Film > The Avengers
Ricorda la storia  |      
Autore: Lokisass    16/07/2012    3 recensioni
Non era abituato a cose del genere, tanto meno a vedere tutti in borghese.
" Voi…Non vi eravate scordati del mio compleanno? "
" No! " Esclamò Tony, liberatosi di ogni parte dell’ armatura.
" Come potevamo? " Aggiunse Steve.
" Ma…! Fino ad ora avete fatto finta di niente? "
I due annuirono.
" Non fatelo mai più, vi prego. " Sorrise, andando ad abbracciarli.
Genere: Comico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Steve Rogers/Captain America, Tony Stark/Iron Man, Un po' tutti
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Happy Birthday, Peter!

 
 
<< Muoviti, Peter sta per tornare dal museo! >>
<< Steve, calmati! Se ti comporti così davanti a lui, scoprirà tutto! >>
<< Hai ragione! >>
Era il diciottesimo compleanno di loro figlio, dovevano fargli un dispetto.
Tony non era affatto preoccupato per la buona riuscita del suo piano, sapeva che tutto sarebbe filato liscio. Anche se, in effetti, Bruce avrebbe potuto trasformarsi per chissà quale ragione e divorare la torta.
Steve, invece, era preoccupato. Non sapeva se far finta di niente avrebbe ferito il ragazzo o se lo avrebbe talmente esasperato da andare a chiudersi in camera sua. Se gli avesse lanciato addosso un vaso di fiori del terrazzo, si sarebbe messo al riparo dietro Tony, così che colpisse solo lui.
I due lo avevano visto crescere sotto i loro occhi, una tappa così importante era da vivere al meglio.
Con la memoria, tornarono indietro il giusto che bastò loro per sorridere.
“Era stato inaspettato, non avevano avuto il tempo di pensarci su due volte. Dovevano salvare quel bambino di pochi mesi e portarlo via dall’ orfanotrofio nel quale era stato lasciato. O quasi.
Camminavano lungo la strada, una notte, era il loro primo anniversario e Steve aveva costretto Tony ad uscire e a portarlo fuori a cena. Avevano brindato con dello champagne poco prima in un ristorante di lusso ed adesso si apprestavano a tornare alla Stark Tower. Sentirono piangere, si voltarono più volte in cerca di un indizio, di chi fosse l’ artefice di quei lamenti così strozzati e disperati. Steve vide l’ orfanotrofio e, subito dopo, un bambino dentro una cesta all’ entrata. Lo fece presente a Tony ed, insieme, si avviarono lungo la scia di ghiaia che portava all’ edificio.
Per Stark era solo un bambino abbandonato, niente di più.
Suonò senza alcuna espressione il campanello, sperando che qualcuno lo potesse prendere e portare al caldo in quella notte fredda. Si voltò un attimo verso il biondo e il suo sguardo divenne dapprima stupito, poi tenero.
Il suo compagno teneva in braccio il bambino, lo cullava, lo aveva fatto smettere di piangere e gli sussurrava una canzone dolce, tentando di addormentarlo. Ma negli occhi di Steve c’ era molto più di un semplice desiderio di farlo smettere di piangere. Guardava quel piccolo con un’ aria sofferta, come se gli dispiacesse lasciarlo in balia di una vita in un orfanotrofio con la possibilità di non essere mai portato via di lì.
<< Steve… >> Tony non sapeva che dire, ma cercò di iniziare a far intendere al biondo di rimettere il bambino nella cesta.
<< È così piccolo… >> Sussurrò l’ altro.
<< Steve, vuoi adottarlo? >> Mossa azzardata, ma dopo aver visto come Steve era riuscito a volergli bene, in quel modo strano e gentile, gli parve un’ idea più che giusta.
<< Dici davvero? Cioè, ti prenderesti la responsabilità di un figlio? Dovremmo sposarci, firmare i documenti per l’ adozione, farlo riconoscere all’ anagrafe… >>
<< Hey, >> Lo interruppe Tony: << non vedo dove sia il problema. >>
Il biondo sospirò: << Con tutte le responsabilità che hai, ne vorresti un’ altra? >>
<< Chiederemo a Fury di fargli da baby sitter, non credo che gli dispiacerà. >> Sorrise il moro.
