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Autore: Acquamarine_    04/07/2012    2 recensioni
[Storia classificatasi prima al contest "A me la frase, a voi la storia!" ed ha vinto il "Premio giuria"]
Una one-shot che ripercorre il "colloquio" tra Albus e Remus prima de "Il prigioniero di Azkaban". Lupin tornerà nel giardino e dissotterrerà una cosa, una cosa che lo riporterà indietro, nel passato, che non lo farà più scappare...
Genere: Commedia, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Albus Silente, Remus Lupin
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica, Durante l'infanzia di Harry
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Nickname: (sul forum e sul sito se differiscono) Acquamarine_
Titolo: Alle porte del passato
Frase scelta: 10. Annusò le pagine del libro, giusto per sentire quell'odore familiare che non ricordava ormai più; sorrise soddisfatto, cominciando a leggere.
Personaggio/i scelto/i: (ed eventuale pairing) Remus; vari accenni ai Malandrini, Albus Silente
Genere: Introspettivo, Malinconico, Commedia (per il finale)
Avvertimenti: One-shot (3551 parole; contatore di Open Office), Missing Moments
NdA: (se ci sono) Scrivere questa one-shot è stato parecchio difficile; la mia più grande paura è di essere stata noiosa, banale o pesante in alcuni punti. Remus è il mio personaggio preferito, e non ho potuto non pensare a lui leggendo quella frase. Le note che ho da lasciare sono poche.

1Le frasi inizianti per “E”, sebbene non siano sbagliate spesso sono conteggiate come errore. In caso, sono semplici scelte stilistiche :)

2La frase non è centrale in tutta la storia, tuttavia, credo sia abbastanza importante nella seconda metà: grazie ad essa avviene in cambiamento di Remus, grazie a quel libro, che ho immaginato come una sorta di diario/storia dei Malandrini, riesce a comprendere che le parole di Albus sono giuste, e che non si può scappare per sempre.

3La frase “... quando una notizia è un po' originale, non ha bisogno di alcun giornale... come una freccia dall'arco scocca, vola veloce di bocca in bocca” è una citazione dalla canzone Bocca di Rosa, di Fabrizio De André.

4Ah, la frase di Albus, “A volte, il destino ci riserva sorprese che non possiamo immaginare” non vuole dimostrare che lui sapesse la verità; semplicemente, sospettava qualcosa. D'altronde si sa, Albus è imprevedibile, e arriva lì dove altri non giungono.

Credo di aver finito con le note, quindi... spero ti piaccia :)

La storia si è classificata prima al contest "A me la frase, a voi la storia" ed ha vinto il "Premio Giuria" ♥

 

* * *

 

Era stato lontano da Hogwarts troppo a lungo, casa gli era mancata, davvero.

Hogwarts era tutto ciò che gli rimaneva, un punto fermo che non sarebbe mai venuto meno quando avrebbe avuto bisogno di lui.

Remus sospirò, camminando lentamente nei corridoi che erano pregni di emozioni, sue, dei suoi amici, e di tutti coloro che negli anni avevano attraversato quei passaggi.

Si fermò per un secondo davanti ad una finestra che dava sul giardino; la leggera brezza scozzese gli accarezzò dolcemente il viso, ma non ebbe il potere di illuminargli gli occhi.

Si perse ad osservare il giardino, così vuoto nei giorni di agosto, e gli parve di risentire le risate, le chiacchiere e persino il profumo degli anni in cui era ancora un ragazzino e girava per il castello con la divisa di Grifondoro ed il sorriso sulle labbra.

«Remus, ti sbrighi? La partita sta per cominciare... non possiamo arrivare in ritardo!»

L'uomo si voltò di scatto, cercando con lo sguardo qualcuno che non c'era. La voce di un Sirius tredicenne gli era giunta forte e chiara, eppure avrebbe dovuto sapere che l'altro non era realmente in quel luogo.

 

«È successa una cosa... ma è meglio se leggi...»

 

Ricordava ancora le urla, le lacrime che aveva versato dopo ciò che aveva letto.

Sirius aveva tradito.

Uno dei suoi migliori amici aveva fatto in modo che James e Lily morissero, e che Harry, il loro piccolo bambino, fosse quasi ucciso.

