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Autore: Cassie chan    31/01/2007    18 recensioni
Tra la nostra anima e il nostro corpo ci sono tante piccole finestre ed è da lì che passano le emozioni. Se sono aperte, passano completamente, se sono socchiuse filtrano appena; solo l’amore può spalancarle tutte assieme e di colpo, come una raffica di vento. (Susanna Tamaro)… le finestre del cuore di Draco Lucius Malfoy sono spalancate da anni, ma lui nemmeno se ne accorge. Peccato che il vento sia estremamente molesto e maleducato; non chiede mai a nessuno il permesso di entrare… e, in questo senso, Hermione Granger è sempre stata tale… non ha mai chiesto il suo permesso per entrare…
Genere: Romantico, Malinconico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Coppie: Draco/Hermione
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Epilogo

Epilogo

 

“Finalmente…”. Il sibilo di Voldemort si smarrisce nel vento. Nessuno sente la sua esclamazione.

Anche il Signore Oscuro consente a sé stesso gesti proibiti di vacillamento, a patto che si perdano nel vento.

I Mangiamorte rilassano le spalle, sollevati. Due di loro, fendendo la bufera di neve, si avvicinano al loro Signore.

Barty Crouch Junior dà un calcio schifato al fianco del giovane uomo biondo esanime, steso per terra. Il volto reso bianco reca la traccia di un minuscolo sorriso.

“Che cazzo ti ridi, bastardo?!” ride sguaiato Barty, prendendo a calci il viso dell’uomo morto.

I Mangiamorte ridono ad alta voce, poi iniziano lentamente a ritornare nel castello, al caldo. Poco importa che il suo padrone sia appena morto. Chiaramente continueranno a vivere lì.

Codaliscia striscia vicino a Voldemort, guardando disgustato il cadavere.

“Mio Signore…” lo chiama soffuso Codaliscia “Perché avete aspettato tanto?”.

Voldemort si volta irato, mormorando sferzante: “Osi esprimere dubbi sul mio agire?”.

“N-n-no…” balbetta Codaliscia, terrorizzato, poi cerca di restringere il tiro: “Mi chiedevo solo perché non l’avete fatto prima… conoscete tutta la storia da anni ormai… ed invece dopo aver tolto di mezzo Lucius, avete aspettato tanto con il ragazzo… perché?”.

“Avevo i miei motivi, Codaliscia…” risponde Voldemort, tracotante, la veste nera che si agita nel vento.

Poi prosegue: “Lucius era inutile. Esattamente come la moglie. Non mi servivano ed appena è venuta fuori la cosa, li ho fatti fuori. Non me la sentivo di rischiare. Ma Draco era ancora utile… doveva rimanere in vita… e ti dirò, se oggi non avesse cercato di liberare la Granger, lo avrei tenuto in vita per altri due - tre anni, il tempo di finire di costruire Dark Hell Manor… ci serviva il suo castello, no?”.

Barty e Codaliscia ridono. Barty si avvicina, osservando ancora il cadavere che ha ripetutamente sfregiato.

“Almeno adesso potrò smettere di controllare tutte le donne che uscivano dalla stanza di questo fottuto bastardo…” commenta volgare, ridendo sardonicamente “Ogni volta era una rogna vedere se erano incinte o meno…”.

“Ora capisco…” mormora Codaliscia con un battito di mano “Per questo avete reso sterile la Parkinson, mio Signore… per impedirle di avere figli da Malfoy…”.

“Codaliscia sei in ritardo di anni, ma meglio tardi che mai…” annota Voldemort tra sé e sé, poi ride scomposto: “Adesso che è morto l’ultimo dei Malfoy, anche l’ultima profezia è caduta… queste profezie… smontata una, le smonti tutte…”.

“L’unica persona che poteva porre fine alla vostra grandezza era l’ultimo dei Black e dei Malfoy…” ride anche Barty “Con la morte di Draco, che non ha avuto figli, il vostro Regno sarà eterno!”.

Non è vero.

Tutti ridono e festeggiano, alzando cupe scintille nere nel cielo bianco di neve. Un Marchio nero splende sinistro sul corpo dell’ultimo Malfoy. Intanto, Theodore Nott viene attirato da un’ombra scura nella neve fresca. Si allontana.

