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Autore: SHUN DI ANDROMEDA    10/07/2012    1 recensioni
That which I had seen in a place without light,
That which I had heard in the midst of loneliness;
Everlasting words
in the past (which) you gave me
Stay The Ride Alive, Gackt
[PARTECIPANTE ALLA FLUFF CHALLENGE INDETTA DA KIM_92]
Genere: Fluff, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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Tabella: Inverno

01.Maglione di lana 02.Regalo 03."Buon Natale, idiota"
04.Neve 05.Capelli spettinati 06.Labbra fredde

Progressi: 2/6

 

Titolo: Il Lungo Addio – In The Past You Gave Me
Autore: SHUN DI ANDROMEDA/KungFuCharlie
Fandom: Kamen Rider W
Personaggi: Oyassan, Philip, Shotaro, Akiko, Terui, Un Po' Tutti
Pairing: Philip/Shotaro, Akiko/Terui
Genere: Fluff, Malinconico, Sentimentale
Rating: Verde
Disclaimer: “Personaggi, luoghi, nomi e tutto ciò che deriva dalla trama ufficiale da cui ho elaborato la seguente storia, non mi appartengono ma sono di proprietà di Toei Animation, che ne detiene tutti i diritti. Questa storia non è stata scritta a scopo di lucro e, viceversa, gli elementi di mia invenzione, non esistenti in Kamen Rider W, appartengono solo a me.”
Tabella: Inverno
Prompt: 2) Regalo
Note: Il romanzo “Il Lungo Addio” è scritto da Raymond Chandler. Spoiler dal Taisen Decade x W e dagli ultimi episodi della serie.

§§§

IL LUNGO ADDIO – IN THE PAST YOU GAVE ME

That which I had seen in a place without light,
That which I had heard in the midst of loneliness;
Everlasting words
in the past (which) you gave me

Stay The Ride Alive, Gackt



 

Dicembre 2008

In quel freddo Sabato di Dicembre, Shotaro sedeva al tavolino da bar nel bel mezzo dell'ufficio, con le lunghe e snelle gambe lievemente a penzoloni mentre scriveva qualcosa su di un vecchio quaderno.

C'era un bel silenzio nella stanza immersa nella penombra di quel primo pomeriggio invernale, mentre, all'esterno, i nuvoloni pesanti minacciavano neve, tanta neve.

Non sentiva troppo freddo, aveva acceso la stufa, che rilasciava nell'agenzia un tepore piacevole: con le orecchie tese a captare il benchè minimo rumore, il ventitreenne trascriveva rapidamente l'ultimo paragrafo dei rapporti che doveva finire di compilare per quella sera, fischiettando sottovoce un motivetto.

Scritto l'ultimo kanji con un movimento fluido del polso, abbandonò infine la penna sui fogli di carta, stiracchiandosi con un mugolio soddisfatto prima di balzare giù dalla sedia e correre alla piccola libreria accanto alla scrivania del suo Boss: la biblioteca di Narumi Soukichi era molto ben fornita, lo era sempre stata, ma c'era un solo libro, tra tutti, che amava leggere e rileggere, il preferito del suo maestro.

Con mano tremante e infinita cautela, estrasse il volume dalla copertina vecchia e sdrucita dal posto che occupava nel ripiano più alto della libreria e, stringendoselo al petto, andò ad accoccolarsi sulla morbida poltrona del Boss, che si trovava giusto accanto alla stufa.

Sbirciando l'orologio a muro, vide che non erano neppure le 14: Shotaro ricordava che il Boss aveva detto che, prima delle 18, non sarebbe tornato in ufficio perchè doveva vedere una cliente e si era raccomandato che finisse di rimettere in ordine tutti i rapporti prima del suo ritorno.

Aveva appena finito, no?

Quindi nulla gli impediva di sfogliare a piacere quel romanzo, giusto?

Cosa che fece all'istante, concentrando la propria attenzione sull'inizio del terzo capitolo.



 

...Tre giorni prima di Natale ricevetti un assegno al portatore di una banca di Las Vegas, per la somma di cento dollari. Lo accompagnava un biglietto scritto su carta intestata di un albergo. Terry mi ringraziava, mi augurava un buon Natale e ogni felicità...



