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Autore: Lokisass    05/07/2012    1 recensioni
Le orecchie del ragazzo furono improvvisamente deliziate da un suono soave, gli colpiva il profondo, lo guidava come guidava il Cappellaio, e lo portò a socchiudere gli occhi e a lasciarsi cullare tra le braccia di quello strano uomo. Sentiva il profumo di Tony, le spalle di Tony, la sua presenza sotto il suo tocco. Come poteva non scambiarlo per lui?
" Cappellaio… "
" Sì, Steven? "
" Baciami. "
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Avengers in Wonderland
 

 
Una calda mattina di luglio, Steve si occupò di mettere a posto il magazzino della Stark Tower, il suo angolo più remoto. Tony non si era opposto, da quando Pepper se ne era andata con il suo nuovo marito, poteva corrompere il biondo in ogni modo senza curarsi di presenze color carota che scorrazzavano per casa sua.
Steve scese le scale fino ad arrivare stremato ad una grande porta di metallo. La aprì e
riuscì ad intravedere nel buio sagome appuntite di oggetti che, a parer suo, o da come aveva raccontato Stark la storia di ogni singola cosa, non erano affatto vecchi, ma probabilmente lasciati ad ammuffire lì da poco più di qualche mese. L’ odore di chiuso asfissiò il ragazzo, e fu costretto a chiudere per un attimo gli occhi, in quanto la polvere gli era arrivata ad accarezzare il viso, come se volesse far di lui ciò che ne era di quelle sagome. Li dischiuse nuovamente, stavolta mettendo a fuoco l’ immagine.
Il magazzino era immenso, pieno di roba da ingegneri, attrezzature per costruire e pezzi di macchine sfasciate. In punta di piedi e sollevando il polverone
che c’ era a terra, si avviò verso il centro dell’ enorme stanza, fino ad arrivare al dispositivo che attivava Jarvis anche là sotto. Lo azionò e con esso si accesero tutte le luci, illuminando quello che non era un semplice magazzino, ma un laboratorio lasciato a marcire. Le finestre oscurate dalla sporcizia subirono immediatamente la mania della pulizia di Steve, munito di guanti di lattice, strofinacci e spray sgrassante.
<< Jarvis, metteresti un sottofondo alla mia avventura? >> Chiese ancheggiando il biondo.
<< Ma certo, signore. >> Rispose la voce metallica.
<< Ti prego, ne abbiamo già parlato. Chiamami Steve! >> Sorrise l’ altro, sentendo sotto i suoi passi le note della sua canzone preferita.
<< Ma certo, Steve. >> E il robot acconsentì, con un tono quasi umano e con una goccia di gioia immersaci dentro.
La maniacale tendenza al terminare tutti i germi, spinse il biondo alla stanchezza, dopo aver passato tutta la mattinata a ballare e a sfregare su quei vetri, interminabili ed enormi. Ad un tratto si voltò, asciugandosi un rivolo di sudore che gli colava dalla fronte e sospirando: << Ci vorranno anni. >> Rise.
Ma il ragazzo era instancabile. Quando aveva un obbiettivo, doveva spuntarlo dalla sua lista, e se si mescolavano l’ ambizione all’ odio dello sporco, si aveva la formula distruttiva per un super soldato come lui.
Era degno di portare quel titolo.
<< Tutto bene, Capitan Pulizia? >> Domandò Stark facendo una capatina giù, un drink in mano e maree di ricordi che lo assalivano ogni qual volta riconosceva
qualcosa.
<< Sì, facciamo progressi. >> Steve sventolò uno spazzolone davanti al naso del moro, che spinse indietro la testa per non essere colpito.
<< Non buttare niente, mi raccomando. Ah, e non curiosare in giro. Limitati a pulire, io adesso ho una conferenza stampa, dovrei sparire e tornare stasera. Non mi aspettare sveglio, capito? >> Gli disse serio Tony dopo aver raggiunto il ragazzo, abbassato lo spazzolone e datogli un bacio a fior di labbra.
<< Sì, non preoccuparti. >>
Perché il miliardario non voleva che Steve curiosasse in giro?