Dopo qualche secondo, ritorna con la seconda gradita sorpresa della giornata.

 

 

Lontano, miglia e miglia più in là.

Una grotta buia in una montagna rosa da frane e smottamenti. La pioggia cade senza sosta, fango sulle vesti e sulle mani.

Una bimba dorme, sogna il primo capitolo della storia dei Malfoy. Sogna, ignara del suo destino. Sogna, la nuova prescelta, l’ultima prescelta, l’ultima dei Black e dei Malfoy.

Sorride.

Accanto a lei, un uomo e una donna.

Per ora, con lei condividono solo i capelli. Neri come la notte.

Anche se lei è bionda, quello è un primo passo.

Un primo passo verso la vittoria, un primo passo verso Naike.

“Sarà nostra figlia…” mormora Blaise Zabini.

“Lo so… alla fine Draco ci fa fare sempre quello che vuole…”. Pansy Parkinson si stringe all’uomo, la testa di Naike sulle sue gambe.

E alla fine riescono a sorridere anche loro.

 

Le palpebre sono assurdamente pesanti, sembrano d’acciaio e non riesco ad aprirle. Ogni maledetta cellula del mio corpo mi fa un male boia, comprese quelle dei capelli. Stringo forte gli occhi, le pupille si restringono, dietro le palpebre chiuse una luce bianca accecante mi ferisce gli occhi. Ma che diamine è? mi chiedo nel tepore del dormiveglia.

Cerco di riaddormentarmi, rispondendomi velocemente che sarà il sole.

Il sole?!

Mi tiro bruscamente a sedere dalla posizione supina, in cui mi trovavo, e mi guardo attorno sconcertato. Sono steso in un letto, mi sembra familiare… sussulto… il letto di Hogwarts. Riconosco immediatamente le lenzuola odorose di gelsomini, un profumo che non ho più ritrovato, sebbene lo cercassi da ogni parte. Riconosco anche il copriletto verde-argento, tipico della mia Casa; ci sono persino le lampade verdognole agli angoli di pietra della stanza. L’unica cosa diversa è la luce del sole. La stanza è la mia, ma quella di Hogwarts era nei sotterranei. Era impossibile vedere il sole. E poi, che io mi ricordi, la luce del sole non la vede nessuno da anni.

Mi stendo di nuovo sul letto, lentamente i ricordi ritornano a galla.

Avada Kedavra!

Sollevo la mano verso l’alto, non me la ricordavo così piccola…

 “Ti sei svegliato finalmente, Malfoy…” una voce conosciuta mi fa sobbalzare.

Mi volto verso l’ingresso e vedo fermo sulla soglia… oh mio Dio… un diciassettenne Potter mi guarda con aria di sufficienza.

Una goccia di sudore freddo mi scende lungo il collo. D’accordo, sono impazzito…

“Ce ne hai messo di tempo a svegliarti…” mormora lui, avvicinandosi al mio letto con le braccia incrociate.

Lo squadro con attenzione, è esattamente identico al Potter del settimo anno. I capelli sono sempre neri e spettinati, gli occhi verde brillante sono sempre nascosti dalle spesse lenti, c’è persino la famosa cicatrice a saetta.

“Tu invece sei più piccolo di quello che mi aspettassi…” dice, ridendo tra sé e sé.

“Più piccolo?!” chiedo sconcertato, ma la mia domanda si blocca in gola. La mia voce… è quella di un bambino… difficile non rendersene conto… se questa è sempre la mia stanza, di fronte a me, ci dovrebbe essere lo scrittoio e uno specchio.

Mi sollevo leggermente ed intravedo il mio riflesso nello specchio.

Non ho la voce di un bambino, sono un bambino. Undici anni più o meno. Il pigiama è persino quello azzurro con i boccini che mi regalò mia zia Elladora per il mio decimo compleanno, sono mingherlino e pallido come allora, e persino i capelli biondi sono appiattiti sul capo con la gelatina, come mi piaceva a quell’età.

La morte è proprio strana… certo che mi aspettavo di tutto tranne che essere di nuovo un moccioso…

“All’inizio, anche a me ha fatto uno strano effetto… ed avevo quindici anni…” commenta Potter, poi sogghigna tra sé e sé. Riesco a cogliere solamente le parole: “… undici anni…”.

