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Autore: Lokisass    16/07/2012    4 recensioni
Le orecchie del ragazzo furono improvvisamente deliziate da un suono soave, gli colpiva il profondo, lo guidava come guidava il Cappellaio, e lo portò a socchiudere gli occhi e a lasciarsi cullare tra le braccia di quello strano uomo. Sentiva il profumo di Tony, le spalle di Tony, la sua presenza sotto il suo tocco. Come poteva non scambiarlo per lui?
" Cappellaio… "
" Sì, Steven? "
" Baciami. "
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Premetto che adoro i fratelli PincoPanco e PancoPinco e, sinceramente, i personaggi di Alice nel Paese delle Meraviglie sembrano premeditati per i Vendicatori.
Mi sono messa un po’ a fanartare, sul mio profilo si facebook trovate qualche disegno, mi chiamo Lokisass Efp. Se siete interessati, ovvio.
Ok, inizia la parte fluff and…not pOrn.
Mi spiace per Honey, che sognava tanto questa svolta, però qualcosa di soft c’ è xD
Perdono! *si inchina*
Posso spiegare.
È tutta colpa di questa canzone: “Debussy, Claire de Lune”
Ci ho scritto l’intero capitolo, mi ha semplicemente ammazzata.
Adoro i pianisti, la maggior parte delle mie storie sono scritte sotto la loro “consulenza”, ma ultimamente mi interesso anche i violinisti, perciò, se qualche volta vi cito qualche canzone, è perché ci tengo davvero, ci ho pianto e mi ci sono emozionata.
Spero di trasmettere lo stesso con voi.
Detto questo, non so se aggiungere che devo ritirarmi a studiare o che andrò a deprimermi sotto le note di questa, a parer mio, malinconica ma spettacolare suonata.
Vado a deprimermi, al diavolo lo studio.
Baci a tutti,
Lokisass <3

 
 
Avengers in Wonderland
 
Pinco&Panco and Panco&Pinco

 



