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Autore: Circus    17/07/2012    0 recensioni
"Volse lo sguardo verso la distesa azzurra che gli si prospettava davanti,il mare,l’Oceano Pacifico,chissà quanti misteri aveva celato nel corso dei millenni!Testimone di promesse,di cuori infranti,di lacrime e di misfatti,si poteva ben dire che le verità della terra danzassero sospese su quell’esile filo di confine che separava il cielo dallo stesso mare."
Genere: Drammatico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Un’onda, bastò il leggero fragore di qualche molecola d’acqua salmastra a fargli storcere il naso. Non si mosse,perché avrebbe dovuto? La pelle pareva gioire al contatto con il liquido cristallino,una vera delizia contro le afose giornate estive che si stavano susseguendo in quel periodo. Lo smog? Si,magari era quello uno degli svariati motivi per cui l’agosto di quell’anno parve risalire sin dalle profondità della terra. Come se quel piccolo arcipelago fosse situato al centro del globo terrestre a mò di enorme magnete la cui funzione non era altro che trascinare ogni singolo raggio solare su di loro … su di lui.Immobile riversava la sua attenzione verso un piccolo squarcio di cielo,catturato da una flebile scia lasciata dall’ennesimo aereo in volo quella mattina,nel roseo e limpido cielo d’alba. Non era una novità vederne uno,non per i cittadini di Sàpporo,piccola località dell’Hokkaido,nella quale era sito uno dei numerosi aeroporti giapponesi.

“Domani pioverà”

Affermò sospirando Yamato,steso sul ciglio dello scoglio con le braccia incrociate dietro la nuca e un libro a mo’ di cuscino,la cui copertina scolorita,forse per via della costante esposizione all’acqua e alla sabbia,ne impediva la lettura del titolo. Di fianco a lui un’enorme ammasso di peluria rossastra sollevò il capo,ruotandolo di novanta gradi,come se si stesse chiedendo il perché di quell’affermazione o da dove il ragazzo avesse addotto tali conclusioni.

“Giusto Pòchiri,se ti va ti spiegherò anche questa nozione.”

Ribattè a quell’occhiata e dandosi una lieve spinta si sedette con le gambe stese a penzoloni dalla fredda ed umida roccia.Le braccia ruotarono dietro la schiena,posandosi per terra,quasi a voler frenare una possibile ed ulteriore distesa del busto.Il cucciolo allora scattato sull’attenti,prese a sedere alla sua destra,con la coda intenta ad alzare un gran polverone per via del continuo movimento ritmato,e con la lunga lingua lasciata cadere dalla bocca semi-aperta,ad alitare contro la pelle chiara del padroncino.

“Ricordi come si formano le nuvole vero?Te lo dissi qualche tempo fa.”

Chiese per poi riprendere quasi immediatamente il discorso,come se conoscesse già la risposta.

“Vedi,un aereo volando può rilasciare delle particelle di polvere le quali possono dar luce ad una nuvola”

Si fermò ancora una volta,quasi a voler accertarsi che fosse tutto chiaro al piccolo spettatore per poi procedere con il seguito della sua spiegazione.

“Così,se vi è molto vapore acqueo nell’aria,la striscia non scomparirà velocemente,determinando un tasso notevole d’umidità ed un’altrettanta notevole percentuale di rovesci sul territorio,tutto chiaro?”

Il cucciolo ripiegò il capo nella stessa maniera di prima. “Troppe parole” gridava con lo sguardo,e a Yamato non rimase altro che donargli qualche pacca sul capo,sorridendo,quasi nel tentativo di consolarlo e di fargli comprendere che in verità non era necessario che lui capisse realmente ciò che il suo sciocco padrone andava a blaterare. Pochiri era un nome molto comune nella società asiatica per un cane domestico,d’altro canto Yamato non era neppure tipo da temporeggiare su futilità del genere.Volse lo sguardo verso la distesa azzurra che gli si prospettava davanti,il mare,l’Oceano Pacifico,chissà quanti misteri aveva celato nel corso dei millenni!Testimone di promesse,di cuori infranti,di lacrime e di misfatti,si poteva ben dire che le verità della terra danzassero sospese su quell’esile filo di confine che separava il cielo dallo stesso mare. Ignari ne erano gli occhi degli uomini, facilmente manipolabili dalle astuzie dei potenti, sin troppo ingenua era la creatura mortale.

Pulvere simul ac sudore perfusum regem invitavit liquor fluminis, ut calidum adhuc corpus ablueret; itaque, veste deposita

Recitò a voce bassa e tenue,come se stesse innalzando una preghiera fra sè e sè.

