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Autore: Fuffy91    02/07/2012    0 recensioni
“ Gli Stuart?”
Chiesi ad Edward, mentre spegnevo l’autoradio.
Erano ormai da poche ore che avevamo lasciato l’hotel Butterfly. La Mercedes di Carlisle era davanti alla nostra auto , seguita dal sub di Emmett. Alice ci aveva scherzosamente superati, a cavallo della moto argentata di Edward, guidata perfettamente da Jasper.
Era già da cinque giorni che avevamo lasciato Forks per dirigerci a Londra. Nel mese di settembre era una città particolarmente piovosa e le nuvole gonfie di pioggia nascondevano perfettamente i deboli raggi del sole di fine estate. Un clima perfetto per ospitare una piccola famiglia di vampiri.
Genere: Azione, Generale, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo personaggio, Un po' tutti | Coppie: Bella/Edward
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler! | Contesto: Successivo alla saga
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Capitolo 11

Angolo dell’autrice.

 

Scusate l’attesa estenuante, ma gli impegni universitari e alcuni problemi di salute, non mi hanno permesso di dedicarmi alla storia in maniera adeguata! Ma ora, sono tornata e tenterò di aggiornare in maniera più regolare, nel week-end! ;D Ringrazio tutti quelli che continuano a seguirmi in maniera così assidua. Il vostro appoggio è la mia forza.

Ora vi lascio al capitolo, che è molto lungo e ricco di particolari. Leggetelo attentamente, vi servirà in futuro. ;D A presto! Vi adoro! <3

 

Bella

 

Il soprabito nero gocciolante per la pioggia, un cappello stile Casablanca sul capo, l’orlo della visiera a nascondere parte del viso squadrato, gli angoli della bocca rossa e dischiusa, tesi a preannunciare un sorriso, l’alta e scura figura del vampiro appena entrato, oscurò come una nube densa di terrore l’atmosfera serena e pacifica di Villa Stuart.

Jack non smetteva di dardeggiare con gli occhi ambrati il vampiro e le scale, come terrificato all’idea di vedervi spuntare, da un momento all’altro, Jenna e Chris, mentre il braccio destro era teso verso Suzanne, come per proteggerla. Heather e, accanto a lei, un braccio stretto saldamente intorno alla sua vita, Kayle erano entrambi molto vicini al padre, che con la mano sinistra a palmo aperto, fece arretrare di un passo dietro di lui  il figlio. Era come se, in qualche modo, con il suo solo corpo, volesse fare da scudo all’intera famiglia.

Come in una sorta di sottile risonanza nei gesti, Carlisle lo imitò, ponendosi davanti a tutti noi Cullen. Edward mi strinse più forte a sé, attendendo una qualsiasi mossa da parte dello sconosciuto.

Con tutta calma, lo vidi togliersi il soprabito e il cappello, attaccando entrambi sull’appendiabiti in legno classico vicino alla soglia, mostrandoci le spalle, del tutto rilassato e, notai, incosciente, vista la tensione nervosa che aveva scatenato in tutti noi.

A quel punto, pensavo che Jack sarebbe stato il primo a bloccarlo contro la porta, ma, sorprendendomi, non lo fece, preferendo mantenere la sua posizione di difesa. Come Edward, attese paziente che si voltasse.

Quando finalmente lo fece, lo osservai incuriosita. Non nascosi la mia delusione, alla vista di un semplice giovane di appena ventisei o ventotto anni, il viso angoloso, la bocca pronunciata e carnosa, gli occhi di ghepardo di un acceso color ocra, i capelli corti e indisciplinati in semplici onde castano scuro. Era discretamente alto, dal fisico asciutto e magro, anche se i muscoli delle braccia e delle gambe erano visibili al di sotto del completo in giacca e cravatta, classico e rigorosamente nero.

Ad una prima occhiata, non mi sembrava così pericoloso. Era convinta, che sarebbe bastato l’attacco combinato di Jasper ed Emmett per renderlo innocuo. Tuttavia, data la preoccupazione che leggevo negli occhi di Carlisle, la tensione palpabile che proveniva da Jack e la calma vigilanza di Edward, rimasi all’erta, lo scudo istintivamente attivo.