Mi alzo dal letto, barcollando come se avessi la febbre.

“Potter… se davvero sei Potter… si può sapere che diavolo è successo?!” chiedo nervoso, stringendo i pugni ed agitandoli vicino alle sue ginocchia. Non mi ricordavo così minuscolo.

Potter sospira tra sé e sé e risponde: “Certo che sono io, furetto… siccome ti conosco, hanno detto a me di venirti a chiamare… hai la prima lezione tra poco… muoviti… Piton ti aspetta…”.

Sto decisamente perdendo la pazienza. Che diamine di lezione?!! E Piton è morto! E pure Potter! Ma, ora che ci penso, sono morto anche io…

“Se ci sei tu, questo deve essere l’inferno…” ribatto caustico.

“Non è l’inferno, idiota… e comunque tra poco io me ne vado di qui… è l’ultimo anno…” risponde lui, guardando verso l’alto.

Non ci sto capendo niente.

“Se è il paradiso, è una bella cantonata…” borbotto.

“Non è nemmeno il paradiso… presuntuoso come sempre, Malfoy… pensavi di meritartelo?” replica Potter acido.

Abbasso il capo, alla rabbia si sostituisce un vago senso di vergogna. Ma immediatamente mi riprendo: Potter era il prescelto ed è esattamente dove sono io, quindi…

“E’ una via di mezzo…” risponde alla fine Potter, appoggiandosi con una spalla alla colonna del letto a baldacchino “Un luogo che ti permetterà di arrivare nel luogo che vorresti…”.

Non rispondo, distogliendo lo sguardo da lui per puntarlo di nuovo alla stanza sconosciuta. Potter si stacca dal mio letto e mormora qualcosa a labbra strette. Agita la mano e in un bagliore opalino, compare davanti a me uno specchio dall’aspetto vecchio e consumato, e dalla cornice intarsiata d’argento.

“Bè, che c’è?” mormoro a Potter, guardando lo specchio con aria scettica.

“Dio, Malfoy… mi ero dimenticato quanto sei imbecille…” sbuffa Potter, indicando poi la superficie di vetro “Guarda dentro… c’è il luogo dove vuoi andare…”.

Controvoglia, mi avvicino allo specchio in cui nulla sembra visibile a causa della luce riflessa del sole.

Poi la mia gola si chiude.

Poggio una mano sul vetro freddo, gelido come il vetro della mia finestra a Malfoy Manor. Dall’altra parte, una mano sottile si appoggia alla mia, superandola in grandezza.

“Granger…” mormoro, gli occhi che pizzicano. Oltre alle lacrime che cerco di trattenere, Hermione è talmente luminosa da farmi bruciare gli occhi. Lei sorride e dice qualcosa, ma non riesco a sentire la sua voce. Piange e ride Hermione, ed è bellissima. Bella oltre ogni ragionevole misura, oltre ogni razionale logica, oltre ogni logica fantasia. Veste di bianco, i capelli risplendono e gli occhi scintillano di stelle d’oro.

“P- perché?” balbetto, rivolto a Potter, la mano ancora sul vetro, oltre il quale Hermione la tiene ancora appoggiata. Continua a dirmi qualcosa che non riesco a sentire.

“Non lo chiedere a me…” sorride Potter, guardando il riflesso della sua migliore amica “Quella ragazza ha fatto sempre delle scelte discutibili… Malfoy… Draco… è morta lo stesso giorno, in cui sei morto tu…”.

“NO!” mi ritrovo ad urlare, staccando la mia mano dal vetro.

“Persino prima di te… anche se di dieci secondi …” continua Potter, gettando un’occhiata al riflesso che ha smesso di parlare, silenziosa per le nostre orecchie, e che, sorridente, si stringe nelle spalle.

“Come?” chiedo, guardandola di nuovo.

“Ha lanciato un incantesimo al portale, affinché sparisse… si è nascosta dietro l’albero di tua madre…” spiega Potter, entrambi guardiamo Hermione, lui risponde sorridente al sorriso di lei, io la guardo ancora turbato e sconvolto “Quando i Mangiamorte hanno reagito al tuo attacco a Voldemort, lei è uscita allo scoperto, protetta dal vecchio mantello di mio padre. È stata colpita per caso da un anatema, mentre si avvicinava a te. E, subito dopo, hanno ucciso anche te…”.

