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Autore: adelfasora    19/07/2012    5 recensioni
“Lui è morto! Morto! Che sono io, senza il mio bambino? Perché.. io devo morire, capisce?” [...] -La mia bellissima Biancaneve. – lo sussurrava al suo orecchio come un soffio, con quel tono misto di amore e venerazione che le scaldava il cuore che, lei era certa, da qualche parte c’era.
[seconda al contest A thing and a song]
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Carlisle Cullen, Esme Cullen | Coppie: Carlisle/Esme
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Twilight
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Nome: Adelfasora.

Titolo: Buffo.

Rating: verde.

Protagonisti: Esme, Carlisle.

Prompt/frase: Finestra, un giorno avrai indietro tutto ciò che mi hai dato.

Note: Beh, come al solito è l’ispirazione lapsus che mi coglie e mi abbaglia. Il solito. Sto a sottolineare che “buffo” è, stranamente, una linea guida ma non la parola chiave di questa breve storia. Preciso che in corsivo ho tenuto in conto le analessi (anche se mi pare strano.. i flashback sono storti rispetto al presente?! Vabbè, è solo per distinguere e non creare confusioni inutili). E tanto basta.

 

 

 

 

 

Buffo.

 

“Accade per il vero amore come per l'apparizione dei fantasmi: tutti ne parlano, ma pochi li hanno visti.” François De La Rochefoucauld

 

 

 

 

Una donna era alla finestra. Una finestra chiusa, dalla quale traspariva poca luce, ma distintamente il suo udito finissimo e privo di imperfezioni riusciva ad ascoltare il tuonare della tempesta che poteva osservare senza bagnarsi.

Al sicuro nella sua casa.

Buffo, un vampiro non dovrebbe temere quasi nulla, e lei pensava ad una casa, potutasi bellamente sbriciolare tra le sue mani, come fosse un riparo.

Eppure quella casa, che poteva cambiare colore, collocazione e forma, era solo il coperchio della pentola. La sua preferita.

Buffo che a lei piacesse cucinare e non potesse mangiare o assaggiare nulla senza uno sguardo schifato e in parte di ribrezzo. Questo perché a lei piaceva il sangue.

E intanto imperversava una pioggia estenuante. Quella pioggia erano lacrime di angeli? E chi poteva dirlo.

Buffo, che un demone come era lei, vista la sua natura che era un po’ l’altra faccia della medaglia di quella forma divina, non potesse farlo. Ma se l’avesse fatto, era certa che sarebbe stato per la gioia. Perché quella grande pentola era la sua famiglia, che credeva di tenere unita con il suo mestolo da mamma premurosa e accorta, ma sapeva, allo stesso tempo, essere l’unica sua ancora di salvezza. Ma da cosa? Forse da un’esistenza eterna ed inutile.

Era appoggiata con le mani fredde a toccare quei vetri lisci e imperscrutabili. Loro cercavano di sviare l’attenzione a ciò che lasciavano osservare.

Buffo, perché nemmeno suo figlio Edward avrebbe potuto leggerne i segreti. Magari si stavano lamentando delle sue mani troppo fredde e troppo dure a premergli contro. Non voleva romperlo.

Buffo, perché avendo una vita infinita che senso aveva legarsi ad un oggetto tanto secondario? Ne avrebbe potuto comprare altri. Sette anni di disgrazia. Rise. Romperne e ricomprarne. Tanto che sarebbe cambiato? Era immortale, ma Esme era certa che non fosse quella la cosa più importante; il principio fondamentale era che la sua vita eterna cominciava e finiva con qualcuno, per qualcuno. E lei aveva sette “qualcuno” che erano tutte le sue ragioni.

Tutto grazie a lui, che l’aveva salvata dal baratro. Ma non uno normale: quello nero e senza uscite della disperazione.

 

“Io vi salverò, non temete.”

“Il mio bambino.. perché..”

“Non vi preoccupate, mi dispiace di arrecarvi dolore.”

“No. No, no. No!”

“Perdonatemi, signora, farò del mio meglio.”

“Lui è morto! Morto! Che sono io, senza il mio bambino? Perché.. io devo morire, capisce?”

“Voi vivrete, signora. Perdonatemi.”

 

Tre giorni. Brutti, orribili, impressi e incancellabili quanto invivibili.

E dopo il buio la luce. Dopo le tenebre, i chiarori dell’aurora. Dopo la tempesta, finalmente la calma. Dopo la disperazione ecco la pace di una vita nuova e rinnovata dall’amore.

