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Autore: artisticbex    04/07/2012    4 recensioni
Mi sono immaginata un (im)probabile incontro tra Calipso e Annabeth.
Ho pensato che la poverina si sente molto sola sulla sua isola e invece del solito eroe, le ho mandato una compagnia femminile.
Chissà che poi le due ragazze, all'apparenza molto diverse, non diventino amiche...
Spero di avervi incuriositi :))
Genere: Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altro personaggio, Annabeth Chase
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Mi svegliai in un posto che di certo non era il mio letto alla capanna 6, e né tantomeno camera mia al dormitorio della scuola.
Ero in una stanza spaziosa e luminosa e indossavo una strana tunica bianca. Accanto al letto c’erano i miei vestiti bruciacchiati.
Mi alzai, sentendo la testa girare, ma mi imposi di mantenere una certa lucidità. Dovevo scoprire dove mi trovavo.
Uscita da quella stanza, mi ritrovai in un giardino bellissimo e enorme, pieno di fiori che non avevo mai visto prima e moltissimi alberi da frutto. Su un tavolo apparecchiato c’erano frutta e cibi dall’aspetto squisito.
Una ragazza in fondo al giardino, stava piantando quelle che sembravano rose, ma erano molto più grandi e brillavano come se fossero fatte di diamanti.
Mi schiarii la voce per attirare l’attenzione.
Lei si girò; era bellissima. Aveva lunghi capelli color caramello, intrecciati con fiori e fili d’oro; indossava una veste lunga fino ai piedi e drappeggiata, color zafferano, e i suoi occhi a mandorla risplendevano come due stelle.
«Oh, ti sei svegliata. Prego, serviti pure, avrai fame.» disse sorridendo. La sua voce era armoniosa e il sorriso smagliante.
«Dove sono? » chiesi dubbiosa e diffidente.
Le cose belle si rivelano sempre essere orribili per i semidei come me.
«Sei sulla mia isola e casa, Ogigia. Io sono Calipso. »
Sgranai gli occhi. Come tartaro ero finita a Ogigia?
Calipso si avvicinò e mi invitò di nuovo a sedermi e mangiare. Accettai titubante e cominciai a gustare quei cibi deliziosi.
«Allora, chi sei, ragazza? » mi chiese gentile.
«Annabeth Chase, figlia di Atena. » risposi con una punta d’orgoglio nella voce.
«Il tuo nome mi ricorda qualcosa…» disse pensierosa. Da voce vieni? »
«Campo Mezzosangue, New York. »
«Oh, ora mi ricordo! Tu devi essere l’amica di Percy! » esclamò sorridendo felice.
Per poco non mi strozzai col cibo, mentre l’ombra della gelosia si spandeva dentro di me.
Come avevo fatto a dimenticarlo? Percy era finito da Calipso dopo l’esplosione del Sant’Elena.
«Già, Percy Jackson, il mio ragazzo. » risposi.
«E come sta? Immagino che sarà passato tanto tempo da quando è venuto qui…ad Ogigia non c’è cognizione del tempo. »
«Sono passati quattro anni. Lui è un eroe, ha salvato l’Olimpo e ha sconfitto Crono. Beh, insieme all’aiuto dei suoi amici. »
«Oh, dei. Solo quattro anni? » esclamò sorpresa. Poi si riprese e mi guardò sorridendo.
«Sai Annabeth, di solito mandano un eroe che non può mai accettare la mia proposta di restare…ma stavolta sei apparsa tu. Voglio dire, non era mai arrivata una ragazza ad Ogigia. »
«Io non so come sono arrivata qui…» dissi incapace di ricordare cosa era successo prima del mio risveglio in quel letto.
Calipso rimase in silenzio fino a quando finii di mangiare. Poi mi chiese di raccontarle qualcosa sulla mia vita, sul Campo Mezzosangue…
All’inizio rimasi sorpresa da quella richiesta, ma poi, vedendo lo sguardo di Calipso, capii che probabilmente si sentiva molto sola e aveva bisogno di parlare con qualcuno, di conoscere cosa succedeva fuori dal suo giardino e dal suo mondo.
Doveva essere orribile essere condannati a un’eternità in solitudine, senza che nessuno possa fermarsi per più di pochi giorni.
Così le raccontai della battaglia sull’Empire State Building e dei ragazzi che erano morti per salvare gli dei; le raccontai della prima volta in cui vidi Percy e di come diventammo amici, delle nostre imprese e di quanto quel ragazzo fosse stupido a volte; le dissi del Signor D e di Chirone, di Rachel e di come era diventata il nuovo Oracolo di Delfi; le raccontai di Luke, di Talia e delle cacciatrici.
