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Autore: Hirondelle    09/07/2012    0 recensioni
"Un anno è passato, ed io mi ritrovo di nuovo qui, alla stazione di Tokio, binario numero 6, dove tutto è cominciato.
Il mio viaggio, per trovare la mia casa."
A Te, e a Me. Aspetta un altro anno, ti prego.
Genere: Generale, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Ino Yamanaka, Sakura Haruno, Shikamaru Nara | Coppie: Sasuke/Sakura
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun contesto
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Agosto.

 

Si, viaggiare

evitando

le buche piu' dure

senza per questo

cadere nelle tue paure.

 

Sì viaggiare, Lucio Battisti.

 

Agosto, partenze.

 

Gli esami di maturità? Finiti da un pezzo.

Ed io non potevo far altro che gioire. Benchè fossi stata sempre una ragazza studiosa, una secchia sì, avevo odiato la mia scuola con tutto il cuore.

Il luogo che dovrebbe insegnarti a vivere non era altro che un ammasso di pregiudizi che distruggevano i più deboli. Io e la mia migliore amica avevamo ormai imparato a fregarcene di quello che gli altri pensavano, ma purtroppo c’era ancora chi si faceva abbattere da un commento di troppo. E i professori in questo non aiutavano.

Pigri, annoiati e cinici. Il ritratto di una società senza valori.

Ed io? Oh, io volevo combattere. Non mi sarei cullata nella sicurezza che può dare uno stipendio fisso. Non era certamente quello a renderti felice.

Avrei fatto di tutto per cambiare almeno un po’ le cose. Per rendere la mia vita e quella degli altri meno superficiale e frivola. Scienze sociali mi aspettava.

Ma prima di quello un viaggio.

Zaino in spalla, niente cellulare, solo il necessario con me. E la mia Ino naturalmente.

La mia amica di sempre aveva deciso di accompagnarmi sebbene fosse un po’ restia alle mie condizioni. Ma come aveva detto lei stessa “Fronte Spaziosa, con l’orientamento che hai potresti benissimamente scambiare Londra con Parigi. Tu hai bisogno di me.

Ed era così. Ino era tutto per me. La mia famiglia, il mio mondo.

Io esistevo se lei esisteva. Una sorella, Ino.

Espansiva, presuntuosa, teatrale. Sì, eravamo due opposti.

Spesso rideva sul fatto che avrebbe incontrato un mio alterego maschile e se ne sarebbe innamorata follemente. Una persona calma, paziente e silenziosa. Rido io, ora, al pensiero che senza il mio viaggio tutto questo non sarebbe stato possibile.

Ma a quel tempo eravamo solo noi due. Ino e Sakura.

Pronte ad affrontare il mondo.

Due ragazzine senza mezzi che stavano sfidando la natura.

A me non importava di alloggiare in hotel lussuosi o di avere una macchina a disposizione. Era nell’avventura che trovavo la vita.

Affrontare sfide, sapere che niente è certo. Combattere e cambiare continuamente.

Solo questo mi avrebbe permesso di capire davvero come funziona il mondo.

 

 

Si sa che i treni tardano sempre. E’ nella loro natura essere fuori orario.

Me lo aveva spiegato mia madre, una mattina di dicembre di tanti anni fa mentre io sbuffavo. Odiavo aspettare.

Eppure quel giorno non mi pesò per niente.

L’eccitazione, l’euforia. Ero pervasa da questi sentimenti.

Ino mi aveva preso in giro.

“Fronte Spaziosa non vai a sposarti!” “Molto meglio, Ino. Molto meglio.”

Poi lei si era accesa una sigaretta, buttando il pacchetto ancora pieno.

“L’ultima prima di questa avventura, no? Se dobbiamo camminare, meglio che impari da subito a tenere il fiato per me.”

A quella risposta mi ero fermata. “Torna, Ino. Non lo vuoi fare.”

“Ascoltami bene, Sakura. No, ok? Non lo voglio fare. Credo sia un’idea assurda. Niente cellulari? Niente hotel? Non è esattamente la mia idea di vacanza, ma non importa. Ho deciso ormai. Ho deciso di stare con te, di non lasciarti sola. Quindi smettila di ripetermi sempre le stesse cose. Non me ne vado, Fronte Spaziosa. ”

Io le avevo semplicemente sorriso, incapace di rispondere.

Non avevo mai visto Ino così seria.