”La limpidezza del fiume persuase il re” …

non si poteva evitarne il contatto, l’animo si piegava dinnanzi alla maestosità della natura, e l’uomo, il frutto di uno sforzo divino, il progetto alchemico per eccellenza, l’inimitabile errore che indusse alla morte del figlio del Dio padre. Perché? Si chiedeva il ragazzo. Non che vi fosse chissà quale altra possibile domanda da porsi in tali circostanze. Gli occhi si richiusero,non gli andava di attanagliare l’animo con quesiti dai quali non sarebbe riuscito a ricavar alcuna risposta. Uomo di scienza?Non proprio,piuttosto ne era figlio seppur devoto anche alla mitologia.
Si sollevò di scatto,spolverando la stoffa del pantalone da eventuali polveri e residui granitici della roccia su cui poco prima si era accomodato. Era ora di tornare,anche Pochiri ne era consapevole. Quel giorno le scuole sarebbero rimaste chiuse assieme a numerosi negozietti locali come quello ove il ragazzino lavorava part-time per guadagnare qualche spicciolo,non che fosse una novità in quella regione,soprattutto per chi come lui viveva con una madre single sgangherata e priva di ogni senso di responsabilità. Quel giorno,inoltre,si sarebbe celebrata la tanto rinomata festa dell’Obon alla quale tutto il Giappone rispondeva con un’elettrica eccitazione degna del frastuono dei vari cittadini intenti ad affannarsi con la preparazione degli ultimi decori e l’attesa della nottata per la liberazione degli spiriti. Yamato,erano ormai ben cinque anni che non vi partecipava. Non che vi fosse un motivo preciso,semplicemente riteneva assurdo l’affidare a degli oggettini di carta il destino delle anime dei defunti. Si,perché in questo consisteva la cerimonia; tante,innumerevoli lanterne illuminate sarebbero state affisse per le strade e sulle case dell’intera cittadina,anzi dell’intera nazione,al fine di orientare gli spiriti della propria famiglia verso l’abitacolo al quale un tempo appartenevano. Infine,dopo la prima fase riguardante l’evocazione spirituale ne sarebbe seguita una seconda,la più suggestiva a detta dei partecipanti, che concerneva il posare le stesse lanterne sulle acque dei fiumi ma soprattutto dei mari,così da farle viaggiare attraverso le deboli correnti marine al fine di guidare le anime degli antenati e dei defunti al loro riposo.
Sospirò…non gli andava di tornare a casa,ma non avrebbe potuto far diversamente,aveva alcune faccende da sbrigare e si avviò assieme al cucciolo nel ripercorrere a ritroso la strada.Gli scogli erano davvero fastidiosi alle volte,i suoi piedi non facevano che riportare ferite su ferite,tagli dovuti alle rocce affilate o semplicemente a frammenti di vetro lasciati lì da qualche barbone o combriccola che nella nottata avevan fatto baldoria. Non poteva permettersi di perdere un altro paio di scarpe,proprio come l’ultima volta,che per via di un’improvvisa mareggiata,fu costretto ad utilizzare quelle della madre per ben due settimane. Come si poteva capire dai suoi indumenti e dalla condizione in cui verteva,non apparteneva di certo ad una delle famiglie più agiate del Giappone,ma non poteva neppure lamentarsi. Aveva un tetto sulla testa,un pasto caldo ogni giorno,una madre e bè…si anche Pochiri,perciò non aveva bisogno d’altro.Un piccolo giardinetto,largo un metro o poco più,quasi un minuscolo sentiero frastagliato di erbacce secche,ecco ciò che gli si parava davanti una volta giunto a casa. Si affrettò ad aprire il cigolante cancelletto arrugginito dell’esigua dimora per raggiungere il portone di legno piuttosto massiccio,quanto scheggiato e rovinato dall’esposizione alla muffa che si diramava senza sosta per tutto il lato destro dell’abitazione,lo stesso lato ove non batteva mai la luce del sole.

“Sono a casa”

disse il giovane abbassando la maniglia della porta,facendo poi un po’ di pressione sino ad aprire la stessa per poi risollevare il pomello. Gettò un’occhiata alle sue spalle. Pochiri si era seduto sotto l’ombra del ciliegio della signora Aizawa,come era solito fare,d’altronde non gli era permesso entrare in casa o avrebbe dato sfogo ad un’euforia tipicamente ferina che Yamato stesso conosceva sin troppo bene,ed a causa della quale aveva dovuto pagare più e più conseguenze. Con un tonfo sordo la porta si chiuse alle sue spalle mentre il giovane si sveltiva nel levarsi le scarpe e correre per il corridoio in parquet sino a raggiungere la cucina. La sua era una di quelle case di matrice classica,lasciata in eredità alla madre da un lontano parente. Perciò le poche stanze che la costituivano erano divise da sottili pareti e porte a scorrimento rivestite in tela. Non proprio l’ideale per chi avesse desiderato un po’ di privacy ma…ci si faceva l’abitudine,e lui ormai aveva chinato il capo di fronte a molte cose. Il fatto di non aver mai conosciuto suo padre, i miseri e poco retribuiti lavori della madre che non rincasava mai spesso, il doversi occupare da solo della casa e delle faccende… si, non poteva far altro che accettare ogni singola cosa ed andare avanti. Posò una mano sul mobiletto in marmo sito proprio al fianco del fornellino elettrico,su cui era solito preparare pietanze veloci e non chissà quanto raffinate o curate. Lì vi era un fazzolettino in carta con un orario ed alcune raccomandazioni sullo svolgere i compiti odierni,

“Non aspettarmi,baci Mamma”

Lesse ad alta voce prima di appallottolare il bigliettino e segnare tre punti con un splendido canestro dritto nella busta della spazzatura.
 
   
 
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