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Autore: LadyProud    06/07/2012    4 recensioni
«Il cielo, di solito, è azzurro, però quando nevica, come oggi, quando è brutto tempo, è grigio, più o meno…»
«Perché brutto tempo? Non è bella, la neve?»
«Sì… Ma ho sempre pensato che la neve avesse freddo… Per noi che la vediamo da fuori, è bella, così candida, così soffice, così delicata… Ma lei forse ha freddo… Non credi?»
«Mita, tu sei la neve?»
La bambina si fermò a riflettere, meravigliata e al tempo stesso un po’ spaventata da quello che le stava confidando.
«Sì, sono come la neve».
«Perché?»
Ripensò a quello che le diceva la madre, o meglio, quello che la madre diceva al padre, e che lei sentiva attraverso le pareti sottili.
«Perché io sono bianca, sono bella, piaccio a tutti. Però nessuno sa che io sto male. Come dicevamo prima per la neve…»
Genere: Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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«Mamma, perché la neve è bianca? Eh, mamma, perché?»
«Da brava, Margherita, stai seduta e mangia».
«Io voglio capire perché la neve è bianca».
La piccola Margherita, dopo l’ennesima risposta non ricevuta, si alzò e corse verso la finestra, cercando di carpire i segreti dei colori del mondo. La madre sospirò, erano tutti così i bambini. Desiderosi di scoprire cose che non valeva la pena neanche chiedersi. Margherita, però, aveva 7 anni: Era bene che cominciasse a preoccuparsi delle cose reali.
«Margherita, torna a tavola».
«No, mamma! Voi adulti non vi preoccupate mai delle cose belle che vi circondano, sempre a pensare alle cose
La madre rimase interdetta. La piccola si allontanò, verso un’altra finestra, verso altri colori. Decise che avrebbe osservato meglio la neve, standole più vicina. Si vestì a cipolla, come le diceva sempre la mamma, e fece per uscire.
«Marghe, dove vai?»
«Uffa, mamma, sto qui sulle scale, voglio giocare!»
La donna sorrise.
«Va bene, ma stai attenta».
Dopo aver ringraziato la madre con un sorrisone sdentato, la bambina corse fuori sulla neve, superando a grandi balzi le famose scale, dove avrebbe dovuto giocare.
Sulle scale c’è la neve sporca, pensò.
Appoggiò un piedino sulla neve bianchissima, quella pulita, e si sentì felice. Ne prese un po’ tra le mani, rannicchiandosi, ma questa si sciolse troppo in fretta. Si tolse un guanto, ma il freddo era insopportabile.
«E ora con cosa gioco?»
Guardandosi intorno, con lo scopo di trovare qualcosa con cui giocare, vide poco distante da lei una massa di cappotti con il viso scuro. Era una bambina di colore che giocava sotto il portico della sua casa, ma non sembrava si divertisse. Margherita si guardò intorno, guardò la porta di casa sua e la bambina, più volte. Decise che non le importava quanto distante fosse quella casa, voleva giocare, così cominciò ad avvicinarsi, finché non le fu proprio davanti. La bambina sembrò non notarla, ma cominciò ad allarmarsi quando sentì le assi del portico scricchiolare senza che lei si stesse muovendo.
«Chi è? Papà?» chiese, spaventatissima.
«Fai finta di non vedermi?» Margherita mise il broncio, poi sembrò capire quale fosse il problema.
«Ah, non mi distingui dalla neve. Sei abituata ad essere così scura, che non le vedi più le persone chiare come me. La mamma dice sempre che sono troppo troppo chiara, ma io mi trovo carina, perché assomiglio alla neve…» mentre blaterava, si accorse che la piccola aveva cominciato a piangere. Si accovacciò vicino a lei.
«Scusami, scusami! Dai, non piangere, oppure tuo papà si arrabbia con me, dai…»
«Di che colore sono le mie lacrime?»
La bambina di colore pronunciò queste parole con la semplicità di qualcuno che ti sta chiedendo il tuo nome, tra singhiozzi e tremiti di paura.
«Che domanda strana… Non lo so».
«Come non lo sai? Non ci vedi neanche tu?»
Margherita comprese. La piccola era cieca. Venne da piangere anche a lei.
«Sì… Ma non hanno un colore… Sono trasparenti…»
«E perché?»
Margherita pensò un po’, prima di rispondere.
«Perché le lacrime le ha una persona triste, e la tristezza è così brutta che non la si può descrivere, soprattutto con i colori, che sono belli. Non ha colori la tristezza». Si sedette vicino alla bambina, e improvvisamente si sentì più grande.
«Quanti anni hai?», le chiese.
«Ne ho cinque». Accompagnando le parole con un gesto della mano aperta, per far capire meglio il concetto di cinque, diede una manata in faccia a Margherita. Prima di poter scusarsi, cominciarono a ridere entrambe.