 

 

 

Agosto, ancora Giappone.

 

Prima dell’Europa decisi di tornare ad Osaka un’ultima volta.

Dovevo vedere assolutamente una persona prima che fosse troppo tardi.

Passai dal tempio Shitenno-ji mentre lasciai Ino libera di girovagare per il quartiere Ame-mura, il villaggio americano. Un quartiere ricco di locali e negozi. Oro per la mia migliore amica. Entrai nel tempio, ricordando le ore passate a pregare con mia madre, quando ancora abitavamo nella capitale della buona tavola. Avevo solo cinque anni, ma ricordavo ogni dettaglio. Come potevo, d’altronde, scordare l’unico periodo in cui eravamo stati una vera famiglia? Le lacrime scesero giù ed io lasciai il tempio dietro di me per l’ultima volta.

Non sarei tornata mai più, faceva troppo male.

Camminai parecchio, poi finalmente trovai la casa.

Tsunade Haruno. Mia nonna.

La porta era aperta, ed io entrai sorridendo alle foto dell’ingresso.

Una donna, poi, comparve all’improvviso.

“Scusi, chi è lei?” mi domandò con cortesia.

Era giovane, i capelli neri e corti le incorniciavano il viso alla perfezione.

Ciò che mi colpì fu, però, il maialino che aveva in braccio.

Le chiesi di Tsunade-Hime e mi indicò il giardino.

La superai ed uscii fuori. L’enorme albero di ciliegio c’era ancora e sembrava quasi stonare in mezzo a quel giardino minuscolo. L’ultima volta era ancora piccolo.

Tutto sembrava fosse invecchiato, eccetto quell’albero. Le crepe ai muri, la vernice ormai logora, il tavolino sporco quasi come il pavimento e l’altalena a terra. Oltrepassai il ciliegio. Sulla panchina, all’ombra, vi era mia nonna.

Si accorse subito di me, ed iniziammo a piangere insieme.

L’abbracciai forte, lei non aveva le forze per parlare, così iniziai io.

Le dissi che mi era mancata tanto, che avrei voluto raggiungerla prima, che avevo visto la lettera e avevo deciso di andare a trovarla.

Lei sorrideva, calma. Forse aveva ormai accettato l’idea della morte.

Mi fece capire che le avevo restituito la gioia tornando da lei.

“Nonna, io sto partendo. Non sono venuta qui per restare, mi dispiace.”

Mi staccai da lei. Il suo sorriso c’era ancora, ma le lacrime ripartivano.

La tenni per mano per un’altra mezzora, poi le diedi un ultimo abbraccio e tornai in casa.

La donna di prima mi accolse con un bicchiere d’acqua.

Sapeva qual era la mia domanda.

“Neanche un mese. Ha fatto bene a venire.”

Le sorrisi gentilmente. Poi andai via e non rividi mia nonna mai più.

Il tumore ai polmoni la stava consumando velocemente e neanche fossi stata il medico più bravo del mondo avrei potuto fare qualcosa per lei.

Mia nonna stava morendo e questo era un dato di fatto.E si sa, i miracoli non sono altro che favole per gli illusi. Ed io non lo ero di certo.

 

 

 

Agosto, lettera ad Ino.

 

 

“Ino,

quando torneremo ti farò leggere questa lettera.

Vi è il mio grazie più sincero qua dentro. Quello che non riesco a dirti di persona, perchè, sai, che con i sentimenti sono una frana. Tu invece sei così limpida. Sei come il mare, Ino.

Accogli tutti, sei pulita e fresca. Sei sana. E vorrei avere il tuo stesso coraggio.

Perchè sì, forse è vero che ti sto portando io in questo strano viaggio, ma tu hai la forza di esprimere te stessa sempre, amica mia, ed io non vorrei altro che questo.

Ma ti prometto che ce la farò, che riuscirò a non avere più paura, che manderò a fanculo i sensi di colpa e sarò felice all’idea di mostrare le mie emozioni.

Perciò grazie Ino. Grazie per avermi accolto quando sono arrivata a Tokio, grazie per essermi stata accanto quando mia madre non lo faceva, grazie per avermi difeso sempre e per aver letto dentro di me senza essere scappata al primo intoppo. Grazie per questo viaggio. Ti voglio bene, amica mia.

Tua,

Fronte Spaziosa.”

 

 

 

 

Fine. 

  
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