<< Cosa? >>
<< B-Baciam…Scusa, sono uno stupido, non volev- >>
Un bacio inaspettato.
Lieve, a fior di labbra, un eterno secondo.
Era come se, intorno a loro, le foglie avessero smesso di muoversi, tutto avesse cessato di fare rumore, ogni cosa si fosse spenta.
Solo per loro.
Steve si sentiva strano, una stranezza che, in qualche modo, gli ricordava di essere tra le braccia di Tony. Perché, alla fine, solo per potersi ricordare di lui aveva chiesto al Cappellaio di baciarlo. Solo ed esclusivamente per quello. Desiderio egoista, debolezza, nostalgia. Voleva riaverlo con sé, voleva svegliarsi e chiamarlo, subito. Voleva correre da lui, voleva stringerlo, supplicarlo di non lasciarlo, non un’ altra volta.
In un attimo, i loro occhi furono gli uni davanti agli altri e si studiarono, si ammaliarono, si bearono della loro presenza. Le palpebre del Cappellaio si tinsero di rosso; all’ improvviso, si era risvegliato dal suo interminabile sonno.
Steve si spaventò.
Sapeva ormai leggere gli sguardi di Tony e, di conseguenza, anche quelli del Cappellaio. E quello che aveva assunto non era certo uno sguardo innocuo.
In un attimo, prese il biondo per una mano e si addentrò nel bosco oltre il lungo tavolo, correndo, facendo scricchiolare sotto i suoi piedi i rami che incontrava ed immergendosi nell’ erba. Steve si lasciò trasportare e sbattere ad un albero, scivolò lungo il tronco, graffiandosi la schiena, mentre il Cappellaio lo baciava con foga. Il moro si tolse il cappello e lo poggiò delicatamente in terra, poi tornò ad aggredire il ragazzo con la bocca, spingendo sulle sue labbra, affondandogli la lingua in bocca.
Steve stava impazzendo.
Quei baci erano di Tony, quel sapore di the assomigliava maledettamente a quello di caffè che aveva Tony, quel viso sporco e quelle mani ruvide erano di Tony.
Si fissarono, fremevano dal desiderio di aversi, di toccarsi, e quegli occhi, quei maledetti occhi color nocciola, fecero rabbrividire Steve.
Lo divorava, cercava di trovare Tony sotto quelle strane vesti, di trovarlo davanti a lui, di aprire la mente ed immaginarlo lì. Non ci riusciva, era come se fosse già dinnanzi a lui, a richiederlo, a volerlo.
Come potevano due tali sconosciuti conoscersi da così tanto tempo?
Come potevano essersi attratti fatalmente l’ uno all’ altro in così poco tempo?
Come?
Un leggero vento fresco li travolse, ogni cosa intorno a loro viveva.
Le sfumature bluastre di quel paesaggio li chiudevano tra le piante, una farfalla volò sopra le loro teste, era perfetto. Il cielo era coperto dalle chiome maestose delle grandi querce secolari, ma non era sera, i due riuscivano a vedersi perfettamente, anche con l’ ombra e il bosco fitto che li avvolgeva. Il Cappellaio si perse in quegli zaffiri che il ragazzo portava divinamente, fieramente, che socchiudeva sbattendo quelle meravigliose ciglia bionde, e notò la tale grazia con cui muoveva le labbra rosse, bellissime, tremanti.
Allungò il collo verso di lui e lo baciò, ancora, teneramente, facendo fluire la passione nei loro corpi, sentendolo ancora parte di sé, unito solo da quei dolci fili di carne, così saporiti, che trasportavano l’ anima da tutt’ altra parte.
Via.
Lontano.
Erano ai piedi di un albero, Steve sentiva le radici dure sotto di lui, cercava di non farci caso, cercava di concentrarsi su quello strano uomo. Cercava di assimilare tutte quelle sensazioni, e pensò che non gli sarebbe dispiaciuto portare Tony in quel suo sogno, buttarlo giù, in quella botola, vivere in quel curioso sogno insieme.
Un po’ si sentiva in colpa per il miliardario, era come se lo stesse tradendo solo perché quel Cappellaio gli somigliava. Non si fece ingoiare dai sensi di colpa, era un sogno.
Il moro addentrò una mano sotto la canottiera di Steve e lo fece tremare, spaventare, avrebbero potuto vederli.
<< Cappellaio… >>
<< Ssssh… >>
Il biondo si aggrappò al suo collo sentendo il moro infilarsi tra le sue gambe e non ebbe il coraggio di guardarlo.
Questo fece scendere lentamente le mani, soffermandole sul tessuto dei boxer con quegli strani disegni e lo carezzò, spostandosi poi sull’ internocoscia di una gamba e soffiandogli sul collo.
Steve aveva paura.
<< Tranquillo, non ti faccio male. >> Lo rassicurò il Cappellaio.