«Mi spieghi i colori?»
La bambina prese la mano della sua nuova amica e la guidò sulla neve.
«Questo è bianco. E’ sempre bianco». Ci pensò, e si ricordò della sporcizia che si era mescolata a quel candore, sulle scale.
«Tranne quando è sporca. Quando è sporca diventa nera e non è più bella».
«Io e mio papà siamo neve sporca
«Come fai a conoscere il colore della tua pelle?»
«Papà spesso si arrabbia, perché siamo neri. Non è che non gli piace solamente il nero, non gli piacciono proprio i colori… Oh, io vorrei tanto vederli, i colori, tutti, anche quello della mia faccia, quello della neve sporca!»
Margherita la abbracciò, e decise di spiegarle anche gli altri colori. Prima però chiese alla sua nuova amica il suo nome.
«Sciasha!», rispose, mettendo più sci del necessario.
«Sasha? Bel nome! Io mi chiamo Margherita». La piccola si rabbuiò.
«Troppo lungo, non ci riesco… Ti va bene se ti chiamo Mita?»
«Certo, chiamami come vuoi. Li vuoi conoscere o no gli altri colori?»
La piccola ci pensò su, non troppo convinta della risposta che stava per dare.
«Sì…»
Margherita, con un sorriso, le alzò il braccio verso il cielo.
«Il cielo, di solito, è azzurro, però quando nevica, come oggi, quando è brutto tempo, è grigio, più o meno…»
«Perché brutto tempo? Non è bella, la neve?»
«Sì… Ma ho sempre pensato che la neve avesse freddo… Per noi che la vediamo da fuori, è bella, così candida, così soffice, così delicata… Ma lei forse ha freddo… Non credi?»
«Mita, tu sei la neve?»
La bambina si fermò a riflettere, meravigliata e al tempo stesso un po’ spaventata da quello che le stava confidando.
«Sì, sono come la neve».
«Perché?»
Ripensò a quello che le diceva la madre, o meglio, quello che la madre diceva al padre, e che lei sentiva attraverso le pareti sottili.
«Perché io sono bianca, sono bella, piaccio a tutti. Però nessuno sa che io sto male. Come dicevamo prima per la neve…»
Nella voce della piccola c’era un po’ di rabbia, ora.
«Sei come il mio papà, Mita? Non ti piacciono i colori?»
«Preferisco non parlarne più…»
«Perché stai male, Mita?»
«Perché ho la... La leu… Non lo so, qualcosa tipo la leuscemia».
La bambina rise, e Margherita si unì a lei. Dopo disse:
«Vuoi che continuiamo ancora a parlare dei colori?»
«No… Papà li odia e li odi anche tu… Lui odia il nero… Dice che è impossibile vivere con il nero che influenza tutta la tua vita, e a volte, quando è arrabbiato, dice che è meglio che io non veda il mondo. A te non piace il bianco… Perché ha a che fare con la tua malattia scema… Hai visto che parole difficili che sto usando?»
Margherita la interruppe.
«Credo che non sia proprio così la parola, sai?»
Risero di nuovo, interrompendo quello scorrere di pensieri così tristi, così neri.
In breve tempo, le bambine diventarono molto amiche, la madre di Margherita conobbe il padre di Sasha, erano felici per quello che le loro bambine stavano condividendo. La mamma della piccola malata di leucemia trovò il coraggio di dire tutto al padre dell’amica di sua figlia, che decise di tenersi aggiornato sugli sviluppi della bambina. Passarono le stagioni, passò il bianco dell’Inverno, il rosa della Primavera, il giallo dell’Estate e il rosso dell’Autunno.
Il padre della piccola Sasha era seduto su una sedia bianca, tutto era così bianco che si sentì ancora più nero, ancora più colpevole di quello che stava succedendo.
«Papà, guarda! E’ tutto bianco, che bello, perché non ti piace, come può non piacerti? Dai, papà, chiama Mita! Voglio che mi insegni i nomi degli altri colori!»
Il padre, piangendo sommessamente, uscì dalla stanza. Una donna si alzò, con il volto segnato da molte notte insonni, ma sorridente. Gli parlò con una calma rassegnata, ma allo stesso tempo felice di quello che stava succedendo.
«Non sentirti in colpa. Quando crescerà, Sasha sarà felice di sapere che vede i colori con gli occhi della sua Mita».
Si abbracciarono. Il bianco che aveva portato via Margherita, il nero che aveva diviso il padre di Sasha dal resto del mondo, ora interagivano in pace con gli altri colori, grazie all’unione che era avvenuta tra il bianco dell’anima e degli occhi di Margherita e il nero della pelle che ricopre la piccola Sasha; Dai corpi intrecciati in un abbraccio di due genitori che hanno amato e sempre ameranno, sia bianco, sia nero.
   
 
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