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Autore: Marthyisdead    02/07/2012    1 recensioni
"Sentì gli occhi di tutti addosso a lei, tutti erano lì, pronti ad ascoltarla. Tirò fuori un foglietto, dove c’era scritto ciò che avrebbe dovuto affrontare pochi secondi dopo. Avrebbe dovuto aprirsi all’uomo che aveva sempre amato e seguito, l’uomo che l’aveva salvata."
One-Shot dolciosa su Slash.
Genere: Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altro personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Diciassette Giugno.
Una giornata calda, piena di sole, una giornata allegra.
La giornata dedicata all’ “unico grande uomo della tua vita” sin da quando sei piccola.
La giornata dedicata al papà.
 
 
Era circa mezzogiorno,  il sole faceva irruzione dalle finestre, scontrandosi dolcemente con le tendine bianche.
 
Keith era lì, stava apparecchiando la tavola del salotto di quella casa enorme e bellissima.
Sarebbero venuti tutti: Myles, Todd, Brent, Duff, Matt, Gilby, Steven, tutti con le loro rispettive compagne.
Un tovagliolo di qua, due posate di là… Si chiedeva come mai mancassero due persone fondamentali, il genio e la voce di quelli che erano i Guns N’ Roses di un tempo.
 
Dov’era Izzy? Keith adorava Izzy. Sin da quando ascoltò “Patience” per la prima volta. Solo un genio come Stradlin poteva scrivere una meraviglia del genere.
Quella canzone la calmava, come se Izzy fosse davvero lì a consolarla. Lo sentiva sempre molto vicino.
E Axl? Non avrebbero mai toccato l’argomento, lo sapeva. Sapeva di illudersi abbastanza per non dire troppo, ma le piaceva immaginare un grande abbraccio di gruppo che potevano darsi quei cinque, le piaceva immaginare un chiarimento, le lacrime, le parole mai dette in tutti gli anni precedenti.
 
Il campanello suonò, lei aveva appena finito di preparare la tavola, mentre Perla il pranzo.
 
Slash era davvero fortunato. Aveva un angelo accanto, altro che donna!
Perla era gentilissima, sempre disponibile, così materna e dolce, e poi era così bella, così sicura di sé, era sempre meravigliosa con qualsiasi abito addosso, non aveva paura di mostrare le sue forme, era una donna forte. Un punto di riferimento per Keith, una donna da ammirare, un modello da seguire.
 
La ragazza aprì la porta e tutti gli invitati entrarono in casa Hudson. Cash e London si fiondarono sul papà, abbranciandolo e urlandogli: «Buona festa del papààà!». L’uomo sorrise, il suo era uno dei sorrisi più belli. Il sorriso di chi aveva una famiglia che l’aveva salvato, il sorriso di un uomo che non poteva chiedere di meglio semplicemente perché il meglio ce l’aveva già, ed era lì con lui e davanti ai suoi occhi. Keith era così contenta, quella era la famiglia più bella che avesse mai visto, pensò, abbracciando intanto Duff e guardando negli occhioni azzurri  Steven e Myles.
 
Tutti si sedettero, Perla mise in tavola il pranzo e i piccolini di casa fecero accomodare il loro papà a capotavola. Tirarono fuori da sotto al piatto dell’uomo un grande disegno che avevano fatto insieme, dove erano raffigurati loro insieme al loro papà su un grande prato pieno di fiori. Il papà ovviamente aveva una chitarra in mano, o ciò che più o meno poteva definirsi “chitarra” per i bambini, una sorta di “mandolino disegnato male” per gli adulti.
 A Slash piaceva tantissimo tutto questo. Si vedeva, godeva ogni momento che passava con la sua famiglia e con i suoi amici.
Keith amava quell’armonia che si respirava in casa Hudson. Era quello di cui aveva bisogno, da sempre.
Aspettò la fine del pranzo per dire quello che aveva da dire. Un pranzo andato a meraviglia, dove tutti mangiavano come matti - a partire da Steven, ovvio! - , ridevano e scherzavano e liberavano la mente dai pensieri e dallo stress per godersi una giornata in compagnia di qualcuno, in compagnia di tutti.
Calò leggermente il silenzio, e Keith ne approfittò per attirare l’attenzione di tutti.
 
