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Autore: Legar    17/07/2012    4 recensioni
Il crimine non va in vacanza.
Il consulting detective e il suo blogger sì. O quasi.
Genere: Commedia, Fluff, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: John Watson , Sherlock Holmes
Note: Lemon | Avvertimenti: nessuno
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O quasi.




È universalmente noto che, se ci si impegna a progettare il proprio domani, le cose non vanno mai come previsto.[1] Tutti lo apprendono, prima o poi, e John Watson lo fece in un mese estivo di un anno della sua vita insieme con Sherlock Holmes.
Non aveva mai visto l’aeroporto di Heathrow[2] così affollato, e già questo bastava a John per metterlo in allarme. Ebbe appena il tempo di pensare a tutte le possibili motivazioni che potevano aver spinto quella moltitudine di persone a concentrarsi nell’aeroporto, quando una ben più grave gli piovve addosso. Non sentì Sherlock dedurre «Intensa perturbazione meteorologica, voli cancellati.», ma lesse lo stesso avviso sui volti seccati dei passeggeri e lo ascoltò dal personale dell’aeroporto che cercava di spiegare la situazione e di evitare che qualche passeggero particolarmente infuriato esprimesse chiaramente dove avrebbero potuto mettere le loro spiegazioni.
Sherlock ridacchiò e prese John per un braccio, trascinandolo via. Durante la lunga attesa del taxi e il tragitto fino a Baker Street nessuno pronunciò una parola – John per lo shock; Sherlock si era reso conto che John non l’avrebbe ascoltato, e parlare al vuoto che nel suo palazzo mentale rappresentava il suo John lo aiutava solo durante il ragionamento che portava alla risoluzione di un caso.

Un attonito John si rese conto che era ritornato a casa, che sedeva sulla poltrona e che Sherlock era di fronte a lui, guardandolo fisso. «La tua volontà non può aver influito sulle condizioni meteorologiche, vero?» chiese John, e restò a guardare Sherlock per tutto il tempo che questi realizzò che John aspettava davvero una risposta a una domanda così ovvia – si chiedeva sempre perché gli esseri umani erano soliti affermare o domandare l’ovvio e arrivava alla conclusione che se gli umani non si esercitano in continuazione a parlare, il loro cervello rischia di mettersi a funzionare.[3]
«John, per quanto io sia capace di cose incredibili e straordinarie – parole tue[4] – la scienza meteorologica è fuori dal mio campo lavorativo.»
Il cellulare di Sherlock squillò, evitando a John una risposta, di qualsiasi natura: avrebbe potuto semplicemente annuire, o rimproverarlo per il suo ego smisurato, o concordare nel definire le sue facoltà intellettive incredibili e straordinarie, o baciarlo perché segretamente trovava quel suo atteggiamento adorabile, ma non fece nulla di tutto ciò.
Quando il medico udì il compagno pronunciare «Arriviamo» realizzò definitivamente che la vacanza era finita ancor prima di cominciare, e decisamente a favore di Sherlock. Non ebbe nemmeno bisogno di sentirlo spiegare che Lestrade l’aveva chiamato, che c’era un nuovo caso per lui, l’aveva già capito dall’espressione entusiasta che il suo lavoro riusciva a dargli.
Geloso del suo lavoro. John aveva capito subito che Sherlock era una persona straordinaria e, da quando condividevano anche il cuore e il letto, oltre alla casa, non avrebbe mai desiderato nessun altro al suo fianco. Ma il suo lavoro… John era contento di farne parte, almeno in misura limitata, visto che non contribuiva tanto all’attività del suo cervello, quanto alla sua persona; accompagnarlo sulla scena del crimine, vederlo muoversi alla ricerca di indizi, concentrato nel dedurre la giusta conclusione lo faceva sentire un privilegiato.
Privilegiato. Anche perché l’unico, tra polizia e scientifica, a portarselo a letto.


