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Autore: Eugenie    05/07/2012    3 recensioni
[Con un po' di Bromance Legolas/Aragorn, ma niente Slash]
Dopo che Aragorn ebbe pronunciato quelle parole, i tre si avventurarono lungo una distesa di arida terra, il cui unico frutto era la desolazione di decine di copri privi di vita.
L'Elfo procedeva rapido come sempre, ma i suoi pensieri andavano alle parole dell'uomo: era vero, si stavano addentrando nella più tetra delle rovine.
Avevano incontrato la morte della natura, il cessare drastico dello sciabordare delle acque, la frana delle rigogliose fronde degli alberi maestosi che occupavano quei luoghi, ora irrimediabilmente deserti.
Genere: Angst, Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Aragorn, Arwen, Gimli, Legolas
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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La più tetra delle rovine
 



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Mentre procedevano lungo un sentiero di sterpaglie, calpestando quello che un tempo era stato un prato verde e rigoglioso, Aragorn si era scoperto fin troppe volte a indugiare con lo sguardo su Legolas.
Ammirava la leggiadria con cui l'Elfo scivolava rapido tra i tronchi d'albero, cercando di scorgere l'avanzare di avversari che gli occhi di un uomo non avrebbero mai colto.
Non solo passava più tempo del dovuto a fissare il compagno, soffermandosi pensoso ad osservare i suoi gesti agili, ma ben presto si rese conto che un leggero sorriso gli increspava le labbra, ogni volta che incrociava quelle iridi cariche di determinazione.

Proprio in quel momento, mentre camminavano fianco a fianco, gli rivolse uno sguardo d'intesa. Quale ne fosse l'oggetto, non gli era ancora chiaro.
Studiava il suo volto affilato; solcato da smorfie annoiate per quel vento impetuoso che gli frustava il capo.
Si riscosse dopo pochi istanti... qualcosa di quell'aspetto armonioso lo spinse a stringere con forza l'Elessar; lo spinse ad aggrapparsi con rinnovata malinconia al ricordo della sua adorata Arwen.
La memoria di un amore che non avrebbe mai più conosciuto si insinuò nella sua mente, costringendolo a rivivere gli attimi migliori della sua vita, attimi carichi di una felicità tanto intensa quanto fugace.
E allora, sulle larghe spalle dell'uomo che si faceva chiamare Grampasso, quel giorno gravava il peso della colpa.
A causa di Aragorn, Arwen avrebbe rinunciato all'immortalità della sua razza, condannando la propria nobile natura a declinare.

Legolas non mancò di notare che il compagno era rimasto qualche passo indietro rispetto a lui, quindi girò il capo per scoccargli un'occhiata interrogativa.
Aragorn era talmente immerso nella confusa moltitudine dei propri affanni da rendersi conto solo dopo qualche istante che l'Elfo lo stava fissando. Si affrettò a raggiungerlo, cercando di respingere il pensiero martellante dell'amore destinato a rimanere perduto.
Tuttavia, un'ombra scura aleggiava sul suo volto deciso, e Legolas intuì il motivo di quel tormento.

"Qual è il tuo cruccio, Aragorn?" chiese, in un sussurro.
"La morte, Legolas," rispose quello, laconico. "La morte di ogni cosa".
Il Nano Gimli comparve al suo fianco e gli diede una pacca sulla schiena, cercando di donargli conforto.

Dopo che Aragorn ebbe pronunciato quelle parole, i tre si avventurarono lungo una distesa di arida terra, il cui unico frutto era la desolazione di decine di copri privi di vita.
L'Elfo procedeva rapido come sempre, ma i suoi pensieri andavano alle parole dell'uomo: era vero, si stavano addentrando nella più tetra delle rovine.
Avevano incontrato la morte della natura, il cessare drastico dello sciabordare delle acque, la frana delle rigogliose fronde degli alberi maestosi che occupavano quei luoghi, ora irrimediabilmente deserti.

 

  
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