Storie originali > Romantico
Ricorda la storia  |      
Autore: NonnaPapera    14/07/2012    5 recensioni
Alik è un alieno mentre Bianca una semplice ragazza del liceo questa è la loro storia d'amore.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago, Scolastico
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Autore: NonnaPapera!
Genere: Romantico, fantascienza ( più o meno)
Avvertimenti: //
Note: Dato che la storia mi faceva schifo ho pensato di renderla un pò particolare in fatto di struttura. Spero si capisca la trama, ma in sostanza ogni macro paragrafo rappresenta una scena non necessariamente concatenata con quella precedente ( ne per tempo nè per "spazio" XD)
Prompt a cui mi sono ispirata 
"amore sofferto. può essere contrastato dai genitori oppure due innamorati vivono lontano... decidi tu! però ci deve essere il lieto fine "
6pul55
Scitta per il contest "L'amore è un'arte"

Al di là delle stelle
Fissò la goccia di sudore che scendeva sul viso del suo avversario. Con la vista propria della sua specie riuscì a leggervi dentro una delle carte che reggeva in mano, un sei di cuori.
Scartò svogliatamente un’altra carta, tanto la vittoria era ormai sua, perciò si concesse il lusso di far correre i propri pensieri lontano, molto lontano, attraverso il tempo e lo spazio.


“Ciao” sussurrò lieve sbirciando dalla finestra del secondo piano.
Una ragazza con i capelli castani, raccolti a coda di cavallo, si voltò verso di lui e appena lo vide si illuminò in viso.
“Come stai Bianca?” chiese ancora, saltando nella stanza come avrebbe fatto se fosse stato nel suo vero corpo e non in una mera proiezione della sua mente.
“Alik” gioì lei correndogli incontro, ma fermandosi a meno di un passo dalla sua proiezione perché tanto non lo poteva abbracciare.
“Sei tornato” sussurrò felice e fece una piroetta per la stanza.
“Te lo avevo promesso” mormorò Alik sorridente, fissando incantato la bellezza acqua e sapone di quella ragazzina terrestre.
Ogni volta che la vedeva il suo spirito gioiva e la sua mente si liberava da tutte le preoccupazioni che lo assalivano.
Stava facendo tutto quello solo per lei, per poter vivere insieme a lei il resto dei suoi giorni, ma anche per uno come lui non era semplice e lo sconforto era sempre dietro l’angolo.
“Quando tornerai?” chiese titubante Bianca, incerta se voleva sapere la risposta.
“Non lo so ancora… ma credo presto” sussurrò Alik con addosso il fortissimo desiderio di abbracciarla, di stringerla a sé e di trovare conforto nel suo profumo dolce.
Bianca non protestò per quella risposta vaga e non chiese niente altro, si limitò solo a sorridere rassicurante e dichiarò sincera:
“Non importa quanto ci vorrà, io ti aspetterò” e poi, portandosi una mano alla bocca se la baciò soffiando sul palmo nella direzione di Alik.
L’alieno sorrise a quel gesto, tanto tenero quanto struggente.
Erano a un soffio uno dall’altra ma al contempo erano ad anni luce di distanza.
Avrebbe voluto dirle qualcosa d’altro ma nella sua mente sentì rimbombare la protesta del suo avversario “Stai barando bruttissimo bastardo, non credere che non farò nulla solo perché sei uno dei più violenti mercenari della galassia”. Alik sospirò, doveva ritornare nel suo corpo perché di lì a pochi istanti sarebbe scoppiata una battaglia.
“Devo andare” disse tristemente senza neppure muovere le labbra, il contatto mentale era molto più intimo ed era l’unica cosa che per il momento li univa.
La ragazza annuì, sapeva che entrambi volevano passare molto più tempo di così insieme, ma se Alik diceva che doveva andare significava che era importante.
Si avvicinò alla sagoma dell’alieno così tanto che, se fosse stato lì in carne e ossa, avrebbe potuto baciarlo solo allungando un po’ il collo.
Alik allungò una mano semi trasparente e sfiorò la guancia di Bianca in una carezza incorporea, poi la sua immagine svanì.
Bianca sospirò ormai sola nella stanza.


