’altro.
- Mi spiace averti dato questa preoccupazione, fratello - Rispose Varro con voce affettuosa - Ma ora ho poco tempo. Fra poco devo andare.
- Andare? Ma dove? - Domandò Spartacus, sul cui viso non si ergeva più imponente il sorriso, ma solo una smorfia di stupore e dubbio.
- Mi spiace di non aver potuto ripagare a tutti i favori che mi hai fatto, fratello mio - Continuò Varro, appoggiando con forza una mano sulla spalla di Spartacus - Avrei voluto essere almeno la metà del grande uomo che sei tu, mia grande ispirazione, mio amico, mio compagno di avventure e disavventure. Il nostro legame sarà per sempre forte e indissolubile come è vero che il Sole risorgerà ogni mattina dai monti dell’Est. Non dimenticarlo.
- Mai, fratello mio. Mai succederà. Ma che motivo dovrebbe esserci? Tu sei qui con me e mi basterà guardare il tuo viso ogni mattina invece che il Sole per ricordarlo. Tu sarai qui accanto a me come lo sei sempre stato, e non pensare che non abbia anch’io debiti incolmabili nei tuoi confronti.
Spartacus afferrò la testa di Varro e la portò vicino alla sua, finché non si guardarono dritti negli occhi toccandosi fronte a fronte.
- Sarebbe stato bello, amico mio. Con te ogni giorno, sotto il Sole e sotto la pioggia, tra sangue, sabbia e sudore. Sarebbe stato bello, e così è stato, finché è durato.
- Ma che stai dicendo, Varro?
- Ora devo andare, Spartacus. Mi dispiace.
Varro si allontanò lentamente da Spartacus, continuando a sorridergli con il suo viso contornato di ricci d’orati come un Sole lo è dai sui raggi.
- Che gli déi ti proteggano, Spartacus, così come stanno facendo ora e magari anche di più. Ci rivedremo, un giorno, che spero per te arrivi il più tardi possibile. Non immagini neanche l’ansia che avrò nell’attenderti. Fa che almeno il tuo cuore gridi ancora il mio nome, nonostante l'Arena non se lo ricordi.
- Sempre, fratello mio! Sempre!
Spartacus iniziava a sentirsi confuso e agitato. Il suo amico si allontanava passo dopo passo verso un buio desolato e misterioso. Voleva seguirlo, proteggerlo, afferrarlo per un braccio e tenerlo forte a sé. Sentiva una fitta al cuore e dovette appoggiare una mano al muro per non cadere.
- Varro, dove stai andando? - Gli domandò - Varro, non posso stare senza di te... Varro...?
Ma bastò abbassare un attimo il capo e subito dopo rialzarlo perché non lo vedesse più.
Era sparito, anche quella volta. Aveva perso il conto delle volte che gli capitava, da una settimana a quella parte. Aveva perso il conto dei cuori che si era sentito trafiggere e di quelli che sembrava gli fossero stati ridati come nuovi. Forse da quando la sua spada si era macchiata del sangue del suo migliore amico il suo vero cuore lo aveva perduto per sempre. Quel Sole incorniciato in quei ricci dorati era l’unica cosa che riuscisse a ricordargli di avere un cuore, eppure la stessa cosa che lo aveva spezzato, come se già non fosse stato abbastanza ammaccato.
Ogni volta gli succedeva la stessa cosa; ogni volta lui si accasciava a terra, una mano sul cuore, come a tenerne insieme i cocci, e l’altra sulla testa, i capelli tra le dita; la schiena contro il muro, le ginocchia vicino al corpo, e le lacrime che gli rigavano il viso contratto dalla rabbia. Perché quando un uomo ricevere l’amore di tutti tranne che delle persone che ama non è altro che un uomo solo.


   
 
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