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Autore: Fegele    02/07/2012    3 recensioni
[Post-Movie]
Era sempre stato terrorizzato dalla possibilità che la sua bambina gli somigliasse e, al contempo, l'idea di tenere tra le braccia il ritratto in piccolo di suo fratello gli era insopportabile.
"Mi ami?" Eppure, quando aveva visto gli occhi di Thor su quel piccolo viso paffuto tanto simile al proprio, Loki aveva solo pensato che non vi potesse essere niente di più giusto, niente di altrettanto perfetto nell'intero universo. "Sì."
"La ami?" Ma a Thor questo non lo avrebbe mai detto, come non avrebbe mai ammesso che, alla fine, era stato lui l'artefice di quella felicità che non avrebbero mai potuto vivere insieme. Perché era troppo tardi. "Sì"
Come non avrebbe mai ammesso che ogni volta che sentiva sua figlia piangere, gli sembrava quasi di sentire il se stesso bambino.
"Allora portala a casa e dimenticati di me."
[Thor x Loki] [Tony x Steve, secondaria]
Genere: Angst, Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Loki, Thor, Un po' tutti
Note: Movieverse | Avvertimenti: Mpreg
Capitoli:
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I

 

 

“Tesoro, c’è qualcuno che vuole conoscerti.”
Il bambino non capì, era troppo piccolo per poter capire ma non aveva motivo di opporsi o dubitare di qualcosa se sua madre lo svegliava e lo prendeva tra le braccia. Non importava che fosse notte inoltrata, non importava quale fosse la ragione. C’era ancora qualcun altro per combattere i mostri al posto suo, c’era ancora qualcuno che si preoccupava di proteggerlo.
Il suo tempo doveva ancora arrivare.


“Non so cosa gli abbiate fatto, ma qualunque cosa fosse è stata decisamente efficiente!” Esclamò Nick Fury con il sorriso più soddisfatto che i presenti nella stanza avessero mai visto. Che motivo poteva avere di non essere soddisfatto, d’altronde? La Terra era salva, il progetto Avengers poteva dirsi definitivamente collaudato e riuscito ed il nemico era in mani loro, questa volta non per sua volontà.
Era in mani loro, sì, ma Loki era il primo a sapere che non era la cosa peggiore che potesse succedergli.
Il peggio era rimasto dietro quel portale che, per poche ore, aveva squarciato di nero il cielo azzurro di New York. Almeno, quella era la parte della storia che si era svolta sotto gli occhi di tutti.
L’unica che avesse mondialmente importanza, del resto.
Quello che era successo dopo.
Dopo che la squadra era risalita sulla Stark Tower, dopo che Bruce aveva perso i sensi e recuperato le sue umane sembianze, dopo che Natasha e Clint erano scesi per trovare un’improvvisata pista di atterraggio abbastanza solida da reggere il mezzo areo che gli avrebbe riportati alla base. Dopo.