Era una calda giornata di inizio primavera e Bianca camminava svogliata verso scuola. Ormai un altro anno scolastico stava volgendo al termine, ancora pochi mesi e anche la terza superiore sarebbe finita.
Quella brezza leggermente calda le scompigliava i capelli, raccolti in una lunga treccia castana, gli occhi dello stesso colore vagavano senza meta a scrutare i riflessi dorati che l’acqua del canale provocava a contatto con il sole mattutino.
Non sapeva perché quel giorno avesse scelto la strada più lunga, né tanto meno perché continuava a fissare quell’acqua quasi stagnate senza riuscire a staccare lo sguardo; fatto stava che continuava ad avanzare lentamente, come se raggiungere la scuola quel giorno non fosse la sua priorità.
Fu con la coda dell’occhio che vide qualcosa di indistinto muoversi sulla riva del canale. Inizialmente pensò fosse un piccolo coccodrillo, dato che lì ogni tanto se ne vedevano e che il guizzo era stato breve.
Poi però, prima che decidesse di riprendere la strada scorse distintamente una mano che usciva dall’acqua e che annaspava nella disperata ricerca di un appiglio.
Passata la sorpresa inziale, l’istinto della ragazza fu quello di portare soccorso al malcapitato che, chissà in che modo, era finito nel canale.
Senza esitare abbandonò lo zaino e, facendo attenzione a non scivolare sul ripido pendio di cemento, si avvicinò sempre di più a quegli spruzzi.
Bianca, tra tutte le cose che poteva aspettarsi ti trovare, di certo non immaginava di vedere il volto sott’acqua di un essere che certamente non era umano.
La ragazza fissò sconvolta il volto virile, cosparso in vari punti di escrescenze marroni che parevano pietra, e gli occhi scuri, fin troppo scuri dato che erano completamente neri.
Nessuna pupilla, nessun iride solo un nero intenso e decisamente inquietante.
Quello strano uomo l’aveva vista, si era accorto della sua presenza ma stranamente non le chiedeva aiuto, come se fosse abituato a non riceverne e fosse rassegnato da lungo tempo a cavarsela da solo.
L’acqua non era alta, una trentina di centimetri di liquido separavano l’essere dalla salvezza, ma a quanto pareva non poteva né nuotare né tanto meno vincere la resistenza dell’acqua. Era come se per lui essere immerso in quel liquido fosse come nuotare nel catrame.
Alla fine la ragazza si riscosse dalla sorpresa e decise i tendere la mano afferrando quella dell’essere, perché era evidente che se non l’avesse aiutato sarebbe morto.
Bastò uno strattone forte e in pochi secondi Bianca si ritrovò stesa sul cemento levigato con addosso un essere inumano che respirava a fatica e non pareva intenzionato a sollevarsi da sopra di lei.
“Hei, ti vuoi levare?” sbottò Bianca preoccupata per la situazione, non ci aveva pensato neppure per un minuto mentre lo soccorreva, ma forse quello strano personaggio era pericoloso.
L’altro per tutta risposta fece uno sbuffo profondo, come se accontentarla gli costasse una fatica fisica immensa e rotolò di lato stendendosi di schiena  chiudendo infine gli occhi esausto.
La ragazza lo fissò per alcuni istanti indecisa sul da farsi, poi facendosi coraggio allungò una mano e lo scosse leggermente per una spalla, l’altro non si mosse e alla fine Bianca capì che avrebbe dovuto portarlo in un luogo sicuro fintanto che non si fosse ripreso.
Quando Alik riaprì gli occhi si trovava in un posto buio, disteso su qualcosa di morbido che non riusciva a identificare.
“Ben svegliato” disse una voce allegra al suo fianco.
Il mercenario sobbalzò voltandosi di scatto verso la ragazza e portando d’istinto la mano alla fondina della sua arma ma trovandola vuota.
“Non ti agitare” sbottò Bianca sorpresa dalla reazione “Forse non ti ricordi ma sono quella che ti ha tirato fuori dall’acqua”
Alik la fissò per lungo tempo, mettendola decisamente a disagio e infine decise che era il caso di andarsene da quel pianeta il più velocemente possibile; di certo lo stavano ancora cercando e rimanere in quel luogo senza armi e senza possibilità di fuga non era la cosa più sensata.
Purtroppo appena si sollevò da terra una fitta di dolore lo colse impreparato e ringhiò esasperato e spossato.
“Sei ferito” disse la ragazza. Come se lui non se ne fosse accorto!
Quella aliena era davvero irritante.
“Che cosa sei di preciso? Ce l’hai un nome?” incalzò Bianca ignorando volutamente il fatto che ancora l’altro non aveva accennato a parlare.
Alik voltò la testa esausto cercando di capire dove si trovasse.
“Sei in un vecchio condotto fognario, è chiuso da anni ormai. Sai, non sei leggero da trasportare, ho fatto fatica a spostarti visto che eri svenuto” borbottò Bianca intuendo i pensieri del suo strano paziente.
L’alieno continuò a ignorarla ostinatamente.
La pazienza di Bianca a quel punto finì.
“Bene” sbottò irritata “me ne vado, visto che a quanto pare il mio aiuto non ti serve e tanto meno la mia compagnia… E non pensare che ci casci, lo so perfettamente che mi capisci e che mi stai ignorando apposta” concluse raccattando il suo zaino e avviandosi impettita verso l’uscita del condotto.
Era ormai già fuori quando da dentro sentì la voce profonda dell’essere mormorare “Alik”