“ Jackson!”

Esclamò all’improvviso il vampiro, assordandomi con la sua voce vigorosa da tenore.

Era chiaro che si stesse riferendo a Jack, che gli rispose guardingo.

“ Charles.”

Il vampiro di nome Charles sorrise. Era un sorriso a metà, uno di quelli prodotti solo dall’arcuarsi di un solo angolo della bocca. Un sorriso fin troppo breve, per arrivare agli occhi, che rimasero freddi e innaturali.

Non mi piacque, non mi piacque per niente e di riflesso, il mio scudo si staccò da me di appena due millimetri.

“ Sai, è davvero curioso… i casi della vita… non ci ho mai creduto, ma ora mi sorprendo a ricredermi.”

Continuò Charles, incurante del gelo che gli regnava intorno. Per niente turbato dalla fredda accoglienza ricevuta, iniziò a blaterale con tono di voce morbido e suadente, una sequela di parole illogiche, i classici preludi fra amici di vecchia data, che non s’incontrano da molto tempo e che, una volta rivisti, sciolgono il ghiaccio con discorsi banali.

Come se fosse a casa propria, iniziò a percorrere il soggiorno a grandi passi, guardandosi intorno, deliziandosi di particolari di poco conto, come il colore delle tende, quello delle pareti, i soprammobili sul camino in marmo pregiato… fino a sedersi su una poltrona, accavallando le gambe e assumendo una posa aristocratica.

Prese fra le mani un pacchetto di sigarette lasciato lì, per caso, da Kayle, facendolo ruotare leggero fra le dita, aprendolo e annusandone il tabacco, sempre sorridente e sotto gli sguardi indagatori di tutti.

“ Come mai sei qui, Charles?”

Charles non gli rispose subito, osservandolo da sopra il pacchetto, per poi gettarlo sul tavolino in vetro raffinato, con un gesto svogliato.

“ Sono stato ad un funerale. Una donna è morta ieri sera. Causa della morte: dose eccessiva di psicofarmaci. Era depressa da più di tre mesi, ormai. Suo marito era morto in un incidente stradale e lei non si è più ripresa d’allora. Negli ultimi tempi, sembrava aver riacquistato un po’ di vita, grazie all’appoggio indispensabile di un misterioso uomo dell’alta finanza, uno straniero affascinante e… volitivo.”

Di nuovo quel mezzo sorriso a distorcergli la bocca, lo sguardo ironico puntato in quello di Jack, impassibile.

Si guardarono per pochi istanti. Sembrava che Charles attendesse un commento di Jack, che non arrivò. Così, il vampiro continuò, distogliendo lo sguardo dal suo.

“ Ho notato che i funerali non sono più quelli di una volta. Si piange di più e si sparla di meno. Sembra quasi che gli umani si stiano sensibilizzando maggiormente, nei riguardi del prossimo e che siano sinceramente colpiti dalle tragedie altrui. Che sia un virus tragico-patetico, ad influenzarli?”

Sembrò riflettere sulle sue parole per lunghi secondi, per poi alzarsi dalla poltrona e dirigersi fin troppo lento al piano di Jenna. Si sedette allo sgabello, alzando la copertura mentre proseguiva il discorso, velocemente:

“ Anche i requiem non sono più quelli di una volta. Così deboli, così melensi!”

Esclamò, con voce tonante e disgustata, iniziando a suonare un triste e forte requiem.

“ Ah! Mozart! Non c’è suono più lugubre, non ti sembra?”

Disse, rivolto sempre a Jack, guardandolo negli occhi, solo e soltanto lui, come se noi e il resto degli Stuart non esistessimo. Era molto bravo a suonare il piano e c’era qualcosa in quelle note forzatamente arrabbiate, che mi rammentò un’altra melodia, più rabbiosa e angosciata. Rabbrividii, al ricordo delle musiche cariche di risentimento suonate da Jenna, poche settimane fa, quando ancora credeva di odiare profondamente Chris. Il modo in cui suonava Charles era spaventosamente simile a quello della vampira.