«Gente, avrei delle cose da dire… Posso avere tutta la vostra attenzione per qualche minuto?»
disse con il suo solito fare timido.
 
Sentì gli occhi di tutti addosso a lei, tutti erano lì, pronti ad ascoltarla. Tirò fuori un foglietto, dove c’era scritto ciò che avrebbe dovuto affrontare pochi secondi dopo. Avrebbe dovuto aprirsi all’uomo che aveva sempre amato e seguito, l’uomo che l’aveva salvata.
 
Respirò profondamente. Poi guardò l’uomo negli occhi, che sorrise istintivamente.
Slash capì tante cose da quello sguardo, e si sentì gratificato.
 
La ragazza cominciò a leggere.
 
“Caro Saul…”
 
Vide Gilby fissarla.
 
«… Beh, che c’è, non posso chiamarlo Saul? Posso fare quel che cazzo mi pare, no?!»
 
Tutti scoppiarono a ridere.
 
“Allora, dicevo, caro Saul…
Non è facile dirti tutto questo, ecco perchè l’ho scritto qui. Ora il compito più grande sarà quello di pronunciare tutte queste parole scritte, ma ce la farò.
Ci sono tante cose che vorrei dirti, ma non basterebbe nemmeno un quaderno intero, per cui cercherò di rubarti solo qualche minuto.
Forse a volte una parola può far capire tutto, e la parola di oggi è “grazie”.
Grazie Saul, perché per me sei un esempio. Grazie per ogni volta che hai provato inutilmente a farmi suonare la chitarra, ma che ci posso fare se sono proprio impedita con le sei corde?”
 
Altre risate.
 
“Grazie per ogni volta che i tuoi assoli riempivano il vuoto, quel vuoto che tu sai, facendomi stare bene.
Ma soprattutto Saul, grazie per questi sedici anni in cui ti sei preso cura di me, proprio come un padre fa con il proprio figlio. Io che il padre non l’ho mai avuto, è come se l’avessi trovato in questi sedici lunghi anni.”
 
Una lacrima scese sul viso del riccio che diede a nasconderlo, mentre la ragazza aveva ormai il trucco colato.
 
“Grazie per avermi dato una vita e un futuro migliore, grazie per ogni rimprovero e per ogni gratificazione, grazie per la fiducia che hai sempre avuto nei miei confronti, fiducia che spero di non aver mai tradito.
Grazie per avermi dato una famiglia, la tua famiglia, la più bella che ci possa essere al mondo.
In tutti questi anni hai saputo capirmi, consolarmi, starmi vicino. Hai saputo darmi amore, quell’amore che mi mancava, quell’amore così grande che non saprò mai come spiegare davvero a parole precise.
Perla, Cash e London hanno salvato te, e tu hai salvato me. E te ne sarò sempre riconoscente, sempre, perché non potevo chiedere una vita più bella di questa che vivo a pieno ogni giorno.
Oggi è la festa del papà, e il mio regalo sono queste parole. Spero tu possa apprezzare tutto questo.
Sì, perché per me sei un papà. Hai avuto la forza di crescere anche me e io davvero, non riuscirò mai a ringraziarti abbastanza per questo. Grazie Saul, grazie papà. Ti voglio davvero tanto bene.”
 
Il riccio si alzò, noncurante delle lacrime che scendevano ormai velocemente sul suo viso, e andò ad abbracciare la sua ragazza, quella figlia che aveva adottato, quella ragazza che aveva cresciuto e trattato proprio come fosse figlia sua. L’aveva chiamato “papà” e si sentiva onorato e tanto, tanto felice.
 
Guardò la ragazza negli occhi, prendendole il viso tra le mani.
 
«Keith, questo è il regalo più bello che avessi mai potuto farmi. Ora sono io a non sapere come ringraziarti! Queste parole valgono più di ogni cosa, più di qualsiasi oggetto che avresti potuto regalarmi. Queste parole testimoniano il sentimento, l’amore e la riconoscenza. Mi sento davvero gratificato, onorato. Sei stata anche tu a salvarmi, a farmi migliorare, come chitarrista, come uomo, come marito -disse voltandosi a guardare Perla, in lacrime anche lei- e come padre.
Sai che ogni giorno cerco di essere un modello, una figura positiva per tutti, e sai quanto è importante dare il buon esempio. E poi non riesco ancora a crederci, mi hai chiamato “papà”. Cazzo, vi rendete conto? Mi ha chiamato “papà”! -disse voltandosi e guardando tutti gli invitati sorridenti e commossi-.  Ti voglio davvero tanto bene anche io, figlia mia. E non importa il resto, per me sei una figlia, mia figlia. Grazie, grazie davvero.»
 
