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Autore: Sgnack    05/07/2012    4 recensioni
Nabiki non era una bambina stupida. Aveva capito che tutte le cose hanno un valore. E aveva capito che, da quando la mamma era morta, il valore delle cose era cambiato.
Soltanto una cosa non cambiava mai: le persone.
Ma visto che Nabiki non era una bambina stupida, sarebbe riuscita a bastare a se stessa e a riempire da sola il tempo che le rimaneva.
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nabiki Tendo
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Tutte le cose hanno un valore.
Ci sono cose più importanti di altre, cose più fragili di altre, cose che la sua famiglia poteva permettersi e altre cose che invece sua mamma poteva soltanto guardare dalle vetrine dei negozi. C’erano cose che per lei non avevano nessuna importanza, mentre per altre persone potevano avere un valore immenso. E capitava anche il contrario: c’erano cose che per lei erano bellissime e importanti, ma spesso i grandi non riuscivano a capire e si limitavano a carezzarla, sorridendole con condiscendenza.
Nabiki Tendo detestava quelle carezze. Ma purtroppo quelle carezze e quei sorrisi condiscendenti non avevano fatto altro che aumentare da quando sua mamma era morta.
Però 
Nabiki Tendo non era una stupida. Sì, era solo una bambina, quante volte se l’era sentito dire. Ma sapeva di essere intelligente. Sua mamma glielo diceva sempre, e sua mamma non era una bugiarda. Questo lo sapeva per certo.
Neanche Kasumi e Akane erano bugiarde. Suo papà invece... beh, non ne era tanto sicura. Non poteva dire di conoscerlo veramente. Gli piacevano cose che per lei erano solo puzzolenti e brutte: quei dogi, quelle maschere pesantissime e ridicole che si metteva in testa quando si allenava con quel bastone. Le veniva da ridere pensando a come si arrabbiava sua sorella quando lei parlava in modo così sprezzante degli allenamenti del padre: “Si chiama Bokken! Non è un bastone!”
Ma lei non capiva cosa ci fosse di importante in quelle cose. Non era nemmeno divertente e rischiavi di farti male. L’unica cosa divertente era prendere in giro Akane. Di questo era grata a suo padre: il dojo e le arti marziali le fornivano degli spunti per poter punzecchiare sua sorella. E Akane aveva sempre la tendenza ad arrabbiarsi in maniera molto chiassosa e questo spingeva Kasumi ad intervenire. Era divertente. Spezzava la monotonia.
Ci si annoiava da morire in quella casa, c’era sempre un gran silenzio. Ma nessuno stava dormendo, soltanto la loro mamma. Ma il papà l’aveva detto chiaramente: non si sarebbe mai svegliata da quel tipo di sonno, perciò perché continuare a fare tutto quel silenzio?

Non aveva nessun senso.
E siccome Nabiki Tendo non era una stupida, non avrebbe continuato a fare cose senza senso.