Sirius Black aveva aggredito Peter Minus, uccidendolo assieme a dodici Babbani innocenti per... perché? Se lo chiedeva ancora, ma, dopo anni, non era in grado di rispondersi.

L'uomo sospirò, poi si passò una mano sul viso.

A volte, gli sarebbe piaciuto poter eliminare tutti i ricordi, anche quelli felici.

Forse, non essere in grado di provare emozioni sarebbe stato... appagante; si sarebbe perso molte cose piacevoli, non avrebbe mai più avuto momenti belli né sentito l'ebbrezza di essere vivo, eppure... l'idea di non soffrire lo allettava e non poco.

Si immaginava di già, gelido e privo di emozioni: nulla sarebbe riuscito a scalfirlo, nulla l'avrebbe più ferito. Eppure sapeva che tutto ciò era solo una mera utopia: non sarebbe mai esistito un uomo realmente senza emozioni, né nessuno sarebbe stato capace di creare incantesimi o pozioni per esserlo; l'amore era troppo furbo, e forse perfido, per lasciarsi eliminare con tanta facilità.

«Lupin? Remus Lupin?»

Il mago si voltò, incontrando lo sguardo cupo di un uomo che conosceva fin troppo bene.

«Bene,» continuò l'altro. «Albus ti aspetta... seguimi».

Seguì l'ex compagno di scuola, e il castello gli sembrò più grande che mai: il silenzio era pesante e la tensione si poteva tagliare a fette.

Remus cercò di concentrarsi sul rumore dei propri passi, sul canto degli uccelli nel giardino che avevano appena attraversato, sul rumore delle pietre delle clessidre in Sala Grande che tornavano ad azzerare i punti di ogni Casa.

Remus non era mai stato d'accordo con il trattamento che James e... Sirius avevano riservato a Severus. Spesso aveva desiderato andare dal ragazzo, magari scusarsi... ma non ne aveva mai avuto il coraggio: era sempre stato troppo concentrato su se stesso ed i suoi problemi per pensare realmente alla gravità delle azioni dei suoi amici, e quando se n'era reso conto era tardi, ormai – o, almeno, così credeva.

Eppure sapeva che quello era il momento adatto: dopo anni i dissapori adolescenziali si dimenticano, inoltre erano soli in quel momento, nessuno avrebbe potuto disturbarli.

«Severus, volev-» aveva esordito, ma era stato coperto dalla voce – gelida – dell'altro, che aveva esclamato: «Ecco il professor Silente, sta passeggiando lungo il Lago Nero. Digli che sto tornando a casa e che aspetto il suo gufo per quella questione».

Aveva utilizzato un tono talmente freddo, che Remus era rimasto pietrificato per un po'. Quando aveva battuto le palpebre, l'eco dei tacchi dell'altro era già lontano, e la sua figura non era più visibile.

Avrebbe dovuto aspettarselo...

Sospirò, poi si diresse verso il preside a passi lenti. Quand'era ancora un ragazzino, non avrebbe mai immaginato di poter tornare, da adulto, a percorrere quelle stesse strade, osservare le medesime piante, guardare gli stessi muri, eppure...

«Ah, Remus! Non ti sembra, questa, una bellissima giornata?» aveva esordito Albus Silente, con il suo solito sorriso rassicurante.

«Sì, professore...» aveva risposto lui, cominciando a passeggiare al fianco dell'altro.

Il vento li aveva raggiunti poco dopo: la brezza era leggera e piacevole e faceva loro compagnia.

«Di cosa voleva parlarmi?» chiese Remus, un po' curioso, un po' ansioso.

In quegli anni aveva viaggiato molto, forse per sfuggire ad un passato che non voleva più, per correre via da quei ricordi che cercavano di catturarlo e strappargli via la felicità, al pari dei Dissennatori che aveva studiato anni addietro.

Ogni tanto tornava in Inghilterra, non poteva abbandonare il suo paese, casa era pur sempre quella. Una di queste volte, aveva ricevuto una lettera del professor Silente che gli diceva di recarsi al castello poiché aveva una proposta per lui.

Ma, mentre Remus era curioso, Albus sembrava non avere alcuna fretta di comunicare il fatto.