<< Dimmi che non leggi la mente, ti prego. >>
<< Non lo faccio. >>
Steve si sentì afferrare da un palmo gentile, soffice, familiare.
Gemette rocamente sotto quel tocco inaspettato, e si lasciò andare, iniziando ad ansimare ad ogni movimento di quella mano. Adocchiò il collo del moro e si fece spazio fin lì con la bocca, leccandolo piano e lasciandogli dei baci ovunque, cercando di nascondere la verità.
Era in quelle condizioni perché pensava a Tony.
Si sentiva uno stupido idiota, un approfittatore, un meschino e un bugiardo.
Ma non ce la faceva, non resisteva.
I movimenti del Cappellaio erano lenti, controllati, voleva sentire quella pelle morbida sotto di lui, quei fremiti scuotergli il sangue e quel corpo così bello stringerlo, desiderarlo, supplicarlo.
Non aveva fretta, non si era dato un tempo, il moro si stava cibando del ragazzo e non aveva intenzione di farlo scappare, adesso che era suo.
Ansimò lievemente contro il suo sterno e sentì l’ altro agitarsi, i suoi respiri perfetti divenire incontrollati, i suoi baci che diventavano morsi. Con un mugolio, Steve si liberò di ogni cosa, affogato da quel piacere così dormiente e stranamente colmo di sentimento, così calmo, cauto, sentito davvero.
Si abbracciarono, un istante prima di ritrovarsi a respirare normalmente, un attimo prima di sentire il vento affondare le grinfie nelle loro schiene, un attimo prima di sorridersi, eccitati da quella situazione romantica.
Un rumore di zampe che saltellavano tra le foglie li distrasse e li portò ad alzarsi in piedi, a cancellare quel rossore sotto le loro guance, a far finta di niente, a nascondere le prove di quella distrazione sotto la terra, tra quelle radici.
<< Cappellaio, Cappellaio! Dove siete? Dove è il ragazzo? >>
<< Stupido Bianconiglio, il solito guastafeste. >> Ridacchiò il moro, rimettendosi il cappello, sottovoce.
Steve fissò l’ animale avvicinarsi a loro e il Leprotto che aveva in mano un’altra tazzina, intenzionato a lanciala.
<< Faremo tardi, Cappellaio, dobbiamo andare! >>
<< Sì, sì, che noia. >>
Il biondo rimase in fondo al gruppo che gli voltava la schiena, iniziando a camminare.
Non era possibile.
Toglieva orecchie, code e cappello, ed erano loro.
<< Non vieni, punta di diamante? >> Lo chiamò il Cappellaio.
<< A-Arrivo. >> Quasi un sussurro, ma il moro lo captò e gli rivolse un sorriso.
Andarono avanti attraverso il bosco, non tornarono davanti al lungo tavolo imbandito.
Steve non faceva altro che ripensare a quello che era successo, ripetendosi di cancellarlo dalla memoria, di buttarlo da qualche parte, lì, tra quelle piante, ma ormai il Cappellaio era in lui, quel viso magicamente truccato, quel corpo che necessitava di essere curato, quell’ anima che lo aveva toccato nel profondo.
Nonostante tutto, lui credeva ancora che il Cappellaio fosse Tony.
Non poteva farci niente.
La sua fermezza fu bloccata quando qualcuno lo afferrò per le caviglie e se lo lanciò sulle spalle, come un sacco di patate.
<< Ma che diav- >>
Rimase stupito davanti ad uno stangone con fare vichingo, i capelli biondi che gli ricadevano sulla schiena, una maglia a righe rosse e bianche e dei pantaloni stretti, neri, i piedi scalzi che camminavano sui rami come se fossero petali di rosa.
<< Bel lavoro, fratello! >> Una voce estranea, la sentiva vicina, ed intanto vedeva gli altri andare a dritto.
<< Hey! Mi stanno rapendo! >> Urlò in direzione del Cappellaio.
Questo si girò e lo raggiunse, iniziando poi a tirarlo per le braccia, aiutato dai due animali.
<< PincoPanco, PancoPinco, questa potevate risparmiarvela! >> Urlò il moro, riuscendo a prendere Steve e a farselo cadere addosso.
Dall’ alto, il biondo aveva riconosciuto Loki, i capelli di un nero corvino, il solito sorrisetto effimero in faccia, una maglia a strisce bianche e verdi e i soliti pantaloni del fratello, scalzo a sua volta.
Pronunciò i loro nomi, ma la reazione fu tale quale quella ricevuta dagli altri.
<< Thor? Loki? Chi sono? >> Dissero i due all’ unisono.
Il biondo si puntò: << Io sono PincoPanco. >>
Poi si puntò il moro: << Ed io sono PancoPinco. >>
<< Ah, bene, altri nomi strani da ricordare. >>
   
 
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