Si avvicinò al bambino e lo guardò bene: aveva un accenno di capelli marroni, due grandi iridi azzurre e un corpo piccolo, debole, infreddolito. D’ un tratto, il pargolo allungò una manina verso Tony ed assunse un’ espressione curiosa. Il più grande si sporse verso di lui con una mano e il piccolo gli strinse un dito. In quel momento, proprio come era successo con Steve, gli occhi di Tony si colmarono di compassione, incredulità davanti a quello strano calore che gli stava trafiggendo il cuore e a quel desiderio assurdo di volere il bambino più di ogni altra cosa.
Una donna bassa e dai capelli color carota socchiuse la porta e vide i due uomini, richiamandoli poi all’ attenzione schiarendosi la voce: << I signori desiderano? >>
<< Vorremmo…Adottare questo bambino. >>”
Passarono mesi e mesi, la Stark Tower era diventata una casa accogliente dove passare il tempo. Tony era contento, il bambino cresceva a vista d’ occhio e, più l’età avanzava, più il piccolo iniziava a seguire il padre nella tecnologia e ad interessarsi di ogni cosa la riguardasse.
Lo avevano chiamato Peter, non sapevano esattamente da dove fosse scaturito quel nome, ma gli stava tremendamente bene.
Non ci avevano messo tanto a decidere, a Tony venne in mente mentre faceva baldoria con Steve, una notte in cui i due avevano lasciato il piccolo a Fury per festeggiare la medesima battaglia vinta. Il miliardario non stava affatto pensando al bambino, bensì a sentire Steve gemere ed affondare in lui sempre più forte, ma poi arrivò al limite e dalle sue labbra uscì quel nome.
<< Mi tradisci, bastardo? >> Aveva ringhiato il biondo.
<< No…Peter, potremmo chiamarlo Peter. >>
Il bambino, stranamente, assomigliava sempre di più a Stark, ma caratterialmente aveva sfumature di entrambi. Per il suo bene, i due non litigavano davanti a lui, non discutevano quando era sveglio e, soprattutto, quando poteva capirli. Peter, però, era un bambino sveglio, li sentiva spesso urlarsi dietro. C’ è stato un periodo, poi, in cui Tony aveva iniziato a dormire sul divano. Era ancora un bambino, ma piangeva segretamente nascondendosi sotto il cuscino. Il moro, una notte, lo aveva sentito ed era andato a consolarlo, credendo che avesse fatto un brutto sogno.
<< Non voglio che litigate. >> Aveva detto il bambino.
<< Peter, non abbiamo litigato. >> Aveva cercato di tranquillizzarlo, senza successo.
<< Bugiardo. Tu e papà avete urlato, e mi avete detto che non si urla. >>
<< Basta piangere, su. >>
<< Anche papà piange. Ha detto che va via. >>
<< Steve va via? >> Aveva cercato di farsi dire qualcosa in più dal piccolo, ma ancora non riusciva a formare frasi troppo articolate.
Peter aveva solo annuito, si era lasciato abbracciare dal padre e poi lo aveva visto andare verso la loro camera da letto. Si era alzato, aveva preso a camminare sulle punte per non farsi sentire ed era andato a vedere cosa stavano facendo i suoi genitori, scoprendo Tony che stringeva Steve sussurrandogli che gli dispiaceva, e il biondo perso nei singhiozzi, che gli stringeva la maglia.
I due si erano separati e si erano voltati verso la porta semichiusa, Steve aveva sorriso e si era abbassato in ginocchio: << Vieni qui, Peter. >>
Il bambino era corso verso il padre e si era gettato tra le sue braccia. Tony aveva chiuso il futuro marito ed il figlio nel suo petto e aveva dato ad entrambi un bacio sulla fronte.
Dopo quella notte, Tony tornò a dormire con Steve.
Nonostante l’ accaduto, la loro era una famiglia unita. Si proteggevano l’ un l’ altro e si volevano bene ogni giorno di più.
Tony si ricordava perfettamente di come avevano vestito il piccolo al loro matrimonio. Per fare contrasto con i due smoking neri, avevano messo a Peter un completino bianco, ed avevano sorriso teneramente quando aveva iniziato a zampettare a piedi nudi sulla spiaggia traballando, con il cuscinetto delle fedi stretto tra le manine. Tony aveva acconciato i capelli del piccolo in una cresta, e Steve glielo aveva lasciato fare, dopotutto era il loro matrimonio. Il piccolo era stato il primo ad applaudire quando i due si erano scambiati un bacio ed avevano incorniciato la loro vita con quell’ istante. Un attimo dopo, era addosso ai due nuovi sposi e si congratulava con entrambi.
La mattina, i due uomini si svegliavano con il rumore di piedini scalzi del piccolo sul pavimento in direzione del loro letto ed il tonfo che faceva dopo essersi lanciato in mezzo a loro.
