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Autore: Herm735    15/07/2012    20 recensioni
Raccolta di One-Shot per provare a dimostrare che, in qualsiasi modo, in qualsiasi mondo, Callie e Arizona si sarebbero trovate. L'ambientazione cambia di capitolo in capitolo, in epoche diverse, luoghi diversi, con una sola costante: il loro amore. Almeno, è così che mi piace pensarla...
Genere: Commedia, Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash, FemSlash | Personaggi: Arizona Robbins, Callie Torres
Note: Raccolta, What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Raccolta di One-Shot per provare a dimostrare che, in qualsiasi modo, in qualsiasi mondo, Callie e Arizona si sarebbero trovate. L'ambientazione cambia di capitolo in capitolo, in epoche diverse, luoghi diversi, con una sola costante: il loro amore. Almeno, è così che mi piace pensarla...

Un ringraziamento particolare a Trixie per i banner! :)


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La nostra prima estate insieme


Ero rimasta in spiaggia fino a tardi anche quella sera, come le altre volte. Mi incamminai verso casa pensando al passato, come quasi sempre mi capitava all'inizio dell'estate. Anche se allora, tre mesi dopo, le cose erano migliorate.
Come ogni mercoledì entrai nella mia gelateria preferita, che si trovava sulla strada di casa. Non avevo scelto il mercoledì a caso. Tutti i mercoledì sera lavorava lì la padrona, una giovane donna sui trent'anni, i capelli biondi e ricci, gli occhi azzurri.
Quando ero arrivata lì, all'inizio dell'estate, l'unica cosa che sapevo di lei era il suo nome.
Arizona.
Con il passare delle settimane avevo imparato molto di lei, ma sentivo che ancora molto avrei voluto sapere. I mercoledì, ogni volta, mi sedevo ad uno dei tavoli, prendendo una piccola coppetta di gelato con un solo gusto. Lei lasciava a lavorare la sua commessa e si sedeva accanto a me. E parlavamo, di tutto, di niente, non era importante e allo stesso tempo era fondamentale.
Mi aveva raccontato che anche lei era un chirurgo, una volta. Un giorno aveva perso un paziente a cui la sua voglia di operare non era sopravvissuta. Allora aveva iniziato a gestire la gelateria di sua madre.
Lei mi aveva salvato. Era stata la mia luce quando credevo che non avrei mai più rivisto l'alba. Ed io ogni mercoledì rimanevo seduta insieme a lei fino all'ora di chiusura, quando le domandavo gentilmente di rivelarmi gli ingredienti del mio gusto preferito: la mousse al cioccolato. Lei, puntualmente, rifiutava, dicendomi che un mago non rivelerebbe mai i suoi migliori trucchi.
Io mi illusi che continuasse a rifiutarsi perché aveva paura che se avessi avuto quello che cercavo non mi sarei più fatta viva.
Ma in fondo al mio cuore, sapevo di essere solo una delle tante clienti della sua gelateria.
Quel mercoledì, come avevo già accennato, mi incamminai verso la gelateria. La vidi all'improvviso, come qualcosa che non mi sarei mai aspettata, anche se infondo avrei dovuto. La vidi e la mia luce nella notte si spense. Ed io la lasciai spegnere.
Quel mercoledì la vidi, tra le braccia di un uomo alto e dalle spalle larghe, che indossava l'uniforme da militare. Stavano entrambi piangendo mentre sorridevano con gioia, immaginai perché lui era tornato sano e salvo dalla guerra.
Mi vide ed io la vidi. Sorrisi e lei sorrise. Poi mi voltai e mi incamminai verso casa. Il mercoledì successivo non feci ritorno alla gelateria.
I giorni continuarono a passare ed io continuavo a darmi della stupida. Ma non importava. Ancora otto giorni e me ne sarei tornata a Seattle a fare il chirurgo.
Fu proprio quella sera che la vidi di nuovo, seduta su uno degli scalini davanti alla sua gelateria.
Tentai di far finta di niente, ma quando passai lì davanti si alzò di scatto, venendomi incontro e bloccandomi.
“Non entri? È il terzo mercoledì che non passi più.”
“Sono molto occupata in questi giorni. Devo sistemare le ultime cose prima della partenza.”
“Così presto?” chiese con la voce velata di tristezza. “Quando partirai?”
“Mercoledì prossimo in tarda serata.”
La guardai, tentando di imprimere i piccoli dettagli della sua bellezza perfetta dentro la mia memoria per l'ultima volta.
“Permettimi di rivederti ancora. Domani sera. Ogni sera. Dammi un posto ed un'ora ed io prometto che sarò lì.”
Io inspirai un po' del suo profumo che mi annebbiava i sensi.
“Forse dovresti stare insieme a lui, ogni sera. È tornato vivo dalla guerra, e questo deve pur contare qualcosa. Le mie congratulazioni, Arizona.”
Lei si voltò per un istante a guardare il giovane che avevo indicato. Io colsi il momento al volo per afferrare una ciocca dei suoi capelli e portarla dietro il suo orecchio, sfiorandola con dolcezza per la prima volta in modo così confidenziale.
“Ma io non posso rimanere a guardare.”
Senza darle il tempo di replicare mi districai dolcemente dalla sua presa e me ne andai.
Arizona era stata l'unica goccia di sole in tutta la mia estate. Non provai ad odiarla, perché sapevo che non ci sarei riuscita. Continuai invece a tenere a lei come avevo sempre fatto, tenendo stretto il suo ricordo quando la notte sembrava volermi crollare addosso.
Il mercoledì successivo fu come vivere dentro il mio più grande incubo. Le valigie erano fatte, i documenti sistemati. Me ne stavo andando con due settimane di anticipo rispetto alla fine delle mie ferie, come avevo sempre programmato di fare fin dall'inizio. Eppure mi chiesi cosa sarebbe successo se Arizona ed io fossimo state ancora in contatto. Probabilmente avrei trovato il modo di rimanere.
Probabilmente.
