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Autore: lispeth_    14/07/2012    2 recensioni
Chi ha mai sentito parlare del termine amnesia lacunare? Perdita della memoria di uno specifico periodo di tempo che può essere ristretto oppure prolungato. Winter Jones ha eliminato dalla sua memoria due anni della sua vita dimenticando il suo amore per Storm Black.
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: Triangolo
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Come poteva essere una persona così odiosa? Mi faceva tendere i nervi solamente a dodici metri di distanza, se si fosse avvicinato in quel momento probabilmente mi sarei messa a urlare per tutta la mensa senza nessun problema di tutta la gente che vi era presente.
«Pensa davvero di essere attraente con quel paio di pantaloni? Andiamo gli strizzano il sedere come un omosessuale in una palestra. Certo non ho niente in contrario con quel genere di uomo ma insomma un po’ di pudore è necessario, soprattutto a scuola» mi lamentai mentre continuavo a infilzare la mia carota ormai diventata vittima del mio nervosismo.
Era sempre la stessa storia da tempo. Lui si presentava nel mio piccolo mondo e io diventavo peggio di un serial killer appena uscito di prigione. Probabilmente in quei cinque minuti avevo inscenato la sua morte almeno in cinque ambientazioni diverse.
«Datti una calmata Psycho Killer, cerchiamo semplicemente di cambiare discorso. Per esempio oggi sono capitolata a culo per aria davanti a tutta la scuola» disse semplicemente Sam inventandosi la prima fandonia che potesse per un secondo smetterla di incenerire con lo sguardo la nuca di William. A malincuore lo smetto di fissare e mi concentro sulla mia amica.
«Deve essere stato terribilmente deleterio per la il tuo status sociale» la mia voce sarcastica ormai era un mio marchio. Dove c’era il sarcasmo c’era Winter Jones mentre non ero del tutto sicura del contrario.
«Oh lascia perdere, perfino quella sfigata di Elyse si è messa a ridere. Ma dico si è mai guardata allo specchio ultimamente? Con quell’orrendo brufolo che ha in mezzo alla fronte. E comunque non è finita qui: William Clarke, mi ha chiesto di uscire con lui» disse Sam cercando di non mettersi a ridere di gusto come faceva anche troppo spesso. La guardai sbalordita.
Meno male che dovevamo cambiare discorso brutta stronza!
«Non ci credo! Quell’uomo ha esaurito ogni sua facoltà mentale, si vede a distanza che tu sei lesbica»
«E’ una cosa che si nota così facilmente?»
«Non lo so. Ma la prima volta che ti ho vista l’ho pensato immediatamente senza concentrarmi specialmente su qualcosa nel tuo aspetto. Semplice istinto sessuale, se si può chiamarlo in questo modo» alzai le spalle facendo ridacchiare la mia amica. Non riuscivo a intendere se fossi realmente simpatica o se ogni cosa che dicessi la facesse sempre ridere. Non era divertente sentirsi normali e stupidi nello stesso momento.
«Potrebbe rivelarsi un incontro interessante. Potrei metterlo in difficoltà come mi piace fare. Ti ricordi quel tizio con cui sono uscita con delle disfunzioni sessuali?»
«Sam, quel tizio aveva solo problemi di incontinenza. Certamente non ha niente a che fare con William.»
«Ah allora il ragazzo è dotato!»
«Ti posso assicurare che sei fuori strada» dissi soffocando una risata e diventando leggermente rossa sulle guance. Non arrossivo spesso, e soprattutto non parlando di quegli argomenti. Mi succedeva solamente quando ero troppo a mio agio a parlare di qualcosa, decisamente un controsenso nel vero significato del gesto.
«Peccato, magari mi faceva cambiare idea» guardai male Sam la quale non sarebbe diventata etero nemmeno se Alex Pettyfer in persona gli avesse ballato nudo davanti. E poi William non era quel genere di ragazzo del quale ti innamori perdutamente, non aveva la faccia da romantica storia d’amore.