Oppure facevano la lotta. Tony entrava nella stanza di Peter e lo chiamava. Una, due, tre volte, poi iniziava a tirargli via le coperte, a scuoterlo, a farlo saltare sul letto. Ma Peter non si alzava. Non fino a quando, a lasciare di stucco Tony, arrivava Steve, che carezzava la testa del piccolo e gli diceva che il latte era a tavola. Questo si alzava, stiracchiandosi, dando un buongiorno a Stark e si avviava in cucina.
Peter era stato abituato a passare molte giornate al quartier generale dello S.H.I.E.L.D. assieme all’ agente Hill e, con qualche eccezione, Nick. Sapeva che i suoi genitori, essendo supereroi, avevano un mondo da salvare dal crimine e dai cattivoni, perciò non si lamentava. I due lo avvertivano fin da subito di una missione imminente, e lui, da una parte, era felice di rivedere Maria. Con lei giocava spensierato, cercava di non farsi venire paura per i propri genitori perché si fidava di loro, sapeva che sarebbe andato tutto bene. Era quando vedeva loro nuove cicatrici che non andava bene.
Non si sentiva in colpa, bensì male per loro. Ma entrambi non gli raccontavano la missione per come era veramente andata, si limitavano a dirgli: << Va tutto bene, abbiamo vinto. >>, anche quando non c’ era niente di concluso.
Peter era molto intelligente per la sua età, lo era sempre stato, riusciva a vedere la tensione negli occhi dei due prima di sapere che dovevano partire di nuovo. Appena sentiva quell’ accenno di malinconia nell’ aria, cercava di fare il più possibile per non essere un peso.
Ma Antony Stark e Steven Rogers erano Ironman e Capitan America, non potevano lasciarsi il loro lavoro alle spalle.
Da quando Peter aveva iniziato le superiori, l’ atmosfera in casa non era più la stessa. Era diventato riservato, chiuso nell’ universo dello studio, non usciva più con i suoi genitori senza la preoccupazione di essere visto e, soprattutto, stava diventando grande.
Il miliardario ed il Capitano sentivano la mancanza del Peter bambino, ma non potevano andare in contro alla sua crescita, tanto meno lamentarsene. Solo qualche sera, mentre guardavano tutti insieme la televisione, Peter e Stark riuscivano ad infamare o a commentare gli attori e le loro interpretazioni e Steve rideva, riuscendo a sentire quella strana sensazione di quando era il suo piccolo bambino. A volte, Peter aiutava Tony in laboratorio, costruiva assieme a lui robot e chiacchierava con J.A.R.V.I.S. dandogli dello stupido, proprio come il padre. Steve gli preparava la colazione, e Peter tornava alle vecchie abitudini infantili, ringraziandolo ed invitandolo a sedersi a parlare con lui. Steve adorava suo figlio quando gli parlava di ragazze, di compiti, di Tony.
Non lo lasciava trasparire, ma Peter ammirava molto Stark.
Ovviamente, ammirava anche il Capitano, dopo aver saputo che questo era l’ eroe dell’ infanzia del moro. Si stupiva ogni volta che i due gli raccontavano di quando i Vendicatori si erano riuniti per sconfiggere la minaccia di Loki, di quando era morto Phil, di quando avevano scovato suo padre tra i ghiacci e di quando lo S.H.I.E.L.D lo aveva tirato fuori di lì con la tecnologia avanzata di Ironman.
Una cosa che divertiva in particolar modo Peter era prendere in giro i due uomini quando si baciavano davanti a lui o quando li sentiva da un’ altra stanza. Raramente, li sentiva fare l’ amore. Quello non lo disturbava, a parte forse il fatto che ogni volta che li sentiva non riusciva poi a prendere sonno per tutto il resto della notte, ma li lasciava stare. Non poteva, però, non sentire. Si percepiva che i due si amavano. La gentilezza con cui Tony toccava Steve faceva quasi sorridere il figlio. Aveva imparato tanto sul sesso, ma quello non lo definiva così. I suoi genitori facevano l’ amore. Di tutti i film che si era visto con i suoi amici, non riusciva a catalogare quello dei suoi genitori “sesso”. Durante l’ atto, domina il desiderio carnale, non quello di baciarsi, di tranquillizzarsi con parole dolci, di fare in modo che niente faccia male all’ altro.