 

Quel libro era senza dubbio uno dei suoi preferiti, se non IL suo preferito: si era sempre chiesto come potessero due persone, appena conosciutesi, sviluppare un legame di amicizia così intenso, così vero, un legame che difficilmente, in condizioni normali, avrebbe potuto esserci.

Accanto a Narumi Soukichi come assistente, in quell'anno, aveva imparato moltissime cose, aveva aiutato moltissime persone, eppure non aveva ancora incontrato nessuno in grado di far scoppiare quella “scintilla” - come il Boss la chiamava - che era scoppiata tra Marlowe e Lennox in quel parcheggio male illuminato del Dancers, in una Los Angeles fin troppo cosmopolita e patinata per i suoi gusti, che suscitava il suo interesse unicamente per quelle due figure che si gravitavano attorno come pianeti gemelli. E credeva che, ormai, a ventitrè anni, sarebbe stato stupido, oltre che infantile, sperare ancora di poter vivere un'esperienza del genere.

Di poter avere un amico del genere accanto a sé.

Perchè era questo quello che desiderava, l'aveva sempre desiderato fin dal giorno in cui il Boss gli aveva intimato di leggere quel libro durante l'estate precedente, particolarmente calda e secca, un desiderio che Hidari Shotaro aveva ingenuamente coltivato fino a quel momento, nascondendolo a volte dietro un comportamento fin troppo simile a quello che Philip Marlowe teneva tutti i giorni tra quelle pagine che lo vedevano protagonista.

Desiderava una parte destra, lui, che era Hidari, desiderava un “Migi”, o un “Right”, per dirla all'inglese.

Left and Right.

Hidari to Migi.

Desiderava qualcuno che facesse scoccare la scintilla, due persone in un solo corpo, figurativamente parlando.

Nervosamente, si passò una mano tra i capelli corti, alzando poi lo sguardo e indugiando sul cappello bianco appeso proprio sopra la sua testa, lo stesso che il Boss indossava ogni giorno ma che ancora a lui non era permesso farlo.

Potrai indossarlo quando sarai divenuto un vero uomo”

Queste erano le parole che gli rivolgeva quasi quotidianamente.

Quando avrai capito quella scintilla, potrai indossarlo.”

Le parole che il Boss aveva usato per concludere il suo discorso erano state pronunciate mentre la mano di questi andava a sfiorare con le dita la fascia nera che decorava quel fedora bianco come la neve, un cappello meraviglioso che era un po' il marchio di fabbrica di quel taciturno detective originario di Osaka che aveva acconsentito a prendere con sé, quasi adottandolo come un figlio, quel bambino - divenuto un ragazzo che divora la strada della vita con una rapidità sorprendente – che tanto lo aveva ammirato durante l'infanzia.

Ma quella scintilla, Shotaro l'aveva capita eccome, la desiderava ardentemente!

Stretto nel suo gilet nero, il ventitreenne, ipnotizzato dallo scorrere delle parole, non si accorse del ritorno del suo Boss neppure quando, per l'oscurità incipiente, questi andò a inciampare nei gradini dell'ingresso.

Rimase imbambolato a leggere fino al momento in cui un coppino non lo prese dritto in fronte, facendogli cadere di mano il volume con un lamento a stento trattenuto: “Ti sei distratto.” notò semplicemente Narumi, muovendosi a tentoni nel buio per accendere la luce, “Come facevi a leggere?” chiese ancora, dandogli le spalle per avvicinarsi al cucinino.

Shotaro si massaggiò la fronte stiracchiandosi: “Ormai lo conosco a memoria, Oyassan. Posso citarle interi passi, mi basta lasciare andare la mente da sé.”

L'uomo non rispose, si limitò ad armeggiare con il bollitore, e lo fece per parecchi minuti prima di bloccare Shotaro sul posto con le sue parole, proprio mentre il giovane si allungava per riporre il libro nello scaffale: “Puoi tenerlo, te lo regalo.” annunciò improvvisamente.

Stupefatto e incredulo, Hidari restò in punta di piedi con il corpo del tutto poggiato contro la struttura in legno bianco dipinto e le mani colte nel movimento di spingere in dentro la costa del libro.