Non era importante quel che era successo dopo, non cambiava il destino del mondo ciò che si era verificato dopo. Il fatto che chiunque avesse assistito, ora fosse talmente preso dal pensarci da aver dimenticato quanto era successo prima, era solo un dettaglio di poca rilevanza.
Per loro fortuna, Fury era troppo impegnato a cantare vittoria per preoccuparsi adeguatamente dell’assenza di Bruce, dell’espressione traumatizzata che Steve non riusciva a togliersi dalla faccia, dello sguardo completamente assente di Thor e dell’incredibile silenzio dietro cui si era chiuso Tony.
“Dove avete detto che è Banner?”
Non l’avevano detto affatto, non avevano nemmeno avuto il tempo di pensare a qualcosa da dire. Fu l’arte d’improvvisare di Tony a salvarli, “ha bisogno di un po’ di privacy,” buttò lì con una naturalezza che aveva dell’incredibile, “sai, trasformazioni, vestiti che si strappano…”
“Sì, sì, sì, Stark, ho capito!” Fury fece un gesto veloce con la mano per zittirlo e, se fosse stato un po’ meno euforico, si sarebbe accorto di quanto assurdo fosse che Tony Stark lo assecondasse, “abbiamo qualche ora per ripulire tutto e lasciare alle forze dell’ordine ciò che è di loro competenza. Romanoff si sta occupando del rapporto, Clint sta guidando la squadra per far sparire tutti i cadaveri mostruosi che vi siete lasciati dietro. Voi…”
“Io ho una Tower vittima dell’invasione,” fece presente Tony prendendo la via della porta senza permesso, “penso sia mio dovere e diritto fare una stima di quanto il mio lavoro negli ultimi anni sia finito in cenere,” una nota di melodramma non guastava, dava un pizzico di ordinarietà di cui tutti in quel momento avevano bisogno. Specie gli Avengers presenti.
“E il Capitano mi aiuta!” Aggiunse, guadagnandosi un’occhiata quasi scandalizzata da Steve che indicò Thor come un chiaro cenno del capo, mentre il semidio se ne restava in silenzio rivolgendo a Tony solo uno sguardo con la coda dell’occhio, “il Capitano viene con me e Thor può aiutarvi con suo fratello. Penso sia il caso di approfittare di questo suo momento d’inattività per fargli qualche domandina di routine e chiarire alcune cose, no? Io mi autoescludo perché, personalmente, eviterei di essere nuovamente defenestrato a breve e Steve non ne è psicologicamente in grado.”
“Tu non puoi dire come sto…”
“Andiamo Steve!” Esclamò Tony con un ampio sorriso forzato indicando, “dobbiamo fare le scale, l’ascensore si è rotto da qualche parte tra i nono ed il decimo piano e non vogliamo perdere tempo prezioso, vero?”
Steve evitò appositamente lo sguardo di Thor mentre si allontanava a passi veloci lasciando a Fury un’incombenza che non sapeva nemmeno di avere. “Sai?” Disse Tony mentre entrambi percorrevano di nuovo le strade che avevano contribuito a distruggere, “stavo quasi aspettando il momento in cui i fratellini che si odiano si sarebbero ritrovati faccia a faccia ed ora mi tocca perdermelo!”
Steve sospirò sconfortato, “sapevo che lo avresti detto.”