Ora ricordo. Le parole che mi aveva detto, salutandomi, e che io non avevo udito; lo scalpiccio di passi alle mie spalle e poi il tonfo. Era… lei.

“Non doveva morire per me…” mormoro, abbassando il capo. Le lacrime adesso bagnano silenziose il mio viso.

“Lo penso anch’io…” risponde sinceramente Potter, guardandola “Ma lei è fatta così… la conosci… e se la conosco bene come penso, ti sta già aspettando… faresti bene ad andare a lezione, altrimenti non la raggiungerai mai…”.

Sorrido, il sapore salato delle lacrime in bocca, mentre poggio la mano di nuovo sulla sua che continuava ad aspettarmi, instancabile come sempre. Le sussurro a labbra strette: “Aspettami”, sperando che lei mi capisca.

Hermione annuisce, sorridendo ancora, e le sue labbra sillabano: “Ti amo”.

Annuisco, asciugandomi le lacrime con la manica del pigiama. La sua mano si stacca dal vetro, mentre lei si fa di lato per permettermi di vedere cosa c’è alle sue spalle. Non ce ne era bisogno, amore mio.

Se davvero è il mio paradiso, il nostro paradiso, so perfettamente cosa c’è alle sue spalle.

La vista di Malfoy Manor, lucente nei suoi torrioni antichi e splendente nella luce del sole, mi toglie il fiato. Vedo montagne smeraldine e prati di fiori da colori che non credo di aver mai visto. Piango ancora e non riesco a farne a meno. Ed è bellissimo.

Hermione sorride sulla scala d’ingresso, poi agita la mano, sillabando: “Ti aspetto…”, e alla fine sparisce.

Lo specchio mi restituisce solo il mio riflesso infantile.

“Il suo ultimo sacrificio l’ha fatta arrivare direttamente lì…” mormora Potter commosso “E il tuo ti ha permesso di essere qui… tra poco, l’andrò a raggiungere anch’io…”.

Sorrido ironico e mormoro, le lacrime che si asciugano sulle mie guance: “Avvicinati alla mia donna, Potter, e ti ammazzo… di nuovo…”.

Potter ride tra sé e sé: “Adesso sarà meglio che ti vesta…”.

Ad un tratto, mi ricordo di una cosa e fermo Potter sull’uscio.

“Che altro c’è?!” chiede lui, nervoso “Sono in ritardo, la McGranitt mi mette una nota!”.

“E Blaise e Pansy?” chiedo spaventato “E Naike?”.

Potter sorride ancora, fa ricomparire lo specchio e mormora: “Zabini e Parkinson saranno i migliori genitori del mondo per tua figlia… in quanto a Naike… è confortante vedere un prescelto che non sono io… con l’aggravante di un ben diverso risultato…”.

Lo specchio si illumina ancora e stavolta riesco subito a distinguere le sagome al suo interno. La luce è pressoché scomparsa, anzi la scena che vedo è al buio, se non per una piccola luminescenza perlacea.

“Accadrà tra dieci anni…” sussurra Potter alle mie spalle.

Riconosco immediatamente il salotto del Malfoy Manor, esattamente come l’ho visto l’ultima volta che ci sono stato. Le tende rosso cupo sono tirate, il caminetto è acceso, i mobili di legno pregiato non ci sono più, ad eccezione della poltrona di mio padre che adesso fungeva da trono o pseudotale per Voldemort. La stanza è piena di gente, viva e… morta.

Cadaveri giacciono a terra in pozze di sangue nero, riconosco molti Mangiamorte e qualche Auror che conosco di vista.

Tutto sembra sospeso in un momento di stasi, le bacchette tacciono, gli incantesimi sono bloccati. Si odono solo i gemiti dei feriti.

Al centro della stanza, distinguo a malapena due figure, una stesa per terra, l’altra in piedi. La seconda indossa un mantello bianchissimo e lucente con cappuccio. All’improvviso, l’ombra per terra urla qualcosa e la seconda figura per il contraccolpo dell’incantesimo scagliatole contro, fa un passo indietro. Il cappuccio cade dalla sua testa, rivelando una cascata di boccoli biondissimi.

