The tango will go out
{Roxanne, you don’t have to put on
that red
light
You don’t care if it’s wrong or if it is right}
Anthony
Hoyt e Roxanne Mellinger sedevano a tavoli diversi, mangiavano e
conversavano
con persone diverse. Tutta la sala da pranzo risuonava del tintinnio
delle
posate e dei bicchieri, delle risate dei commensali e dei passi dei
camerieri,
così le parole del passeggero, per quanto Roxanne si
sforzasse, erano
incomprensibili e raramente le capitava di distinguere uno scroscio di
risa a cui
doveva appartenere anche la sua.
«Scusate,
devo assentarmi per qualche minuto.» mormorò.
Tra lei e
la porta c’era il passeggero sconosciuto, indifferente nella
confusione
generale.
Gli passò
accanto e lui si piegò in avanti per consentire al cameriere
un passaggio più
agevole: quasi sorrise, notando una striscia di pelle rosa acceso tra
il
colletto della camicia ed i capelli.
Lentamente,
senza nemmeno guardarlo, sfiorò quella pelle calda con
l’indice abbracciato
dalla seta del guanto e lo tenne sollevato finché non fu
uscita dal ristorante.
Risalì il
corridoio vivacemente illuminato il più silenziosamente
possibile, prestando
ascolto.
«Signorina!»
prima ancora di voltarsi, impallidì e affondò le
unghie nel palmo delle mani.
«Sì?»
chiese, senza chiedergli se si stesse rivolgendo proprio a lei: erano
soli, in
quel corridoio stretto e chiaro ed era stata lei a invitarlo. Il suo
tono fu
più brusco, più infastidito di quanto si fosse
aspettata e perciò si sentì più
titubante di quanto avesse previsto.
L’uomo
venne verso di lei a grandi passi, le prese la mano destra e,
chinandosi un
poco, ne sfiorò il dorso con le labbra sottili. Roxanne
avvampò e distolse lo
sguardo.
«Anthony
Hoyt, per servirla.» proruppe lui, quasi baldanzoso.
«Roxanne
Mellinger.» riuscì a dire, a fatica.
Erano
così vicini, non era naturale che un uomo e una
donna… stessero… così…
vicini.
«Perché
mai una signorina così graziosa e perbene cerca di sedurre
uno sconosciuto in
questa maniera?» le chiese Anthony e, tirato fuori un
orologio da tasca, lo
studiò brevemente.
«Perché,
perché crede che io volessi sedurla? Non so nemmeno di cosa
sta parlando.»
«Davvero?»
Il suo
tono era così ironico, così denso di scherno che
Roxanne dovette alzare gli
occhi verso di lui, che non sembrava preoccuparsi di nulla e anzi
cercava di
farle mettere un piede in fallo.
Lo guardò
fisso negli occhi pallidi, socchiudendo i propri:
«Davvero.» voleva tacere,
eppure le parole che aveva pensato raggiunsero la gola e la lingua:
«Seducetemi
voi, se vi va.»
Anthony fece
una risatina imbarazzata, passandosi le dita tra i capelli fini, ma non
se ne
andò.
Appoggiò
la schiena alla parete e rimase lì, senza guardarla, a
riflettere.
Timidamente,
lei assunse la stessa posizione, a nemmeno un metro dalla sua spalla
destra, e
attese a sua volta, benché non sapesse bene cosa sarebbe
successo da lì a poco.
«Come mai
sei su questa nave?»
«Accompagno
mio padre ad un incontro di affari; ha detto che sarebbe stata una
buona
occasione per farmi scoprire i piaceri dei viaggi per nave.»
sospirò.
«E li hai
scoperti?»
«Ma
questa non è una nave,
è una città!
Non è un possibile comprendere i viaggi comuni.»
Si portò
dall’altra parte del corridoio e gettò uno sguardo
oltre il vetro scuro
dell’oblò, scosse la testa una volta, due, come se
stesse cercando di decifrare
qualche forma nel buio, quando invece cercava di far scivolare qualche
ciocca
di capelli lungo la gola.
Capì di
aver vinto, qualunque fosse la posta in palio, quando il respiro di
Anthony le
fece venire la pelle d’oca sulla nuca e le sue mani
scivolarono sui suoi
fianchi, solo con la punta delle dita.
«Roxanne…»
le mormorò all’orecchio destro. «Cosa
dovrei fare, per sedurti?»
Mentre
riprendeva fiato, continuò ad allargare le dita, fino a
cingerle la vita con le
mani, i pollici che si toccavano sulla sua spina dorsale, i medi che si
sfioravano sul suo stomaco.
«Che vita
sottile, Dio.»
Respirò a
fondo: «Sarebbe meglio se… se… non
qui.» balbettò, picchiettando contro
l’oblò.
«Ogni tuo
desiderio è un ordine.» le mani si allontanarono.
Scappò lungo il corridoio,
senza quasi guardarsi alle spalle.
Aprì in
fretta la porta e si precipitò dentro, i capelli in
disordine, tallonata da
Anthony.
Lasciò
che le arrivasse alle spalle e poi si voltò, finendo con lo
sfiorargli il mento
con il naso.
Di nuovo,
aveva beatamente ignorato la distanza di cortesia tra due
interlocutori.
Aveva le
ciglia arcuate, ma come i capelli erano di un castano così
chiaro da essere
invisibili; la sua espressione era fastidiosa, così
indifferente qualsiasi cosa
succedesse, e sentiva che era prossima a detestarlo, appunto per
quell’aria
superiore.
«E
adesso?» la schernì, in attesa.
Roxanne
rise.
Anthony
Hoyt sembrava incapace di assimilare il semplice fatto che lei non
fosse il
tipo di donna cui era abituato: nel baciarla, continuava a strofinarle
le mani
sulla schiena e a allontanare la bocca per guardarle le gambe pallide e
a
spingerla indietro, facendola inciampare nel mucchio di stoffa color
crema del
suo abito, tolto e caduto malamente sul pavimento lindo.
Si lasciò
sospingere fino a cozzare la testa contro la parete, infilò
le braccia tra loro
due e si fece baciare ancora, ancora e ancora, senza opporre una grande
resistenza, finché Anthony non le premette le labbra sulla
tempia, un paio di
volte, e appoggiò la fronte alla sua.
«Ho
freddo.» si lamentò poco dopo, con la pelle
d’oca sulle braccia nude.
Anthony
stornò con tatto lo sguardo, quando si chinò a
raccogliere il vestito e lo
indossò.
«Posso
riaccompagnarti al ristorante, o sarebbe sconveniente?»
«Direi
proprio di no: non credo che stiano tutti pensando al fatto che ci
siamo
assentati…» rispose e, con un gesto fulmineo, gli
sistemò il colletto della
camicia. Lui la prese per mano con insolita delicatezza e la
accompagnò fuori
dalla stanza, attendendo che la richiudesse a chiave.
Man mano che le porte del ristorante si avvicinavano,
Roxanne fu presa da una leggera sensazione di nausea; strinse
più forte il
braccio di Anthony e si sforzò di camminare in linea retta,
finché lui non si
liberò della sua stretta e le cinse la vita con il braccio.
«Hai una brutta cera. Sei sicura di voler tornare
là
dentro?» i suoi occhi erano ancora sfuggenti, la voce ancora
indecisa, eppure
qualcosa nella tensione del braccio la rassicurò.
«Non è niente, sono solo…»
non sapeva se era stanca, tesa,
se era stato il freddo di poco prima, perciò
lasciò la frase in sospeso e fece
un sorriso timido.
«D’accordo.» la mollò
bruscamente, aspettò che tornasse al
suo tavolo come un fantasma.