Non esisteva una parola che fosse in grado di definire lo stato in cui versava ora.
Non esistevano cento parole che messe insieme avrebbero potuto fornire una degna descrizione della sua attuale situazione. Sembrava devastante quanto la morte. Ma la morte non avrebbe fatto così male.
L’avevano buttato su un letto che non sarebbe sembrato dignitoso nemmeno al più miserabile degli esseri viventi, gli avevano legato mani e piedi, l’avevano imbavagliato e, infine, l’avevano anche bendato.
Non c’erano abbastanza precauzioni contro il signore delle menzogne, ma Loki avrebbe tanto voluto dire che a stento aveva trovato la forza di arrivare fino a lì sulle sue gambe e che un piano di fuga non aveva spazio nelle sue prossime intenzioni. Il pensiero della morte era troppo ingombrante per lasciar posto ad altro.
Era già morto, in ogni caso.
Lo era stato fin dal principio, probabilmente.
L’unica cosa che sfuggiva alle sue previsioni era il tipo di condanna che avrebbero deciso d’infliggergli: non che avessero molto altro da togliergli, ormai. Qualunque cosa avesse mai avuto era stata una bugia o un’assurda chimera. Non c’era niente che valesse la pena perdere a parte la facoltà di respirare.
Niente.
Era una parola che sentiva calzargli a pennello.
Una parola per descrivere qualcuno che non sarebbe mai dovuto nascere, ma che era comunque venuto al mondo per la noia di chi si aveva dovuto prendersi il disturbo di abbandonarlo in un campo di battaglia di ghiaccio. Si sarebbe dovuto cancellare lì, il piccolo errore. Lì, dove nessuno avrebbe saputo.
Se solo fosse nato in un giorno ordinario.
Se solo non fosse nato da chi era protagonista di quella guerra.
Se solo si fosse lasciato cullare dalla gelida morte invece di piangere con quanta forza aveva.
Se solo… Se solo… Niente, era lì. La retromarcia non era contemplata, né possibile.
Tutto andava in una sola direzione.
Il pianto di un neonato riecheggiò nella sua testa con la stessa forza di un tamburo di guerra.
Eppure, tutto sembrava ripetersi in modo uguale.
Che importava se invece di una templio di ghiaccio, si trattava della costruzione megalomane di un insopportabile essere umano? Che importava se la guerra era durata poche ore invece di anni? Che importava se era scoppiata e finita in una città come tante di Midgard e non in un remoto mondo di semi-dei?
Una guerra restava una guerra.
Il pianto di un bambino restava il pianto di un bambino.
Doveva aver perso i sensi nello scorrere dei proprio pensieri, perché non ricordava il momento in cui quella museruola e quella benda erano spariti, come non aveva la minima idea di quando il giovane uomo davanti a lui fosse entrato nella stanza. Se sperava che fissandolo con quello sguardo minaccioso, che non avrebbe avuto conseguenze, lo avrebbe indotto a spezzare il silenzio al posto suo, si sbagliava di grosso.
Era troppo stanco persino per tenere gli occhi aperti, figurarsi se era in grado di sopportare la sua presenza o anche solo una parola pronunciata dalla sua voce.
“Che cosa hai fatto?”
Tante, troppe cose per poter perdere tempo ad elencarle tutte a chi, presumibilmente, le aveva contate con più accuratezza di lui. Se pensava che con quella domanda talmente generica da essere idiota, gli avrebbe permesso anche solo di sfiorare l’argomento che più gli disgustava affrontare, era un povero illuso.
Ma Thor era nato povero illuso, non a caso almeno metà dei suoi ricordi erano saldamenti basati su altrettanto salde bugie. Fino a che Loki non aveva, in modo assurdamente involontario, fatto saltare tutta la costruzione creata ad arte per loro due sopra le loro stesse teste.
“Loki, parlami.”
Non avrebbe preso in considerazione l’idea nemmeno se l’avesse pregato in lacrime e in ginocchio.
“Tu devi parlarmi, non puoi far finta che non sia successo niente.”
Non si riferiva a quanto era successo su Asgard, non si riferiva a quanto aveva cercato di far accadere sulla Terra. Si riferiva al… Al colpo di scena. Sì, poteva anche definirlo così.
“Loki…” Lo odiava quando chiamava il suo nome, “fratello, ti prego…”
Lo odiava ancor di più quando si ostinava a chiamarlo con un nome che non era il suo.



