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Autore: Sophrosouneh    10/07/2012    1 recensioni
[Era in piedi davanti a lui, coperta soltanto dal suo sangue.
Due ferite le aprivano a metà la schiena pallida.
L’unico suono udibile era il ritmico ticchettare del sangue della donna che si scontrava con il terreno.
“Lasci che la serva, mio Signore.” ] [cit.]
Storia partecipante alla Challenge Think Angst di Simph8 e Vogue91
Genere: Angst, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Belial (Cappellaio Matto), Lucifero
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Think Angst - Stati d'animo'
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Autore: Ss904 (Sophrosouneh)
Fandom: Angel Sanctuary
Personaggi: Belial, Lucifero
Set: Stati d’animo
Prompt: Desiderio
Storia partecipante alla Challenge Think Angst di Simph8 e Vogue91


Ali marce.



Rilucevano della semi oscurità di quella stanza le lucide sfere della collana, annodata stretta attorno ai polsi dell’essere.

Il solo contatto con il ciondolo le causava gravi ustioni, la pelle si piagava, deturpando la bellezza di quel corpo efebico.
L' avevano legata alla brulla parete della stanza utilizzando quegli antichissimi strumenti di giustizia.
I benedetti rosari reagivano al peccato da lei commesso, infliggendole dolore e avvinghiandosi al suo corpo sempre più ad ogni movimento.
Quelle sfere parevano contenere il fuoco del quale erano dipinte.

L’angelo attendeva il suo destino in quella squallida cella, il taglio delle ali era l’unica pena ragionevole per la sua immorale condotta.
Belial, l’assistente maggiore del capo delle Virtù, era stata condannata dal Gran Consiglio del Cielo.
Attendeva in solitudine di trascorrere le ultime ore che la speravano dal definitivo distacco.
I capelli scarlatti le ricadevano scomposti sulla fronte imperlata di sudore, il corpo era dilaniato da mille torture, eppure quel sorriso canzonatorio, che da secoli l’aveva contraddistinta, non pareva essere destinato ad abbandonare le sue labbra.

Il mattino seguente i carcerieri trovarono la cella miseramente vuota.
A terra giaceva una grande macchia di sangue raffermo, i rosari distrutti e ciò che restava di un paio di bianchissime ali.

Era in piedi davanti a lui, coperta soltanto dal suo sangue.
Due ferite le aprivano a metà la schiena pallida.
L’unico suono udibile era il ritmico ticchettare del sangue della donna che si scontrava con il terreno.
“Lasci che la serva, mio Signore.”
Gli occhi freddi dell’uomo non indugiarono neppure un secondo su quel corpo distrutto dall’orrore.
“Perché ti sei strappata le ali?” chiese, dopo qualche minuto di assoluto silenzio.
“Perché mi separavano dal mio scopo.”

“Vivrai per servirmi, Belial?”
“È quello che desidero , mio Signore.”

Quelle ali da angelo puro non le erano mai appartenute.
Disprezzava il modo in cui stonavano con la sua personalità.
Tagliandole aveva lasciato crescere quelle che più le si addicevano: delle variopinte e seduttrici ali di farfalla.
Queste ultime le avrebbero consentito di inseguire lo sfuggente riflesso del suo desiderio.


  
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