Forse per il fatto che il povero ragazzo, in quanto a robotica, non ci capiva un bullone, ma anche per il fatto che, sempre forse, non voleva che scoprisse qualcosa riguardante il suo passato. Qualcosa che, probabilmente, aveva lasciato incustodito e non voleva tornasse a galla. Steve non aveva la minima intenzione di farlo arrabbiare o vederlo depresso per il resto dell’ estate.
I due si separarono e Steve tornò ai suoi lavori.
Mentre puliva il pavimento, qualcosa tremò sotto di lui. Guardò preoccupato intorno a sé, per controllare se fosse caduto qualcosa, ma niente era cambiato. Riprese a pulire, ma una seconda scossa lo allarmò. Iniziò a correre freneticamente per il magazzino con lo spazzolone in mano, fino ad inciampare e cadere in terra. si voltò indietro e notò dei cardini attaccati al pavimento.
Si chiese che diavolo ci facessero lì, e la risposta arrivò subito, quando al suo sguardo curioso si sostituì lo stupore dell’ aver visto una botola. Una botola in un laboratorio. Poteva contenere qualunque cosa: riserve di vino, pezzi di roba ultramillenaria del padre di Stark, persino un bunker antiatomico, per quanto poteva saperne.
Ogni giorno, Steve si ripeteva che niente, dopo la sconfitta dei Chitauri, poteva più stupirlo, non aveva intenzione di perdere un’ altra scommessa con Fury, ma niente, neanche Clint vestito da coniglio, sarebbe riuscito a…
Clint vestito da coniglio?
Tra le parti rimaste di un vecchio motore, il biondo intravide delle orecchie bianche, lunghe e strette, come quelle di un coniglio, muoversi a scatti, così si avvicinò cautamente ad esse, alzando lo sguardo e trovandosi davanti a una specie di ClintConiglio che stava accovacciato in terra, con un cipollotto in mano che segnava l’ ora esatta di quel giorno, un panciotto bianco ed una codina pelosa che gli spuntava dai pantaloni.
<< Cosa guardi? >> Domandò il coniglio, rizzandosi in piedi e prendendo a camminare verso la botola: << È tardi! È tardissimo! >>
 La bocca di Steve cadde sul pavimento pulito, riuscì a rimangiarsi ogni cosa che aveva pensato fino a quel momento. Osservò ClintConiglio aprire la botola di legno e saltarci dentro, di conseguenza sparire.
Steve si affacciò alla botola e vide solo il buio.
Qualcosa gli fece perdere l’ equilibrio e il biondo ci cascò dentro, urlando per lo spavento e ritrovandosi a viaggiare alla massima velocità in uno strano tunnel. Attorno a sé c’ erano tantissimi orologi, ognuno diverso e che emetteva un suono assordante allo scoccare di un secondo. Ne afferrò uno rettangolare e prese in pieno viso l’ uccellino che ne uscì.
Lo lanciò via subito, infamandolo.
Non era buio là dentro, riusciva a vedere perfettamente la sua ombra sulle pareti stranamente dorate del tunnel ed offuscate da una luce scura, tutti quei marchingegni che gli bombardavano le orecchie e, soprattutto, il vento che gli scompigliava i capelli. Si sentiva confuso, non sapeva dove era finito, probabilmente si era addormentato e stava solo sognando.
Cercò di tirarsi qualche pizzicotto fino ad arrivare ai morsi, ma servirono solo per arrossargli la pelle. Vide il fondo del tunnel, mattonelle a scacchiera bianche e nere, ma la velocità con cui stava cadendo non rallentava. Chiuse gli occhi, si sarebbe certo spiaccicato al suolo, non voleva vedere le sue gambe volare da tutt’ altra parte della testa.
Un leggero tonfo avvertì Steve di essere arrivato a destinazione. Si alzò.
Niente, stava bene, non si era rotto l’ osso del collo né tantomeno la colonna vertebrale. Tirò un sospiro di sollievo, ma poi notò ClintConiglio. Si rese conto che si era rimpicciolito e che stava passando attraverso una porticina.
<< Tardi! È tardi, è tardissimo! >> E svanì di nuovo.
