Miel-
perché rivesto i neuroni -!?-
Bene
cari lettori che
avete aperto questa storia spero di avervi incuriosito almeno un po'.
In
ogni caso, bla bla, questa storia è una
specie di "seguito", ma è più una piccola
continuazione, di “Come
se il tempo non ti bastasse. “,
una
storia che ho pubblicato qualche
tempo fa.
Insomma,
mi piaceva e appena l’avevo pubblicata
avevo già in mente un seguito e visto che a quanto pare era
piaciuta mi sono
messa a scriverlo per davvero.
Sì,
so che in molti sono in vacanza e che magari
non hanno internet, ma spero che quelli che siano ancorati a casa come
me possano divertirsi
–
non credo sia la parola giusta, con
questa storia- a leggere queste pagine.
Beh,
ho finito di sproloquiare.
Aggiungo
solo un GRAZIE enorme –
enormeenormeenorme- a Ella, che ha letto la storia in anteprima.
Grazie
neh, altrimenti non l’avrei mai scritta.
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«
Se solo il tempo potesse
fermarsi nell’esatto momento in cui le tue labbra sfiorano le
mie.»
Non
sapevo molto del mio
carattere o di me stesso.
Conoscevo
il minimo
indispensabile e mi bastava, non volevo scavare nel profondo o
partecipare a
qualche seduta da uno strizzacervelli
per capire quello che ero realmente o
quello che provavo.
Io ero Axel e mi bastava solo sapere che ero attratto da tutte le cose
più sbagliate:
mi piaceva bere, fumavo, mi drogavo, ero pigro, senza dio,
senza idee
politiche, senza un’idea per il mio futuro e non disdegnavo
il sesso.
Vivevo
senza un vero scopo;
la mia era una specie di non esistenza e a me andava bene
così.
Tutto
quello che facevo non
mi rendeva di certo un personaggio interessante sotto molti punti di
vista, ma
alla fine sarebbe risultato perfino troppo
faticoso cercare di avere una vita
giusta, seguendo la classica via del “ bravo
ragazzo” che fin da piccolo mi
avevano inculcato.
No, tutto quello che volevo veramente era uno piccolo spazio indefinito
dove
vivere tranquillo, dove il sole tramontava costantemente.
Volevo solamente essere lasciato in pace.
E invece vivevo nel nulla di una cittadina senza vita, dove il
più grande hobby
dei miei compaesani sembrava quello di osservare i treni passare.
Un giorno avrei preso anche io quel treno e me ne sarei andato via da
quella
merda eppure …
Eppure ogni volta che provavo ad andarmene i miei piedi si bloccavano,
si
attaccavano al cemento della strada e mi impedivano alcun passo.
Codardo,
pensavo all’inizio.
Solo un fottuto codardo senza spina dorsale che aveva paura di
lasciarsi
mammina bella alle spalle.
Invece non era così, non avevo paura di lasciarmi la mia
casa alle spalle o la
mia famiglia; avevo il terrore di andare via da solo, perché
sapevo che
doveva
esserci qualcuno al mio fianco, qualcuno con cui condividere il mio
viaggio.
Essere
single era meglio,molto
meglio, ma
diciamolo...Tutti alla fine
vogliono innamorarsi, compreso uno sbandato come me.
Peccato che io sia attratto da tutte le cose più sbagliate:
Roxas.
A
Twilight Town tutto era silenzioso,
persino il chiacchiericcio eccitato dei ragazzi sembrava non scalfire
quella
strana atmosfera di calma che aleggiava sull’intera
città.
Era quasi un incantesimo che rendeva quel posto estraniato dal mondo
esterno,
come se fossero su un pianeta a parte dove tutto girava in un modo
diverso.
Tutto alla luce del sole sembrava bello, pulito, giusto,
ma appena il
sole calava allora si trasformava.
Quella cittadina silenziosa e lucente diventava assordante e
opprimente,
prendendo una nuova forma.