***


Il caso si era rivelato piuttosto semplice, di basso livello nella scala che Sherlock usava per classificarli, e John aveva ringraziato il cielo per quell’unico segno dell’esistenza di qualcuno che almeno gli voleva bene, lassù, anche se pensava a lui piuttosto raramente. Non voleva rimanere invischiato in chissà quale situazione assurda, che l’avrebbe costretto a girare mezza Londra, seguendo Sherlock: voleva tornare a casa, controllare le previsioni del tempo per farsi del male pensando alla vacanza sfumata, crogiolarsi nelle proprie disgrazie e scopare Sherlock. Si rendeva conto che l’ultima attività non aveva grande attinenza con le altre, ma lo faceva stare bene, e questo gli bastava.
Peccato che Sherlock non fosse dello stesso avviso: tornato al 221B di Baker Street, aveva cominciato a raggruppare l’occorrente per uno dei suoi esperimenti, pieno di nuova energia. Non era difficile immaginare cosa l’avesse messo di così buon umore: il caso, che per quanto semplice gli aveva messo in moto la mente, e il fatto che aveva evitato due giorni di pausa dal suo lavoro, e non era neanche colpa sua! John, nel suo cervello – quale incredibile ossimoro –, avrebbe fatto i salti di gioia.
Ma non era disposto a rinunciare e con determinazione si avvicinò al suo tavolo da lavoro, spinse da una parte provette, fogli di appunti e contenitori – avendo, però, cura di non romperli facendoli cadere, altrimenti avrebbe dovuto dimenticarsi l’attività da lenzuola per tutta la durata del broncio di Sherlock, solitamente tendente all’infinito – e si mise davanti a Sherlock, il quale, sorpreso dall’iniziativa del compagno, non riuscì a respingerlo quanto questi lo baciò.
«John, sono occupato, non puoi distrarmi mettendomi la lingua in bocca» provò a obiettare Sherlock, ma si zittì quando John gli infilò le mani nei pantaloni. Dopotutto, anche se ai più sembrava una macchina geniale priva di cuore, era anche lui un uomo.


***

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John cominciò a spogliarlo in fretta, impaziente, e Sherlock sorrise della sua foga. Quando le sue mani, rese maldestre dall’urgenza, provarono a sbottonargli la camicia, gliele prese tra le sue e le portò all’altezza dei suoi fianchi, poi si affrettò a togliersi l’indumento, mentre John gli sfilava i pantaloni.
Sherlock capì il motivo dell’ostinazione di John per la vacanza cogliendo l’espressione estasiata con la quale lo contemplava, privo di camicia e di pantaloni, i suoi occhi chiari che percorrevano il suo corpo, dalla bocca al collo al petto… «John, vista l’insistenza con la quale mi fissi le mutande, comprendo perché ci tenevi tanto a portarmi in una lontana spiaggia italiana!»
John arrossì, consapevole dell’esatta analisi di Sherlock, e gli chiuse la bocca con un bacio per evitare che continuasse a parlare.
Ed effettivamente nessuno dei due parlò più per un po’, impegnati com’erano a baciarsi e toccarsi e accarezzarsi, e gli unici suoni che riempirono il silenzio della stanza furono i loro sospiri e i loro gemiti.


***


«Natale. Organizzerò una vacanza per Natale» decretò John, facendosi più vicino a Sherlock e abbracciandolo, contento per la decisione. Decisamente il sesso lo ispirava nella pianificazione delle vacanze. Sperò di non avere mai bisogno di un’agenzia viaggi, per evitare di dare spettacolo in pubblico: se solo la foto di Sherlock con uno strano cappello[5] finiva in prima pagina, i giornalisti sarebbero andati a nozze con una che li ritraeva in attività disdicevoli.[6]
«Meglio non prenotare con così tanto anticipo, in modo da poter controllare le previsioni meteorologiche.»
John guardò Sherlock uscire, ridendo, dalla propria stanza – nudo, una costante provocazione, e sapeva di esserlo, si divertiva a vedere il rossore che le sue parole e le sue azioni provocavano sulla pelle di John – e pensò che il qualcuno di Sherlock in quel lassù indefinito lo amasse. E, pensando ai suoi sentimenti per lui, alla tenerezza e al desiderio che gli ispirava, si chiese come fosse possibile non amarlo.







[1] Questa frase è ispirata e rivisitata da un corollario della Legge di Murphy.

[2] Heathrow Airport è uno degli aeroporti di Londra più vicini a Baker Street.

[3] Se gli umani non si esercitano in continuazione a parlare, il loro cervello rischia di mettersi a funzionare è una citazione del romanzo Ristorante al termine dell’universo di Douglas Adams.

[4] John è sempre affascinato dai ragionamenti che Sherlock illustra: ad esempio, definisce incredibile e straordinario il ragionamento che ha portato il detective a conoscerlo tramite solo un’occhiata e che viene spiegato in taxi e dopo è straordinario il ragionamento sulla ‘donna in rosa’ (primo episodio, prima serie).

[5] La foto di Sherlock con uno strano cappello è ovviamente quella che vediamo in The Reichenbach Fall, in cui Sherlock indossa il deerstalker per nascondersi dai giornalisti.

[6] Questa frase è totalmente LOL, ma non ho saputo rinunciare all’inserire un’immagine così divertente, solo immaginarla mi fa ridere!

   
 
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