“Non avevi detto che l’ascensore era rotto?”
“Ecco cosa intendo quando dico che non sei psicologicamente adatto: ti manca l’istinto criminale di base.”
“Sarebbe?”
“Quello di dire le bugie, Steve,” rispose allegramente Tony, “fino ad ora abbiamo improvvisato e ci è andata bene! Adesso è tempo di pianificare e per pianificare ci serve tempo, tutto quello che il buon vecchio Nick penserà che stiamo impiegando a salire le scale!”
Steve scosse la testa in modo automatico, “io non posso pianificare quando ancora non ho capito che cosa è successo!”
Tony gli concesse un’occhiata indulgente, “il povero nonnino scandalizzato è ancora sotto shock…”
“Non sono un nonnino e non sono sotto shock!” Fu la replica veloce di Steve.
“Allora come mai le tue capacità neurologiche stanno impiegando ore ad elaborare quello che hai visto con i tuoi stessi occhi?”
“Io…Ah… Ehm…” Steve non ebbe il tempo di smettere di boccheggiare che le porte dell’ascensore si aprirono rivelando quanto rimaneva dell’ultimo piano della Stark Tower: polvere e detriti, all’incirca.
“Pensavo che non sareste più tornati,” Bruce sospirò da dietro il bancone del bar armeggiando con qualcosa che gli altri due non potevano vedere, “stavo per mettermi a piangere anche io.”
“Lo stato di distruzione della stanza non è peggiorato,” commentò Tony guardandosi intorno, “possiamo dedurne che non hai comunque perso le staffe.”
Steve gli scoccò un’occhiataccia che Tony ignorò deliberatamente, “ti stanno i vestiti?” Continuò con naturalezza Stark facendo il giro del bancone per dare personalmente un’occhiata all’oggetto delle attenzioni del dottor Banner, “hai fatto acquisti di sotto, vedo.”
“Ti dispiace?”
“Assolutamente no.”
Steve diede una rapida occhiata agli oggetti complicati sparsi qua e là per il bancone che lo divideva dai due uomini: non era esattamente tra le sue intenzioni superare l’ostacolo e studiare con attenzione cosa vi era al di là.
“Scoperto qualcosa di nuovo?” Domandò Tony tamburellando le dita sulla superficie dell’incubatrice che aveva davanti, quasi come un bambino che cerca di attirare l’attenzione di un pesce rosso in un acquario. Steve si sporse appena per vedere ciò che era adagiato nel materassino all’interno di quella strana scatola di vetro, mentre Bruce esponeva ad alta voce quanto aveva avuto modo di verificare, “il suo peso è di un chilo e duecento grammi, circa.”
“Santo cielo…” Mormorò Steve involontariamente.
“Steve, non interrompere il dottore!” Lo rimproverò sarcasticamente Tony.
“Non riesco a capire quale sia il suo gruppo sanguineo, ma me lo aspettavo. Riesce a respirare autonomamente, il che è confortante e…” Bruce si concesse un sorriso per dare un po’ di umanità a quell’analisi scientifica approssimativa, “è una bambina.”
La stessa espressione spontanea comparve sul viso di Steve, “una bambina…”
“Con tanti capelli neri dispettosi…”
“Stark!”
“Che c’è? È vero!” Replicò Tony con aria saputa infilando una mano nell’incubatrice per sfiorare la testolina minuscola che spuntava da quel fagottino bianco, “perché non l’abbiamo capito da principio che era una femmina? Non è la prima cosa di cui ci si accorge, di solito?”
Bruce non ebbe il coraggio di rispondere e lanciò a Steve un’occhiata imbarazzata che il biondo non ebbe difficoltà ad interpretare, “forse perché quello con l’armatura è svenuto un istante prima che lei cominciasse a piangere.”
“E tu?” Ribeccò prontamente Tony, “l’ultima volta che ti ho guardato avevi gli occhi ben spalancati e la faccia di chi non sa su che pianeta si trova.”
“Penso che quel dubbio sia venuto un po’ a tutti di recente,” commentò educatamente Bruce infilando una mano nell’incubatrice per aggiustare l’asciugamano intorno al corpo della neonata, “nemmeno i suoi parenti sanno che è una femmina. Loki ha perso quasi immediatamente i sensi e Thor era in panico completo.”
“Già. Penso che Thor sia più traumatizzato di Steve, il che è spaventevole.”
“La pianti una buona volta?”
“Cosa abbiamo deciso di fare con lei?” Domandò con interesse Bruce, “non possiamo tenerla qui.”
“Direi che è escluso,” concordò Tony, “Fury vuole lasciare la città prima che cali il sole e non spetta a noi prendere decisioni definitive in merito a questa cosina.”
“Sì, ma non spetta nemmeno allo S.h.i.e.l.d.”
“Non credo che Fury farebbe qualcosa per scatenare l’ira funesta degli dei, ma ho paura che non tutti lì dentro agiscano in buona fede,” Tony si grattò il mento con fare perplesso, “dobbiamo portarla alla base.”
Steve inarcò un sopracciglio, “pronta per essere analizzata?”
“La imbuchiamo.”
“Tirarla fuori dall’incubatrice è fuori discussione, Stark,” protestò Bruce, “è stabile, è forte ma non possiamo rischiare strapazzandola come un pacco postale.”
“Ha il dio del tuono per zio, magari vorrà essere d’aiuto,” ipotizzò con ottimismo Steve.
“Sempre ammesso che sia lo zio,” buttò lì Tony mentre si guadagnava degli sguardi perplessi dagli altri due, “qualcuno ha mai dato un occhio alle religioni pagane? L’incesto è di prassi e nemmeno la cosa più strana che possiate trovarci dentro!”
“Non voglio nemmeno pensarci!” Esclamò Steve scuotendo appena la testa.
“Mi darete ragione!” Esclamò Tony con un ampio sorriso, “non è nelle mie abitudini sbagliare.”


