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Autore: Salice    19/07/2012    1 recensioni
[L'Accademia dei Vampiri] Il primo incontro tra Rose e Adrian, da un altro punto di vista.
«Ehi, piccola dhampir.» Lei si voltò di scatto, all'erta. Era piccola davvero, con quella statura minuta, ma la sua espressione lasciava intendere che fosse un tipetto piuttosto determinato. Adrian tirò un'ultima boccata dalla sua sigaretta, lasciandole il tempo di guardarlo per bene, prima di gettarla a terra e spegnarla con la suola della scarpa. Al contrario di lei indossava ancora i vestiti per il pranzo ufficiale, e tutto sommato sapeva di avere un bell'aspetto. Dopotutto poteva essere un diversivo promettente.
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Adrian Ivanshkov



Era uscito sul portico, nauseato da tutto e da tutti. Bella idea, quella di suo padre, di rinchiudersi in uno chalet preso d'assalto dall'Accademia st. Vladimir. Per giunta, con quella storia di Tatiana, lo stavano costringendo a partecipare a tutte le cene formali in programma. Sarebbe impazzito presto, se lo sentiva.
Si affacciò alla ringhiera, lasciando spaziare lo sguardo sulle montagne innevate tutto attorno. Lo spettacolo era incredibile, ma lui l'aveva già visto troppe volte per rimanerne impressionato. Ignorò quindi il paesaggio ancora illuminato dai lampioni – sarebbe stato giorno tra poco, e lui avrebbe dovuto ritirarsi – e tirò fuori da una tasca un pacchetto di sigarette ai chiodi di garofano. Ne inspirò l'odore prima ancora di accenderne una, pregustando già lo stordimento che gli avrebbero dato, e la possibilità di sentirsi meno pazzo e vulnerabile. Quando l'accese ed inspirò, il fumo bruciante gli avvolse i polmoni: ne trasse una leggera soddisfazione, appoggiandosi alla ringhiera e affacciandosi. Con i recenti attacchi degli strigoi, tutti erano come impazziti, ma a lui la cosa non importava. Quello che gli interessava davvero, era tenere sotto controllo la situazione. La sua situazione.
Aveva quasi finito la sigaretta, quando vicino al deposito degli sci scorse qualcosa che attirò la sua attenzione: sembrava una persona. No, una ragazza. Ma non era una ragazza comune. La sua aura non aveva un colore normale. Anziché avere bagliori colorati e le sfumature relative all'umore, era totalmente avvolta dalle tenebre. Si portava dietro un'aura di morte. La vide sbattere la porta del deposito e risalire verso la scala, così si tirò più indietro. Non l'aveva mai vista, e a giudicare dal suo aspetto e dalle sue forme, non era certo una vampira. Era una Dhampir, sicuro. Una Dhampir molto carina, per giunta. Sorrise nella penombra, e attese.
Lei sbatté gli scarponi da sci, salendo, per tirare via la neve, e raggiunse il portico. Non lo aveva ancora scorto, ma anziché entrare, aveva rallentato, guardandosi attorno. Doveva aver sentito l'odore delle sue sigarette. Bel fiuto!
Decise di chiamarla prima che fosse lei a notare lui.
