Epilogo
“Finalmente…”. Il
sibilo di Voldemort si smarrisce nel vento. Nessuno sente la sua esclamazione.
Anche il Signore
Oscuro consente a sé stesso gesti proibiti di vacillamento, a patto che si
perdano nel vento.
I Mangiamorte
rilassano le spalle, sollevati. Due di loro, fendendo la bufera di neve, si
avvicinano al loro Signore.
Barty Crouch Junior
dà un calcio schifato al fianco del giovane uomo biondo esanime, steso per
terra. Il volto reso bianco reca la traccia di un minuscolo sorriso.
“Che cazzo ti ridi,
bastardo?!” ride sguaiato Barty, prendendo a calci il viso dell’uomo morto.
I Mangiamorte ridono
ad alta voce, poi iniziano lentamente a ritornare nel castello, al caldo. Poco
importa che il suo padrone sia appena morto. Chiaramente continueranno a vivere
lì.
Codaliscia striscia
vicino a Voldemort, guardando disgustato il cadavere.
“Mio Signore…” lo
chiama soffuso Codaliscia “Perché avete aspettato tanto?”.
Voldemort si volta
irato, mormorando sferzante: “Osi esprimere dubbi sul mio agire?”.
“N-n-no…” balbetta
Codaliscia, terrorizzato, poi cerca di restringere il tiro: “Mi chiedevo solo
perché non l’avete fatto prima… conoscete tutta la storia da anni ormai… ed
invece dopo aver tolto di mezzo Lucius, avete aspettato tanto con il ragazzo…
perché?”.
“Avevo i miei
motivi, Codaliscia…” risponde Voldemort, tracotante, la veste nera che si agita
nel vento.
Poi prosegue:
“Lucius era inutile. Esattamente come la moglie. Non mi servivano ed appena è
venuta fuori la cosa, li ho fatti fuori. Non me la sentivo di rischiare. Ma
Draco era ancora utile… doveva rimanere in vita… e ti dirò, se oggi non avesse
cercato di liberare la Granger, lo avrei tenuto in vita per altri due - tre
anni, il tempo di finire di costruire Dark Hell Manor… ci serviva il suo
castello, no?”.
Barty e Codaliscia
ridono. Barty si avvicina, osservando ancora il cadavere che ha ripetutamente
sfregiato.
“Almeno adesso potrò
smettere di controllare tutte le donne che uscivano dalla stanza di questo
fottuto bastardo…” commenta volgare, ridendo sardonicamente “Ogni volta era una
rogna vedere se erano incinte o meno…”.
“Ora capisco…”
mormora Codaliscia con un battito di mano “Per questo avete reso sterile la
Parkinson, mio Signore… per impedirle di avere figli da Malfoy…”.
“Codaliscia sei in
ritardo di anni, ma meglio tardi che mai…” annota Voldemort tra sé e sé, poi
ride scomposto: “Adesso che è morto l’ultimo dei Malfoy, anche l’ultima profezia
è caduta… queste profezie… smontata una, le smonti tutte…”.
“L’unica persona che
poteva porre fine alla vostra grandezza era l’ultimo dei Black e dei Malfoy…”
ride anche Barty “Con la morte di Draco, che non ha avuto figli, il vostro
Regno sarà eterno!”.
Non è vero.
Tutti ridono e
festeggiano, alzando cupe scintille nere nel cielo bianco di neve. Un Marchio
nero splende sinistro sul corpo dell’ultimo Malfoy. Intanto, Theodore Nott
viene attirato da un’ombra scura nella neve fresca. Si allontana.
Dopo qualche
secondo, ritorna con la seconda gradita sorpresa della giornata.
Lontano, miglia e
miglia più in là.
Una grotta buia in
una montagna rosa da frane e smottamenti. La pioggia cade senza sosta, fango
sulle vesti e sulle mani.
Una bimba dorme,
sogna il primo capitolo della storia dei Malfoy. Sogna, ignara del suo destino.
Sogna, la nuova prescelta, l’ultima prescelta, l’ultima dei Black e dei Malfoy.
Sorride.
Accanto a lei, un
uomo e una donna.
Per ora, con lei
condividono solo i capelli. Neri come la notte.
Anche se lei è
bionda, quello è un primo passo.