“Fai piano, mi raccomando.”
Non ci fu bisogno di dirlo perché il bambino non si mosse affatto. Se ne resto lì, immobile, seduto in mezzo al letto dei suoi genitori a fissare quell’esserino minuscolo che, senza vergogna, ricambiò lo sguardo con lo stesso interesse. “Mamma…” Aveva cominciato a formulare le prime frasi da poco, mentre aveva imparato a camminare alla perfezione ormai da un po’ scatenando una vivacità innata che era una dannazione per sua madre e per chiunque dovesse badare a lui. Eppure, in quel momento non voltò nemmeno il capo per poter guardare il viso della donna accanto a lui.
“Va tutto bene, tesoro,” sua madre si sedette sul letto sollevando il fagottino che avvolgeva la piccola creatura che non emise alcun suono mentre la donna lo adagiava sulle sue gambe, “è il tuo fratellino.”

 

“Non puoi ignorarmi per sempre.”
Oh, se poteva… Sperava quasi che ci provasse, solo per il gusto di metterlo alla prova.
“Loki!” Osò appena sfiorargli una spalla, un gesto più che sufficiente per spingerlo a girarsi su un fianco dandogli le spalle. “Se parli con me,” provò Thor per l’ennesima volta, “saprò come aiutarti appena tornati a casa.”
Casa? Quale casa? Non ne aveva più bisogno ormai, poteva anche far a meno di un funerale commemorativo che di sincero avrebbe avut ben poco. Come ogni parte della sua esistenza, dopotutto.
“Loki, non nascondermi questa cosa fino ad Asgard. Non potrai rimanere in silenzio davanti a nostro padre ed io non potrò agire impulsivamente in una situazione come questa!”
Dopo secoli di comportamento infantile, quest’ammissione di responsabilità lo faceva quasi ridere.
“Ero terrorizzato, se ti fa piacere saperlo.”
Sì, almeno quella tragedia d poco ore era servita a perseguire uno scopo più grande.
“E lo sono ancora.”
“Perché?” Non si rese nemmeno conto di aver parlato. Era vergognoso che al signore delle menzogne sfuggissero le parole di bocca!
Thor non rispose subito, probabilmente necessitò di una manciata di secondi per realizzare che Loki aveva parlato sul serio e non se l’era immaginato, “fratello?”
“Perché?” Loki non si mosse.
Thor sospirò stancamente, “perché se prima sapevo con esattezza quale domandi farti, ora ho talmente tanti dubbi che non so da quale cominciare.”
“Da quello che ti fa più paura,” la voce di Loki era piatta, priva di qualsiasi sfumatura emozionale, “bisognerebbe cominciare sempre dalle verità che fanno più paura.”
Ne sapevano qualcosa entrambi, in fin dei conti.
“Chi?”
Loki s’irrigidì sebbene non fosse nelle sue intenzioni mostrare a Thor un qualunque segno di disagio in relazione all’argomento di cui stavano parlando, “Chi?” Ripeté e se ne avesse avuto la forza lo avrebbe deriso fino a farlo sanguinare dove faceva più male. Dentro, nell’anima.
“Quei mostri…” Thor ingoiò a vuoto, “quei mostri hanno...?”
“No!” Se Loki avesse avuto abbastanza fiato in gola, quello sarebbe stato un urlo, ma venne fuori solo una risposta particolarmente brusca, “erano miei alleati, ricordi? O sei talmente stupido che lo hai già dimenticato?”
“I Vendicatori sono degli alleati, quelli…”
“I Vendicatori sono dei mocciosi che non vedono l’ora di ficcarsi le dita negli occhi a vicenda per fare prevalere la propria posizione su quella degli altri.”
“Sei ingiusto, fratello!”
“Smettila di chiamarmi così!” Alla fine Thor c’era riuscito, aveva costretto Loki a voltarsi e a guardarlo negli occhi, “non sono tuo fratello! Non lo sono mai stato!”
“Va bene!” Esclamò Thor con un filo di rabbia, “credi quello che vuoi per ora, questo non cambia il mio punto di vista! Quello di cui ho bisogno in questo preciso momento è che tu ti prenda la responsabilità di ciò a cui hai dato vita.”
Loki lanciò un’occhiata veloce ad una delle telecamera sul soffitto, “loro non lo sanno.”
“Vuoi che lo sappiano?” Chiese Thor con un filo di sarcasmo.
Loki sbuffò infastidito, “i tuoi così detti alleati sembrano molto più amichevoli nei confronti dei mostri di quel che pensavo.”
“È così che lo consideri?” Chiese il dio del tuono con astio.
Loki guardò un punto indefinito nel vuoto, “non ho avuto nemmeno il tempo di vederlo.”
“Siamo in due, se ti consola,” Thor sospirò stancamente facendo qualche passo lungo la stanza speciale che fungeva da cella per suo fratello, “ho bisogno che tu mi dica di chi è, Loki.”
“Che cosa farà tuo padre?”
Nostro padre non deve preoccuparti in alcun modo ora.”
“Oh, sì che mi preoccupa!” Esclamò Loki velenoso,  “mi preoccupa sapere cosa penserà del piccolo bastardo superstite di una dinastia mostruosa da lui stesso abbattuta.”
“Chi? Mi serve il suo nome!”
“Perché non la smetti di girarci intorno e non chiedi quello che vuoi realmente sapere, vigliacco!” Lo accusò Loki con quanta forza aveva. Un silenzio opprimente cadde tra di loro per qualche secondo, “sono io?” Chiese Thor con un filo di voce e Loki non seppe dire se vi fosse speranza in quelle due parole o timore.
Restò a fissarlo per degli istanti interminabili prima che trovasse il fiato per rispondere, “ma chi diavolo pensavi che fosse?” Chiese sarcasticamente e amaramente al contempo. Thor aprì la bocca ma non disse niente, spostò lo sguardo dal viso di Loki al pavimento e poi di nuovo sul viso di Loki ma non riuscì a fare altro che boccheggiare.
Loki non disse nulla per fermarlo quando si voltò per andarsene.