“ Queste sono le melodie giuste, da comporre per un funerale. Anche quelli non ufficiali.”

Meditò sulla sua ultima frase, gli occhi fissi davanti a sé, la bocca stretta, ora, in una linea dura.

“ Anche quando il corpo del defunto è spezzato in tanti piccoli pezzi. Braccia… gambe… testa… dorso… busto…”

Ogni parola, era una nota più dura. Cominciai a rabbrividire per la tensione.

“ E poi, naturalmente, bisogna deporre le parti in un recipiente adeguato. Una cassa magari? In legno di frassino, possibilmente, con intarsi alessandrini. Molto raffinata, molto costosa.”

Continuò il suo discorso macabro, facendomi agitare sul posto, colta da un nervosismo improvviso, che cresceva sempre di più. Avrei voluto che la smettesse subito con quel discorso. Avrei voluto che smettesse di suonare quel corteo funebre. Avrei voluto che se ne andasse.

Sentii Kayle sibilare un ringhio acuto e le braccia di Edward farsi più salde sulla mia vita, le dita ad accarezzarmi i fianchi, come a tranquillizzarmi.

“ E poi, cosa farne? Ah, ma certo! Il fiume.”

Le dita si arrestarono sulla tastiera, componendo note stridule e forti, che vibrarono nel silenzio pesante che era disceso fra tutti i presenti. Smisi di ansimare agitata, quando quel suono orribile non cessò del tutto.

“ Sento ancora il rumore di quelle acque fetide cozzare contro il legno, spingerlo sulle rocce e frantumarlo. Quelle acque torride e putride, con rane e rettili di ogni sorta ad infestarne il fondo.”

Mormorò con tono mortale, per poi voltarsi lentamente verso Jack, per fulminarlo con lo sguardo.

Jack lo sostenne, ma non aspettò che fosse nuovamente lui a rompere il silenzio. Sembrava quasi non volerlo per niente incoraggiare.

“ Sarai sorpreso di vedermi, vero Jack?”

Disse, sibilando il suo nome fra i denti.

“ In realtà, Charles, mi sorprendo che tu non sia venuto prima a porgermi visita.”

Disse con flemma Jack, come se stesse parlando del tempo.

Le labbra di Charles, si curvarono nuovamente in quel mezzo sorriso, quasi derisorio.

Si alzò finalmente dal piano, avanzando verso Jack, le mani nelle tasche dei pantaloni, il passo misurato.

“ Sempre così garbato, Jack, mi compiaccio.”

Si risedette sulla poltrona, assumendo la stessa posa di poco prima.

“ L’hai uccisa tu, non è così? Quella donna.”

Gli chiese Jack, facendolo sorridere, questa volta apertamente.

“ Naturalmente.”

Confermò, per nulla turbato.

“ Sapevo che saresti venuto, prima o poi. Ho riconosciuto la tua firma, in alcuni suicidi della cronaca nera, nelle ultime due settimane. Vedo che hai abbandonato la tua predilezione per le bambine.”

Charles sorrise, giocando con la linguetta della cravatta del suo completo, facendola scivolare fra le dita.

“ Mi ero stancato di ricoprire il ruolo di lupo cattivo. Le Cappuccetto Rosso diciottenni davvero succulente, sono quasi del tutto estinte, al giorno d’oggi.”

“ Quindi, sei passato a prede più mature.”

“ Esatto. Le vedove sono il mio piatto forte, ultimamente. Ma anche le disperate, mi attraggono particolarmente. L’importante è che non abusino di antidepressivi. Guastano tutto il sapore.”

Sembrava che Charles si divertisse a provocare Jack, assillandolo con i racconti dei suoi omicidi, con dovizia di particolari.

Più lo osservavo e più cresceva, in me, il disgusto nei suoi confronti. Era per i vampiri come lui, che Carlisle aveva preferito scegliere una via alternativa a quella dell’assassino assetato di sangue umano, secoli fa. Era per i sadici come lui, che provavano piacere ad uccidere, che Edward si era ostinato così tanto a non trasformarmi, per tenermi lontano da quel tipo di tentazione. Come se potessi cedere a quel peccaminoso, violento e contorto modo di vivere!