«Ehi, piccola dhampir.»* Lei si voltò di scatto, all'erta. Era piccola davvero, con quella statura minuta, ma la sua espressione lasciava intendere che fosse un tipetto piuttosto determinato. Adrian tirò un'ultima boccata dalla sua sigaretta, lasciandole il tempo di guardarlo per bene, prima di gettarla a terra e spegnarla con la suola della scarpa. Al contrario di lei indossava ancora i vestiti per il pranzo ufficiale, e tutto sommato sapeva di avere un bell'aspetto. Dopotutto poteva essere un diversivo promettente. Lei lo fissava vagamente scocciata e lui si permise di squadrarla dalla testa ai piedi, fregandosene della buona educazione. Era decisamente più bassa di lui, ma sotto la pesante tuta da sci si intuiva un corpo flessibile e formoso, e quei capelli neri che aveva erano formidabili. Peccato per quell'occhio nero. Doveva essere uno dei novizi della scuola, addestrata per diventare un guardiano. Le guardiane donna erano rare, e difficilmente erano così carine. E soprattutto, non avevano un'aura di quel colore.
«Sì?»
Lui fece spallucce.
«Giusto un saluto, tutto qui.»
Lei mise su un'espressione scocciata, in attesa che lui dicesse altro, ma Adrian era impegnato a fissarla e basta. Lei si scostò e l'aria si mosse, portando con sé una ventata del suo odore. I Damphir erano mezzi umani, e avevano un... Aroma particolare.
«Hai un buon odore, lo sai?»
«Stai scherzando
? E' tutto il giorno che sudo; faccio schifo.»
Adrian sorrise, attingendo alla magia solo un pizzico, quel tanto che bastava a trattenere la dhampir a parlare con lui. Era vero, sapeva di sudore e lui lo sentiva benissimo, ma dopo essersi annegato nel profumo di tutti i nobili Moroi presenti allo chalet, uomini e donne indistintamente, quel sentore naturale e un po' selvatico era decisamente magnetico. Quella Dhampir era molto sexy, e sembrava rendersene conto solo in parte. Era al corrente della sua aura di tenebra? Riusciva a percepirlo, ed era questo a darle quel fascino e l'espressione truce, oppure era solo il risultato delle continue attenzioni che sicuramente riceveva all'Accademia?
«Il sudore non è una brutta cosa. Alcune delle cose migliori della vita accadono mentre si suda.»
Nel parlare si appoggiò al muro, sollevando lo sguardo. Gliene venivano in mente almeno tre o quattro che gli sarebbe piaciuto fare insieme a lei, e non tutte la prevedevano necessariamente nuda, il che stupiva anche lui. «Certo, se il sudore è troppo e si fa vecchio e rancido, diventa disgustoso. Ma su una bella donna? Inebriante. Se tu potessi fiutare le cose come un vampiro, sapresti di che parlo. La maggior parte delle persone manda tutto all'aria annegandosi nel profumo. Il profumo può essere buono, soprattutto se se ne sceglie uno che si sposa con le proprie caratteristiche chimiche. Ma ne serve soltanto una goccia. Se ne deve unire un venti per cento all'ottanta percento dato dalla sudorazione...mmh. Sexy da morire.»
A quel punto Adrian ebbe la soddisfazione di vederle cambiare espressione: decisamente più attenta, rapita, quasi. Ma il suo sguardo e il suo pensiero erano lontani e lei si riscosse in fretta. Una vera dura.
«Be', grazie per la lezione di igiene. Ma non possiedo profumi, e sto per lavarmi via con una doccia quest'eccitante fragranza di sudore. Mi dispiace.»
Non possedeva profumi? Decisamente potenziale allo stato grezzo. Con un gesto automatico Adrian tirò fuori di nuovo il pacchetto di sigarette e glielo porse; lei scosse la testa squadrandolo con disapprovazione mentre lui si limitò a prenderne una e ad accenderla.
«Una pessima abitudine.» Fece notare lei.
«Una delle tante. Sei qui con la St.Vladimir's?»

