Fanfic su artisti musicali > Muse
Ricorda la storia  |      
Autore: N i s h e    08/07/2012    3 recensioni
Bingham aveva preso l'abitudine di addormentarsi quando non volava una mosca in casa, di recente. Di solito sveglissimo, gesticolava cercando di richiamare l'attenzione di qualsiasi essere vivente si aggirasse dalle sue parti.
Quella sera erano rimasti da soli, a godersi un po' di meritato riposo.
Matt si sedette di nuovo al posto che aveva da poco lasciato e con un enorme sorriso, ancora sulle labbra, si mise a fare il padre: ruolo che riteneva talmente intimo ed esclusivo da riuscire a svolgerlo pienamente solo alla presenza di suo figlio.
Genere: Fluff, Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Matthew Bellamy
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Father & Son


A Federica, Cecilia, Ann, Silvia, Milla e a chiunque altro sia stata piacevolmente rovinata la vita dal Sig. Bellamy & co.


Era ormai quasi sera, quando una fresca brezza d'aria s'insinuò inaspettatamente dalla grande finestra spalancata nel salone.
Si avvolse, ben accetta, intorno al collo stanco e accaldato di Matt, seduto con le spalle alla finestra.
Gli provocò un brivido lungo la schiena e inevitabilmente lo distolse dal libro che ormai stava leggendo da un paio d'ore: interrompeva la lettura solo per controllare a ritmi più o meno regolari, qualcosa che si trovava alla sua destra.
Alzando gli occhi a quel tocco, si accorse subito che la luce del pomeriggio se n'era andata, lasciando il posto al manto un po' più scuro della sera.
Sbadigliò come se non ci fosse un domani e si stropicciò gli occhi, prima di massaggiarsi il collo stanco.
Aveva ripreso a leggere, per ammazzare la consueta, imminente, ansia che Tour e Promozioni avrebbero portato. Non lo faceva mai quando aveva un minuto di tempo, non ci riusciva.
Gli veniva una gran voglia di isolarsi, leggendo, solo quando era pieno zeppo di cose da fare.
E lui assecondava sempre, quel particolare istinto.
Chiuse il volume e si guardò intorno: le ombre si erano fatte più dense.
Alla sua destra, dentro un box pieno di cuscini c'era suo figlio che dormiva. Almeno fino a qualche istante prima.
Ora dei lievi tonfi gli dissero che la brezza d'aria aveva distorto anche lui dal suo sonnellino. Con un sorriso si alzò dal divano, accese le lampade e si avvicinò al box.
Due pezzi di cielo gli restituirono lo sguardo, così simile al suo. Con un sorriso ancora più grande allungò le mani e prendendolo con deliberata delicatezza, si portò al petto suo figlio.
L'aria intorno a lui si dipinse del suo particolare e rassicurante profumo: "profumo da bambini", lo chiamava Dom.
- Ehi, campione. -
Bingham aveva preso l'abitudine di addormentarsi quando non volava una mosca in casa, di recente. Di solito sveglissimo, gesticolava cercando di richiamare l'attenzione di qualsiasi essere vivente si aggirasse dalle sue parti.
Quella sera erano rimasti da soli, a godersi un po' di meritato riposo.
Matt si sedette di nuovo al posto che aveva da poco lasciato e con un enorme sorriso, ancora sulle labbra, si mise a fare il padre:  ruolo che riteneva talmente intimo ed esclusivo da riuscire a svolgerlo pienamente solo alla presenza di suo figlio.
Che al momento agitava a caso le piccole mani, afferrando l'aria.
La mano - quella grande - del suo papà, gli accarezzò la testa e gli occhi sempre vigili cercarono sul suo viso tracce di cambiamenti evidenti o meno, che magari gli erano sfuggiti.
- Ma tu dormi un sacco, ometto, lo sai vero? Non si addice a una Rockstar, il sonno -
Seduto sulle ginocchia del suo papà, Bingham volgeva tutta la sua attenzione al lembo di maglia che tentava di tirargli via.
- Una volta rimasi sveglio per più di quarantotto ore. Oddio che incubo -
La mano del bambino aveva abbandonato il lembo di maglia e ora gli si chiudeva intorno al suo indice destro, che Matt faceva ondeggiare lentamente.
Finalmente lo sguardo di Bingham cadde sul suo, mentre con la piccola boccuccia articolava suoni alquanto incomprensibili. Matt indietreggiò di qualche trentennio e come ogni volta, si mise a prodigarsi in suoni simili a quelli del figlio. Comunicavano così, in bambinese, per ora, regalando sempre un sorriso a mamma Kate.