“Stark è consapevole del fatto che se per puro caso si mette a piangere, siamo rovinati, vero?”
“Stark non pianifica!” Replicò Steve con astio, “Stark agisce!” E, stando ben attento che nessuno lo osservasse, alzò appena il lembo del telone scuro con cui avevano coperto l’incubatrice per controllare che la piccola ospite al suo interno fosse tranquilla, “dorme.”
“Buon per noi,” commentò Bruce spingendo il carrello del laboratorio con quanta più gentilezza possedeva pregando che i corridoi della base continuassero a rimanere deserti, “sull’elicottero almeno sapevamo di essere solo noi due e i piloti.”
“Non credo che sia rimasta molta gente quassù, sono tutti andati a New York per seguire i comodi dello S.h.i.e.l.d.”
“Perché Stark è rimasto?” Domandò Bruce.
“Ha detto che si occupava della seconda parte della missione.”
“Sarebbe?”


“Stark, dove credi di andare?”
C’erano tante cose che Tony aveva fatto e che le masse di comuni mortali potevano anche definire ridicole, ma andare a fare spese per bambini di persona, con l’armatura ancora addosso, in un centro specializzato distrutto ma a cui aveva comunque lasciato i soldi che doveva per la merce presa; era un’idea che non l’aveva nemmeno sfiorato fino a quel giorno.
“Stark, devo ripetere?”
Farsi vedere da Nick Fury addobbato come un albero di Natale con due buste di plastica per braccio, invece, era molto di più di quanto potesse sopportare.
“Me ne torno alla base,” fu la risposta innocente di Tony quando Fury lo scrutò dall’alto in basso come se fosse un delinquente potenzialmente pericoloso. Nemmeno dopo aver contribuito, quasi con la sua stessa vita, a salvare il mondo, poteva meritarsi un po’ di fiducia?
“Hai fatto shopping?” Fury esaminò con lo sguardo le buste di plastica, “non ti sforzare troppo, non sei abituato,” concluse sarcastico.
“Stavo cercando il Capitano per aiutarmi,” rispose Tony con un sorriso forzato.
“Mi spiace, Stark, è già tornato alla base insieme a Banner.”
“Li hai visti?” Chiese Tony con nervosismo.
“No, me lo hanno riferito.”
“Ottimo!” Esclamò Iron Man con un entusiasmo che Fury commentò in silenzio con un’occhiata sospettosa, “sarà meglio che li raggiunga, ho preso qualcosa da mangiare per tutti! Cibo vero, non la sbobba di quella bagnarola volante.”
“Stark!”



Il bambino fissò la madre con un broncio che avrebbe intenerito anche la persona più insensibile del regno, “Non aver paura, tesoro,” il piccolo replicò in silenzio con uno sguardo indignato a cui sua madre rispose con un sorriso ed una tenera carezza, “vieni qui.”
Il bambino ubbidì gattonando fino ad arrivare accanto alla donna appoggiando gentilmente la testolina bionda sul seno di lei. L’esserino tornò a fissarlo immediatamente lasciando trasparire nulla tranne un’innata curiosità verso tutto ciò che di nuovo trovava intorno a lui. Sua madre gli posò un bacio sulla fronte, “Thor, lui è Loki.”

 

Nel silenzio della sua prigione, dopo che Thor se ne era andato, per un attimo, un solo attimo, Loki credette di sentire il pianto di un bambino.

  
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