Allo stesso tempo, però, si sentiva un ostacolo. Causa la sua presenza, i due non potevano respirare per bene od emettere versi potenti per paura di svegliarlo. Così, ogni tanto, Peter andava a dormire da qualche amico per lasciare loro carta bianca.
La socialità non gli era mai mancata, perciò neanche gli amici.
Erano tre ragazzi, chi un anno più chi meno, su cui poteva fidarsi ciecamente.
Gli piaceva una ragazza, una certa Mary Jane, rossa, gli occhi azzurri. Non si era fatto scrupoli a dirlo ai suoi, aveva approfittato di una cena per annunciare il fatto che si era innamorato.  
Tony, quella sera, gli fece il discorso più imbarazzante della sua vita.
Una delle strane passioni che gli aveva trasmesso Steve, a parte l’ amore per la patria, erano i musei. Specialmente i musei riguardanti gli animali. Tutte le volte che aveva del tempo, si fermava al museo vicino casa e restava lì per ore a parlare con degli studiosi. Grazie alle frequenti visite, uno degli scienziati con il quale era capitato a discutere sugli aracnidi, gli aveva proposto una possibile visita nella sezione del museo che racchiudeva i vari laboratori in cui tenevano i ragni.
Peter, quel giorno, aveva deciso di fare quel famoso giro.
 
<< Tony! Tony, è qui! >>
<< Siediti sul divano e guarda la TV, muoviti! Niente crisi nervose, Steve! >>
<< Niente crisi nervose, niente crisi nervose, nient- >>
<< Smetti di ripeterlo! >>
Steve scavalcò il divano e poi ci si buttò sopra, afferrando il telecomando e tendendolo verso il televisore. Si sentiva dannatamente in colpa, quella mattina erano rimasti a letto e non lo avevano neanche salutato prima che andasse a scuola, appunto perché dovevano fare finta di niente.
Stark iniziò a cucinare qualcosa, stampandosi in faccia un’ espressione indifferente.
Un rumore di chiavi che giravano nella serratura, la porta chiudersi e uno zaino buttato in terra. I due smisero di respirare per un secondo, poi Peter apparve dalla porta di camera sua.
<< Sono tornato! >>
Tony non si voltò nemmeno: << Oh, ciao, Peter. >>
Rigido come mai lo era stato, Steve stringeva i denti sul divano divenuto all’ improvviso troppo scomodo.
<< Papà, guarda che non cambi canale tenendo il telecomando a venti centimetri dalla faccia. >> Il ragazzo si avvicinò al biondo, ridendo: << Perché sei così strano? >>
<< Perché…tuo padre mi ha fatto vedere un programma scandaloso. >>
<< Che programma? >>
Tony sorrise, con la battuta pronta: << Steve, non metterà incinta una ragazzina di sedici anni. >>
Peter tossì e rese grave il tono: << No, perché io non ho SEDICI anni…Sono grande, io. >>
Tony scompigliò i capelli ad entrambi e li invitò a sedersi a tavola. Mentre mangiavano, gli unici rumori che si sentivano erano la voce del giornalista alla televisione che parlava del salvataggio di un gattino da parte di Ironman e lo sbiascicare compulsivo di Steve, che affondava la forchetta ed il coltello nel piatto come se stesse torturando qualcuno.
<< Allora… >> Disse il ragazzo: << Bella giornata oggi, eh? >>
<< Già. >> Rispose Tony, continuando nel mentre ad ingozzarsi.
<< Non…Non è successo nulla di bello, OGGI? >> Peter marcò nuovamente la sua frase.
<< Sì, tuo padre ha ammaccato il pavimento del laboratorio con lo scudo. >> Ridacchiò il miliardario.
<< Papà. Davvero non ricordate che giorno è oggi? >> Chiese il ragazzo, sull’ orlo dell’ esasperazione.
I due si guardarono, interrogativi, e scossero la testa verso il figlio.
<< Veramente? >>
Steve e Tony lo fecero di nuovo.
Peter finì di mangiare ed aiutò Steve a sparecchiare, canticchiando ogni tanto: “Happy birthday to you!” , ma senza suscitare l’ attenzione dei genitori. Si misero tutti sul divano ad ipnotizzarsi con lo schermo e Peter iniziò ad ipotizzare le età dei personaggi di un film: << Il protagonista dovrebbe avere DICIOTTO anni! >>
Il ragazzo, amareggiato dalle reazioni immobili dei due, si alzò ed andò in camera. Accese la luce e si mise a sedere sul letto, prese il cellulare ed iniziò a rileggersi tutti i messaggi d’ auguri dei suoi conoscenti per conforto.