Charles incarnava tutto ciò che noi Cullen non tolleravamo, in quelli della nostra razza. Quello che mi stupiva, era come un tipo equilibrato e buono d’animo come Jack, potesse conoscere uno come lui.

“ Dov’è?”

Chiese, improvvisamente, Charles, la bocca vibrante nascosta sotto l’incrocio delle mani dalle dita lunghe intrecciate.

“ Dov’è chi?”

Controbatté Jack, sempre calmo, ma teso ed immobile nella sua posizione.

“ Non fare il finto tonto. Non lo accetto. Non più.”

Gli rispose duramente Charles, abbandonando ogni ironia, fulminandolo con lo sguardo affilato, con il nero acceso delle sue iridi, al di sotto delle ciglia lunghe.

Jack non gli rispose, sostenendo il suo sguardo con fin troppa calma. La mascella contratta mostrava fin troppo bene il suo nervosismo.

Charles sembrò accorgersene, tanto che ritornò sul suo volto a dipingersi quell’odiato sorriso.

“ Di cosa hai paura, Jack? Mi hai già ucciso una volta, ricordi?”

Per la prima volta, vidi sul volto di Jack accennarsi una sfumatura di rabbia sul suo bel viso, sentimento che non avevo mai visto possederlo, in quelle poche settimane passate insieme a lui e alla sua famiglia. Mostrando la stessa fierezza di un giovane David che affronta senza timore il crudele gigante Golia, lo sentii sibilare irritato, un ringhio trattenuto fra le labbra serrate, un fischio acuto tra i denti stretti, mentre con lo sguardo dalla fronte corrugata, seguii il movimento repentino di Charles, l’attimo dopo essersi alzato nuovamente dalla poltrona.

Dopo aver vibrato nell’aria una risatina di scherno, Charles si arrestò a pochi metri dal nostro gruppo compatto, che si strinse ancora di più come di riflesso – Edward rafforzò la presa sul mio braccio destro e il suo respiro tiepido mi solleticava la cute dietro l’orecchio destro, tanto eravamo vicini – e, proprio di fronte a Jack, gli disse irrisorio:

“ Mi sorprendi! Dimmi, Jack: credevi davvero… no, sul serio… che io potessi rimanere in disparte, mentre tu continuava a vivere la tua esistenza, che io stesso, ironia del fato, ti avevo donato secoli orsono? Ah, e naturalmente, dopo che tu hai cercato di uccidermi?”

Gli chiese, sempre con lo stesso tono leggero e sorridente.

Jack non rispose a nessuna delle sue domande, mentre l’odio nei suoi occhi, screziati di pagliuzze nere nelle iridi ambrate, aumentava ad ogni parola del vampiro.

“ Senza offesa, ma la tecnica dello smembramento, non ha senso se tu non incendi le parti lese. Come vedi, non è servito a niente farmi a pezzi e nascondermi in una cassa di legno, gettandola nel Mississippi. Quando la cassa è finita sulle rive di una desolata campagna e una graziosa contadinella ha avuto il delizioso riguardo di aprirlo nel chiuso della sua stanzetta, è stato facile a quel punto, per me, ricompormi. E quale gioia è stata per me, riavermi dal turbolento viaggio che mi avevi costretto a fare, dissetandomi di quella dolce famigliola. Oh, non ti angustiare! Ho lasciato la più piccola per ultima.”

“ Sei un mostro.”

Disse Kayle, con una tale carica d’odio nella voce profonda, da farmi rabbrividire.

Charles perse ogni benevolenza nel volto, voltando il capo verso di lui, in un movimento invisibile, gli occhi sanguinei e folli mentre lo zittiva, con voce imperiosa e crudele:

“ Zitto, moccioso! I bambini tacciono, quando i grandi discutono!”

Kayle gli ringhiò contro, ma Jack lo fece tacere con una mano alzata verso di lui, spostandolo con un braccio dietro di lui ancora di più, lontano dallo sguardo scuro di Charles.

“ Piuttosto maleducati, i tuoi bambinetti.”

