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Autore: Rosie Bongiovi    05/07/2012    2 recensioni
Una piccola one shot, seguito della fan fiction "All you need is..".
Genere: Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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In effetti non si aspettava tutto ciò.

Quando aveva realizzato che cosa le sarebbe successo, non sapeva se ridere, piangere, gettarsi da un grattacielo o cercare di mantenere la calma con l'aiuto di qualche santo. Aveva semplicemente sorriso e poi fatto tutte le cose precedentemente elencate, eccetto la terza.

In quel preciso istante, però, pensare a quella ormai lontana giornata non l'avrebbe aiutata. Eppure le serviva distrarsi in qualche maniera. Tornò a immergersi nel passato, mentre sentiva di stare per morire e le voci attorno a lei cominciavano ad essere sempre più confuse e lontane.

 

Se lo ricordava come se fosse ieri. Aveva cominciato a sottovalutarsi: non credeva di possedere le forze per farcela.

“Ce le ho?”, era la domanda che si poneva svariate volte durante la giornata. Doveva averle, purtroppo non c'erano alternative.

Purtroppo o per fortuna?

La mattina era cominciata in maniera un po' particolare; lui si era alzato presto per prendere un aereo e andare a New York, per incidere dei pezzi, e lei si era svegliata di soprassalto, in un bagno di sudore, dopo un sogno strano.

In quel sogno correva a perdifiato sulla sabbia ed era giovane, avrà avuto vent'anni. Subito dopo era caduta e il vento l'aveva trascinata nell'acqua. Qualcuno o qualcosa la stava portando negli abissi. Là, a chissà quanti metri di profondità, in un'enorme conchiglia, c'era una coperta blu ed un medaglione d'oro con inciso un nome che non riusciva a leggere, a causa delle onde che la stavano spingendo sempre più lontana.

Spalancò gli occhi dopo essere tornata alla realtà e automaticamente toccò il materasso, alla sua destra, dove di solito c'era disteso lui. Dopo aver realizzato che non l'avrebbe visto per una settimana, si alzò e si trascinò debolmente in bagno. Appoggiò le mani sul bordo del lavandino e spostò lo sguardo sulla sua immagine riflessa nello specchio; era pallida e i suoi occhi erano circondati da occhiaie violacee, che non avevano la minima intenzione di abbandonarla. Portò velocemente una mano sullo stomaco: nemmeno quell'intollerabile senso di nausea voleva andarsene. Guardò il suo orologio che, oltre all'ora, segnava anche la data; un senso di sconforto l'assalì all'improvviso, provocandole la sensazione di non avere più la terra sotto i suoi piedi.

Non era possibile..

Aprì l'armadietto del bagno e cercò tra le mille scatolette di dentifricio, profumi, creme, confezioni di cerotti, per poi trovare quello che stava cercando.

Dopo cinque minuti realizzò di non essere sola in quella stanza.

Di non essere l'unica ad abitare nel suo corpo.

 

“Chelsea, amore, stringi la mia mano, è quasi tutto finito”.

“Ho quarantacinque anni, dannazione. Ho quarantacinque anni e sto partorendo. Dovrei essere in menopausa a brontolare sulla mia insopportabile menopausa e a lamentarmi delle scalmane, non a urlare per tirare fuori un bambino dalla mia pancia. Richie, ti odio, è tutta colpa tua, ti odio, non vorrei mai averti sposato!” gridò, con tutto il fiato che aveva in gola. Il chitarrista rise e la moglie lo incenerì con lo sguardo, mentre stringeva la sua mano destra con una forza che forse solo Hulk possiede.

“Potresti pentirtene più tardi” commentò l'uomo.

“No, non me ne pentirò mai! Sei un essere orribile e voi uomini siete tutto uguali! A voi tocca solo la parte ludica di tutto ciò, noi invece dobbiamo partorirli, dobbiamo allattarli, dobbiamo cambiarli e farli dormire e svegliarci nel bel mezzo della notte per farli riaddormentare!”. L'ostetrica guardò divertita Richie.

“Che ci posso fare” disse “La dolcezza è la cosa che l'ha sempre contraddistinta”.

“Io giuro su tutte le tue chitarre che non appena esco da questo ospedale ti ammazzo”.

“Signora, un'ultima spinta, ci siamo quasi”. Chelsea si rese conto che era inutile fare promesse che non avrebbe mantenuto: concentrò tutte le sue forze sul bambino. Lanciò un ultimo urlo ed espirò profondamente.

Si sentì un pianto.

“Congratulazioni, è un maschietto” disse l'ostetrica, avvolgendo il piccolo in una copertina blu, per poi consegnarlo nelle braccia di Chelsea. Richie osservò quella minuscola creatura e si avvicinò.

“E' meraviglioso..” sussurrò.

“E' la cosa più bella che io abbia mai visto..” mormorò Chelsea, con gli occhi pieni di lacrime. L'uomo guardò la moglie e la baciò teneramente.

“Complimenti tesoro” le disse, sorridendo commosso.

 

“Ormai sono là dentro da..”. Jon guardò l'orologio che portava al polso. “Da tre ore e mezza”.

“E tu stai camminando avanti e indietro in questo corridoio da 210 minuti” rispose David, bevendo il quarto caffè di seguito, per poi appoggiare il bicchiere di plastica sul tavolino accanto alla seggiola di plastica su cui era seduto.

“Avanti Jon, Dorothea ha partorito ben quattro volte, dovresti sapere come funzionano queste cose” replicò Tico, col suo solito vocione grave.

“Non c'entra!” esclamò il biondo, passandosi le mani tra i capelli sudati.

“Sei stressante e facilmente irritabile” mormorò Alec, che ormai era tornato ad avere i contatti con i suoi amici di vecchia data. Il cantante non rispose ed ebbe un piccolo infarto quando si aprì la porta dietro di lui.

“Potete entrare” annunciò un'infermiera di quarant'anni circa, dai lunghi capelli neri e con al collo un medaglione d'oro. David, Tico e Alec si alzarono di scatto dalle sedie e Jon si precipitò nella stanza, con il cuore in gola.

“Non urlate, il piccolo sta dormendo” sussurrò Richie, non appena vide gli amici. Chelsea stava accarezzando la nuca del bimbo e lo osservava come se fosse in adorazione.

“E'.. Stupendo” commentò David, a bassa voce. Tico ed Alec annuirono concordi. Jon si avvicinò a Richie e lo abbracciò, dandogli una pacca sulla spalla.

“Congratulazioni” disse, sottovoce.

“Come avete deciso di chiamarlo?” chiese Alec, prendendo la manina del piccolo.

Chelsea e Richie rimasero in silenzio per pochi secondi, poi il chitarrista parlò.

“Adam. Si chiamerà Adam”.

 

Nota dell'autrice:

Ciao a tutti! Ecco questa piccola OS che fa da piccolo seguito a "All you need is..". Spero che vi sia piaciuta.. Ovviamente il nome "Adam" è in onore al padre di Richie, al quale lui era particolarmente legato, come molti di voi sanno..

Beh, grazie per averla letta e aver speso un po' del vostro tempo per me ;) 

 

Rosie

  
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