Persino quello che fino a pochi attimi prima pareva qualcosa di candido
nel
buio di Twilight Town si trasformava in sudiciume, ma era proprio
questo che
attirava molti ragazzi.
Ed era esattamente quell’attrazione su cui giocava ogni notte
Axel, adescando
più persone che poteva e traendola in inganno, trasportando
il prossimo nel
giro della droga.
Si reputava un po’ come il diavolo, diceva nei suoi momenti
di egocentrismo,
che con poche e abili mosse riusciva ad ammaliare gli altri promettendo
solo il
più puro e semplice divertimento.
Anche quella sera non faceva differenza, visto che per le strade
giravano tante
persone e quasi tutte avevano una meta comune:
la festa a Sunset Hill, un colle
poco fuori città dove spesso e volentieri un
idiota palestrato metteva su baracca e burattini per fare bella figura
con
tutti.
Axel era sempre stato invitato a quel genere di eventi, non
perché fosse uno
dei ragazzi più amati della scuola o altro, ma per il
semplice motivo che
tutti
quelli che un minimo contavano –
secondo i canoni giovanili, ovviamente-
sapevano del suo lavoro.
Spacciava. Volentieri, malvolentieri, roba buona o roba cattiva; non
importava,
non ai ragazzi che cercavano solamente una serata da ricordare e
mettere
nell’annuario dei ricordi.
E li Axel
sorrideva, felice di avere un qualcosa da fare.
«Axel, muovi il culo
altrimenti arriverai tardi.»
sbottò di punto in bianco un ragazzo, appoggiando una mano
sopra la spalla del
rosso e risvegliandolo dai suoi pensieri.
Il rosso sbuffò sonoramente e si mise entrambe le mani in
tasca, allontanando
lo sguardo dalla massa di ragazzini che si incamminava verso il colle
facendo
rumore.
«Xigbar.» mormorò di rimando Axel,
sorridendo lievemente e osservando l’amico
che scuoteva una bottiglia di rum.
Ogni volta che quel tizio gli si avvicinava il rosso non poteva fare a
meno di
posare lo sguardo sopra la cicatrice che gli ricopriva metà
volto, domandandosi
come diavolo se la fosse fatta.
Una zuffa da ubriaco? Sì, quello era il pieno stile Xigbar.
Il guercio gli si avvicinò, appoggiandoli il braccio destro
sulle sue spalle e
trascinando Axel verso di sé.
«Amico, ci avrei scommesso che saresti
venuto.»
«Come non potrei? Questa sera guadagnerò talmente
tanto da potermi permettere
un appartamento fuori città.» fece il rosso, quasi
compiaciuto.
«Eh, ma io non parlavo di quello.»
ridacchiò Xigbar poco vicino all’orecchio
del ragazzo, facendogli storcere il naso per la troppa vicinanza.
Senza sembrare troppo scortese fece un passo indietro e si
liberò dalla stretta
del più grande, sollevando poi un sopracciglio.
«Per quale altro motivo dovrei andare ad
una stupida festa piena di ragazzini viziati e pieni di soldi fino al
buco del
culo?» domandò con un lieve ghigno,
sottolineando senza nemmeno farsi troppi
scrupoli quanto odiasse il genere di persone che si apprestava a vedere
i suoi prodotti.
Avrebbe volentieri venduto roba
scadente, se solo non andasse del suo orgoglio. Non voleva mica che si
dicesse
in giro che come spacciatore faceva schifo,
aveva la sua bella reputazione da
difendere.
«Ma come, non sai chi ha organizzato
questa festicciola piena di – e qui ti cito- ragazzini
viziati e pieni di
soldi?» domandò Xigbar con un sorriso sfacciato,
mentre
con la mano si
sistemava la coda ai capelli striati.
«Hai dimenticato “ fino al buco del
culo”, comunque.»
Il moro sbuffò appena, scuotendo la testa e ridacchiando
lievemente.