Passammo un intero pomeriggio chiacchierando e ridendo, come se fossimo amiche da una vita.
Mi accorsi di come sembrava felice Calipso di avere qualcuno con cui parlare e di come mi ascoltasse attentamente.
Nei suoi occhi leggevo un immenso desiderio di vivere di persona tutte le avventure che le stavo descrivendo e mi sentii stupida per aver provato gelosia nei suoi confronti.
Quel sentimento adesso era scomparso lasciando spazio a una grande tristezza per quella povera ragazza.
«Mi hai detto che Percy è il tuo ragazzo…come è successo? Insomma, come vi siete innamorati?
Quando Percy era qui, parlava di te nel sonno, continuava a ripetere il tuo nome…e quando non è voluto rimanere, credo che l’abbia fatto per te, oltre al fatto che voleva salvare l’Olimpo.
Per questo penso che fosse già innamorato perso di te! Ma tu? » mi disse, facendomi l’occhiolino.
Arrossii, ma poi mi liberai dell’imbarazzo e le rivelai quello che non avevo mai detto a nessuno.
Le raccontai di come mi ero innamorata di quel Testa d’Alghe, che con ogni suo gesto mi faceva capire di tenere a me, e io non volevo ammettere a me stessa che mi piaceva.
Poi le raccontai del bacio nel Sant’Elena e di come ero stata felice quando era riapparso al campo dopo il suo soggiorno a Ogigia.
Dissi del pasticcino blu il giorno del suo compleanno, del bacio nel lago delle canoe e di tutti gli altri momenti che avevo passato con lui negli ultimi due anni.
Calipso ogni tanto ridacchiava e sorrideva, ma, al contrario di come avevo pensato, non era gelosa di me e del fatto che stavo con Percy. Sembrava quasi…felice.
Quando calò la sera, cominciai a farmi domande su come tornare a casa.
Lo chiesi a Calipso, che parve rattristarsi.
«Sulla spiaggia, c’è una zattera..è magica, può riportarti dove vuoi. »
«Mi piacerebbe restare di più, ma credo che gli altri siano preoccupati della mia scomparsa.
Se solo potessi venire con me…»
«Ma non posso, Annabeth. Ogigia è la mia casa e la mia prigione. Non posso andarmene.
E non ti chiederò nemmeno di restare per sempre con me, perché la mia maledizione vale solo per gli eroi. Non posso innamorarmi di una ragazza. » disse, ridendo poi dell’ultima frase.
Ci incamminammo verso la spiaggia, dove vidi chiaramente la zattera di cui parlava Calipso.
La guardai negli occhi.
«È stava una bellissima giornata e mi ha fatto davvero piacere  passarla con te. » le dissi sincera.
«Anche a me. Non so come tu abbia fatto ad arrivare fin qui e non riesco nemmeno a capire perché gli dei ti abbiano mandato da me…ma forse puoi tornare. Tu sei una ragazza. 
Però non ho idea di come tu possa fare a trovare la strada per la mia isola, nessuno è mai tornato una seconda volta. »
Ci pensai su. «Cercherò il modo per farlo, te lo prometto. »
«Chiedi agli dei perché ti hanno mandata. Forse ti lasceranno tornare. » propose speranzosa.
«Forse si sono resi conto che avevi bisogno di una compagnia femminile. » dissi ridacchiando.
«O forse avevo semplicemente bisogno di un’amica. » mi disse con gli occhi lucidi.
Sorrisi e la abbracciai.
«Tornerò, amica mia. » promisi.
Poi salii sulla zattera e scomparvi dagli occhi di Calipso.










Allora...ho sempre provato una gran pena per la povera Calipso e mi sono chiesta: perchè, invece del solito eroe che le spezza il cuore, non può arrivare una ragazza a farle compagnia?
So che è maledetta eccetera, e per questo arrivano solo ragazzi,  però ho voluto immaginarmi un possibile incontro tra Calipso e Annabeth.
Visto che Calipso non può lasciare Ogigia, è Annabeth che arriva da lei. Non ho nemmeno messo il "come" è arrivata, perchè non volevo causare un'altra esplosione con possibili liberamenti di mostri antichissimi.
Ed ecco quello che è venuto fuori :D
Non so, forse scriverò un secondo incontro xD
Anche questa cosa sembra improbabile, perchè mai nessuno è tornato una seconda volta sull'isola di Calipso...
Boh, spero che vi piaccia! :)) fatemi sapere cosa ne pensate.
Bacioni!


   
 
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