Un primo passo verso
la vittoria, un primo passo verso Naike.
“Sarà nostra
figlia…” mormora Blaise Zabini.
“Lo so… alla fine
Draco ci fa fare sempre quello che vuole…”. Pansy Parkinson si stringe all’uomo,
la testa di Naike sulle sue gambe.
E alla fine riescono
a sorridere anche loro.
Le palpebre sono
assurdamente pesanti, sembrano d’acciaio e non riesco ad aprirle. Ogni
maledetta cellula del mio corpo mi fa un male boia, comprese quelle dei
capelli. Stringo forte gli occhi, le pupille si restringono, dietro le palpebre
chiuse una luce bianca accecante mi ferisce gli occhi. Ma che diamine è? mi chiedo nel tepore del dormiveglia.
Cerco di
riaddormentarmi, rispondendomi velocemente che sarà il sole.
Il sole?!
Mi tiro
bruscamente a sedere dalla posizione supina, in cui mi trovavo, e mi guardo
attorno sconcertato. Sono steso in un letto, mi sembra familiare… sussulto… il letto di Hogwarts. Riconosco immediatamente le lenzuola odorose di
gelsomini, un profumo che non ho più ritrovato, sebbene lo cercassi da ogni
parte. Riconosco anche il copriletto verde-argento, tipico della mia Casa; ci
sono persino le lampade verdognole agli angoli di pietra della stanza. L’unica
cosa diversa è la luce del sole. La stanza è la mia, ma quella di Hogwarts era
nei sotterranei. Era impossibile vedere il sole. E poi, che io mi ricordi, la
luce del sole non la vede nessuno da anni.
Mi stendo di
nuovo sul letto, lentamente i ricordi ritornano a galla.
Avada Kedavra!
Sollevo la mano
verso l’alto, non me la ricordavo così piccola…
“Ti sei svegliato finalmente, Malfoy…” una
voce conosciuta mi fa sobbalzare.
Mi volto verso
l’ingresso e vedo fermo sulla soglia… oh mio Dio… un
diciassettenne Potter mi guarda con aria di sufficienza.
Una goccia di
sudore freddo mi scende lungo il collo. D’accordo, sono impazzito…
“Ce ne hai messo
di tempo a svegliarti…” mormora lui, avvicinandosi al mio letto con le braccia
incrociate.
Lo squadro con
attenzione, è esattamente identico al Potter del settimo anno. I capelli sono
sempre neri e spettinati, gli occhi verde brillante sono sempre nascosti dalle
spesse lenti, c’è persino la famosa cicatrice a saetta.
“Tu invece sei
più piccolo di quello che mi aspettassi…” dice, ridendo tra sé e sé.
“Più piccolo?!”
chiedo sconcertato, ma la mia domanda si blocca in gola. La mia voce… è quella di un bambino… difficile non rendersene conto… se questa è
sempre la mia stanza, di fronte a me, ci dovrebbe essere lo scrittoio e uno
specchio.
Mi sollevo
leggermente ed intravedo il mio riflesso nello specchio.
Non ho la voce di
un bambino, sono un bambino. Undici anni più o meno. Il
pigiama è persino quello azzurro con i boccini che mi regalò mia zia Elladora
per il mio decimo compleanno, sono mingherlino e pallido come allora, e persino
i capelli biondi sono appiattiti sul capo con la gelatina, come mi piaceva a
quell’età.
La morte è proprio
strana… certo che mi aspettavo di tutto tranne che essere di nuovo un moccioso…
“All’inizio,
anche a me ha fatto uno strano effetto… ed avevo quindici anni…” commenta
Potter, poi sogghigna tra sé e sé. Riesco a cogliere solamente le parole: “…
undici anni…”.
Mi alzo dal
letto, barcollando come se avessi la febbre.
“Potter… se
davvero sei Potter… si può sapere che diavolo è successo?!” chiedo nervoso,
stringendo i pugni ed agitandoli vicino alle sue ginocchia. Non mi ricordavo
così minuscolo.
Potter sospira
tra sé e sé e risponde: “Certo che sono io, furetto… siccome ti
conosco, hanno detto a me di venirti a chiamare… hai la prima lezione tra poco…
muoviti… Piton ti aspetta…”.