«Beh? Allora, di chi è questa festa?»
domandò Axel, lievemente infastidito dal
comportamento dell’altro.
Si passò una mano tra i capelli rossi e il suo solito
sorriso si spense della
sue labbra, trasformando la sua espressione in una un po’
più seria.
Non amava perdere tempo, specialmente con gente che valeva poco o meno
un pezzo
di cicca masticata.
«Indovina indovinello … »
iniziò Xigbar, allungando una mano e dando una pacca
sulla spalla del rosso. «quale bel biondino ha intenzione di
fare tutto questo
macello?» finì la sua
filastrocca dando una pacca più forte sulla spalla del
ragazzo, facendolo sbilanciare di un passo in avanti.
Axel riprese l’equilibrio con un saltello e poi rimase
immobile per un attimo,
sospirando e in seguito annuendo. «Roxas.»
«Bingo!»
fece Xigbar, schioccando le dita
e annuendo. «Sai, si dice in giro che tu abbia una piccola cottarella per Mr. Freddezza. Non
sprecarci tempo, Ax, tanto
quello è fuori dalla tua portata.
Non so se mi spiego, tu sei di serie B mentre
lui, beh … » sollevò un paio di volte
le sopracciglia e fischiò, facendo ben
intendere quello che gli passava per la testa.
Il fulvo gli scoccò un’occhiate degna di un
qualsiasi buon cattivo di film di
serie B che si rispettasse e digrignò appena i denti, mentre
una strana rabbia
gli montava dentro la testa.
Non amava essere paragonato ad un tipo di “serie
B”, e quanto meno voleva che
quel coglione pensasse a Roxas in quei termini.
«No, non ho niente a che vedere con Roxas. Adesso sparisci,
ho da fare. »
tagliò corto, la voce affilata e lo sguardo tagliente.
Senza aggiungere altro voltò le spalle all’altro e
si incamminò lungo la
salita, osservando le persone che camminavano e parlavano esaltate.
Ovvio, pensò Axel, se la festa l’aveva organizzata
Roxas sicuramente sarebbe
uscita fuori uno spettacolo.
Chissà perché era stato invitato, allora. Forse
era diventato davvero lo
zerbino di Roxas come pensava.
E a quanto pareva la risata di
Xigbar alle sue spalle confermava la sua teoria.
L’intero Sunset
hill sembrava splendere di luce propria quella sera.
L’enorme distesa di erba e terriccio era ricoperta da
tavolate piene di cibo e
alcolici, da ripiani più piccoli circondati da comode
poltroncine
e da delle casse, dove
si espandeva musica a tutto volume.
A destra c’era un enorme e lungo tavolo ricoperto di
stuzzichini vari, che
partivano dalle classiche patatine e finivano con piatti più
costosi come il
caviale;
i piatti di ceramica – decorati da fini linee color oro-
erano
disposti uno sopra l’altro in modo decisamente artistico e
andavano a formare
un elegante cerchio dove tutte le persone poteva afferrare il proprio
piatto.
Poco più avanti a quel tavolo c’erano due tavolini
bassi con le gambe tozze e
squadrate, circondati da poltroncine rosse , dove alcuni ragazzi ci
sprofondavano
sopra e ridevano.
Sopra ai due tavoli facevano bella mostra dei narghilè
decorati con motivi
floreali e dalle bocche dei ragazzi radunati li intorno usciva fuori
del fumo
profumato di diversi aromi.
Sul lato sinistro, invece, c’erano due enormi casse e poco
vicino un tavolo con
sopra tutto il necessario per rendere la festa più vivace.
Musica rock, punk, house; c’erano CD di tutti i generi e il
Dj pareva essere in
grado di mixare ogni tipo di sound richiesto.
Centinaia di persone si muovevano a ritmo della musica, seguendo le
note
musicali e scuotendo i propri corpi senza preoccuparsi delle persone
che
ballavano affianco a loro.
E in mezzo a quelle persone c’era anche Roxas.