Buffo, perché Carlisle non era un angelo, ma di certo la migliore persona che avesse mai incontrato, della quale avesse avuto la fortuna di innamorarsi. Lui era il suo angelo, a cui uno scherzo del destino aveva voluto dare mentite spoglie. Quello che salva e annulla ogni malvagità, e ti redime.

 

“Perché l’avete fatto?”

“Tutto quel dolore, mi disp..”

“NO! Come avete potuto sottrarmi all’unica gioia, all’unico modo per liberarmi del mio spasimo? Dovevo morire, capisce? Era l’unico modo..”

“Non potevo permettervelo, signora.”

“Non mi importa! Voi non ne avevate il diritto. Non l’avevate!”

“Non ho potuto altrimenti, il mio amore per voi è troppo, mi dispiace.”

“Non mi importa! Fatemi morire, voglio morire!”

E gettandosi dalla finestra, con un’agilità che la sorprese, uscì dalla stanza di quel reparto per porre fine a quella, ancora una volta, odiata e insopportabile, sofferente, vita.

Ma ne uscì illesa. Indenne, si voltò verso l’alto, mentre una folle sete sconosciuta e peccaminosa la stringeva in una morsa.

“Mi dispiace, ma non potevo altrimenti. Questo nei vostri confronti è il mio più grande peccato, prepotente il non volervi lasciar andar via.”

“Cosa mi avete fatto??”

 

Presa dai ricordi, era davvero inerme come un essere umano.

Buffo, che in quei momenti non potesse pensare altro che assomigliare a loro, essere come loro.

Da dietro qualcuno le cinse i fianchi, possessivamente. E lei, appreso chi fosse ancor prima che la stringesse, sorrise beata, mentre reclinava il capo su quel petto.

 

“Come potete.. io .. io vi odio!”

“Ne avete tutti i motivi. Ma se adesso mi ascoltaste..”

“Non voglio udire una sola parola! Allontanatevi, o giuro di non rispondere delle mie azioni.”

“Dovete sapere cosa siete ora, dovete ascoltarmi!”

“Non voglio.. andate via!” Singhiozzi.

Ma toccandosi le guance, non sentì alcuna lacrima.

“Cosa..”

“Siete una vampira, e adesso mi darete ascolto.”

E non osò più replicare.

 

Oh, com’era stata villana e ingrata in quel tempo, cercava in ogni modo di allontanare lui, l’unica ragione della sua esistenza, l’essenza stessa di ciò che la muoveva!

- A cosa stai pensando, Esme? –

- Caro, a cose un po’ tristi e un po’ felici, dipende da come le guardi.-

- Non vorresti parlarmene?-

 

“Ti prego, parliamone.”

“Va via! Lasciami, lasciami ho detto!”

“Non posso. Ti amo troppo, e troppo è il mio amore. Per questo ora sei come me, per il mio egoistico amore. E non so cosa tu stia pensando, ma se da una parte ho le mie colpe, e non intendo sminuirle in alcun modo, dall’altra non potevo lasciarti morire. Tu sei la mia vita da quando ti ho vista, sulla scogliera.”

“Parlami.”

Un sorriso piccolo, quanto piccolo era il passo azzardato che si sentiva in dovere di fare, verso la voce soave di quella persona, di quel vampiro.

Il suo sguardo era troppo buono, troppo dolce e meraviglioso per essere quello di un assassino.

E avrebbe imparato il significato della parola scegliere.

Buffo, perché fino a quel momento per lei ad aver scelto era stato uno sconosciuto, per di più vampiro. Ma avrebbe rimediato, e scelto.

 

Si voltò definitivamente verso di lui, beandosi del passato, che aveva dettato le conseguenze del suo presente, migliore di qualsiasi aspettativa.

-Sei la mia vita. – disse, ed un giorno avrai indietro tutto ciò che mi hai dato.

Lo baciò, portando le mani al suo collo, mentre lui la abbracciava teneramente, stringendola come sempre sarebbe stato. Eterno, come loro.

-La mia bellissima Biancaneve. – lo sussurrava al suo orecchio come un soffio, con quel tono misto di amore e venerazione che le scaldava il cuore che, lei era certa, da qualche parte c’era.

Il suo unico salvatore.

 

“Amami, Esme.”

Prepotenti le sue labbra sulle mie, che ricambiano con foga. Mai avrei immaginato esplodere in me un sentimento così immenso, travolgente e al contempo dolce. E mentre schiudevo le labbra al suo tocco, sempre più urgente, capisco di aver voltato finalmente pagina.

E a tutto questo basta un attimo per travolgermi.

“Sì.”

Mio infinito ed eterno amore.

  
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