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Autore: happylight    15/07/2012    7 recensioni
“E dimmi Mathias, cosa ne sa una sirena degli affari degli umani?” chiede mentre si infila di nuovo la pipa in bocca.
Mathias si tira su ed appoggia le braccia sulla pietra, il mento sulle mani intrecciate, il busto immerso per metà e la coda che spunta fuori dall’acqua, dondolando piano sulla superficie.
Alza lo sguardo verso Jan e sorride ancora di più. “Quello che mi hai raccontato tu.”

[Olanda/Danimarca]
Genere: Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Danimarca, Paesi Bassi
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Nota: Jan è il nome umano che uso per Olanda, Mathias quello per Danimarca.



Den lille havfrue

Copenaghen, 1836

Le luci del porto si affievoliscono alle sue spalle, mentre cammina a passo svelto lungo il molo.

Ha lasciato la sua nave e lo scarico delle sue preziose merci in buone mani,  ed è abbastanza rallegrato dalla prospettiva dei guadagni del giorno successivo da lasciare che un sorriso gli incurvi le labbra.

Jan tira fuori la pipa dall’interno della giacca  ed accende il tabacco nel braciere, infilandosi il bocchino tra le labbra. Seppellisce le mani nelle ampie tasche ed aumenta il passo.

Si ferma in un punto che apparentemente non ha nulla di particolare; si siede su uno scoglio qualsiasi, ed alza la testa a fissare le stelle che si riflettono sull’acqua del porto di Copenaghen.

Espira, ed il fumo si alza in lente volute dalla sua bocca, mentre ai suoi piedi il mare si frange lieve sulla roccia.

Resta immobile, e sembra quasi che aspetti fiducioso qualcosa.

All’improvviso uno sciacquio alla sua sinistra, ed una voce che sussurra allegra.

”Gli affari vanno bene, a quanto vedo.”

Jan sorride e regge la pipa sul palmo della mano, gli occhi sempre rivolti al cielo.

“Molto più di quanto tu possa immaginare” risponde a bassa voce. Poi abbassa il capo e guarda sullo scoglio accanto a sé.

Sulla fredda roccia è seduto un uomo, il petto nudo splendente per le mille gocce d’acqua che ne sfiorano la pelle, i capelli biondi e gli occhi azzurri come il mare. Non ha le gambe però, ma una lunga coda di pesce ricoperta di squame di un rosso cupo, quasi nero alla flebile luce, che termina con una grossa pinna adesso immersa nell’acqua scura del porto.

“Hai sempre quest’espressione soddisfatta quando gli affari vanno bene.” commenta sorridendo, e si immerge in acqua lasciando fuori soltanto la testa.

Jan sogghigna piano e lo guarda avvicinarsi allo scoglio su cui è seduto.

“E dimmi Mathias, cosa ne sa una sirena degli affari degli umani?” chiede mentre si infila di nuovo la pipa in bocca.

Mathias si tira su ed appoggia le braccia sulla pietra, il mento sulle mani intrecciate, il busto immerso per metà e la coda che spunta fuori dall’acqua, dondolando piano sulla superficie.

Alza lo sguardo verso Jan e sorride ancora di più. “Quello che mi hai raccontato tu.” replica semplicemente, girando la testa di lato in un’espressione buffa.

Jan non può fare a meno di sorridere, e si perde un attimo a fissare la luce pallida della luna riflettersi sulle squame della coda di Mathias, illuminandone ognuna di una sfumatura diversa.

Si ricorda ancora perfettamente il loro primo incontro.

Aveva appena perso un carico importante di spezie dall’Indonesia, e la notizia gli era giunta mentre era attraccato con la sua nave a Copenaghen. Per smaltire la frustrazione non aveva trovato di meglio che incamminarsi lungo il porto e continuare ad andare avanti, non curandosi affatto di dove i piedi lo stessero conducendo, finché sfinito non si era seduto su uno scoglio qualsiasi lungo la costa, fumando la pipa e digrignando i denti dalla rabbia.

Era stato allora che aveva sentito una voce curiosa chiedere “Cos’è quella cosa che hai in bocca?”

Jan aveva alzato la testa e per poco non si era strozzato ingoiando tutta la pipa intera.

Nell’acqua del porto davanti a lui c’era una testa. Una testa che emergeva dalla superficie e lo guardava con occhi curiosi.

“C-cosa?” aveva sussurrato incredulo, mentre la testa si avvicinava a lui, mostrando di essere attaccata ad un paio di spalle.

Si era fermata a circa due metri dallo scoglio, sempre immersa nell’acqua ed aveva ripetuto “Cos’è quella cosa che hai in bocca?”