Avevo quella teoria che due persone per essere perfette l’una con l’altra dovevano semplicemente riconoscersi al primo impatto. Non c’entra il colpo di fulmine o altre stronzate varie ma una semplice consapevolezza di essere di fronte alla persona adatta a te e che probabilmente potrebbe essere quella della tua intera vita.
Stronzate da ragazzina? Pensatela come volete, era la mia unica teoria sull’amore.
Finimmo di mangiare quello che era rimasto nei nostri vassoi ed uscimmo dalla mensa a passo spedito verso il parco. Il nostro posto era completamente vuoto e non ci pensammo due volte ad occuparlo.
«Con chi vai al ballo della scuola?» mi chiese Sam accendendo l’ennesima sigaretta giornaliera.
«Non c’è nessun ballo Sam» le risposi decisamente stranita dalla sua domanda. Lei come risposta si mise a ridacchiare come al solito tenendo in equilibrio tra le labbra la sigaretta mentre era in cerca del suo cellulare nella tasca dei suoi pantaloni troppo stretti.
«Non so, di solito le ragazze della nostra età parlando di queste stronzate. Effettivamente questo liceo è una vera palle, è l’unico che non organizza una vera festa di fine anno»
«Dobbiamo fare la parte dei ricconi con la puzza sotto il naso. Siamo superiori alle feste di fine anno con ponch corretti e vestiti da matrimonio»
«Bè magari a qualcuno piacerebbe mettersi uno di quei vestiti pomposi»
«Sam ti prego! Non mi diventare superficiale come la maggior parte delle ragazze in questa scuola, potrei non parlati più»
«Non ti abbandonerò mai socia» mi diede un leggera spinta che mi sbilanciò leggermente dalla mia posizione.

Il ritorno a casa non fu poi così tranquillo come speravo. L’autobus era più pieno del solito e una vecchietta aveva deciso di usarmi come porta borsa per tutta la durata del viaggio facendo finta di non avermi notata. Parlavamo di rispetto per gli anziani? E il rispetto per i poveri giovani senza mezzo di trasporto privato ne volevamo parlare? Entrai in casa con umore nero sbattendo leggermente la porta, questo non servì per rendere partecipe la mia famiglia del mio arrivo. Trovai conforto nel mio letto, nelle morbide coperte appena lavate che profumavano di lavanda. Mi fiondai su di esse tirando una sorta di sospiro di sollievo.
Trovai conforto tra le pagine ingiallite dal tempo del mio libro preferito. Non aveva un titolo in particolare, la copertina si era rovinata a causa delle intemperie. Non sapevo nemmeno chi fosse l’autore. Mi ero però trovata a leggerlo diverse volte tutto d’un fiato. Per tutta la notte, se era necessario non mi scollavo da quelle pagine intrinseche di sentimenti troppo antichi per appartenere alla nostra società. Era un libro che mi aveva regalato mia nonna prima di morire. Me lo aveva piantato in mano dicendomi che mi avrebbe aiutata nella vita. Come poteva un libro aiutarmi non lo sapevo ancora. L’unica cosa che aveva fatto in quel periodo era evitarmi la noia del troppo silenzio della mia casa.
La storia non era complessa. Parlava di una ragazza che riusciva a trovare il vero amore, qualcosa di talmente perfetto da sembrare quasi impossibile. Perde tutto improvvisamente ma nonostante tutto prosegue nella sua vita come se non fosse stata toccata dall’accaduto. La sua fortuna è quella di riuscire a ritrovare il suo amato senza alcun sforzo, si sposano, hanno dei figli e poi lui lascia lei per una ragazza più giovane.
Vi aspettavate un lieto fine alla “e vissero felici e contenti”? Andiamo ne esistono di libri che propinano quella stronzata nelle ultime pagine.
Mi avevano fatto capire che l’amore, quello vero esisteva ma era concesso a pochi. E poche persone erano veramente fortunate a trovarlo. Era il problema delle ragazze di quel secolo a pensare di essere le “prescelte”. Purtroppo per loro l’amore era come l’influenza, capitava per caso o dopo un’esposizione prolungata al freddo.