Sto decisamente
perdendo la pazienza. Che diamine di lezione?!! E Piton è morto! E pure Potter!
Ma, ora che ci penso, sono morto anche io…
“Se ci sei tu,
questo deve essere l’inferno…” ribatto caustico.
“Non è l’inferno,
idiota… e comunque tra poco io me ne vado di qui… è l’ultimo anno…” risponde
lui, guardando verso l’alto.
Non ci sto
capendo niente.
“Se è il
paradiso, è una bella cantonata…” borbotto.
“Non è nemmeno il
paradiso… presuntuoso come sempre, Malfoy… pensavi di meritartelo?” replica
Potter acido.
Abbasso il capo,
alla rabbia si sostituisce un vago senso di vergogna. Ma immediatamente mi
riprendo: Potter era il prescelto ed è esattamente dove sono io, quindi…
“E’ una via di
mezzo…” risponde alla fine Potter, appoggiandosi con una spalla alla colonna
del letto a baldacchino “Un luogo che ti permetterà di arrivare nel luogo che vorresti…”.
Non rispondo,
distogliendo lo sguardo da lui per puntarlo di nuovo alla stanza sconosciuta.
Potter si stacca dal mio letto e mormora qualcosa a labbra strette. Agita la
mano e in un bagliore opalino, compare davanti a me uno specchio dall’aspetto
vecchio e consumato, e dalla cornice intarsiata d’argento.
“Bè, che c’è?”
mormoro a Potter, guardando lo specchio con aria scettica.
“Dio, Malfoy… mi
ero dimenticato quanto sei imbecille…” sbuffa Potter, indicando poi la
superficie di vetro “Guarda dentro… c’è il luogo dove vuoi andare…”.
Controvoglia, mi
avvicino allo specchio in cui nulla sembra visibile a causa della luce riflessa
del sole.
Poi la mia gola
si chiude.
Poggio una mano
sul vetro freddo, gelido come il vetro della mia finestra a Malfoy Manor.
Dall’altra parte, una mano sottile si appoggia alla mia, superandola in
grandezza.
“Granger…”
mormoro, gli occhi che pizzicano. Oltre alle lacrime che cerco di trattenere,
Hermione è talmente luminosa da farmi bruciare gli occhi. Lei sorride e dice
qualcosa, ma non riesco a sentire la sua voce. Piange e ride Hermione, ed è
bellissima. Bella oltre ogni ragionevole misura, oltre ogni razionale logica,
oltre ogni logica fantasia. Veste di bianco, i capelli risplendono e gli occhi
scintillano di stelle d’oro.
“P- perché?”
balbetto, rivolto a Potter, la mano ancora sul vetro, oltre il quale Hermione
la tiene ancora appoggiata. Continua a dirmi qualcosa che non riesco a sentire.
“Non lo chiedere
a me…” sorride Potter, guardando il riflesso della sua migliore amica “Quella
ragazza ha fatto sempre delle scelte discutibili… Malfoy… Draco… è morta lo stesso giorno, in cui sei morto tu…”.
“NO!” mi ritrovo
ad urlare, staccando la mia mano dal vetro.
“Persino prima di
te… anche se di dieci secondi …” continua Potter, gettando un’occhiata al
riflesso che ha smesso di parlare, silenziosa per le nostre orecchie, e che,
sorridente, si stringe nelle spalle.
“Come?” chiedo,
guardandola di nuovo.
“Ha lanciato un
incantesimo al portale, affinché sparisse… si è nascosta dietro l’albero di tua
madre…” spiega Potter, entrambi guardiamo Hermione, lui risponde sorridente al
sorriso di lei, io la guardo ancora turbato e sconvolto “Quando i Mangiamorte
hanno reagito al tuo attacco a Voldemort, lei è uscita allo scoperto, protetta
dal vecchio mantello di mio padre. È stata colpita per caso da un anatema,
mentre si avvicinava a te. E, subito dopo, hanno ucciso anche te…”.
Ora ricordo. Le
parole che mi aveva detto, salutandomi, e che io non avevo udito; lo scalpiccio
di passi alle mie spalle e poi il tonfo. Era… lei.
“Non doveva
morire per me…” mormoro, abbassando il capo. Le lacrime adesso bagnano
silenziose il mio viso.