«Già.»

«Quindi da grande diventerai un guardiano.»

«Ovvio.»
Un vero osso duro, non era facile intavolare una discussione con lei. Probabilmente era una delle poche ragazze dhampir in tutta l'accademia, e riceveva diverse proposte. Meglio cambiare tattica.
«E quanto ti manca per diventare grande? Potrebbe servirmi un guardiano.» E una persona vera, pensò, ma non lo disse, non uno di quei barbagianni impagliati di cui era dotata la maggior parte dei nobili. Certo, armadi grandi e grossi capaci di incutere timore e perfettamente addestrati, ma qualcosa in quella piccola Dhampir lo ispirava di più. Oltre alla sua aura, ovviamente.
«Mi diplomo in primavera. Ma sono già impegnata con qualcuno. Mi dispiace.»
Non le dispiaceva affatto, era evidente. Chi era ad aver catturato l'attenzione di quella ragazza così particolare?
«Ah sì? E chi sarebbe questo lui?»
«Lei è Vasilisa Dragomir.»
«
Ah.» Davvero interessante. Molto interessante. E così la Principessa Vasilisa, ultima erede della casata Dragomir – nonché ultima superstite – era la fortunata ad avere le attenzioni e la protezione di quella ragazza tutto pepe. Ora si spiegavano molte cose, compreso il caratteraccio di lei.
«Ho capito che portavi guai non appena ti ho visto. Sei la figlia di Janine Hathaway»
La ragazza fece una smorfia.
«Sono Rose Hathaway»
Janine Hathaway, una donna con la fama del mastino, una delle poche e delle migliori guardiane dhampir in circolazione. E Vasilisa... Lui l'aveva vista qualche volta, in un paio di occasioni ufficiali, assieme agli altri reali. Questa non poteva essere una coincidenza... la dhampir con un'aura di tenebra e lei invece con quei suoi bagliori dorati... Gli stessi che aveva lui, per esattezza. Vasilisa era come lui, e come pochi altri che aveva incontrato. Senza dubbio doveva sfruttare questa occasione.
«Piacere di conoscerti, Rose Hathaway.» E allungò la mano verso di lei: «Adrian Ivanshkov»
Lei lo squadrò con l'aria di disapprovare.
«E poi dici a me che porto guai.» Bofonchiò lei stringendogli la mano con titubanza. A quell'affermazione, unita all'espressione scontrosa che aveva messo su, lui non poté far altro che ridere, e la magia sgorgò spontanea. Voleva davvero piacere a quella strana tipa.
«Comodo eh? La nostra reputazione precede entrambi.»
Lei lo stupì di nuovo:
«Tu non sai niente di me. E io conosco solo la tua casata. Di te non so nulla.»
Beh, un punto di vista interessante. Valeva la pena di approfondire, ma era meglio mantenersi neutrali, e sondare il terreno, per ora.
«Vorresti?» Usò un tono sarcastico, tentando di essere provocatorio.
«Spiacente. Non mi piacciono i ragazzi più vecchi.»
Oh, oh, oh. Una lieve sfumatura era cambiata all'interno della sua aura. Cos'è che pensava prima? Ah sì, divertente. Valeva la pena di insistere.
«ho ventun'anni. Non sono molto più grande di te.»
«Ho già un ragazzo.»
«E' buffo che tu non l'abbia detto subito. L'occhio nero non te l'ha fatto lui, vero?»
Adrian ebbe la soddisfazione di vederla arrossire. Per via della piccola bugia che gli aveva appena detto, o perché si era dimenticata del grosso livido violaceo che le circondava tutta l'arcata sopraccigliare e la parte superiore dello zigomo? Non c'era gonfiore comunque, e solo un cieco non avrebbe visto la pelle ambrata e i lineamenti graziosi che stavano lì dietro.
«Se l'avesse fatto, adesso non sarebbe più in vita. Me lo sono procurata mentre... Mi allenavo. Voglio dire, mi alleno per diventare guardiano. I nostri corsi sono piuttosto irruenti.»
E anche lei lo sembrava, a dirla tutta. Adrian sospettava che Rose potesse mettere in difficoltà parecchi novizi più alti e grossi di lei.
«E' molto eccitante.» Abbozzò lui, gettando a terra il secondo mozzicone di sigaretta con noncuranza.
«Darmi un pugno nell'occhio?»
La risposta quasi lo fece trasecolare, ma era abituato a dare risposte acide. Era divertente trovare qualcuno che gli dava del filo da torcere.
«Beh, no. Certo che no. Volevo dire che è eccitante l'idea di un po' di irruenza in tua compagnia. Sono un grande fan degli sport di contatto.»
«Sì, non ho dubbi.»
Questa volta era il turno di Rose di essere sarcastica. Senza dubbio il fatto che la maggior parte dei Moroi trovasse eccitante avere avventure con le ragazze Dhampir non la rendeva più affabile nei suoi confronti. Anzi aveva il sospetto che il suo cognome altisonante gli stesse un po' rovinando la piazza. Quello che per una Moroi normale sarebbe stato intrigante, per Rose era assolutamente disdicevole. Adrian sentì il fruscio della porta ancora prima di vederlo, e una piccola Moroi con l'aspetto di una bambola di porcellana fece il suo ingresso sotto al portico. Rose si voltò di scatto, e anche l'altra ragazzina si fermò a guardare loro.
«Ehi, Mia.»
A quanto pareva si conoscevano. Adrian assottigliò leggermente lo sguardo nello scrutare le sfumature dell'aura dell'ultima arrivata, che stavano cambiando di colpo, quando quella parlò:
«Un altro ragazzo?»
Un altro? Beh, forse quella di prima non era proprio una bugia, ma la piccola... Mia? Non era neanche del tutto sincera.
«Mia, lui è Adrian Ivashkov.»
Lui scrutò prima l'una e poi l'altra. Era chiaro che c'era ostilità tra loro, ma nessuna delle due era intenzionata a manifestarla. Per ora. Volevano giocare ai vampiri formali? Le avrebbe accontentate. Fece un passo in avanti e porse la mano alla piccola Mia, sorridendole, affabile:
«E' sempre un piacere conoscere un'amica di Rose, soprattutto se è carina.»
«Non siamo amiche»
Disse Rose.
«Rose va in giro solo con i ragazzi e gli psicopatici.» Le fece eco con una smorfia Mia, puntando però uno sguardo attendo in direzione di Adrian. Conosceva bene quello sguardo: essere di una casata reale lo rendeva spesso oggetto di interesse indesiderato. Tutto il contrario di quello che stava succedendo con Rose, insomma.
«Beh, visto che sono uno psicopatico e anche un ragazzo, questo spiega perché siamo amici.»
«Nemmeno tu e io siamo amici.»
Ci tenne a precisare Rose. Insomma, una vera tosta.
«Reciti sempre la parte di quella irraggiungibile, eh?»
«Non è così irraggiungibile. Ti basta chiedere a metà dei ragazzi della scuola.»