“Brutto bastardo di un mercenario, non ti darò la gemma dei desideri” ringhiò un brutto ceffo che assomigliava a un enorme tricheco, con tanto di zanne e baffi.
Alik sbottò infastidito, quella reazione era un classico, ma lui sapeva bene come ottenere ciò che voleva. Aveva sperato che una volta tanto non si ritrovasse costretto a combattere, anche perché quel grosso tricheco gli aveva proposto una partita a carte promettendogli che ,se avesse vinto, gli avrebbe dato quello che voleva. Ovviamente non aveva mantenuto la promessa.
Il mercenario estrasse la sua adorata pistola multifunzione e nel giro di pochi secondi si scatenò il pandemonio.


“Sono molto buoni, non ho mai mangiato nulla di così gustoso” mormorò Alik tra un boccone e l’altro ingozzandosi famelico.
Bianca continuava a guardarlo sbalordita, anche se ormai erano più di due settimane che quell’alieno era atterrato nel canale artificiale che costeggiava la strada per la sua scuola.
“Felice che il pasto sia di tuo gradimento” mormorò fissando Alik che trangugiava tutta la sua collezione di minerali preziosi.
Bianca ci aveva messo circa quattro giorni a capire di cosa Alik si nutrisse, solo perché l’alieno non  rispondeva mai alle domande che lei gli poneva.
Se alla fine, ormai esasperata, non si fosse decisa a portare nel rifugio un po’ di tutto, di certo Alik sarebbe morto orgogliosamente di fame.
Era come se quell’essere trovasse assurdo che lei volesse aiutarlo. Pareva che considerasse la sua gentilezza una cosa del tutto innaturale, soprattutto se rivolta nei suoi specifici confronti.
Con il passere del tempo Bianca aveva imparato a interpretare i suoi silenzi e le sue espressioni; Alik parlava pochissimo perché forse credeva che stando zitto si sarebbe scoperto il meno possibile.
Però non conosceva la tenacia di Bianca che in fatto di ostinazione e curiosità la sapeva lunga.
Ogni giorno, prima di andare a scuola, la ragazza faceva un salto nel condotto fognario e tornava lì anche dopo le lezioni, chiacchierando per ore da sola con Alik che la fissava silenziosamente.
Nessuno dei due capì bene come o perché accadde ma, con il passare dei giorni, la loquacità di Bianca sciolse la lingua di Alik e il passato di Alik fece battere il cuore a Bianca.
“Quindi tu viaggi per l’universo, e il tuo lavoro consiste nel prestare i tuoi servizi al miglior offerente?” domandò la ragazza, piuttosto delusa nello scoprire che l’alieno era in realtà un mero soldato di ventura che saccheggiava, depredava e, molto probabilmente, uccideva solo per un guadagno personale.
Alik la scrutò, con uno strano senso di disagio nello scorgere la tristezza nei suoi occhi; solitamente sarebbe rimasto zitto, non gli era mai importato di quello che pensavano gli altri, ma quella volta sentì la necessità impellente di giustificarsi, di spiegare la realtà dei fatti.
“Non ho alternative” borbottò, giocando con i lembi della camicia hawaiana che Bianca gli aveva portato per cambiarsi d’abito.
“Spiegati” lo incoraggiò la ragazza con un sorriso.
“E’ per via della mia specie” Alik cercò di trovare il modo più semplice per spiegare la situazione complessa nella quale si trovava dalla nascita.
“Secoli fa i miei antenati erano un popolo decisamente sanguinario e battagliero. Così il resto delle popolazioni che vivevano nella nostra galassia si unì per poterci sconfiggere.”