“Lo penso
anch’io…” risponde sinceramente Potter, guardandola “Ma lei è fatta così… la
conosci… e se la conosco bene come penso, ti sta già aspettando… faresti bene
ad andare a lezione, altrimenti non la raggiungerai mai…”.
Sorrido, il
sapore salato delle lacrime in bocca, mentre poggio la mano di nuovo sulla sua
che continuava ad aspettarmi, instancabile come sempre. Le sussurro a labbra
strette: “Aspettami”, sperando che lei mi capisca.
Hermione
annuisce, sorridendo ancora, e le sue labbra sillabano: “Ti amo”.
Annuisco,
asciugandomi le lacrime con la manica del pigiama. La sua mano si stacca dal
vetro, mentre lei si fa di lato per permettermi di vedere cosa c’è alle sue
spalle. Non ce ne era bisogno,
amore mio.
Se davvero è il mio paradiso, il nostro paradiso, so perfettamente cosa c’è alle sue
spalle.
La vista di
Malfoy Manor, lucente nei suoi torrioni antichi e splendente nella luce del
sole, mi toglie il fiato. Vedo montagne smeraldine e prati di fiori da colori
che non credo di aver mai visto. Piango ancora e non riesco a farne a meno. Ed
è bellissimo.
Hermione sorride
sulla scala d’ingresso, poi agita la mano, sillabando: “Ti aspetto…”, e alla
fine sparisce.
Lo specchio mi
restituisce solo il mio riflesso infantile.
“Il suo ultimo
sacrificio l’ha fatta arrivare direttamente lì…” mormora Potter commosso “E il
tuo ti ha permesso di essere qui… tra poco, l’andrò a raggiungere anch’io…”.
Sorrido ironico e
mormoro, le lacrime che si asciugano sulle mie guance: “Avvicinati alla mia
donna, Potter, e ti ammazzo… di
nuovo…”.
Potter ride tra
sé e sé: “Adesso sarà meglio che ti vesta…”.
Ad un tratto, mi
ricordo di una cosa e fermo Potter sull’uscio.
“Che altro c’è?!”
chiede lui, nervoso “Sono in ritardo, la McGranitt mi mette una nota!”.
“E Blaise e Pansy?”
chiedo spaventato “E Naike?”.
Potter sorride
ancora, fa ricomparire lo specchio e mormora: “Zabini e Parkinson saranno i
migliori genitori del mondo per tua figlia… in quanto a Naike… è confortante
vedere un prescelto che non sono io… con l’aggravante di un ben diverso
risultato…”.
Lo specchio si
illumina ancora e stavolta riesco subito a distinguere le sagome al suo
interno. La luce è pressoché scomparsa, anzi la scena che vedo è al buio, se
non per una piccola luminescenza perlacea.
“Accadrà tra dieci
anni…” sussurra Potter alle mie spalle.
Riconosco
immediatamente il salotto del Malfoy Manor, esattamente come l’ho visto
l’ultima volta che ci sono stato. Le tende rosso cupo sono tirate, il caminetto
è acceso, i mobili di legno pregiato non ci sono più, ad eccezione della
poltrona di mio padre che adesso fungeva da trono o pseudotale per Voldemort.
La stanza è piena di gente, viva e…
morta.
Cadaveri
giacciono a terra in pozze di sangue nero, riconosco molti Mangiamorte e
qualche Auror che conosco di vista.
Tutto sembra
sospeso in un momento di stasi, le bacchette tacciono, gli incantesimi sono
bloccati. Si odono solo i gemiti dei feriti.
Al centro della
stanza, distinguo a malapena due figure, una stesa per terra, l’altra in piedi.
La seconda indossa un mantello bianchissimo e lucente con cappuccio.
All’improvviso, l’ombra per terra urla qualcosa e la seconda figura per il
contraccolpo dell’incantesimo scagliatole contro, fa un passo indietro. Il
cappuccio cade dalla sua testa, rivelando una cascata di boccoli biondissimi.
“Naike…” mormoro,
appoggiandomi stancamente allo specchio.
Mia figlia,
chiaramente, non mi sente. Si porta una mano al viso dove scintilla un taglio
poco profondo; asciuga il sangue e, così facendo, rende visibile l’anello che
io le ho dato e che porta all’anulare destro.