“Naike…” mormoro, appoggiandomi stancamente allo specchio.

Mia figlia, chiaramente, non mi sente. Si porta una mano al viso dove scintilla un taglio poco profondo; asciuga il sangue e, così facendo, rende visibile l’anello che io le ho dato e che porta all’anulare destro.

I suoi occhi socchiusi si aprono, rivelandosi chiari come me li ricordo.

Senza nemmeno un gemito di dolore o fastidio, punta sicura la bacchetta contro la misteriosa figura ai suoi piedi. Lo spostamento del suo mantello luminoso la rende visibile.

Boccheggio. Voldemort è steso per terra, il capo calvo scoperto, il sudore che gli imperla la pelle biancastra. Gli occhi rossi saettano inquieti nella stanza, trovando solo gli Auror che Naike deve essersi portata con sé.

“Che vuoi fare, puttanella?” le chiede arrogante, guardandola dal basso verso l’alto.

Naike sorride freddamente: “Mi sembra ovvio… che vuoi farci? Le profezie sono veramente noiose… non si riesce mai a venirne fuori…”.

Voldemort ride: “Non sei una Malfoy… l’ultimo è morto dieci anni fa… non puoi farmi nulla… non ne hai il potere, la profezia parlava dell’ultimo dei Black e dei Malfoy… solo quello avrebbe avuto il potere di uccidermi…”.

Naike inarca un sopracciglio, come faceva sempre Hermione.

“E pensare che mi hai avuto anche sottomano per un’intera notte… quando avevo dieci anni, mi hai persino catturata…”.

Voldemort spalanca gli occhi. È la prima volta che lo vedo autenticamente terrorizzato.

“La mocciosa di quella volta!” balbetta spaventato.

“Esatto” replica crudele Naike “La stessa a cui hai ammazzato nella stessa giornata il padre e la madre…”.

La bacchetta preme più forte sul collo di Voldemort.

“Com’è possibile?” si chiede ancora Voldemort, tremando “Credevo che Malfoy e la Mezzosangue non avessero fatto in tempo a…”.

“Errore di valutazione” replica sbrigativa lei “Adesso è l’ora che faccia quello per cui sono nata… sai che mi dicevano sempre i miei genitori, mentre mi allenavano? Intendo, Blaise Zabini e Pansy Parkinson, ovviamente. Che non posso fallire, perché già mia madre me l’ha imposto chiamandomi così… Naike significa vittoria…”.

“Non sei la prescelta, l’ultimo prescelto era Potter!” grida disperato Voldemort, cercando di sfuggire alla presa di Naike.

“Non credere che sia perché una stupida profezia mi ha designato come tale…” sussurra lei, gli occhi grigi scintillano per un attimo, prima di tornare torbidi come prima “Le faccio io stessa le profezie e so benissimo quanto siano inaffidabili… vedere Harry Potter per credere… no, Riddle. Ti ammazzerò per un solo motivo. Uno ed uno soltanto. Gli altri ne trovino i loro… ma io…”, la bacchetta trema per un attimo, prima di tornare ferma.

“Ti ammazzerò perché mi hai impedito di avere nostalgia di mio padre…”.

Trasalgo, sentendo quello che ha detto.

Mormora qualche parola e, un attimo dopo, Voldemort smette per sempre di vivere.

Mia figlia sposta tutti i capelli su una sola spalla, chiude gli occhi sospirando mentre gli Auror scoppiano di gioia, tenendo i Mangiamorte catturati. Naike sorride a tutti, stanca e ferita, si stringe la mano destra, dove porta l’anello. Lo guarda e piange, piegata su di esso.

Bambina mia…

Poi si allontana degli altri, fendendo la folla in due ali festanti. Potter mi consente di seguirla con lo sguardo.

Attraversa le stanze dove tutti i Malfoy sono vissuti, le osserva con malcelata curiosità, sfiora con le dita insanguinate i quadri preziosi, accarezza i mobili rari. Arriva all’ingresso e spalanca il pesante portone, pronunciando un “Alohomora” a bassa voce.

Esce all’esterno.

Le voci allegre restano alle sue spalle, rese mute dal grave portone di pietra che si è richiuso.

C’è vento. Spazza la foresta e i prati, trasportando odori lontani.

Il cielo è grigio.