Jan aveva guardato il bel volto aprirsi in un sorriso e le gocce d’acqua stillare piano dalle ciocche di capelli biondi.

“Perché stai in acqua?” aveva chiesto sbalordito, ignorando la domanda che gli era stata posta.

“Beh, ci vivo.” era stata la semplice risposta, mentre una lunga coda spuntava piano dalla superficie dell’acqua accanto alla testa.

Jan era balzato in piedi, terrorizzato, pronto a fuggire via; ma la creatura aveva nuotato in un attimo fino allo scoglio, era emersa dall’acqua e si era messa a sedere sulla roccia.

Jan aveva fatto velocemente un passo indietro; ma poi si era fermato fissando come incantato quel corpo sinuoso adagiato sulla pietra, le squame lucenti e la pinna sottile.

“S-sei una sirena?” aveva boccheggiato, senza fiato. Stava forse sognando?

La creatura aveva gonfiato le guance, mentre gli occhi assumevano un’aria leggermente sdegnata.

“Niente affatto!” aveva replicato, guardandolo male. Sembrava si fosse offeso. “Vedi forse delle sciocche collane di corallo o di conchiglie coprirmi il seno, o delle anemoni tra i miei lunghi capelli? Io sono un tritone!”

Jan non credeva alle proprie orecchie, oltre che ai propri occhi.

Lo aveva guardato con gli occhi sbarrati per un minuto abbondante prima di commentare, con una voce che non gli sembrava affatto la sua, “Già, e poi non hai il seno.”

La creatura era rimasta interdetta un attimo, per poi scoppiare a ridere fragorosamente.

Jan si era riscosso, e si era avvicinato con circospezione, fissando la risata scuotere il petto ampio e riempire di lacrime gli occhi azzurri dell’altro.

La testa bionda si era poi alzata di nuovo e gli aveva lanciato uno sguardo pieno di curiosità.

Jan, senza rendersene conto, si era messo a sedere accanto a lui sulla roccia e gli aveva porto la pipa, ritrovandosi poi ad osservare le lunghe dita dell’altro che la stringevano con attenzione.

Mathias –questo era il suo nome- era davvero una sirena, o un tritone che dir si voglia.

Jan non riusciva a credere di essere seduto su uno scoglio accanto ad una di quelle creature di cui aveva sentito parlare nelle storie della sua infanzia. Fissava la sua pinna sottile che sfiorava il pelo dell’acqua, il volto allegro e la bocca sorridente che non si era chiusa un secondo, inondandolo con un torrente di parole e di domande curiose.

Ma le sirene erano così chiacchierone nelle vecchie leggende?

“Da dove vieni? Sei un marinaio?” gli aveva chiesto Mathias, fissandolo con gli occhi luminosi.

“Io… Da Amsterdam. Sono un mercante.” aveva risposto Jan, riprendendosi la pipa ed accendendola, aspirando profondamente per calmare i nervi scossi.

Mathias lo aveva osservato affascinato, allungando la mano verso il fumo che saliva verso l’alto, cercando di toccarlo, e facendo un’espressione delusa quando questo gli era scivolato tra le dita.

Jan aveva ridacchiato tra sé e sé e gli aveva chiesto se sapesse parlare con i pesci.

Le ore erano poi scivolate via senza che se ne rendesse conto; solo quando i primi raggi del sole avevano illuminato la superficie dell’acqua aveva realizzato di essere stato tutta la notte a parlare con una sirena, dimenticandosi totalmente delle sue navi e del carico dall’Indonesia.

Era balzato in piedi ed era corso via, mentre alle sue spalle sentiva il rumore di qualcosa che scivolava in acqua.

Per tutto il giorno, e per tutti i giorni seguenti, si era ripetuto di aver sognato tutto, o di essersi ubriacato ed aver lasciato vagare la mente da sola.

Ma quando quattro mesi dopo era tornato di nuovo a Copenaghen per sbrigare degli affari non aveva potuto fare a meno di tornare su quello scoglio qualsiasi appena fuori dal porto.

Si era seduto sulla pietra, fumando nervosamente la pipa e fissando l’acqua scura, temendo e desiderando vederne spuntare fuori una testa bionda ed una coda rossa.

Quando, ore dopo, si era finalmente convinto di aver davvero sognato tutto, una voce aveva sussurrato il suo nome. Si era sporto in avanti ed aveva visto gli occhi azzurri di Mathias emergere dalla superficie del mare.

Non aveva sognato, affatto.