Steve si guardò attorno e cercò di smentire la conclusione che tutto ciò fosse vero. Si era ritrovato in una stanza con il soffitto alto, le pareti dipinte di bordoux e delle porte minuscole tutte intorno. Affrettato di voler uscire da lì, si avvinghiò a tutte le maniglie possibili e cercò di aprirle, senza risultato. Ad un tratto gli venne l’ idea di guardare dalla serratura della porta nella quale era entrato ClintConiglio, per vedere dove fosse andato e se dall’ altra parte c’ era il magazzino di Stark. Ad accogliere il suo sguardo fu uno splendido giardino, ricolmo di fiori ed illuminato da una strana atmosfera blu, come se delle nuvolette di fumo stessero avvolgendo ogni cosa. Stranito ed anche tentato dal voler scoprire dove era finito, infilò un dito nella serratura per aprirla, ma non è esattamente con un dito che si scassina una porta.
<< Se preferisci un piede di porco al posto della chiave che ti ho messo sul tavolo fai tu, signorino. >> Una voce evase sfottente nella stanza e rimbombò nelle orecchie del ragazzo che, impaurito, si alzò in piedi.
<< Tony? >>
<< Tony? Chi è Tony? >>
<< Bhe, lui è… >>
La voce sbuffò: << Prendi la chiave sul tavolo. Cosa c’ è che non capisci? >>
Steve guardò al centro della stanza, era apparso dal nulla un tavolo di cristallo con sopra una bottiglietta trasparente ed un pasticcino bianco. Tra le due cose c’ era una chiave, la chiave di cui parlava la voce, così il biondo la prese.
O almeno tentò.
Aveva le mani troppo grandi. Non riusciva neanche ad afferrarla con i diti.
<< Non pensavo fossi così grosso, ma fa lo stesso, ti ho preparato la colazione. >> Continuò la voce: << Bevi il contenuto della bottiglia. >>
Steve buttò giù un sorso ed iniziò a rimpicciolirsi, fino a sprofondare nei propri vestiti e venirne interamente inghiottito.
<< Stupido, hai bevuto troppo! >> Lo rimproverò la voce.
<< Hey, non mi hai mica dato una quantità! >> Esclamò il ragazzo, uscendo dal cumulo di tessuti con la canottiera ed i boxer. Arreggendo questi ultimi per non restare nudo, andò verso la porta, ma poi si accorse di non aver preso la chiave e mugugnò, voltandosi nuovamente verso il tavolo.
<< Sapevo che sarebbe successo, perciò ora mangia quel pasticcino. >> Disse la voce, sconsolata.
<< Quando mi sveglio me la rifaccio con te, Stark. >> Ringhiò Steve, arrampicandosi sul tavolo e raggiungendo il pasticcino. Gli strappò un morso e, all’ improvviso, la sua piccolezza mutò in enormità.
Le sue spalle arrivarono a sfiorare il soffitto ed i vestiti iniziarono ad andargli stretti.
<< Stupido! >> Ribadì la voce: << Quanto diavolo ne hai mangiato? >>
<< Era buono, mica sapevo che faceva questo effetto! >> Polemizzò l’ altro.
Stando attento a non distruggerla, prese la bottiglietta che rimpiccioliva e ne bevve tutto il contenuto non riuscendo a controllarsi per via della immensità. L’ effetto arrivò subito e la grandezza del ragazzo si stabilizzò. Prese la chiave e, borbottando qualcosa contro la voce, la girò nella serratura.
<< Ricorda, >> Disse la voce un attimo prima di sfumare fino al tacere: << Il Paese delle Meraviglie è un posto pericoloso. A presto! >>
Steve spalancò la porta e si ritrovò immerso in quel giardino che aveva suscitato la sua curiosità. C’ erano strane piante sparse ovunque, dei più strani colori immaginabili, e si intrecciavano in alto, quasi a coprire il cielo intinto nell’ arancione opaco. Fiori enormi si ergevano ai due lati della stradina in ghiaia grigia che Steve si era ritrovato a percorrere, strane creature gli viaggiavano accanto, strani frutti pendevano dagli alberi, il Paese delle Meraviglie.
<< Sì, va bhe, è un sogno. Torno indietro. >> Fece per rientrare nella stanza a scacchiera quando si accorse che la porta dietro di lui…Non era più dietro di lui.