I suoi occhi
socchiusi si aprono, rivelandosi chiari come me li ricordo.
Senza nemmeno un
gemito di dolore o fastidio, punta sicura la bacchetta contro la misteriosa
figura ai suoi piedi. Lo spostamento del suo mantello luminoso la rende
visibile.
Boccheggio.
Voldemort è steso per terra, il capo calvo scoperto, il sudore che gli imperla
la pelle biancastra. Gli occhi rossi saettano inquieti nella stanza, trovando
solo gli Auror che Naike deve essersi portata con sé.
“Che vuoi fare,
puttanella?” le chiede arrogante, guardandola dal basso verso l’alto.
Naike sorride
freddamente: “Mi sembra ovvio… che vuoi farci? Le profezie sono veramente
noiose… non si riesce mai a venirne fuori…”.
Voldemort ride:
“Non sei una Malfoy… l’ultimo è morto dieci anni fa… non puoi farmi nulla… non
ne hai il potere, la profezia parlava dell’ultimo dei Black e dei Malfoy… solo
quello avrebbe avuto il potere di uccidermi…”.
Naike inarca un
sopracciglio, come faceva sempre Hermione.
“E pensare che mi
hai avuto anche sottomano per un’intera notte… quando avevo dieci anni, mi hai
persino catturata…”.
Voldemort
spalanca gli occhi. È la prima volta che lo vedo autenticamente terrorizzato.
“La mocciosa di
quella volta!” balbetta spaventato.
“Esatto” replica
crudele Naike “La stessa a cui hai ammazzato nella stessa giornata il padre e
la madre…”.
La bacchetta
preme più forte sul collo di Voldemort.
“Com’è
possibile?” si chiede ancora Voldemort, tremando “Credevo che Malfoy e la
Mezzosangue non avessero fatto in tempo a…”.
“Errore di
valutazione” replica sbrigativa lei “Adesso è l’ora che faccia quello per cui
sono nata… sai che mi dicevano sempre i miei genitori, mentre mi allenavano?
Intendo, Blaise Zabini e Pansy Parkinson, ovviamente. Che non posso fallire,
perché già mia madre me l’ha imposto chiamandomi così… Naike significa
vittoria…”.
“Non sei la
prescelta, l’ultimo prescelto era Potter!” grida disperato Voldemort, cercando
di sfuggire alla presa di Naike.
“Non credere che
sia perché una stupida profezia mi ha designato come tale…” sussurra lei, gli
occhi grigi scintillano per un attimo, prima di tornare torbidi come prima “Le
faccio io stessa le profezie e so benissimo quanto siano inaffidabili… vedere
Harry Potter per credere… no, Riddle. Ti ammazzerò per un solo motivo. Uno ed
uno soltanto. Gli altri ne trovino i loro… ma io…”, la bacchetta trema per un
attimo, prima di tornare ferma.
“Ti ammazzerò
perché mi hai impedito di avere nostalgia di mio padre…”.
Trasalgo,
sentendo quello che ha detto.
Mormora qualche
parola e, un attimo dopo, Voldemort smette per sempre di vivere.
Mia figlia sposta
tutti i capelli su una sola spalla, chiude gli occhi sospirando mentre gli
Auror scoppiano di gioia, tenendo i Mangiamorte catturati. Naike sorride a
tutti, stanca e ferita, si stringe la mano destra, dove porta l’anello. Lo
guarda e piange, piegata su di esso.
Bambina mia…
Poi si allontana
degli altri, fendendo la folla in due ali festanti. Potter mi consente di
seguirla con lo sguardo.
Attraversa le
stanze dove tutti i Malfoy sono vissuti, le osserva con malcelata curiosità,
sfiora con le dita insanguinate i quadri preziosi, accarezza i mobili rari.
Arriva all’ingresso e spalanca il pesante portone, pronunciando un “Alohomora”
a bassa voce.
Esce all’esterno.
Le voci allegre
restano alle sue spalle, rese mute dal grave portone di pietra che si è
richiuso.
C’è vento. Spazza
la foresta e i prati, trasportando odori lontani.
Il cielo è
grigio.
Come sempre.
Solleva lo
sguardo, guarda le pesanti nuvole con aria corrucciata.