Disse Charles, sorridendo irrisorio ad un arrabbiato Kayle, che dardeggiò con lo sguardo il padre, risentito.

Ma il mezzo sorriso scomparve subito dal volto di Charles, tramutandosi in una maschera d’odio contro Jack. Subito dopo, con voce sommessa e vibrante un antico risentimento, gli mormorò:

“ Credevi davvero che te l’avrei fatta passare liscia, Jackson? Ma guardati, cosa sei diventato! Giochi a fare l’umano, nella tua bella casa, con la tua famiglia, i tuoi marmocchi, con l’odore della tua puttana attaccato sulla pelle.”

Jack ringhiò in maniera fragorosa, tanto che fu Carlisle a fermarlo, trattenendolo con un braccio. Jack era acceso da un profondo odio verso Charles, che rise sonoramente, divertito dal suo tentativo di attaccarlo.

“ Non insultare mia moglie! Bastardo!”

“ Calmati, Jack.”

Gli disse Carlisle, mantenendo il suo tono calmo.

“ Avrei dovuto ucciderti meglio, l’ultima volta!”

Continuò Jack, urlando fra un ringhio e un altro, mentre Carlisle e Suzanne lo spingevano al suo posto. Kayle e Emmett sembravano attendere un solo cenno da lui o da Carlisle, pronti a balzargli addosso in qualunque momento. Si scambiavano sguardi complici, che non lasciavano nulla all’immaginazione.

“ Basta, calmati Jack!”

Gli intimò perentorio Carlisle, lasciandolo solo quando i suo spasmi di rabbia non furono cessati.

Nel frattempo, Charles si era accasciato sulla poltrona, ridendo a crepapelle, talmente forte da trattenersi la pancia con le mani.

“ Così fai solo il suo gioco. Non lasciare che le sue parole ti feriscano. Non ne vale la pena.”

Quando vidi Jasper, su invito silenzioso di Carlisle, farsi più vicino a Jack, solo allora riacquistò la calma che gli era propria. Ringraziò con un bisbiglio Carlisle e strinse la mano di Suzanne sul suo petto, accennando un lieve sorriso.

Anche i fragori delle risate di Charles sembravano essere cessati, ma sapevo che il potere di Jasper questa volta, non avevo meriti.

Per la prima volta, Charles osservò Carlisle, soppesandolo con lo sguardo, un’analisi accurata a cui Carlisle non si sottrasse, il volto fiero pronto a rispondere a qualsiasi sua mossa.

“ Ah, certo! Ora ricordo…tu sei il prete!”

“ Prego?”

Gli chiese Carlisle, arcuando un fine sopracciglio biondo. Charles riservò soltanto a lui, quel mezzo sorriso irritante.

“ Ma si, il prete. Lo strano vampiro che mi ha portato via Jackson.”

Disse, accostandosi a pochi metri da lui, il volto reclinato da una parte, in un atteggiamento curioso.

“ Tu e le tue idee bislacche… il concetto del grande vampiro, dell’anima conservata e un mucchio di sciocchezze di questo tipo.”

“ Sta lontano da lui. Carlisle non c’entra niente. La questione è fra e te.”

Gli disse Jack, richiamando la sua attenzione. Ma Charles lo ignorò, continuando ad osservare con una strana espressione neutra ed insondabile Carlisle.

“ Avrei dovuto capirlo subito, che il tuo incontro con lui lo avrebbe deviato e portato via dalla strada sicuramente più naturale, su cui lo stavo guidando. Ma, per amore suo…”

Disse, indicando con la mano Jack, che l’osservò con un vago senso di timore:

“ Ho lasciato correre. In fondo, io volevo solo la sua felicità. Ma tu, non hai potuto esimerti dall’affondare i tuoi artigli su di lui, più di quanto non avessi già fatto, non è vero?”

Gli chiese ancora, soave.

“ Smettila, adesso basta, Charles! Prenditela con me, non con lui. Sono io quello che ha tentato di ucciderti, non Carlisle. Lascialo fuori da questa storia.”