Adrian tornò in fretta con lo sguardo sulla piccola Mia, e la rivalutò. Il suo aspetto infantile e la bassa statura, rari nei Moroi, lo avevano ingannato. Non era affatto una ragazzina come sembrava. Probabilmente aveva circa l'età di Rose, forse un anno di meno. Rose, nel frattempo, non era certo rimasta in silenzio a farsi insultare:
«Già, e puoi chiedere di Mia all'altra metà. Se saprai farle un favore, allora lei ti farà un sacco di favori.»
A giudicare dal vago rossore che si stava accendendo sul volto di Mia e dalla sua espressione imbarazzata, probabilmente Rose aveva segnato un paio di punti. Su cosa, lui non era al corrente, ma ritenne fosse meglio così. Non intendeva addentrarsi in una baruffa tra ragazze, a meno che queste non litigassero per lui, e non era proprio questo il loro caso. Mia tornò alla carica:
«Beh, almeno io non lo faccio gratis.»
A quel punto Adrian non seppe trattenersi, ed emise una sorta di soffio divertito.
«Vuoi farla finita?» Esplose Rose, chiaramente scocciata. «L'ora di andare a nanna è già passata da un pezzo; adesso i grandi vorrebbero parlare un po'.»
Mia divenne ancora più rossa sulle gote, come se le avessero improvvisamente truccate. Strinse le labbra prima di parlare:
«Bene. Ho comunque di meglio da fare.»E si voltò verso la porta, fermandosi un istante prima di aprirla e rivolgendosi ad Adrian:
«Sai, l'occhio nero gliel'ha fatto sua mamma.» Dopo questa ultima uscita teatrale, Mia si decise a rientrare, lasciando lui e Rose in totale silenzio. Davvero un altro tipetto, quella Mia. Ma dov'erano tutte quelle ragazze al peperoncino, mentre lui frequentava l'Accademia? Quando c'era stato aveva collezionato, oltre ad un gran numero di falsi amici a causa del suo cognome, ragazze noiose e svenevoli, senza contare i brutti ricordi legati all'insegnamento. Si riscosse quando si accorse di aver automaticamente preso in mano un'altra sigaretta. La usò per indicare il volto di Rose:
«Tua mamma?»
«Taci.»
Adrian non potè fare a meno di sorridere. Certo a stare con quella Rose non ci si annoiava. Non si stupiva che lei e Vasilisa fossero fuggite insieme, gettando nel panico l'intera Accademia e la classe regnante. Erano sparite nel nulla per due anni, senza farsi rintracciare. Chissà se la loro fuga aveva a che fare con la specializzazione di Vasilisa...
«Tu sei il tipo di ragazza che ha solo anime gemelle o nemici mortali, non è vero? Niente vie di mezzo. Con ogni probabilità tu e Vasilisa siete come sorelle, eh?»
«Immagino di sì.»

Questo era davvero interessante. Rose era di sicuro la ragazza più vicina a Vasilisa in tutta la scuola, e lui era davvero curioso di saperne di più. Non gli era capitato molte volte di incontrare persone con l'Aura dorata, e l'aveva considerata come una strana anomalia. Per non parlare dei lunghi anni di Accademia in cui si era sentito uno strano fenomeno da baraccone. La sola idea che ce ne fosse un'altra proprio allo chalet...
«Lei com'è?»
«Uh? Che vuoi dire?»
Adrian si accorse troppo tardi di averla messa sul chi vive. Lo sguardo di Rose ora era attento. Attento e sospettoso. Tentò di rimediare come poteva, iniziando a ripensare a quello che aveva sentito di Rose e Vasilisa. Qualcosa di normale, che distogliesse l'attenzione dal suo vero scopo.
«Non so. Cioè, voi due siete scappate... E poi è capitata quella faccenda della sua famiglia e Victor Dashkov.»