Come sempre.

Solleva lo sguardo, guarda le pesanti nuvole con aria corrucciata.

Alza la mano destra che si illumina di un bagliore celeste. Piccole scintille si staccano dalla sua mano, giocano con le sue dita, sfiorano il mio anello. Poi arrivano alle nuvole.

Sorride Naike, il mantello candido che si agita nel vento.

Le scintille creano una macchia celeste nel cielo.

Lentamente si espande, prima piano, poi sempre più veloce, fendendo l’orizzonte e il limite descritto dalle montagne.

Il cielo è tornato azzurro. Oro puro, balugina sulle sue spalle, nuovamente illuminato dal sole.

Torna a vedersi anche un piccolo spicchio di luna, dietro il castello, pallido per la luce del nuovo giorno che inizia.

I petali di fiori si sollevano, circondando la sua esile figura nel vento dell’estate.

Sole… gli occhi di tua madre…

Luna… i miei…

E, alla fine, tu… vento… siamo tutti e tre assieme.

Vivremo assieme. Per sempre, assieme.

Naike chiude gli occhi, il vento che le scompiglia i capelli chiari.

Resta immobile così.

Tremano leggermente le sue mani abbandonate lungo i fianchi.

So che cosa vedi, Naike.

Il paradiso di tua madre… orgogliosa, apre gli occhi e guarda attorno a sé.

Felice che il luogo più bello del mondo sia un po’simile a quello che ha creato lei.

Chiude ancora gli occhi.

E vedi me, vedi dove sono.

Felice, apre di nuovo gli occhi.

È felice, adesso. Felice, davvero.

Fa qualche passo. In direzione di un albero noto.

Dopo averlo raggiunto, si siede alle sue pendici. Fa passare la sua mano sull’erba fresca. Stringe i denti per una fitta di dolore al fianco.

Dove la sua mano è passata, è comparsa una piccola lastra di marmo.

Recita: “Il vostro amore sarà come il vento… anche se non potrò vederlo, continuerò sempre a sentirlo. Esattamente come accadeva per voi due da tutta una vita… Naike…”.

Si solleva, toglie alcuni fili d’erba dal mantello e fa qualche passo.

Si ferma.

Ed ascolta il vento.

 

“Potter, quand’è che cominciano le mie lezioni?”.

 

 

 

Siamo chiari! Io, di solito, non mi commuovo scrivendo le mie storie. Cerco sempre di darmi un contegno perché altrimenti non riuscirei a scrivere di determinate cose, considerando che mi affezionerei troppo ai personaggi e pur di non farli capitare qualcosa, stravolgerei tutta la storia. Ma stavolta… ve lo giuro… mi sono commossa davvero, da sola poi! Ma sarò normale? Avevo deciso dall’inizio di far morire sia Draco che Hermione, ma Naike è nata molto dopo, mentre scrivevo la storia stessa, quasi come se reclamasse un’esistenza! Un solo chiarimento: non ho nominato precisamente il luogo dove si trova Draco, ma sarebbe una specie di purgatorio. Nella mia mente malata, l’ho immaginato simile alla scuola di Hogwarts, quindi le loro lezioni o pseudotali, sarebbero dei mezzi di espiazione. Draco torna all’età di undici anni perché ha molti anni di pentimento da scontare, mentre Harry l’ho fatto di 17 anni perché è lì da molti più anni di Draco, quindi ha finito quasi la sua opera di pentimento! A volte, sono veramente contorta… me ne stupisco da sola! Che dire ancora? Questa storia è stata una specie di parto ed averla terminata per me rappresenta un enorme risultato, considerando che l’ho scritta talmente di getto da meravigliarmene io stessa! Ci tengo tantissimo, come una piccola creatura, specie per questo ultimo capitolo, quindi ogni sorta di commento sarebbe gradito! Un mega ringraziamento a tutti coloro che hanno recensito questa storia o che hanno solamente letto! Grazie davvero tanto!!!! Spero che ci siate ancora per questo capitolo! Non so se scriverò ancora una Draco/ Herm, sicuramente se lo facessi, sarebbe una storia molto più allegra! Questa mi è costata lacrime e sudore nel vero senso del termine! Grazie ancora, Cassie!

 

 

 

 

 

 

 

 

 

   
 
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