Gli disse Jack, con tono incalzante. Capii che la sua paura non era dovuta nei riguardi della sua persona, ma in quello che Charles avrebbe potuto fare a Carlisle. E il tono amichevole di Charles, era temibile più di qualsiasi altro che avesse mai usato fin d’allora, perché era ricco di sottintesi.

Questa volta, fu Edward a sibilare un ringhio fra i denti, forse per qualcosa che aveva letto nella sua mente.

Charles gli sorrise, come se fosse cosciente del suo potere mentale, per poi rivolgersi a Jack:

“ Quanto ardore, Jackson! Tieni così tanto al tuo amico del cuore?”

Improvvisamente, il suo sguardo mutevole si fece triste, quasi angosciato, un sentimento che non avrei mai creduto di vedere sul suo volto così bello ma crudele:

“ Un tempo avresti difeso me, così ardentemente. Eravamo così uniti, nessuno poteva separarci… così legati, così felici…”

Disse Charles, abbassando lo sguardo, quasi sul punto di piangere. Ne rimasi colpita. Sembrava soffrire davvero di un dolore straziante. Anche Jack trasalì di fronte a quell’espressione addolorata, sorpreso. Ma l’attimo durò poco. Jack si voltò in un gesto repentino, ringhiando forte, irato:

“ Ma tu, hai rovinato tutto! Tutto quello che avevamo costruito, insieme! L’amicizia che ti ho sempre offerto, l’amore che ti ho sempre dimostrato, non hanno contato più niente per te! Niente!”

Disse, urlando in maniera straziata, fuori di sé per sentimenti indecifrabili.

Jack lo osservava, ora inespressivo.

“ E tutto per lei…”

Lei? In un primo momento, pensai a Suzanne, che lo guardò con espressione corrugata. Ma le parole successive di Charles, smentirono la mia ipotesi.

“ Quella piccola intrigante! Viziata, egocentrica, superba… Jenna.”

Sputò il suo nome con rabbia, odio e disgusto insieme. Il suono assunto dalla sua voce, in quel preciso istante, arrivò alle mie orecchie in un’eco raccapricciante. Dietro di me sentii Edward irrigidirsi e, guardando il suo sguardo attento e teso, capii che era quello il momento che stava attendendo con tanto scrupolo. Il momento, in cui Charles avrebbe nominato Jenna.

“ Accettai di trasformarla e di accoglierla fra di noi per te, solo per te. Perché ci tenevi moltissimo, inspiegabilmente. Quella ragazzina ti aveva toccato il cuore come io, ora soltanto me ne rendo conto, al sopraggiungere dei fatti trascorsi, non ero riuscito a fare in tanti anni.”

Disse, quasi fra sé, per poi puntare il dito indice verso Jack, che rimase ostinatamente impassibile, come prima non era riuscito a fare.

“ E’ per questo che lo hai fatto, vero? E’ per lei, solo ed esclusivamente per lei che mi hai fatto a pezzi, in un momento di vulnerabilità, messo in una cassa e gettato in quel dannato fiume, vero?”

Jack abbassò lo sguardo, corrugando la fronte per lo sforzo. Ma Charles non si arrese:

“ Non è forse così, Jack? E’ per lei che mi hai lasciato morire, vero?”

Lo incalzò, finché non esplose:

“ Rispondimi, Jackson Richard Stuart!”

“ Si!”

A quell’esclamazione, Charles si bloccò istantaneamente, la bocca socchiusa, ansimante. Con la stessa velocità, si riprese, schiarendosi la voce e sorridendo quasi lieto.

“ Bene. L’importante è ammetterlo, no? Ti era così difficile, farlo?”

Jack non gli rispose, ma mi sembrò meno sicuro di sé, ora. Mi dava l’impressone di sentirsi scoperto.

“ E tu hai gettato al vento anni di amicizia, solo per quella femmina? Ti compiango, Jack, davvero. Non credevo fossi capace di cadere così in basso. Tu, che eri la mia opera d’arte. Il migliore, persino di me.”

Disse, indicandosi, portandosi una mano al petto, lo sguardo pieno di biasimo puntato su di lui.