<< Non solo è un sogno da cui non riuscirò ad uscire neanche con la forma più compulsiva di masochismo, ma dovrò trovare la strada di casa partendo dal nulla. Waow. Perfetto. >> Strinse i pugni, evidentemente infastidito da quella situazione e prese a camminare.
La strada sembrava non finire mai, era come girare intorno a se stesso, fino a quando lo sfinimento non colpiva le ginocchia e faceva accasciare qualunque creatura a terra. O almeno così la pensava il biondo ogni volta che vedeva uno strano essere morente ai piedi di un albero.
Al principio, da dietro la serratura, il giardino gli era sembrato fantastico, ma adesso, a vedere lo sgomento negli occhi di tutto e persino nelle piante, pensava solo fosse un campo minato. Tutti quei colori erano belli, su ciò non dubitava, ma tutta la morte e la disperazione che lo seguivano lo straziavano, a tal punto che, anche lui, si sedette sulle radici, il mal di testa che cresceva nelle sue tempie e uno strano dolore senza fondamenta che gli svuotava le viscere.
<< Non farti prendere dalla foresta, Steve. >> Un sussurro.
<< Chi sei? >> Domandò lui.
Troppe voci gli parlavano nella testa, troppe.
<< Fidati di me, alzati e segui il Bianconiglio. Ti porterà al sicuro. Non è il caso di rimanere qui, Steve, potrebbero vederti. >> Ancora, sussurri su sussurri, lo confondevano.
In lontananza, il biondo riuscì ad intravedere ClintConiglio che lo fissava. Steve, riunendo le forze e abbandonandosi a quello strano sogno, si sollevò da terra e lo raggiunse.
Questo gli tese una mano e il ragazzo la prese subito.
Venne strattonato ovunque da quella strana creatura, quello strano Clint, ma non fece caso a dove lo stava portando.
Sarebbe stato al sicuro.
<< Tardi! È tardissimo! >>
<< Perché è tardi? >> Chiese Steve, ormai curioso del perché, dalla bocca del coniglio, era uscita solo quella frase durante tutto l’ arco di tempo nel quale erano stati l’ uno in presenza dell’ altro.
<< Dobbiamo portarti dal Brucaliffo, dobbiamo sapere se sei QUELLO Steve! >> Esclamò l’ animale.
<< Dobbiamo? Brucaliffo? QUELLO Steve? >> Se prima era confuso, adesso si era perso nell’ oceano.
<< Ci salverai tutti! Se sarai QUELLO Steve ci salverai tutti! >>
<< Salvarvi? Da cosa? >> Continuò a domandare il ragazzo.
Il coniglio si fermò per un attimo, guardò serio Steve e gli sussurrò qualcosa all’ orecchio.
La sua curiosità aveva portato il biondo a ciò.
Se non avesse dato spazio a ClintConiglio per sapere cosa ci faceva con una codina pelosa in mezzo al sedere e avesse chiuso la botola una volta che questo ci era entrato, tutto quello non sarebbe successo.
Era più che sicuro che, a spingerlo nel buio era stato qualcuno.
Non poteva essere caduto da solo, il suo equilibrio era pari a quello di un acrobata su un monociclo che con esso faceva tutto, persino la doccia.
Doveva uscire di lì, al più presto, stava per mettersi nei guai, se lo sentiva nelle budella.
<< Dalla morte? >>
Dopotutto, la curiosità domina anche le menti che non se ne vogliono nutrire.
 
 
 
 
 
 
 
 
 








 
 
Spazio dell’ autrice scema:
E voi vi direte:
“Come diavolo ti è venuto in mente?”
Ed io vi rispondo:
Non lo so.
Steve è biondo, Alice è bionda.
Entrambi vestono di blu.
Mi è flasshata in testa l’immagine di Steve con addosso l’ abitino di Alice.
È partito tutto da lì, ma non ho la più pallida idea di come sia riuscita la mia mente ad elaborare una tale cosa. Che poi era dettagliata.
Ho voluto lasciargli un po’ di dignità, andrà in giro in canottiera e boxer per ora.
Il pairing, probabilmente, cambierà, in quanto ci sarà qualche accenno a delle…coppie.
Si, bhe, è il primo capitolo e, se andrà bene, continuerò questa avventura.
Se no…Dovrò lasciare Steve in quel mondo per sempre.
Ergo, senza il suo Tony.
(Non fatelo vi prego)
Fatemi sapere che ne pensate, mi raccomando!
Spero vi piaccia, baci a tutti!

 
   
 
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