La prima presunta "parola" di Bingham si avvicinava molto a qualcosa come mami.
Aveva iniziato a gattonare una sera di qualche settimana prima, Matt non c'era: Kate gli aveva riferito tutto questo, mentre lui la fissava con una muta delusione sul volto.
Aveva sempre pensato che non sarebbe stato quel tipo di genitore: apprensivo, preoccupato e con la mania d'esserci sempre, ad ogni corso, a vivere i progressi del figlio. A non perdersene una.
E invece non solo aveva quella segreta, particolare mania, ma riusciva sempre a perdersele tutte.

Lo stava facendo ridere, in quel momento, mentre gli riempiva di baci e finti morsi, la manina.
E con Bingham rideva anche lui, con quella particolare risata che riservava solo al figlio. E che solo il figlio gli provocava.
Si fermava un istante per consentirgli di prendere fiato e poi ripartiva all'attacco, facendolo divertire ancora e ancora...

- Dady! -

Matt si arrestò, trattenendo il fiato, nell'istante in cui il suo cervello metabolizzò l'accaduto.
Bingham continuava a gesticolare, noncurante di quello che era appena successo. Di quello che aveva appena scatenato.
- Cosa, piccolo? Cosa hai detto? -
L'aria era ancora impregnata delle eco di risate, Bingham fissava suo padre, in attesa.
Dom gli avrebbe dato del patetico, in quel momento, perché neanche a dirlo gli si erano inumiditi gli occhi. Ma solo per un solo, breve istante.
Guardò il figlio con uno sguardo stranamente fermo.
Poi avvicinò il viso di Bingham al suo e gli diede un bacio sulla fronte.
Questa volta se l'era perso Kate, accidenti, fu il primo felice pensiero di Matt.

Era ormai sera là fuori; le luci delle lampade si intensificavano intorno a loro; la casa era silenziosa, eccetto per gli acuti di Bingham, che molto probabilmente avrebbe tanto gradito cambiarsi; e Matthew Bellamy non smetteva di sorridere, fissando il figlio, incredulo per quello che era appena accaduto, combattuto tra la voglia di dirlo al mondo intero e quella più forte, di tenersi tutto gelosamente per sé.



Figlio chi t'insegnerà le stelle, se da questa nave non potrai vederle? Chi t'indicherà le luci dalla riva? Figlio, quante volte non si arriva. Chi t'insegnerà a guardare il cielo, fino a rimanere senza respiro? A guardare un quadro per ore e ore, fino ad avere i brividi dentro al cuore?
Che al di là del torto e la ragione, contano soltanto le persone? Che non basta premere un bottone, per un emozione?
_R. Vecchioni - Figlio, figlio, figlio.


Forse è stata una pensata non troppo originale, questa slice of life, forse è qualcosa di così scontato. Non saprei, ditemelo voi. So solo che ieri mi sono ritrovata a pensare, causa la noia, alla prima volta di Matt. Alla prima volta che suo figlio l'ha chiamato, l'ha riconosciuto. Ovviamente ne so quanto voi, sulla sua vita privata, ma mi piacerebbe pensare che sia andata così. O meglio di così.
Lasciamo tutto alla fantasia, dunque. Un grazie enorme, se vi siete soffermati a leggerla, lo apprezzo moltissimo :)
Passate delle buone vacanze, al mare, in montagna, dovunque. Non state troppo al sole e pensate solo a divertirvi!

N.
   
 
Leggi le 3 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Fanfic su artisti musicali > Muse / Vai alla pagina dell'autore: N i s h e