«C'è tempo, Remus. C'è sempre tempo» rispose, infatti, con un gran sorriso.

Molto spesso il giovane si era chiesto se il suo professore fosse matto, ai tempi della scuola. Si era risposto con poca difficoltà: Albus Silente era matto senza dubbi, ma in questa sua pazzia vi era genialità e tanta, tanta saggezza.

In fondo, tutti i saggi sono un po' matti: è per questo motivo che vedono lì dove altri non avrebbero neanche pensato di guardare.

Continuarono a passeggiare lungo il Lago ed il giardino del castello, poi all'interno dei corridoi e, infine, giunsero davanti ai gargoyles ed Albus, con voce tranquilla, esclamò: «Acquaviola».

Le due creature di pietra si spostarono, mostrandola lunga scala che conduceva allo studio del preside. Salirono in silenzio, poi Albus lo fece accomodare davanti alla scrivania.

«Sono molti anni che non ti vedevo, come stai?» aveva chiesto Albus, gentile.

«Un po' meglio, forse» aveva sussurrato l'altro, sapendo, tuttavia, di stare mentendo.

Scappare non era stata una buona idea, non era servito a lenire il dolore della perdita di tutti i suoi migliori amici nel giro di una notte.

Peter e James erano morti, e lui era rimasto solo. Tutti e tre erano stati traditi da Sirius, che si era alleato con Lord Voldemort. Avrebbero potuto aspettarselo da tutti, ma non da Sirius, colui che a sedici anni era scappato di casa, che disprezzava coloro che guardavano la purezza del sangue... e che li aveva traditi, tutti.

«Avrei una proposta da farti, dunque» riprese il preside. «Ti propongo di rimanere qui, per un po'».

«Rimanere qui... in che senso?» chiese Remus, piano.

«Se non erro, a te piaceva la Difesa Contro le Arti Oscure, vero? Eri uno dei più bravi del corso...»

«Sì, mi piaceva molto... ma non vedo come...» rispose l'altro, continuando a non capire.

«L'anno scorso il professore della materia, Gilderoy Allock, ha avuto... un piccolo incidente, ed ha perso la memoria. Credo tu sia venuto a sapere ciò che è accaduto, forse lo sai meglio di me: quando una notizia è un po' originale, non ha bisogno di alcun giornale... come una freccia dall'arco scocca, vola veloce di bocca in bocca, dico bene?» chiese Silente, con un enigmatico sorriso.

L'altro si limitò ad annuire, curioso di capire ciò che Albus aveva da dirgli e che continuava a tenere segreto.

«Ebbene, senza indugiare oltre... la scuola è attualmente senza insegnante per tale materia, ed io avevo pensato a te» concluse, sorridendo.

Remus dovette ammettere di non averci pensato. Insomma, lui... un insegnante?

I ragazzi gli piacevano, la materia era stata una delle sue preferite... però quel castello era così pieno di ricordi, per lui. Ricordi che, uniti alle parole che lo perseguitavano da dodici anni ormai, lo opprimevano e lo facevano star male, come se non fosse più di respirare.

«So che non è semplice, credimi,» sussurrò Albus, «però non si può scappare per sempre».

«Lo so, professore, lo so...» rispose l'altro, concedendosi di cedere, per una volta sola.

Ad Albus Silente non si poteva nascondere la verità, i suoi occhi azzurri sembravano avere il potere di spogliarti completamente, inducendoti a liberarti del peso che ti opprimeva il petto e non ti faceva dormire bene da anni.

«Non c'è bisogno che tu mi risponda ora, Remus. Non ti ho convocato qui per metterti in difficoltà e lasciarti decidere su due piedi. Abbiamo tutta l'estate davanti a noi!» concluse l'altro, sfoderando nuovamente il suo sorriso rassicurante.

«No, professor Silente. Forse me ne pentirò, ma accetto» rispose l'altro, sorprendendo per primo se stesso.

«Ne sei assolutamente sicuro, Remus?» chiese l'altro, sinceramente.

«No, non sono sicuro sia la cosa giusta da fare: tornare qui, rivedere tutti i ragazzi, magari rivedere qualcuno che gli somiglia... però voglio provarci. Lo ha detto lei, no? Non si può scappare per sempre...» disse Lupin, poi abbozzò un sorriso.