Ad un tratto, si sentì colpire in testa da qualcosa e scontrò la testa con il muro. Si guardò in mezzo agli occhi ed afferrò con stupore la freccia a ventosa che lo aveva colpito. Un fogliettino pendeva dalla base, e, prima che potesse rispedire la freccia fuori dalla finestra, lo lesse:
“Affacciati.”
Lui si affacciò e puntò la strada, in cerca del colpevole.
Un’ altra freccia gli fece sbattere la testa mentre lo faceva cadere all’ indietro.
Un altro foglietto.
“ Guarda su, però!”
Con tutte le cattive intenzioni di mandare in un paese lontano quell’ idiota, Peter alzò lo sguardo e vide con stupore una scritta nel cielo:
“Happy Birthday, Peter!”
Corse veloce giù per le scale, fino ad arrivare in salotto e trovare Tony che si toglieva l’ armatura, Steve che si grattava la nuca, Clint con l’ arco nascosto dietro la schiena, Natasha accanto a lui, il Dottor Banner che si sistemava gli occhiali, Maria e Nick che sorridevano.
Non era abituato a cose del genere, tanto meno a vedere tutti in borghese.
<< Voi…Non vi eravate scordati del mio compleanno? >>
<< No! >> Esclamò Tony, liberatosi di ogni parte dell’ armatura.
<< Come potevamo? >> Aggiunse Steve.
<< Ma…! Fino ad ora avete fatto finta di niente? >>
I due annuirono.
<< Non fatelo mai più, vi prego. >> Sorrise, andando ad abbracciarli.
Clint gli tirò una pacca sul collo arrossato e lo fece mugolare: << Non volevo essere così diretto, scusami. >>
<< La prossima volta non puntare alla testa. >> Sorrise questo, dandogli il cinque.
Bruce prese la torta e Tony si allarmò, correndo a sostituirlo: << No, no, per l’ amor del cielo. >>
Steve sospirò.
Bruce non capì subito il perchè di quel gesto, ma appena ci arrivò, lasciò andare le braccia sui fianchi: << Stark, mica lo faccio uscire ora! >>
La festa fu un successone.
Il miliardario riuscì ad ubriacare Fury e a mettergli un cappellino colorato in testa, a fargli cantare una canzone piratesca tra i singhiozzi della sbronza e a filmarlo, a filmare ogni cosa, per poter rivivere quel giorno ogni volta che avrebbe voluto. Bruce e Peter erano finiti a parlare di robotica tra una cucchiaiata e l’ altra di torta, Steve interveniva ogni poco e intanto parlava con Clint e Natasha sul suo rapporto stretto con Stark, come se i due fossero una sorta di consulenza matrimoniale. Gli parlò dei calzini puzzolenti lasciati a bordo letto e del rasoio sempre a giro per il bagno che suo marito non metteva mai al loro posto, ridendone anche. Maria guardava incantata Peter, scherzando con lui e Banner, chiedendogli talvolta com’ era la vita con due papà strani come i suoi e lodandolo per la sobrietà con cui era cresciuto nonostante tutto. Fury era seduto a capotavola assieme a Tony e facevano battute assurde, ridevano come due idioti, come due vecchi amici.
Al termine dei festeggiamenti, Peter si ricordò che il giorno seguente sarebbe dovuto andare a scuola, perciò non ebbe il tempo di dire ai suoi che nel laboratorio del museo, lo aveva morso un ragno.
<< Per un morso non diventerai mica l’ Uomo Ragno! >> Aveva detto Tony, ironico, la mattina seguente.
Già.
 
 
 
 
 
 
 
 
Spazio dell’ autrice scema:
Ehilà!
Eccomi qui!
questo è il regalo di compleanno per Abacaxi, scritto con tanto amore.
Mi dispiace averti fatto aspettare, chiedo perdono!
Spero ti piaccia, ci ho messo tutta me stessa e poi ci si è messo mio padre che, quando mi ha vista scrivere al buio mi ha dato della malata.
Buon compleanno, baby! xD
(Abbi pazienza di aspettare la seconda parte del regalo…In un altro fandom :3)
Honey, alla fine la storiella della superfamily che tramavo da tanto è venuta alla luce!
Non mi resta che chiedervi che ne pensate!
Spero di avervi strappato un sorriso, tutto qui.
Ah, Steve è leggermente OOC/paranoico LOL
Vi amo!
Lokisass <3
   
 
Leggi le 3 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Film > The Avengers / Vai alla pagina dell'autore: Lokisass