Ma io e lei non parlavamo più ormai da un po'.
Mi chiesi se non fosse stato stupido scoprirmi in quel modo. Forse avrei dovuto ingoiare il boccone amaro e rimanere sua amica per le ultime settimane, raccogliendo ogni ricordo di lei a cui riuscivo ad arrivare, e portandone con me più che potevo.
Sì, probabilmente sarei rimasta.
Non perché mi piacesse il mare o il vento che sembrava non stancarsi mai di soffiare in quella particolare zona. Non per il gelato più buono che avessi mai mangiato. Non perché a Seattle, in quel momento, stava probabilmente piovendo.
Io sarei rimasta perché ero innamorata di Arizona Robbins.
Io sarei rimasta lì per tutto il resto della mia vita, se fossi riuscita a trovare un modo. Avrei rinunciato all'avere bambini. Avrei rinunciato a tutto, per lei.
Quando il primario di chirurgia mi aveva visto scoppiare a piangere in mezzo ad una sala operatoria aveva pensato che avessi bisogno di alcune ferie. Così me ne aveva date quattro mesi, pagate, visto gli arretrati di tutti gli anni precedenti. E mio padre aveva coperto le spese della casa e di tutto il resto.
Tutti avevano visto che ero spezzata. Nessuno aveva mai davvero capito il perché.
Il mio super cattolico padre non sapeva nemmeno la storia della mia ex fidanzata, figuriamoci. E con Mark non riuscivo a parlare. Nessuno sapeva, eccetto Arizona.
“Non credo che tu stia così male per lei” aveva detto osservandomi. “Credo che sia più il fatto in generale che tutti sembrano finire con l'abbandonarti. Ma non è così, sai? Hai ancora i tuoi amici, hai la tua famiglia. Hai me. Devi solo essere più positiva riguardo ciò che la vita ha da offrire.”
Arizona sapeva quasi tutto di me. Ma io sapevo davvero molto di lei?
Non mi aveva mai parlato del suo orientamento sessuale, ed io quello lo capivo in un certo senso, perché lei in quel paese doveva viverci. Ok, in realtà non lo capivo. Ma lo rispettavo.
Quello che mi sorprese fu realizzare era che alla fine mi aveva abbandonato anche lei.
No, non proprio in realtà, visto che lei non mi doveva niente. Però mi sentivo come se mi avesse abbandonato, non riuscivo a evitarlo.
Salii sul treno e presi il mio posto accanto al finestrino.
Guardai fuori e vidi che tutti avevano qualcuno da salutare.
Poi vidi lui. Vidi che cercava qualcosa o qualcuno tra la folla. Non avevo dubbi. Era lui, l'uomo che avevo visto abbracciare Arizona.
E anche lui dopo qualche istante mi vide. Quello che però non mi aspettavo era che mi venisse incontro. Io non avevo ancora deciso cosa fare, quando arrivò davanti al finestrino. Ma il mio corpo decise per me, visto che mi alzai immediatamente ed aprii.
“Lei è alla stazione degli autobus” fu la prima cosa che disse.
“Cosa?”
“Arizona, è alla stazione degli autobus. Non sapeva con cosa saresti partita, così ha lanciato una monetina e poi ha mandato me qui.”
Io lo guardai con confusione dipinta sul viso.
“Sono suo fratello. Andiamo, la divisa da militare, e siamo identici. Come cavolo hai fatto a confondermi per il suo fidanzato?”
“Saresti dovuto tornare in ottobre.”
“Ho preso un colpo ad una spalla. Sono tornato e le ho detto che non sarei più andato via. Per questo le lacrime e tutto il resto.”
Stupida, stupida Callie, hai mandato tutto all'aria con la tua gelosia immotivata, pensai.
“E la monetina ha detto autobus. Sai, forse non era destino, Tim.”
Lui sorrise, sentendo che sapevo il suo nome.
Io sorrisi di rimando, ma un po' tristemente.
“Vuoi che le dica qualcosa per te?”
Io ci pensai. Ci pensai seriamente. Lo presi davvero in considerazione.
“Nah. Va bene così. Se dico qualcosa potrebbe non essere la cosa giusta, non essere quello che lei avrebbe voluto che dicessi. Quindi dille solo che ho detto ciao.”
“Ne sei sicura? Se non la rivedessi mai più? Vuoi davvero che non sappia mai cosa lei è stata per te?”
Io gli sorrisi.
“Lei lo sa. Almeno, credo che lo sappia. Lei è stata la mia luce quando non c'era più luce. È stata la mia estate in pieno inverno.”
Ci studiammo per qualche secondo.
“Puoi fare una cosa per me?”
Lui annuì.
“Assicurati che sia felice. Nessuno lo merita quanto lei.”
Chiusi il finestrino, salutandolo poi con la mano. Lui rispose al cenno, ma capii che avrebbe voluto che io restassi. Ed anche io avrei voluto restare.
Ma non lo feci.
Qualche minuto dopo sentii le porte del treno chiudersi. Fu come sentire il rumore metallico delle sbarre di una prigione che scattano quando la cella si chiude.
Fu come morire.
Fu come l'inverno.
Un rumore al finestrino mi fece voltare. Fui quasi pietrificata, ma alla fine aprii.
“Ero quasi arrivata alla stazione quando mi sono ricordata che gli autobus ti fanno venire da vomitare, quindi ho cercato un taxi, ma ovviamente non ce n'erano. Allora sono venuta qui di corsa.”
Stava ansimando fortemente mentre il treno iniziò a muoversi.
“Ti ritroverò in qualche modo” mi fece sapere con sicurezza. “Ma dovevo vederti oggi per darti questo.”
Mi passò un pezzo di carta piegato su se stesso più volte.
“So che sei a Seattle, ho nome e cognome. In qualche modo ti troverò” disse nuovamente. “Devi solo aspettarmi, ok?”
Il suo tono così fragile mi spezzò quasi il cuore.
“Arizona.”
“Calliope...”
Voleva dire qualcos'altro.
Ma non ce n'era bisogno. Avevo capito. E anche lei aveva capito.
La guardai fermarsi, mentre il treno prendeva velocità. E continuai a guardarla finché riuscii a vederla.
Poi mi sedetti al mio posto e mi resi conto che avevo ancora in mano il foglio che mi aveva passato.
Lo aprii, aspettandomi una lettera.
Lo lessi ed un sorriso mi si formò sulle labbra.
Avevo tra le mani la ricetta del gelato di Arizona.