Tiralo giù e mettilo sotto il tuo cuscino.”

Evidentemente ci aveva sentito bene.

E' sicuro, Oyassan?” azzardò lui, scioccato e al tempo stesso emozionato.

Si, sono sicuro. Mettilo via prima che ci ripensi. Poi cambiati e preparati, verrai con me.”

Quella doveva essere di certo la notte delle sorprese: “E dove andiamo?” domandò con curiosità Hidari.

A salvare un ragazzino. Io esco un attimo, tu sbrigati.”



 

Dicembre 2010

Distesi al buio e in silenzio, con le mani intrecciate e i cuori che battevano all'unisono, Philip e Shotaro ascoltavano quietamente i rispettivi respiri appena accennati.

Pace, immersi nella tranquillità che il sapersi vivi e uniti porta con sé.

Erano sdraiati sul letto della camera di Hidari e, ad entrambi, sembravano passati giorni, sospesi in una bolla di sapone e irreali, da quando Philip si era riappropriato all'improvviso della vita che gli spettava di diritto, ritornando in uno sfolgorante alone di luce verde, non più semplice ammasso di dati miracolosamente plasmato nella forma umana che la città aveva imparato ad amare, ma vivo, composto da carne pulsante e respiro autentico.

Un corpo tangibile, finalmente.

E invece erano passate solo un paio d'ore, nulla di più: ore che però la mente del detective aveva recepito come infinite, nel breve lasso di tempo in cui era rimasto separato dal ragazzo che aveva imparato teneramente a chiamare Aibou, il suo insostituibile partner.

Subito dopo la sconfitta di Energy, Philip ci aveva messo un po' a riprendersi, forse a causa del nuovo corpo: per parecchi minuti, il ragazzo era rimasto abbandonato tra le braccia di Akiko prima e poi tra quelle di Shotaro mentre Terui chiamava un'ambulanza per soccorrerlo.

Per tutto il tempo, Hidari non aveva fatto altro che accarezzare i capelli del più giovane, sussurrandogli qualcosa all'orecchio.

Poi, finalmente, i soccorsi erano arrivati e Shotaro, strepidando e gridando, era riuscito a strappare il permesso di seguire Philip in ospedale.

E' sotto la mia tutela!

Questo era stato il grido irritato del detective, l'arma che aveva usato per poter accompagnare Philip.

Ed era vero, virtualmente. Malgrado la mancanza di documenti ufficiali, Philip era ancora minorenne e spettava a lui, Hidari, prendersi cura del sedicenne, del “Prezioso Aibou che il Boss mi ha affidato”.

In una vaga nebbia di ricordi, il maggiore ricordò i momenti trascorsi all'ospedale, il risveglio del moro, l'arrivo di Terui con un paio di colleghi...

Il riconoscimento di Philip come Raito Sonozaki e il riconoscimento del suo stato di unico erede della defunta famiglia, stato che però il ragazzo rifiutava mentre, accanto a lui, Shotaro lo teneva stretto con un braccio attorno alle spalle.

E infine il ritorno a casa.

Da allora, da quando Hidari si era portato cautamente in spalla il minore su per le scale, erano rimasti in quella stanza, assieme, desiderosi unicamente di stare quanto più possibile in quella situazione.

Forse avrebbero dovuto chiamare gli amici, dire loro che Philip era tornato a casa, che il viaggio-studio all'estero era finito, -niente più bugie- ma nessuno dei due sembrava intenzionato a essere il primo ad alzarsi, a interrompere quel contatto, così semplicemente erano rimasti lì.

All'improvviso, il moro rotolò su di un fianco, andandosi ad accoccolare contro il petto del compagno mentre questi gli accarezzava la fronte tiepida e sospirava con un lieve sorriso a sfiorargli le labbra: “Ho sonno, Shotarou...” biascicò Philip.

Hidari annuì, sistemandosi meglio con la schiena per far stare più comodo l'altro: “Ci vorrà ancora un po' prima della cena. Se vuoi dormire un po', fai pure ma prima... Volevo darti qualcosa...” sussurrò in un soffio di voce lievemente incrinata dal pianto.