Altro argomento sbagliato. Probabilmente Rose non amava ricordare quanto era successo e aveva scandalizzato tutti i reali. Il fatto che il Principe Daskov avesse rapito l'erede dei Dragomir aveva sconvolto tutti. Anche e soprattutto perché nessuno era stato in grado di fermarlo o di capire cosa stava architettando. Ed in seguito era anche riuscito a fuggire. A Rose evidentemente non faceva piacere ripensarci, e si era irrigidita. Quei pochi passi avanti che era riuscito a fare sembravano svaniti.
«E allora?»
«Niente. Stavo solo pensando che per lei deve essere stata dura far fronte a tutto quanto.»
Senza contare che probabilmente aveva qualche potere strano al pari dei suoi ed era convinta di essere anormale. A ripensarci, se avesse avuto un guardiano come Rose, e non solo nel senso di “Sexy come Rose”, ma “all'altezza di Rose, la figlia di Janine Hathaway”, probabilmente sarebbe fuggito anche lui. Purtroppo il suo piano di cambiare direzione dell'argomento e continuare a parlare di Vasilisa era naufragato. Rose era ancora rigida.
«Devo andare.»
«Sicura?»
Non che potesse sfuggirgli, se davvero avesse voluto rintracciarla. Aveva a disposizione tutte le informazioni che il denaro poteva comprare, senza contare che durante le ore di sonno...Decise di provocarla un po', solo per divertimento.
«Ma questa non era l'ora in cui parlano i grandi? Ci sono parecchie cose da grandi di cui mi piacerebbe parlare.»
«E' tardi, sono stanca, e le tue sigarette mi stanno facendo venire il mal di testa.»
«Ci può stare. Certe donne sostengono che mi diano un'aria sexy.»
Non aggiunse che quelle donne erano per la maggior parte arrampicatrici sociali o dhampir ansiose di poter rivendicare un figlio suo. Dopotutto i complimenti sono complimenti, e non era stato lui il primo a mentire, in quella conversazione. Casomai aveva omesso qualche informazione, ma si riservava di parlarne in seguito, quando la piccola dhampir avesse dimostrato più calma e attenzione.
«Secondo me fumi per avere qualcosa da fare mentre pensi alla prossima battuta da dire.»
Diretta come un pugno allo stomaco, Rose di certo non era un'arrampicatrice sociale. Gli dava anzi l'aria di una che avrebbe preferito posti isolati e un po' selvaggi, con la possibilità di spaccare ogni tanto il naso a qualcuno. A volte si chiedeva se selezionassero appositamente i guardiani in base alla loro predisposizione alle risse. Quasi si strozzò con la sigaretta, ridendo, e si appoggiò con la mano alla parete rivestita di legno dello chalet, riprendendo fiato.
«Rose Hathaway, non vedo l'ora di rivederti. Se sei così affascinante quando sei stanca e scocciata, e così splendida coi lividi e la tuta da sci, allora devi essere uno schianto quando sei in forma.»
«Se con “schianto” alludi a qualcosa che dovresti temere per la tua incolumità, allora sì. Hai ragione. Buonanotte, Adrian.»
Lui sorrise. Poteva anche lasciarla andare adesso. Il sole sarebbe sorto tra poco e lui non aveva voglia di rimanere fuori a guardare. Senza contare che i suoi genitori probabilmente avevano spedito i guardiani a setacciare l'intera struttura alla sua ricerca. Se lo stavano cercando al bar, beh, questa volta si erano sbagliati.
«Ci vediamo presto.»
«Poco probabile. Te l'ho detto, non mi piacciono i ragazzi più grandi.»
Il ghigno che aveva sulla faccia si allargò ancora di più. La bocca di Rose poteva dire una cosa, senza dubbio, ma le contrazioni della sua aura dicevano ben altro. Spense l'ultima sigaretta mentre lei si chiudeva la porta dietro, non abbastanza in fretta da non sentirlo, però..
«Sì, come no.»



fine







* tutti i dialoghi, in corsivo, sono presi esattamente dal secondo volume dell'accademia dei vampiri "Morsi di ghiaccio"

Note dell'autrice: Eccomi. Io adoro L'Accademia dei Vampiri! Adoro Rose, adoro Lissa, ma soprattutto, soprattutto, come si vede da questa fan fiction, adoro Adrian. Questa storia è esattamente l'incontro di Rose e Adrian, visto dal punto di vista di lui. Spero che vi sia piaciuta!
   
 
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