Ero in casa a festeggiare il mio ritorno con alcuni dei miei amici.
Mark, la Bailey, Cristina e Teddy.
Stavamo ridendo di qualcosa di stupido che aveva detto Mark quando qualcuno bussò alla porta.
Mi alzai, ancora ridendo. Ma quando aprii il sorriso sparì, ed improvvisamente fui seria.
Gli altri scrutavano la figura alla porta con curiosità.
“Allora, immagina questo. Sono a casa, tutto va bene, faccio un lavoro che davvero mi piace, ma non riesco ad essere felice. Poi un giorno arriva questa donna, bella da togliere il fiato, e all'improvviso tutto intorno a me è migliore. Ma poi questa donna se ne va, torna a casa, e mio fratello mi chiede se avesse dovuto prendere il mio posto alla gelateria, se avessi ricominciato a fare il chirurgo, ed io apro la bocca per dire no, ma quello che invece esce, incredibilmente, è sì. Così ho trovato l'ospedale in cui lavori e mi sono fatta assumere come nuovo capo di chirurgia pediatrica e sono venuta qui.”
Mi guardò con le lacrime agli occhi, finalmente riprendendo fiato.
“Sei molto bella.”
Io avevo sentito abbastanza.
Feci un passo avanti, toccandole il viso con una mano, e poi la baciai.


Dopo una lunghissima assenza da EFP, eccomi di ritorno con qualcosa di completamente diverso da ciò che scrivevo di solito prima...
Ok, premetto che è la prima shot...Andando avanti migliorano! Ne ho già scritte un po', quindi penso che l'aggiornamento sarà abbastanza assiduo. Beh, sempre che qualcuno legga mai la storia.
A presto!


  
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