Un’altra cosa che aveva capito era che, da quando la loro mamma era morta, le cose nei negozi avevano cambiato valore.
Si ricordava quanto si era vergognata quella volta... anni fa, era ancora piccola, cosa ne sapeva lei? C’erano tutte quelle forcine per capelli dalle forme strane appoggiate lì a portata di mano, pensava si potessero prendere! E le aveva prese.
Quando, a casa, sua mamma si era accorta di quello che aveva fatto, le aveva spiegato che era un furto, che bisognava pagare. Si era molto vergognata di dover tornare in quel negozio e scusarsi con quella stupida signora: se lasciava le cose lì in quel modo, era ovvio che la gente le avrebbe prese, no? Si ricordava che alla fine quelle forcine non aveva dovuto restituirle, e sua mamma non aveva nemmeno dovuto pagarle. La signora aveva detto che andava bene così, che non c’era nessun problema. Ma Nabiki non era una stupida, aveva capito che tutta quella roba nei negozi, pulita e in bella vista, era lì per essere comprata. E comprare voleva dire che prima di portartela a casa, dovevi dare un po’ di soldi.
Questo procedimento l’aveva capito. Quello che le risultava poco chiaro era capire quanti soldi: la quantità di foglietti che bisognava dare al negoziante variava sempre, a seconda di quello che compravi. Poi alle volte bisognava usare le monete. Ecco, le monete le piacevano molto di più, sembravano dei bottoni ma erano più pesanti e con delle incisioni strane. Però sua mamma le aveva spiegato che con le monete potevi portare a casa soltanto cose più piccole e meno importanti, quindi Nabiki si era convertita al fascino delle banconote, suo malgrado.
Bisognava trovare il modo di procurarsele.
Aveva capito che non era importante farsi regalare bambole o pennarelli. Spesso l’adulto che le faceva il regalo non ci azzeccava mai, avevano dei gusti veramente sbagliati! Tanto valeva che le dessero i soldi, ci avrebbe poi pensato lei a comprarsi quello che le piaceva.
Ma i grandi erano talmente stupidi che quando lei aveva provato a spiegare questo banalissimo concetto, quelli cos’avevano fatto? Carezza e sorriso condiscendente. Qualcuno le aveva pure detto che era una buffa bambina.
Ma Kasumi aveva avuto ragione: aveva detto che tutte quelle persone che le venivano a trovare, portando regali e cibo, presto avrebbero smesso di venire. Era una cosa soltanto temporanea. Da un giorno all’altro avrebbero dovuto cominciare a fare le cose da soli, non avrebbero più avuto compagnia. Ed era proprio così, quella gente non si vedeva più. In fondo, perché avrebbero dovuto continuare a venire?
La cosa che più di tutte aveva spiazzato Nabiki, non era tanto il fatto di non poter più vedere la sua mamma. Che cavolata, quello era ovvio. Non era mica stupida. La cosa che più la sconvolgeva e che più la faceva arrabbiare era che, per gli altri, la vita continuava come se niente fosse.
Nabiki non aveva paura. O forse era paura? Non lo sapeva proprio. L’unica cosa che sapeva è che tutto sarebbe stato diverso. Per lei, le sue sorelle, suo papà...
Si ritrovavano davanti a una colossale incognita e non avevano neanche la forza e la voglia di affrontarla. Avrebbero dovuto farlo, ovvio, erano costretti.
E in un modo o nell’altro, le cose avrebbero continuato a funzionare.
Anche se per il papà non sembrava essere così, Nabiki continuava a svegliarsi tutti i giorni con la voglia di mangiare e alla sera le veniva sonno. E sapeva che per Akane era la stessa cosa: quante volte si erano ritrovate in corridoio a guardare papà che fissava fuori dalla finestra, sperando che uscisse dalla camera per preparare la colazione?
Ora che le persone si erano stancate di venirle a trovare e cucinare per loro, Kasumi aveva poco a poco cominciato a prendere possesso della cucina. Andava sempre a fare la spesa. E la casa era vuota. Non c’erano nemmeno più gli studenti del dojo: papà sembrava non aver più voglia di entrarci.
Quindi lei e Akane si ritrovavano con un’infinità di tempo libero. Tempo che non sapevano come riempire. Tempo che non avevano neanche tanta voglia di riempire, perché era una cosa a cui avrebbe dovuto pensare la mamma! Era lei che diceva loro cosa fare, dove andare... alle volte erano posti divertenti, come il parco, o una bella passeggiata che finiva spesso con un gelato. Altre volte erano luoghi noiosi in cui la mamma doveva fare cose da grandi, o negozi di verdure, in cui Nabiki proprio non riusciva a divertirsi. Ma era la mamma a riempire le loro giornate. Perché non poteva più essere così? Non era giusto! E per gli altri, invece, non era cambiato niente. Perché le altre persone non dovevano affrontare un cambiamento così grande? Perché solo la sua famiglia? Non aveva nessun senso.

E siccome Nabiki Tendo non era una stupida, non riusciva proprio a tollerare le cose senza senso.
Ma sapeva che non poteva fare altrimenti. Lei continuava a svegliarsi, ad aver fame, ad aver sonno. E avrebbe continuato a farlo fino a quando non sarebbe arrivato anche per lei il momento in cui avrebbe avuto quello strano tipo di sonno, il sonno che suo papà aveva chiamato morte, quello da cui non ti svegli più, quello che si era portato via la loro mamma.
Già. Tutti muoiono. Questo l’aveva imparato.
Ma lei e le sue sorelle sarebbero morte soltanto tra moltissimi anni, questo gliel’aveva detto papà. E visto che sua mamma e le sue sorelle non erano delle bugiarde, probabilmente non lo era nemmeno papà.
Quindi voleva dire che Nabiki Tendo aveva davanti a sé moltissimi anni da vivere.
Il che equivaleva ad avere un’infinità di tempo da riempire.
E adesso che la mamma non c’era più, ora che tutta quella gente che diceva di essere dispiaciuta aveva smesso di preoccuparsi per loro, ora che papà continuava ad annoiarsi in camera sua mentre Kasumi faceva cose tediose da grandi, Nabiki pensò che fosse compito suo riempire le sue giornate. E anche quelle di Akane, in fondo, adesso era lei la più grande tra loro.
Ma per riempire il tempo in modo bello, aveva bisogno dei soldi.
Ed è così che aveva scoperto che, con la morte della mamma, le cose nei negozi avevano cambiato valore.

Nabiki avrebbe preferito che, almeno ogni tanto, Akane si vestisse meno da maschio e fosse un po’ più tranquilla, ma alla fine andava bene anche così, in fondo restava una bambina carina. Tutti non facevano altro che dire a lei e alle sue sorelle che erano delle belle bambine. E questo, Nabiki lo aveva imparato presto, aveva valore, aveva una grandissima importanza.
Non potevano comprare cose, non potevano andare in posti belli perché non avevano soldi. Ma aveva capito che due bambine carine e sole in giro per la città, avevano il potere di smuovere i negozianti, anche senza bisogno di soldi.
Fin dall’episodio della forcina, Nabiki aveva sempre tenuto bene a mente l’insegnamento della mamma: per poter ottenere qualcosa, devi sempre dare qualcosa in cambio.
Ebbene, la sua merce di scambio era la morte della mamma.