Forse, accettare di andare a far visita al vecchio preside non era stata un'idea tanto pessima.

Certo, non sarebbe stato semplice, non aveva dubbi. Sicuramente si sarebbe ritrovato solo nella sua camera a ripensare a ciò che era stato, ma era meglio farlo a casa, piuttosto che in paesi nuovi e sconosciuti.

Magari, avrebbe ricominciato a vivere come non aveva fatto in tutti quegli anni.

«Cosa posso dire? Avere un mago valido come te ad aiutarci ci fa molto piacere, ma credo che tu lo sappia, no?» riprese Albus, sorridendo.

«Volevo solo chiederle una cosa, professore... per quanto riguarda il mio...» esordì Remus.

«Non preoccuparti per te, né per i ragazzi. Giustappunto prima ne parlavo con Severus, l'hai incontrato, vero? Devi sapere che circa tre anni fa, Damocles Belby ha fatto una scoperta straordinaria: la pozione Antilupo» spiegò, sorridendo.

«Ne ho sentito parlare, ma è talmente complicata da preparare... ci ho provato, l'ho cercata in ogni dove, ma non l'ho trovata... è impossibile trovare qualcuno che...»

«Severus Piton è in grado di prepararla, e sarebbe disposto ad aiutarti con molto piacere» terminò Albus, sorridendo.

Remus non parve credere a quel 'con molto piacere', tuttavia venire a conoscenza del fatto che Severus fosse in grado di aiutarlo lo rendeva... sicuro, sì.

Doveva ammetterlo: sebbene volesse domandargli scusa per ciò che aveva fatto, non riusciva a fidarsi completamente di Severus Piton.

Anche lui era stato dalla parte dei Mangiamorte, e non sapeva se si fosse redento completamente.

Tuttavia, si fidava del giudizio di Albus Silente, e sapeva che l'uomo non avrebbe mai accettato che Severus lavorasse con lui se non si fosse realmente pentito, e che giudicare una persona a distanza di anni per un azione del passato non era propriamente giusto.

Quel giorno, Remus Lupin decise di dire addio a tutto ciò che era stato in quei dodici anni: diffidente, rancoroso, sofferente.

Avrebbe cercato di tornare a sorridere, di tanto in tanto, eppure, per dire addio al passato, sentiva di doverci tornare un'ultima volta.

Chiuse per un attimo gli occhi, e sentì un rumore assai familiare, che non risentiva da anni, ormai.

Ma era lontano, leggero, prigioniero dei suoi ricordi: lo sfogliare delle pagine di un libro.

In tutti quegli anni, i volumi erano stati le uniche cose capaci di farlo sentire, almeno per un po', vivo: aveva divorato storie sue storie, letto milioni di parole e annotato sul suo blocchetto centinaia di frasi che lo avevano colpito.

Semplicemente, a volte vivere la vita degli altri, perdersi attraverso quelle pagine, avere la certezza che ci sarà un lieto fine – quasi sempre –, era molto più semplice che vivere nella realtà.

Il suo pensiero volò ad un libro particolare, un libro in cui aveva lasciato molto più che semplici emozioni. Un libro che giaceva in giardino, nascosto dietro una statua di pietra.

Un libro che avevano nascosto lui e gli altri Malandrini appena prima di lasciare Hogwarts.

Un libro che sentiva il bisogno di stringere tra le mani, in quel momento più che mai.

«Questa giornata è troppo bella per passarla chiusi nel castello, non trovi?» disse Albus con il suo solito tono gentile. «Ah, dovresti andare fuori a goderti questo bel clima, tu che sei giovane! Ti consiglio di fare una bella passeggiata, prima di andare via, Hogwarts sa fare molta compagnia».

«La ringrazio tantissimo per aver pensato a me, professor Silente» rispose l'altro.

«Sono io a ringraziarti per la tua disponibilità! Ora devo inviare un gufo a Severus, dovrebbe essere già arrivato a casa... Se hai bisogno di qualcosa, mi trovi qui».

«Oh, credo che farò un giro... in giardino e poi tornerò a casa. La ringrazio ancora, professore, e spero di rivederla al più presto!»