Da allora non c’era stata una volta in cui non fosse andato allo scoglio, quando una delle sue navi aveva attraccato a Copenaghen. Non sapeva come, ma bastava che si sedesse lì sopra, tirasse fuori la pipa ed aspettasse; prima o poi Mathias arrivava, in silenzio ed all’improvviso, pronto ad ascoltare tutto quello che aveva da dire sul mondo degli umani. Lo riempiva di domande, ed era pronto a commentare con meraviglia ogni cosa, stupendosi delle cose più inaspettate.

Invece raccontava assai poco di se stesso e della sua vita sottomarina, ed ogni volta che Jan provava a chiedere qualcosa un sorriso triste gli si dipingeva in volto, e cambiava argomento velocemente.

Una volta Jan era in mare aperto, nei pressi delle coste occidentali della Germania; era seduto nella sua cabina all’interno del castello di poppa del vascello, ed aveva sentito una voce provenire da qualche parte fuori. Una voce ultraterrena, che cantava in un modo che non aveva mai sentito prima.

Come ipnotizzato aveva aperto la piccola finestra che si affacciava dalla parte più alta della nave, ed aveva visto una coda rossa spuntare in mezzo all’acqua, prima che un’onda stranamente alta arrivasse a bagnargli la faccia. Si era riscosso ed aveva guardato giù, vedendo la testa bionda di Mathias in mezzo ai flutti.

Mathias gli aveva sorriso per un momento, prima di tuffarsi sott’acqua e sparire alla sua vista. Però la musica continuava ad arrivargli alle orecchie, ed era la più meravigliosa che avesse mai sentito.

Jan aveva chiuso la finestra in fretta ed era tornato ai suoi calcoli. Aveva l’impressione che se avesse continuato ad ascoltare quella canzone si sarebbe tuffato in mare senza esitazione alcuna, pur di seguire Mathias.

Quando lo aveva rivisto, la volta successiva, lo aveva accusato di aver tentato di affogarlo, come facevano le sirene delle vecchie leggende.

Mathias lo aveva guardato con occhi pieni di terrore e gli aveva afferrato la mano, stringendosela forte al petto, come ad assicurarsi che fosse sempre calda. Poi gli aveva rivolto lo sguardo più triste che Jan avesse mai visto. Sembrava stesse per piangere, anche se nessuna lacrima scorreva sul suo volto bagnato.

Jan non aveva detto altro, ed aveva semplicemente posato l’altra mano su quella di Mathias, sorridendogli. Il dolore era scivolato via dagli occhi azzurri, ed avevano ripreso a parlare come se niente fosse.

Ma una nota di tristezza era rimasta nella sua voce.

Jan aveva sempre l’impressione che Mathias gli nascondesse qualcosa di proposito. Ma cosa poteva saperne, in fondo lui non era un umano. Era diverso.

Continuava a ripeterselo, come se potesse portare un po’ di sollievo all’ombra che ogni tanto li oscurava.

 

“Cosa trasporti questa volta?” chiede Mathias, gli occhi brillanti genuinamente curiosi.

Jan espira piano, mentre sente una mano di Mathias sfiorare la sua. Sorride, e lascia che le loro dita si intreccino.

“Mah, cannella, noce moscata, pepe. Le solite cose.” risponde a voce bassa.

Mathias fa una faccia disgustata, e Jan ride piano sotto i baffi. Una volta ha provato a fargli assaggiare le sue spezie, e l’altro non ha gradito per niente.

“Non capisco perché voi umani abbiate bisogno di tutte queste cose complicate. Il cibo è cibo.”commenta Mathias, il pollice che sfrega piano il palmo della mano dell’altro.

“È perché tu non puoi usare il fuoco per cucinare, altrimenti capiresti.” replica Jan, per poi restare in silenzio per un momento.

Si sente solo lo sciacquio della coda di Mathias, che si immerge ogni tanto per poi riemergere subito, lasciandosi dietro una scia di goccioline argentate.

Poi Jan sospira e tira fuori un libriccino dall’interno della giacca.

Mathias lo fissa con curiosità. “È un… libro?” chiede incerto, come se temesse di aver usato la parola sbagliata.

Jan annuisce e glielo porge. Sulla copertina è scritto in grandi lettere  Den lille havfrue e c’è il disegno di una ragazza dai lunghissimi capelli, che si avvolgono in volute sinuose, e con una lunga coda di pesce.

“Cosa c’è scritto?” domanda Mathias, fissando incredulo la figura aggraziata sul cartoncino.

“La sirenetta. È una fiaba.” risponde Jan, e vede lo stupore allargarsi sul volto dell’altro.

Apre il libro con una mano –tenendo l’altra sempre intrecciata con quella di Mathias- e comincia a leggere.