Con l'interesse risvegliato, Philip puntò i suoi grandi occhi scuri in quelli del detective, liquidi di commozione mentre gli allungava un pacchetto ben infiocchettato: “Volevo regalartelo per il tuo compleanno...” ammise, abbassando lo sguardo per non far notare l'imbarazzo, “Anche se, ora come ora, non saprei che data tenere... Quella scritta sui documenti oppure quella che avevamo deciso noi...” borbottò, “Comunque, volevo regalartelo. Spetta di certo più a te che a me...” e gli allungò un pacchetto.

Philip lo prese, lo soppesò per parecchi secondi, forse cercando di capire di cosa si trattasse, salvo poi levare con cura la spessa carta rossa e verde da regalo e ripiegarla con precisione.

Accomodato in grembo a Shotaro, con la poca luce che filtrava abbastanza dalle veneziane per illuminare decentemente il letto dove si trovavano, Philip scartò un libro, vecchio all'apparenza, ma tenuto con grande cura.

Hidari lo strinse con cautela a sé: “Sai cos'è?”

Il Lungo Addio, scritto da Raymond Chandler nel 1953.” replicò pigramente l'altro.

Il detective annuì: “Me lo regalò il Boss, voglio che lo abbia tu.” sussurrò: “Spetta a te, aibou.”

Philip non rispose, la copertina lo attirava: era certo di averla già vista da qualche parte, ne era sicuro al cento per cento, ma la sua memoria non contribuiva ad aiutarlo. Eppure, gli dava una piacevole sensazione di calore, una sensazione che si prova unicamente quando si è amati, esattamente come in quel momento.

Perchè?” gli chiese con tono neutro, saggiando con le dita la grana della carta: “E' un dono di Narumi Soukichi, sei certo di volerlo dare a me?”

Certo che sì, razza di stupido.” lo rimproverò Shotaro con tono irritato: “Il Boss ti ha chiamato Philip in onore del protagonista di questo libro, spetta più a te che a me. Senza contare che...” il detective si morse il labbro inferiore, incapace di parlare e andare oltre.

Diamine!

Per tutto quel tempo, il suo sogno si era realizzato, lo aveva avuto davanti agli occhi, e ora non aveva il coraggio di dirlo, di esternare tutta la sua gioia per aver trovato quella scintilla a cui tanto agognava, per aver trovato il “suo” Terry.

Ventiquattro anni di attesa avevano portato a quello, come poteva lasciare in sospeso una cosa del genere, dopo tutto ciò che avevano passato assieme, dopo tutti i sentimenti messi in gioco in quel lungo anno in cui, da perfetti estranei uniti dal trauma della morte e da un legame strano e sconosciuto, erano diventati le due parti cui Hidari anelava tanto?

La Sinistra aveva trovato la sua Destra a cui unirsi.

Grazie, Shotarou.”

Con un tenero sorriso, limpido e vero, Philip gattonò fino a trovarsi col volto a pochi centimetri da quello del compagno prima di gettargli le braccia al collo: “Grazie, Shotarou, per avermi donato un passato, e una famiglia.” mormorò nell'incavo del suo collo.

Grazie a te di essere tornato da noi, aibou...” riuscì a biascicare il maggiore, pur se a fatica, il groppo in gola non ne voleva sapere di scendere: “Grazie davvero...” a stento riuscì a trattenere un singhiozzo.

Con le braccia avvolte attorno al tronco del busto del compagno, Philip riuscì ad accarezzargli con facilità la schiena nel tentativo di calmarlo con parole unicamente loro, speciali perché veicolate e legate a un'alchimia di anime davvero rara e importante, la loro.

Quando finalmente il ventiquattrenne si decise a tranquillizzarsi, questi aumentò la presa sul corpo fin troppo fragile del suo aibou, incapace di lasciarlo andare per alcun motivo.

Si, forse era vero che poteva avergli donato un passato, e il calore della loro famiglia, che di normale non aveva nulla, tra informatrici e informatori, una ragazzina in procinto di sposarsi con un ispettore di polizia, un Babbo Natale sempre fuori stagione: eppure il dono più grande, era stato Philip a farlo a Shotaro.

Ed era stata la sua amicizia.

   
 
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