«Sì, in questi giorni ti manderò un gufo per metterci d'accordo per gli ultimi dettagli, per comunicarti tutte le informazioni e per fissare la data della prima riunione dell'anno scolastico. Mi ha fatto davvero piacere, rivederti, Remus» disse Albus, stringendo la mano che Remus gli tendeva e sorridendo quando questi confermò che anche per lui era stato un piacere.

Lupin si voltò sorridendo e si diresse verso la porta, ma prima che potesse richiudersi la porta alle spalle Albus esclamò: «Remus?»

«Sì?» rispose questi, affacciandosi dell'uscio.

«A volte, il destino ci riserva sorprese che non possiamo immaginare».

Remus sorrise, senza tuttavia comprendere il senso di quelle parole; si era aspettato un “hai fatto la scelta giusta”, ma era pur vero che Albus Silente era imprevedibile.

Salutò ancora una volta il professore, che, tornato a sorridere, gli raccomandò di stare attento agli gnomi che in quel periodo giravano in giardino, e si ritrovò di nuovo in quei corridoi che poco prima gli avevano riportato alla memoria ricordi della sua vita passata, quella in cui era felice assieme ai Malandrini, quella in cui Sirius non aveva tradito, Peter e James erano vivi e lui sapeva ancora sorridere.

L'eco dei suoi passi gli faceva compagnia, e ben presto si ritrovò di nuovo solo, in quanto, passeggiando sull'erba, il rumore veniva attenuato.

Il sole, tanto raro in Gran Bretagna, aveva fatto capolino dalle nuvole, timido, e sebbene non scaldasse molto, la sua presenza era rassicurante.

Remus si sentiva rinato, e quella luce che rischiarava la sua scelta di cambiare vita, dopo anni, lo avrebbe accompagnato fino alla fine dei suoi giorni; al fianco di questa luce ne sarebbe giunta un'altra, qualche anno dopo, che avrebbe illuminato molto più del sole, una luce che lui non avrebbe neppure potuto immaginare, una luce che avrebbe combattuto per rischiarare Remus ed il suo animo – buono, a differenza di ciò che lui stesso sosteneva –, una luce che gli avrebbe fatto capire che lui non era perfetto, ma che era abbastanza imperfetto da poter meritare una vita “comune”.

Era giunto sulle rive del Lago Nero molto prima di quanto credesse, accompagnato dai suoi soliti pensieri.

Si era avvicinato ad un albero che aveva conosciuto bene, che tante volte gli aveva dato ombra nei giorni di Giugno e che spesso gli aveva dato riparo da se stesso, quando aveva creduto di non poter gestire ciò che era; un albero che era diventato il punto di ritrovo dei Malandrini e che li aveva visti crescere, aveva colto le loro risate, le loro battute, tutti i “ti voglio bene” mai detti per la convinzione di avere una vita davanti.

Quell'albero aveva tanto assorbito nel corso di quei sette anni di permanenza, ed ancora allora, dopo tempo, era possibile cogliere quel senso di spensieratezza e giovinezza che aveva aleggiato in quel luogo durante quel periodo.

Dopo anni, a Remus parve di poter sentire l'odore dei nontiscordardimé – che ormai non crescevano più ai piedi di quell'albero –, delle Cioccorane che Peter aveva sempre con sé e del profumo al muschio bianco di James; gli parve persino di poter risentire la risata di Sirius, e di vedere i suoi occhi, quand'erano sinceri.

Si sedette ai piedi di quell'albero e, senza neanche usare la bacchetta, cominciò a scavare nel terreno morbido, alla ricerca di quell'ultimo pezzo di felicità che gli rimaneva.

Dopo qualche minuto, le sue dita toccarono la rigida copertina del libro che aveva seppellito con i suoi amici, poi, aiutandosi con le mani, lo estrasse completamente dal terreno e poggiò la schiena contro l'albero.

Il vento gli accarezzò i capelli e fece aprire il libro le cui pagine cominciarono a sfogliarsi; Remus lasciò che quel suono lo aiutasse ad entrare nel passato.

Annusò le pagine del libro, giusto per sentire quell'odore familiare che non ricordava ormai più; sorrise soddisfatto, cominciando a leggere.

