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Autore: I_am_a_cow    13/07/2012    3 recensioni
Melanie studia medicina a Londra, per mantenersi lavora in un piccolo bar e vive in un sudicio monolocale insieme ad un'altra ragazza. Nonostante ciò, però ha detto alla sua matrigna di lavorare in un posto fantastico, di avere una casa da sogni e soprattutto di essere fidanzata con un ragazzo stupendo.
Quando però la matrigna le comunica che presto le farà visita, Melanie cade nel panico. Questo finchè non incontra Niall Horan, il famoso cantante dei One Direction, che le fa una proposta a dir poco insolita..
Genere: Demenziale, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Niall Horan
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ciao. Questa storia è dedicata a te. Sì, proprio

a te che stai leggendo. Non sarà un gran che, ma

te la dedico ugualmente. Perché possa emozionarti

quanto ha emozionato me e perché possa farti

vivere quello che ho vissuto io nello scriverla.

 

 

 

A fake boyfriend.

 

Prologo

 

Ci sono momenti in cui tutto è buio. In cui l'unico desiderio che hai è quello di scappare e di andare lontano. Lontano. Un ritornello incessante che ti rimbomba nella testa a grandi lettere psichedeliche.

Così ero partita. Per dove? Londra, il sogno di tutte le diciottenni.

A un anno dal mio arrivo nella metropoli, detestavo tutto.

Detestavo la mia impulsività, detestavo mia nonna che era morta lasciandomi giusto i soldi necessari per il biglietto aereo e una stanza in affitto e detestavo l'annuncio trovato in un bar di una ragazza che cercava una coinquilina.

Ma più di tutto detestavo la sveglia che aveva deciso di suonare in quel preciso momento.

Allungai una mano e tirai una manata alla sveglia. Mancata.

Riprovai e questa volta feci centro, con l'unico risultato di farla volare giù dal comodino.

Suzie, la mia coinquilina, balzò su dalla brandina in cui dormiva.

Cos'è successo?

Nulla

Dio, quella brandina è scomodissima” sbadigliò passandosi una mano tra i capelli arruffati. “Domani tocca a te, non dimenticartelo

Ebbene sì. Due studentesse di medicina, che per mantenersi lavoravano in un caffè e non avevano abbastanza soldi per comprarsi un altro letto. Ecco spiegata la brandina.

Guardai l'orologio della sveglia. 7.30

Dio mio!” ora eravamo in piedi tutte e due.

Saltellavamo per la camera, scavalcando montagne di panni da lavare e cercando qualcosa di pulito da metterci. Suzie doveva fare la lavatrice la sera prima, ma evidentemente se n'era scordata.

Mi pettinai i capelli con le dita alla bell'e meglio non riuscendo a trovare la spazzola nel casino che regnava nel nostro monolocale.

Inciampai nelle lenzuola che avevo tirato per terra alzandomi e caddi per terra, in mezzo a mucchi di vestiti e scarpe varie.

Odio quando non fai la lavatrice, odio questo monolocale e odio Londra” gridai. L'unica cosa strana è che avessi resistito così tanto prima di dirlo. Di solito non reggevo oltre i due minuti da quando avevo aperto gli occhi.

Ci trascinammo fino alla metropolitana e poi fino alla caffetteria.

Suzie era di turno alla cassa, io ai tavoli.

Questa era la nostra vita: lavoro, studio, dormire. E dire che la odiavo era un eufemismo.

Eppure non me ne andavo. Non dopo aver detto a quell'arpia della mia matrigna che andava tutto alla grande. Le avevo detto che avevo trovato un lavoro decoroso e una casa dove stare. Peccato che avessi omesso di detestare il mio lavoro e che la suddetta casa non era altro che una bettola di monolocale.

Almeno per una volta però il suo tono era sembrato deluso e io non potevo gettare la spugna proprio ora, quando la sapevo verde di invidia.

Così tiravo avanti e tutto sommato, nonostante me ne lamentassi, la mia vita era molto meglio di quella di altre persone. Perlomeno avevo un tetto sopra la testa.

Mi stropicciai gli occhi iniziando a prendere ordini.

Non avevo servito nemmeno un tavolo quando il mio datore di lavoro mi venne a cercare, scuro in volto. Oh oh!

Una telefonata per te” ecco cosa non andava.

Era implicitamente vietato ricevere telefonate sul lavoro, se non in casi eccezionali.

Pronto

Ciao Melanie

Ciao Letizia” sospirai di rimando alla mia matrigna “Lo sai che non puoi chiamarmi qui

Ma dovevo assolutamente parlarti

Non ne avevo dubbi” Letizia fece finta di non accorgersi del tono ironico che avevo usato.

Come va la tua vita laggiù?

Bene..” non riuscivo a capire dove volesse andare a parare.

E il tuo fidanzato?”

Uh” non mi pareva di aver nominato un fidanzato nelle precedenti conversazioni “Uh..lui..tutto bene” che bugiarda che ero.

Ah bene, io e tuo padre moriamo dalla voglia di conoscerlo. Saremo lì tra tre settimane, non vedo l'ora!” riagganciò.

Tre settimane. Tre settimane e il bel lavoro, la bella casa e il bel fidanzato sarebbero scomparsi, soppiantati da un lavoro con un capo che ti odio, da un monolocale disordinato e sporco e da il niente più assoluto come compagno di vita. Bello, bello davvero.

Ma non era questo a preoccuparmi, e nemmeno la faccia soddisfatta che avrebbe fatto Letizia vedendomi in quello stato. L'unico pensiero che mi girava per la testa in quel momento era: “Dove diavolo lo trovo un fidanzato in così poco tempo?!”

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Saaaalve! Questa è la mia prima FF quindi fate i bravi.

E recensite, vi prego!

Lo so, che è una storia demenziale, ma mi ci vuole!

Sono un po' depressa in questo momento, delle recensioni mi farebbero sentire meglio (Okay, sono proprio messa male se gioco la carta della bambina triste..)

Vi lascio il link di un'altra mia storia:

http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=1146095&i=1

Mi farebbe moooooooolto piacere se passaste anche di là.

Bacioni!

  
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