L’uomo strinse ancora più forte la ragazza, come per dirle “non ti lascerò mai”.
 
 

 
Si fece sera. Il tempo passa sempre in fretta quando sei in compagnia delle persone che riescono a farti stare bene.
Era tutto così calmo, non passava nessuno per strada, non si udiva nessun rumore; l’aria era fresca. Tutto così tranquillo e rilassante.
La Città degli Angeli era già tra le braccia di Morfeo, e quell’uomo era lì, seduto nel salotto, con la sua chitarra in mano, a creare meraviglie.
Sentire quelle note e assaporare ogni attimo dell’emozione che trasmettevano era un qualcosa che “intender non può chi non prova”.
Non si era accorto che Keith era lì ad ascoltarlo da una quarantina di minuti buoni. Non voleva interromperlo, per cui si era appoggiata allo stipite della porta con le braccia conserte e con un bel sorriso sul volto.
Poi il chitarrista si fermò, smettendo di suonare, voltandosi a guardare la finestra e quel che si poteva vedere del cielo stellato di LA.
 
«Posso stare qui con te, papà?». Ormai era automatico chiamarlo così.
 
«Hey piccola, come mai ancora sveglia? Vieni qui», disse con la sua voce profonda, facendo scivolare le dita sui capelli lisci e biondissimi della ragazza.
«Non voglio dormire. Voglio stare con te, da sola, per un po’. Puoi anche stare zitto e non dire niente, puoi parlare se vuoi. Puoi continuare a suonare e posso rimanere qui ad ascoltarti, per tutta la notte.»
 
«Come sei dolce, piccola mia». Non poteva non essere dolce con lei, non ci riusciva proprio.
 
Lei era la figlia che non aveva mai avuto, era una bambina innocente che l’aveva cambiato, una bambina innocente che piano piano stava diventando una donna. Stava crescendo davanti ai suoi occhi e lui la vedeva ancora come una piccola creaturina da proteggere dalla vita, proprio come la prima volta che la vide, appena nata.
 
Decise di suonarle dolcemente l’assolo di “Sweet Child O’ Mine” in versione acustica, quell’assolo che ogni volta la faceva tremare. Quanto poteva essere meraviglioso quell’uomo, quanto poteva essere meraviglioso il suo papà? Quella giornata era sua, dedicata a Lui, solo a Lui.
 
L’uomo posò poi la chitarra, decise di avvicinarsi alla ragazza, stringendola ancora di più.
Quella notte fu la più bella, per Keith. Rimasero svegli tutta la notte, solo lei e Saul, a raccontarsi tutto, a confidarsi, instaurando il dialogo perfetto tra genitore e figlia, andando a rafforzare il rapporto. Ah, quante risate, quanti segreti rivelati, quanti ricordi raccontati.
 
Si addormentarono in tarda mattinata, su quel divano bianco di pelle.
 
Si addormentarono, e ognuno aveva una certezza.
 
La certezza che Lui era ormai suo padre e Lei era ormai sua figlia, la certezza che uno ci sarebbe sempre stato per l’altra e viceversa, come sempre. Ma soprattutto, la certezza del fatto che la musica unisce ancora di più, aiuta a superare gli ostacoli che si incontrano nella vita.
 
Si addormentarono così, abbracciati e sorridenti, un’altra volta.
 
 
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MarTHina’s space.
 
Okay, alla fine l’ho pubblicata questa One-Shot, dovevo farlo il 17 Giugno -giorno della festa del papà negli USA- ma non mi è stato possibile D:
 
Tutto ciò è un piccolo sogno che ho fatto, l’ho pubblicata nonostante la trovo banale, pensavo di poter fare di meglio, ecco. I commenti a voi! :3 
  
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