Sente le dita di Mathias tremare mentre prosegue con la storia della piccola sirenetta: il suo desiderio di conoscere gli umani, il salvataggio del giovane principe, l’incantesimo della strega del mare che le sottrae la voce e la condanna a giorni infiniti di tortura, l’amore non ricambiato ed il tragico epilogo.

Jan chiude il libro e si gira a guardare Mathias, che ha di nuovo lo sguardo triste e gli occhi bassi.

“Chi l’ha scritto?” sussurra piano, abbassando il capo e appoggiando la guancia al dorso della mano di Jan.

“Un certo Andersen. È danese.” risponde Jan, guardando la testa bionda che viene scossa da un risolino.

“Questo Andersen deve aver conosciuto una sirena.” commenta Mathias tristemente, e a Jan sembra che si spezzi qualcosa dentro.

“Allora è vero?” gli chiede all’improvviso, poggiando la mano sui suoi capelli bagnati ed abbassando il capo “Le sirene non hanno un’anima? E quando morirai diventerai schiuma di mare?”

Mathias sospira –e Jan rabbrividisce sentendo il suo fiato caldo sulla pelle- ed annuisce brevemente.

“Trecento anni di vita sono lunghi. Me li farò bastare.” mormora Mathias con la sua voce musicale, e chiude gli occhi rimanendo appoggiato alla sua mano.

Jan gli accarezza le ciocche bionde, l’acqua salmastra che scivola via al suo tocco.

“E non ti importa?” gli sussurra, fissando la pelle bianca del suo collo e temendo la risposta.

Mathias alza il capo e lo fissa nelle iridi verdi.

“Non mi importava.” risponde, e si ferma per un secondo. Poi prosegue, quasi dolorosamente “Non mi importava, finché non ti ho conosciuto.”

Jan si sente mancare il respiro per un attimo, e gli sembra che il cuore perda un battito.

Accarezza di nuovo la testa bionda e fissa gli occhi color mare. Gli pare di vedere una lacrima, ma non è possibile. Le sirene non piangono.

“Vorrei poter far qualcosa.” gli esce dalla bocca, lentamente, e vede di nuovo il sorriso triste sulla bocca di Mathias.

“Stai già facendo abbastanza.” gli sussurra lui, alzandosi dalla roccia e sollevando le braccia. Le mani di Mathias si appoggiano ai lati del suo viso e le loro labbra si incontrano per un istante.

Jan vorrebbe stringerlo a sé e non lasciarlo più andare, ma Mathias è già scivolato in acqua, e le sue braccia stringono l’aria.

Lo guarda immergersi e sparire nelle profondità, e resta a fissare la superficie nel punto esatto in cui è scomparso, finché l’alba non tinge di arancione l’acqua del porto.


 


 

Note & Chiarimenti

1836 è l’anno in cui lo scrittore danese H.C. Andersen pubblica per la prima volta Den lille havfrue, “La sirenetta”, sicuramente la sua fiaba più celebre, a cui è ispirato anche il film della Disney. Se avete guardato solo quello e non avete mai letto o sentito parlare della fiaba, potete farlo andando qui: [Leggi La Sirenetta]

Il film è molto diverso dalla fiaba, sia per il finale completamente ribaltato (ma con la Disney ci siamo abituati :D) sia per molti concetti, come quello dell’anima che è importantissimo nella fiaba e non nel film. E siccome “La sirenetta” è la mia fiaba preferita (e anche il mio film Disney preferito) prima o poi avrei dovuto scriverci qualcosa.


Senza contare poi il fatto che immagini come questa [immagine] o questa [immagine] hanno plagiato la mia mente convincendomi che Danimarca sappia trasformarsi in una sirena a suo piacimento. Ah sì, ci si mette pure Humon poi [immagine]  Comunque io il nostro sirenetto me lo sono immaginato così: [immagine]

La figura della sirena e del tritone è molto presente nella mitologia nordica, anche se sono creature assai più crudeli. I tritoni sono esseri enormi discendenti dei mostri marini, e rapiscono le fanciulle per poi sposarsele. Vedere una sirena per i marinai era un cattivo augurio, perché era un annuncio di tempesta; senza contare che anche loro avevano l’abitudine di trascinare la gente in fondo al mare.  Io ho lasciato da parte queste figure e mi sono rifatta all’immagine più fiabesca che ci dà Andersen.

Ultimo appunto: lo scoglio dove si incontrano Jan e Mathias nella mia testa è già diventato quello su cui verrà posata la famosa statua della sirenetta di Copenaghen.

 

 

   
 
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