Si fermò un attimo, fissando l’espressione di Bianca, per capire se la storia la interessava e soprattutto se gli credeva.
Bianca annuì convinta, facendogli capire che voleva continuasse.
“Vinsero la battaglia e il mio popolo venne prima decimato e poi imprigionato” mormorò con il tono di voce di chi ormai è rassegnato “Il secolo scorso una delegazione dei paesi vincitori riunì i pochi di noi che erano rimasti in vita e ci proposero un accordo”
“Un accordo?” domandò la ragazza sempre più curiosa.
“Già, la libertà in cambio dei nostri servizi. Sai, noi abbiamo grandi capacità: possiamo proiettare la nostra essenza incorporea a milioni di anni luce di distanza dal nostro corpo, abbiamo una delle migliori viste tra tutti i popoli della galassia, il nostro corpo è quasi indistruttibile e riusciamo a comprendere in pochissimi secondi l’uso di qualunque arma abbiamo tra le mani”
“Quindi alla fine vi hanno liberato”
“Questo è quello che pretendono loro, la verità è che siamo più schiavi di quando eravamo in catene.”
Alik stringeva forte il pungo e la rabbia era chiara sul suo volto fatto di pietra e pelle bianca.
Bianca senza pensarci si alzò e andò a sedergli vicino, poggiando il capo sulla spalla dell’alieno per confortarlo come poteva.
Alik sussultò ma poi si rilassò e riprese la spiegazione.
“Non possiamo rifiutarci di fare niente! Chiunque, all’interno della federazione che ci ha battuti può darci ordini e noi dobbiamo eseguirli anche se non ci troviamo d’accordo. La pena per la disubbidienza è la morte.”
“Perché non fuggite?” chiese ingenuamente Bianca.
“Ci hanno mappato il DNA, non importa in quale luogo sperduto dell’universo mi possa trovare loro sanno sempre dove sono”
La ragazza sussultò a quella informazione.
“Quindi sanno che sei qui anche adesso?”
Alik annuì, forse era proprio per questo che le aveva raccontato tutto, desiderava capisse che non voleva andarsene ma che purtroppo era costretto a farlo.
E Bianca lo intuì, capì senza bisogno di domande che Alik stava per andarsene e che forse non lo avrebbe rivisto mai più; il pensiero di perderlo le mise addosso una tale tristezza che iniziò a piangere in silenzio senza neppure rendersene conto.
“Cos’è?” domandò l’alieno catturando con un dito una delle lacrime di Bianca.
“E’ quello che succede a noi umani quando vogliamo bene a qualcuno ma sappiamo che non potrà rimanere” mormorò la ragazza e poi si alzò lentamente e si avviò verso l’uscita del loro rifugio.
“Ti troverò domani?” chiese con un fil di voce, ma Alik non rispose.

 

“Mercenario!” ringhiò la voce del capo delle guardie della Federazione “Dove diamine sei stato in questi ultimi mesi?”
“Lo sai benissimo. Non posso fare un passo senza che voi sappiate dove mi trovi” sputo Alik con rabbia.
“La Terra… Cosa ci facevi laggiù?” chiese avvicinandosi e scrutando Alik negli occhi neri.
“So qui, solo questo conta” rispose l’alieno con sufficienza e poi, senza attendere oltre, sorpassò la guardia e si allontanò.
“Ti tengo d’occhio sporco mercenario, non dimenticarlo… So che trami qualcosa, ma scoprirò cos’è e ti fermerò” gli urlò dietro mentre si allontanava.
Alik storse la bocca ma non rispose. Doveva mantenere un profilo basso, non poteva permettersi di farsi arrestare, non ora che aveva un vero motivo per vivere.
Bianca… prima o poi avrebbe trovato il modo per tornare da lei.