Sorrise, più e più volte, sfogliando piano piano le pagine di quel libro.

La loro storia era annotata lì, su quella carta: un diario, un libro che avevano scritto insieme, loro quattro, ecco cos'era. Un libro che profumava di loro.

Ogni tanto Remus chiudeva gli occhi, e grazie a quelle parole riusciva a tornare indietro, e rivivere scene che sembravano tanto lontane.

 

«Ma non lo posi proprio mai quel libro, Lunastorta?»

E ignorarli, ignorarli perché quei due non capiscono quanto tu ami leggere.

«Non ti andrebbe di... andare ad Hogsmeade? C'è quasi tutta la scuola, è il primo weekend dell'anno in cui possiamo andarci!»

E ignorarli, ignorarli perché James e Sirius non sanno quanto un libro possa aiutarti.

«Dai, Remus, senza di te non c'è gusto!»

E ignorarli, ignorarli perché adori capire che ti voglio bene. E smettere di ignorarli, smettere perché stavi aspettando che te lo chiedessero da ore.

«Siamo ancora qui?»

 

Era stato bene, Remus, assieme ai suoi amici. A volte, era riuscito a sorridere solo grazie a James, Peter e Sirius e a volte si era sentito... quasi normale.

 

«Dove credi siano finiti James e Sirius?»

«Non ne ho idea, forse a fare qualche scherzo in giro...»

«Posso chiederti una cosa, Remus?»

«Certo, Codaliscia».

«Di cosa parlava quel libro?»

E sorridere, sorridere perché, anche se sei certo che non ti ascolterà, te l'ha chiesto, perché sa che aspettavi te lo chiedessero.

E parlare, parlare ininterrottamente, raccontargli tutto, anche se lui non ti ascolta, perché ti guarda, e in quegli occhi acquosi tu vedi che ti vuole bene, e nel tuo cuore sai che non gli importa del libro, ma di te, sì.

 

Anni dopo, quando avrebbe ripensato alla morte di Peter, Remus avrebbe sentito un vuoto all'altezza del petto, proprio come accadeva quando ripensava a James – ed anche a Sirius, per quanto questo gli desse fastidio.

Peter non era mai stato spigliato e simpatico come gli altri due, eppure c'era sempre stato: una piccola ma imponente presenza, su cui sapevi di poter contare quando ti serviva qualcosa.

Era un amico, e questo bastava.

 

E tendere la mano verso di lui, anche se dentro, il tuo cuore trema; e stringere forte la sua, quando ti afferra, e sapere che no, James non ti farà cadere.

Sin da bambino hai avuto paura di volare, eppure, sebbene il terrore continui ad essere vivo in te, non riesci a non fidarti del tuo migliore amico.

«Sei pronto, Lunastorta?»

«Neanche un po', Felpato».

E stringerti a lui, e fidarti un po' meno.

E scoppiare a ridere perché, in fondo, volare non è così male.

 

James era sempre stato fanatico del Quidditch, sin dal primo anno; e gli altri tre Malandrini non avevano potuto fare altro che assecondarlo, e pian piano avevano trovato naturale il suo attaccamento quasi morboso a tutto ciò che avesse a che fare con lo sport.

Alla fine, era divertente vederlo impazzire quando guardava le partite, e vederlo giocare era ancora meglio.

Remus sorrise, poi girò un'altra pagina.

 

«Avanti, Remus... dai...»

E trattenersi per non scoppiare a ridere, di fronte alla sua espressione.

E non riuscirci, ed attirare l'ira di Sirius.

«Perché ridi?»

«Sei buffo, sai».

E vederlo alzare gli occhi al cielo, prendere la pergamena e voltare le spalle.

«Mi porterai sulla coscienza, ami... Remus».

E ridere ancor di più per quella linguaccia, e volergli bene per com'è, così, semplice.

 

Ne era passato, di tempo, da quando Sirius era solo l'amico semplice che lo faceva ridere per le sue buffe espressioni, eppure, sebbene Remus fosse deluso e disgustato da lui, non poteva odiarlo completamente.

Assieme a Peter e James era stato il fratello che non aveva mai avuto, il ragazzo con cui aveva condiviso tutto, le gioie ed i dolori. E lo odiava, eppure gli voleva bene, e non avrebbe saputo spiegare come questi due sentimenti potessero convivere.