Quando Akane le aveva chiesto se quello che facevano era sbagliato, Nabiki si era fermata un attimo a riflettere ma non aveva proprio trovato nessun motivo perché qualcuno potesse definire sbagliato quello che facevano. Non facevano altro che riempire il tempo, no? Passeggiavano, entravano nei negozi, salivano sulla metropolitana, entravano nei musei... e quando qualcuno le fermava chiedendo cosa ci facevano lì, chiedendo dov’era la loro mamma... cos’altro potevano fare se non dire che era morta?
Se poi quelli decidevano di regalare loro cibo, giocattoli o farle viaggiare gratis sulla metropolitana... beh, dov’era lo sbaglio? Lei e Akane non facevano che dire la verità. E Nabiki si trovò a pensare che almeno, finalmente!, dopo la carezza e il sorriso di condiscendenza, poteva ottenere qualcosa in cambio: le sembrava giusto, nonché doveroso, ecco.
Tra l’altro, i soldi con cui pagavano lei e Akane, valevano molto più di qualsiasi banconota.
Quel sonno-morte di cui si era addormentata la loro mamma costava più di tutte le cose del mondo messe insieme.

Nabiki aveva capito in fretta come gestire al meglio questo commercio.
Intanto, funzionava di più quando era Akane a dire che la loro mamma era morta. Le veniva meglio. Anche perché spesso si commuoveva. E poi era più bassa e graziosa di lei, suscitava più compassione nel negoziante di turno. Ed era più gentile e riconoscente, quindi spesso l’adulto tendeva a premiarla regalando loro ancora più cose.
Nabiki proprio non riusciva ad essere gentile con questa gente.
Alla gente non interessava niente. Il loro mondo non era stato stravolto. Per queste persone era tutto come se niente fosse. Una volta che lei e Akane fossero uscite dal negozio, si sarebbero ben presto dimenticate di loro. Così come si erano già dimenticate di loro tutti i parenti e i vicini di casa che durante il funerale non avevano fatto altro che ripetere “Noi ci siamo”.
E invece non c’era nessuno. Non c’era nemmeno più il loro papà.

Nabiki non era stupida. Lei non se ne faceva niente di una carezza e di un sorriso accondiscendente. Le sembrava una bugia, e sua mamma le aveva sempre detto che dire le bugie non andava bene.
Forse questa gente non mentiva veramente, forse voleva solo essere gentile, ma comunque diceva cose che non aveva nessuna intenzione di mantenere. E non ascoltava. Nabiki sapeva che non la ascoltavano mai veramente. Non l'avevano mai fatto.
Nemmeno quando, da piccola, diceva agli adulti quanto trovasse bello quel sasso che aveva trovato sotto lo scivolo. Perché sorriderle e coccolarla come se avesse detto una cosa buffa e stupida? Non era forse altrettanto buffo e stupido che quella stessa signora si vantasse così tanto di una borsetta marrone in cui poteva mettere dentro un portafoglio e poco più?
Nabiki aveva capito presto che tutte le cose avevano un valore.
E che questo valore cambiava, da persona a persona.
L’unica cosa che non cambiava mai, erano le persone.
Le persone non ti ascoltano.

La mamma era morta. E le persone ti guardavano come se non sapessero cosa dire. Come se le stessi mettendo in imbarazzo. Perché, fondamentalmente, era così, Nabiki lo capiva. È una cosa che... spiazza. Cosa rispondere? Cosa dire? Cosa fare? Niente, non c’era niente da fare. Nabiki non era stupida, se ne rendeva conto, anche perché lei stessa era stata completamente spiazzata da questo sonno-morte.
E sapeva che il gelato che le regalavano, la cassetta del cartone animato che le lasciavano portare a casa, l’entrata al cinema senza pagare... erano tutti dei modi per levarsela di torno, per fare in modo che si allontanasse e permettesse loro di pensare alle cose che li riguardavano. Il mondo di questa gente continuava a girare, mentre quello di Nabiki si era inceppato.
Già, era come se, per lei, il mondo intero si fosse un po’ addormentato di questo sonno-morte.
Ma lei sarebbe morta soltanto tra moltissimi anni e aveva un sacco di tempo da riempire.
E aveva già capito che, per riempire il tempo, servivano i soldi.
Ma Nabiki Tendo non era una stupida.
Sarebbe riuscita a trovare il modo di procurarsi dei soldi.
In fondo, aveva tanto tempo da riempire!
E persino l’escogitare nuovi modi per ottenere soldi, poteva diventare un modo per riempire il tempo.

  
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