Alza la mano
destra che si illumina di un bagliore celeste. Piccole scintille si staccano
dalla sua mano, giocano con le sue dita, sfiorano il mio anello. Poi arrivano
alle nuvole.
Sorride Naike, il
mantello candido che si agita nel vento.
Le scintille
creano una macchia celeste nel cielo.
Lentamente si
espande, prima piano, poi sempre più veloce, fendendo l’orizzonte e il limite
descritto dalle montagne.
Il cielo è
tornato azzurro. Oro puro, balugina sulle sue spalle, nuovamente illuminato dal
sole.
Torna a vedersi
anche un piccolo spicchio di luna, dietro il castello, pallido per la luce del
nuovo giorno che inizia.
I petali di fiori
si sollevano, circondando la sua esile figura nel vento dell’estate.
Sole… gli occhi di
tua madre…
Luna… i miei…
E, alla fine, tu…
vento… siamo tutti e tre assieme.
Vivremo assieme. Per
sempre, assieme.
Naike chiude gli
occhi, il vento che le scompiglia i capelli chiari.
Resta immobile
così.
Tremano
leggermente le sue mani abbandonate lungo i fianchi.
So che cosa vedi,
Naike.
Il paradiso di tua
madre… orgogliosa, apre gli occhi
e guarda attorno a sé.
Felice che il
luogo più bello del mondo sia un po’simile a quello che ha creato lei.
Chiude ancora gli
occhi.
E vedi me, vedi dove
sono.
Felice, apre di
nuovo gli occhi.
È felice, adesso.
Felice, davvero.
Fa qualche passo.
In direzione di un albero noto.
Dopo averlo
raggiunto, si siede alle sue pendici. Fa passare la sua mano sull’erba fresca.
Stringe i denti per una fitta di dolore al fianco.
Dove la sua mano
è passata, è comparsa una piccola lastra di marmo.
Recita: “Il vostro amore sarà come il vento… anche
se non potrò vederlo, continuerò sempre a sentirlo. Esattamente come accadeva
per voi due da tutta una vita… Naike…”.
Si solleva,
toglie alcuni fili d’erba dal mantello e fa qualche passo.
Si ferma.
Ed ascolta il
vento.
“Potter, quand’è
che cominciano le mie lezioni?”.
Siamo chiari!
Io, di solito, non mi commuovo scrivendo le mie storie. Cerco sempre di darmi
un contegno perché altrimenti non riuscirei a scrivere di determinate cose,
considerando che mi affezionerei troppo ai personaggi e pur di non farli
capitare qualcosa, stravolgerei tutta la storia. Ma stavolta… ve lo giuro… mi
sono commossa davvero, da sola poi! Ma sarò normale? Avevo deciso dall’inizio di
far morire sia Draco che Hermione, ma Naike è nata molto dopo, mentre scrivevo
la storia stessa, quasi come se reclamasse un’esistenza! Un solo chiarimento:
non ho nominato precisamente il luogo dove si trova Draco, ma sarebbe una
specie di purgatorio. Nella mia mente malata, l’ho immaginato simile alla
scuola di Hogwarts, quindi le loro lezioni o pseudotali, sarebbero dei mezzi di
espiazione. Draco torna all’età di undici anni perché ha molti anni di
pentimento da scontare, mentre Harry l’ho fatto di 17 anni perché è lì da molti
più anni di Draco, quindi ha finito quasi la sua opera di pentimento! A volte,
sono veramente contorta… me ne stupisco da sola! Che dire ancora? Questa storia
è stata una specie di parto ed averla terminata per me rappresenta un enorme
risultato, considerando che l’ho scritta talmente di getto da meravigliarmene
io stessa! Ci tengo tantissimo, come una piccola creatura, specie per questo
ultimo capitolo, quindi ogni sorta di commento sarebbe gradito! Un mega
ringraziamento a tutti coloro che hanno recensito questa storia o che hanno
solamente letto! Grazie davvero tanto!!!! Spero che ci siate ancora per questo
capitolo! Non so se scriverò ancora una Draco/ Herm, sicuramente se lo facessi,
sarebbe una storia molto più allegra! Questa mi è costata lacrime e sudore nel
vero senso del termine! Grazie ancora, Cassie!