Tutti quei suoi repentini cambi di umore, mi stavano facendo impazzire. Era come stare dietro alle voglie di una donna incinta e bisbetica. Bisognava rimanere pazienti, ma sempre irremovibili. Ma con Charles, era quasi impossibili non lasciarsi trascinare dall’irritazione.

“ Tu non l’hai mai veramente accettata. Fingevi di amarla. Ma in realtà, la odiavi con tutto te stesso.”

Disse Jack, lo sguardo lontano anni luce, immerso in ricordi secolari.

“ Odiarla? No, al contrario. Io amavo, anzi, amo Jenna. Alla follia. Ciò che non capisco è, perché non ammettere che la ami anche tu.”

“ Ma io la amo. Sempre.”

Disse Jack, accoratamente, osservando Charles, che gli disse, quasi risentito:

“ Come tua amante.”

Jack scosse la testa, fermamente.

“ No. La mia gioia, il mio amore… la mia bambina. Mia figlia.”

Nostra figlia.”

Rimarcò subito Charles, duramente.

“ Nostra. Mia e tua. Tu me l’hai tenuta lontana da troppo tempo, ormai. E’ giunto il momento, che Jenna venga con me. E’ per questo che sono qui.”

Ad ogni parola, il volto di Jack s’induriva e Charles continuò, incurante del suo stato, specificando ancora:

“ E’ per questo che sono venuto a trovarti. Per portare Jenna con me.”

Il suo sorriso, questa volta ampio, si fece velenoso e crudele:

“ Per vivere insieme a lei, per il resto della sua vita.”

Jack s’innervosì nuovamente.

“ No. No, non te lo permetterò. Jenna… Jenna…”

“ Jenna non è come te.”

Quella frase sembrò colpire Jack, che rimase in silenzio. La sua famiglia lo guardò stranita, inclusa io.

“ E lo sai anche tu. Lo ha dimostrato già da piccola e immagino che lo abbia dimostrato anche ultimamente. Oh, ho colpito nel segno, vedo!”

Disse, notando il turbamento sul volto di Jack. Charles gli sorrise quasi comprensivo.

“ Dammi retta. Gli farà bene passare un po’ di tempo con me. La rilasserà un po’. In fondo, le voglio bene, lo sai. Non farei mai nulla che possa turbarla.”

Disse, sorridendo in modo carezzevole, tuttavia mi parve soltanto sinistro il suo tentativo di riappacificazione. E la mia, non fu un’impressione isolata, a giudicare dai visi increduli e irritati di tutti.

“ No?”

Chiese a Jack, che non gli rispose. Il suo diniego era dipinto palesemente sul suo viso.

Charles si avvicinò a Jack, borbottando un:

“ Molto bene, ascoltami.”

Per poi iniziare ad aggiustargli i risvolti della camicia. Notai che era pochi centimetri più basso di Jack, ma comunque non meno temibile.

Kayle e Emmett si tesero di riflesso, i pugni stretti. Edward trattenne Emmett per l’orlo della t-shirt, come ad intimarlo di mantenere la calma.

“ Facciamo così. Tu, mi lasci parlare con Jenna. Vediamo cosa ha da dire, ci facciamo una bella chiacchierata, rivanghiamo i vecchi tempi, tu starei molto attento alle sue reazioni e quando capirei che è il caso, per me, di ritirarmi perché non c’è nessuna speranza di convincerla…”

Trasse un profondo respiro, rifacendogli la cravatta blu scuro del suo completo, tirando su con destrezza il nodo.

“ Me ne andrò.”

“ Te ne andrai?”

Gli chiese, scettico.

Charles fece spallucce.

“ Ovvio. Se incontro un muro, che motivo c’è di abbatterlo, se la stanza che è al suo interno è vuota? E’ improduttivo.”

“ Va bene.”

Rispose un’altra voce, facendosi voltare tutti verso le scale. Sul gradino più alto, c’era Jenna, con la mano destra stretta a quella di Chris, saldamente, come se volesse trattenerlo. Quando sollevai lo sguardo verso di lui, capii che era da un po’ che stava combattendo contro l’istinto di scagliarsi contro Charles.

“ Vuoi parlare, Charles? Parliamo.”

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

  
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