Remus chiuse l'ultima pagina del libro-diario, e sorrise.

Non aveva perdonato Sirius, non aveva smesso di soffrire per la morte di Peter e James, non aveva smesso di pensare che, forse, era destinato a non essere felice.

Eppure, vedeva davanti a sé un nuovo orizzonte, sentiva il regista chiamare una nuova scena, vedeva tutto sotto una nuova luce; la speranza di una nuova vita lo aveva posseduto pian piano, grazie alle parole di Albus Silente e a quel viaggio nel passato. Ora sapeva di poter tornare a vivere, di poter tornare a sorridere.

E si alzò dal terreno, dirigendosi fuori, lontano dal castello, cornice di ricordi che non sarebbero più tornati, ma che lo avrebbero accompagnato pur non facendogli più così male.

E sorrise, sorrise di nuovo, stavolta sinceramente, perché in quella fossa non aveva seppellito soltanto quel diario, ma anche tutta la tristezza che in quegli anni gli aveva tenuto compagnia, lo aveva costretto a morire dentro, che lo aveva spento, piano piano.

* * *
Giudizio di sundown_:

Grammatica 9.50\10
Ho tolto alcuni punti in questo parametro di giudizio a causa di alcune virgole messe al posto sbagliato. Mi pare di ricordare che la virgola non vada quasi mai prima della 'e', e che quando viene messa lì serve più o meno per enfatizzare la frase che viene prima o dopo di essa. Ho trovato molti errori di questo tipo, per cui ho dovuto togliere dei punti. Inoltre ho trovato due frasi in cui andavano meglio il punto fermo e la maiuscola, invece della virgola.
Ma non preoccuparti, nulla di grave!
Forma e stile 9.50\10
Ho tolto punti anche qui per delle scorrettezze all'interno della storia: per prima cosa, in una delle frasi di Albus, scrivi 'la Difesa contro le Arti Oscure'. Ora, visto che è il nome proprio di una materia, l'articolo non serve.
Poi, poco più sotto, scrivi 'come se non fosse più di respirare'. Penso che dopo il 'più' ci andasse un 'capace' e che sia un semplice errore di distrazione/battitura, ma ho dovuto contarlo comunque!
Per finire, durante una la passeggiata in cortile di Remus quando è solo, scrivi 'Il sole, tanto raro in Gran Bretagna'. Ora, non vorrei sembrare pignola, ma Hogwarts si trova in Scozia: molti si confondono, ma è quella l'esatta ubicazione della scuola! xd
Utilizzo della frase 5\5
Direi che qui non ho nulla da dire.
Nonostante la frase si riferisca principalmente al secondo pezzo della storia, mentre finivo di leggere ho come sentito che essa reggesse tutto ciò narrato.
Non so se mi spiego, probabilmente no.
Ti faccio un esempio: non ti è mai capitato di leggere qualcosa, arrivare alla fine e dire “Oh certo, adesso ho capito: questa cosa si ricollega a ciò che c'è scritto all'inizio!”
Ecco, spero di essermi fatta capire!
Caratterizzazione dei personaggi e inserimento nella storia 15\15
Anche qui nulla da dire: Albus è il solito, vecchio uomo perspicace ed enigmatico di sempre e Remus è intriso di quella solita malinconia che l'ha sempre accompagnato nei personaggi di Harry Potter.
Di Severus non si dice molto, ma non è così importante.
Le 'storielle' dei Malandrini mi sono piaciute davvero molto, e trovo che tu li abbia caratterizzati veramente bene!
Originalità 10\10
E come posso toglierti qualcosa qui?
Totale 49\50
Commento a parte sul gradimento personale: ho semplicemente adorato la tua storia! È stata una delle poche che mi hanno colpita veramente, ed è stato semplicemente un piacere leggerla. Mi è quasi dispiaciuto arrivare alla fine, e quando la pubblicherai sarò ben felice di rileggerla e scrivere uno dei mei commenti lunghissimi! :)
Voglio davvero farti i miei complimenti e dirti che mi è davver dispiaciuto toglierti quei due punti! Spero di leggere qualcos'altro di tuo, in futuro!

   
 
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