«Winter?» la voce di mia madre interruppe i miei pensieri. Chiusi il mio libro e lo lasciai riposare sul mio letto.  Emily Redwood era la donna più incasinata del mondo, oltre ad essere mia madre. Artista di professione, single per scelta e con una massa di capelli ricci che la facevano sembrare un leone appena alzata dal letto. Quel giorno aveva trascinato una marea di scatoloni in casa, sembrava quasi che qualcun altro volesse trasferirsi nella nostra casa.
«E questo casino ha un significato logico?»
«Oh avanti Winter non cominciare con il tuo sarcasmo e aiutami» disse immediatamente mia madre mentre trascinava scatoloni sul pavimento troppo pesanti per essere sollevati. Solo dopo aver portato esattamente quindici volte venti chili di materiale artistico capii esattamente che cosa passasse per la testa di quella donna.
«Hai intenzione di trasferire il tuo studio in casa» affermai con un tono alla Sherlock Holmes.
«Complimenti ho una figlia davvero perspicace! Almeno passeremo un po’ più di tempo insieme»
«Bè quando porterai modelli nudi da immortalare fammi un fischio» dissi con un mezzo sorriso divertito che fece sorridere perfino sorridere mia madre.
Io e mia madre non avevamo un brutto rapporto, anzi potevo anche affermare di volerle troppo bene. Era esattamente l’opposto di me ma nonostante tutto riuscivano ad andare d’accordo. Perché rovinare la magia di un simile legame con uno stupido atteggiamento da adolescente depressa?
«Ci sono novità?» quella domanda arrivò spontanea mentre i piatti della cena tintinnavano nel lavello della cucina, pronti per essere lavati. Alzai le spalle piegando la bocca di lato. Era una domanda troppo generale alla quale avrei potuto semplicemente rispondere con un “niente” e terminare il discorso sulla mia vita oppure cominciare a raccontare ogni mio singolo problema e continuare probabilmente per tutta la notte. Siccome mia madre sicuramente avrebbe cominciato a psicanalizzarmi se non avessi parlato decisi di intraprendere una via di mezzo. Un buon accordo per entrambe.
«Lo sai della scuola non parlo, ma Sam mi ha detto che William si è talmente rimbambito da averle chiesto di uscire» dissi mentre ponevo i piatti al loro posto.
«William Clarke!» sospirò mia madre lasciando in sospeso quel nome irritante «è proprio uguale a suo padre. Affascinante, egocentrico e testa di cazzo»
«Mamma!» esclamai dopo aver sentito quelle oscenità uscire dalla sua bocca. Non le avrei detto altro, in fondo il padre di William se le era meritate quelle parole. Era uscito con mia madre per circa un mese, lei era terribilmente sexy per la sua età mentre lui non è altro che la fotocopia di suo figlio solamente con più gusto nel vestire. Dopo un mese l’ha semplicemente mollata perché non era abbastanza alta. Nemmeno si era azzardato a trovare una scusa migliore, uno stronzo di merda senza un minimo di sensibilità! Per fortuna Emily aveva capito immediatamente di che pasta fosse fatto quell’uomo e arrivati alla separazione non aveva versato nemmeno una lacrima.
«Che c’è? Ho sbagliato a giudicare quel povero ragazzo? In fondo ha deciso di mollarti proprio come suo padre ha fatto con me. Secondo me si sono messi d’accordo»
«Si mamma, il loro piano era sedurre e mollare le ragazze Jones. A quale scopo secondo te?» le chiesi divertita da quel pensiero. Mia madre in risposta alzò gli occhi al cielo scuotendo la testa, atteggiamento che avevo preso da lei.
«Ci rifletterò mentre lavoro nel mio nuovo studio. Non aspettarmi alzata» disse dandomi un veloce bacio sulla fronte e correndo in taverna. Raggiunsi la mia camera nel momento esatto in cui mia madre accese la sua solita musica alta per concentrarsi. Come faceva solamente a pensare con una musica così alta?
Mi rituffai nel mio morbido letto e mi lasciai cullare dal crepitio della pioggia che cominciò a battere sulla mia finestra.
E novembre era già arrivato.
  
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