Alik respirò a fatica, scrutandosi ancora intorno per essere sicuro di aver ucciso tutti i suoi avversari, quel tricheco schifoso era stato un osso duro da battere, soprattutto perché dal nulla erano usciti una cinquantina di suoi sgherri.
Però a quanto pareva ce l’aveva fatta anche quella volta. Le ferite non erano troppo gravi e si sarebbero rimarginate in pochi giorni.
Si mosse con cautela, scavalcando i corpi stesi a terra e arrivando fino alla cassaforte d’energia che custodiva il suo obbiettivo.
Ci mise mezz’ora buona per riuscire ad aprirla, ma quando alla fine trovò la combinazione giusta e il cristallo fu finalmente nella sue mani, sorrise di gioia.
Ormai ci era quasi riuscito, aveva tre dei quattro cristalli che gli occorrevano, però le cose da adesso in poi si sarebbero fatte molto più pericolose.
La Federazione di certo ormai aveva intuito qual era il suo piano e avrebbe fatto di tutto per fermarlo, scosse la testa ostinato e risoluto.
Non importava quanti pericoli avrebbe dovuto affrontare, sarebbe riuscito a ottenere quattro cristalli e finalmente avrebbe potuto riabbracciare Bianca.
Solo questo contava, era per ottenere una vita tranquilla e felice insieme a lei, che stava facendo tutto quello e nessuno lo avrebbe fermato.



Bianca camminava triste e solitaria lungo la strada che costeggiava il canale. Erano passati ormai quattro mesi da che Alik se ne era andato.
Le mancava tantissimo. Il suo silenzio, il suo sguardo penetrante e caldo, i suoi modi rudi ma al contempo così delicati e sinceri.
Avrebbe tanto voluto rivederlo ma sapeva che era impossibile, lui era costretto a un destino di schiavitù e lei era solo una semplice ragazzina.
Forse Alik si era addirittura già scordato di lei.
“Bianca” una voce conosciuta e a lungo sognata la fece bloccare.
Come al rallentatore si voltò e vide Alik seduto sul parapetto del canale.
“Alik” la ragazza gli corse incontro e si gettò in avanti per abbracciarlo ma riuscì solo a stringere l’aria e rischiò perfino di cadere dalla discesa.
“Bianca fa attenzione, non sono realmente qui, questa è solo una mia proiezione” borbottò l’alieno un po’ in difficoltà per via della reazione entusiasta di Bianca.
“Come ci riesci?”
“E’ una delle tante capacità del mio popolo”
“Sono felice di rivederti” sussurrò la ragazza con le guance lievemente rosse.
“Mi sei mancata” disse Alik tossicchiando per nascondere il fatto che anche lui era in imbarazzo.
Bianca sorrise felice, a quanto pareva neppure lei era indifferente ad Alik.
“Tornerai?”
“Non posso, mi inseguirebbero e mi ucciderebbero”
Bianca abbassò il capo mestamente senza dire nulla.
“Però forse ho trovato una soluzione” riprese l’alieno con rinnovato entusiasmo “E’ per questo che sono qui a parlartene”
“Qualunque cosa mi permetta di riabbracciarti avrà la mia approvazione”
“Esiste un modo per cambiare razza” spiegò Alik, cercando di essere chiaro “Insomma, c’è un modo per farmi diventare umano, così non potranno più rintracciarmi e io potrò vivere accanto a te”
“Ma… rinunceresti a tutte le tue capacità per vivere da semplice umano? No, Alik non posso permetterti di fare una scelta simile, non per me” ribatté Bianca con la determinazione negli occhi e la tristezza nella voce.
Alik sospirò intenerito dall’altruismo della terrestre.
“Bianca non lo faccio per te. Sì, è vero, tu sei il motivo che mi spinge a fare questo passo, prima di incontrarti non avevo mai considerato l’idea… semplicemente perché non avevo nulla per cui combattere, nessuno per cui valesse la pena rischiare. Ora ho te e il pensiero di starti lontano mi distrugge… però lo faccio soprattutto per me, perché la vita che vivo adesso, mai libero di essere me stesso, mai libero di fare ciò che ritengo giusto, non è una vera vita”
“Sarà pericoloso?” domandò Bianca esitante.
“La trasformazione?”
Lei annuì.
“No, quella non dovrebbe comportare rischi…”
“Ma?” chiese la ragazza intuendo che c’era dell’altro.
“Ma, recuperare i quattro cristalli che occorrono per la trasformazione, quello sì sarà rischioso”
Bianca sospirò e annuì; aveva capito, Alik nei prossimi mesi avrebbe rischiato la vita.


“Dove credi di andare mercenario? Ti avevo detto che t’avrei tenuto d’occhio” la voce roca e cattiva del capo delle guardie della Federazione gli graffiò l’orecchio.
“Non sono affari tuoi” rispose l’alieno con astio.
“Ah no? Si dice in giro che tu stia cercando di radunare quattro cristalli per mutare” rispose adirato l’altro “Sai perfettamente che questo è contro la legge e poi, non possiamo certo permettere che uno schifoso mercenario come te riesca nell’impresa, creerebbe un precedente pericoloso… Altri della tua specie potrebbero avere la stessa idea”
“Certo e voi perdereste i vostri schiavi tuttofare, non è così?” ringhiò Alik
“Vedila come ti pare! O mi consegni i cristalli o ho l’ordine di ucciderti”
Alik strinse la mano nella tasca della lunga giacca verde, ormai aveva recuperato tutti e quattro i cristalli, sarebbe bastato inserirli in una semplice pistola phaser e portare il voltaggio al massimo e la trasformazione sarebbe avvenuta in un lampo.
Purtroppo non poteva farlo adesso che era circondato. Se si fosse trasformato in essere umano non sarebbe di certo riuscito a scappare e, in ogni caso, lo scopo era che la Federazione non scoprisse in cosa si trasformava, di modo da poter vivere tranquillo per il resto dei suoi giorni.
Alik strinse i denti, non lo avrebbero fermato, Bianca lo stava aspettando e nessuno si sarebbe messo sul suo cammino, nessuno!



La campanella della scuola suonò e i ragazzi si riversarono dentro chiacchierando e raccontandosi come avevano passato le vacanze estive.
Bianca ascoltava senza però seguire le conversazioni.
Era preoccupata, dall’ultima volta, quando cioè era comparso in camera sua, non aveva più sentito Alik.
Le aveva detto che forse presto si sarebbero riabbracciati ma da allora non aveva avuto più notizie.
Entrò in classe con la testa bassa e senza neppure guardarsi attorno appoggiò lo zaino sul banco.
“Sei pensierosa oggi” mormorò una voce maschile sconosciuta alle sue spalle.
Bianca sollevò lo sguardo e si trovò di fronte un ragazzo della sua stessa età con gli occhi scuri i capelli lisci un po’ spettinati e uno sguardo che in qualche modo lei sapeva di aver già visto.
“Ti preferisco quando sorridi Bianca” continuò imperterrito lo sconosciuto sorridendo dolcemente.
“Scusa ma io non ti conosco” borbottò Bianca confusa.
L’altro rise e si sporse in avanti poggiando entrambe le mani sul banco che lo divideva dalla ragazza.
“Sono così cambiato? Non dirmi che mi preferivi come ero prima… perché il processo di trasformazione è irreversibile” concluse con un’alzata di spalle.
“ALIK!” urlò Bianca al colmo della gioia, quando finalmente realizzò che il nuovo arrivato era il suo tenebroso e silenzioso alieno “Sei tornato da me!”
E senza preoccuparsi della professoressa appena entrata in classe o dei mormorii dei compagni, si lanciò addosso ad Alik abbracciandolo forte e infine, in un impeto di felicità, poggiò le labbra sulle sue sigillando il loro ricongiungimento con un bacio.
L’ex alieno si irrigidì per qualche istante, ma poi abbracciandola a sua volta ricambiò con trasporto quella spontanea dichiarazione d’amore.
Ce l’aveva fatta, finalmente erano di nuovo insieme.



FINE


Emmm ok visto che non avevo un cavolo da fare ho disegnato Alik… più o meno come lo intendevo nelle descrizioni che ho dato ^^
1609e9f

   
 
Leggi le 5 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Romantico / Vai alla pagina dell'autore: NonnaPapera