Axel lo aveva riconosciuto non appena aveva raggiunto la cima del
colle, il
fiato corto sia dalla salita che dalla leggera aspettativa che
palpitava nel
suo petto.
Il rosso si era fermato poco lontano dal centro, appoggiando una mano
sul
fianco e lasciando penzolare l’altra lungo la coscia.
Aveva spostato il suo sguardo smeraldino lungo l’intero
perimetro e poi si era
fermato al centro della pista da ballo, dove i suoi occhi erano rimasti
incatenati dalla figura del biondo.
Roxas era li, il suo solito sorriso falso e di circostanza ad adornarli
il
volto e gli le mani che si spostavano da una spalla all’altra
delle persone che
lo circondavano.
Parlava tranquillamente, ridendo di tanto in tanto e scoprendo i denti
bianchi,
mentre gli occhi si socchiudevano o guizzavano da una parte
all’altra.
Axel deglutì, mentre l’ansia che aveva sentito
appena Xigbar aveva pronunciato
il nome del biondo ritornava forte come prima, forse ancora di
più.
Era stupido, insensato e dannatamente masochistico, ma gli occhi di
Axel non
riuscivano a spostarsi di un solo millimetro.
Osservavano con bramosia ogni
piccolo spostamento di Roxas, godendo di ogni espressione che
riuscivano a
catturare.
Il biondo si passava una mano tra i capelli, annuiva, parlava, si
girava, si
grattava una guancia e dondolava la testa al ritmo di un ritornello che
gli
piaceva più di un altro;
e intanto Axel impazziva, perché non si era mai
ritrovato in tutta la vita a desiderare qualcosa come in quel momento.
Avrebbe voluto poter andare vicino a lui e parlargli come
facevano gli altri, guardarlo negli occhi senza dover temere di dire
qualcosa
di sbagliato.
Axel non aveva la minima idea se Roxas avesse sentito il suo sguardo
premere
contro di sé, ma quando lo vide sollevare il volto e puntare
i suoi occhi
azzurri contro di lui si rese conto di essere fottuto.
Fottuto, perché
appena i loro sguardi si erano
incatenati Roxas aveva sorriso in quel suo modo strano, facendo formare
una
piccola fossetta sul lato destro della guancia e scoprendo una parte di
denti.
La musica intorno cambiò e Roxas ne sorrise, soddisfatto; il
pezzo che adesso
ricopriva l’intera collina con le sue note era una canzone
che non conosceva,
che però
sembrava tanto piacere ai ragazzi sulla pista da ballo.
Il biondo guardò fisso negli occhi Axel e aprì
lievemente la bocca, voltando il
capo verso i ragazzi che gli stavano intorno e sussurrandogli qualcosa.
Qualche secondo dopo tutti loro avevano smesso di parlare e avevano
iniziato a
muoversi e a ballare, lasciandosi trasportare dalla musica, chi con
abilità e
chi meno.
Eppure il biondo rimaneva fermo in mezzo alla pista, gli occhi ancora
incatenati a quelli verdi di Axel e un sorriso divertito sulle labbra.
Per un secondo chiuse gli occhi azzurri e quando gli riaprì
sembravano diversi,
come offuscati.
Roxas sollevò lentamente una mano e si accarezzò
a rilento una guancia, mentre
il dito indice scivolava verso la bocca e toccava le labbra morbide e
dischiuse.
Axel gelò sul posto, mentre un languore allo stomaco gli
provocò brividi per
tutto il corpo.
Il corpo del biondo aveva iniziato a muoversi senza fretta, ondeggiando
e
vibrando di tanto in tanto;
Il bacino si muoveva quasi impercettibilmente in
avanti e indietro, mentre le
cosce
strusciavano l’una accanto all’altra.
La mano che poco prima accarezzava il suo volto si sollevò,
subito seguita
dall’altra. Entrambe si sollevarono al cielo e si sfiorarono,
mentre le braccia
si strofinavano insieme e riscendevano giù, verso il corpo.
A Roxas piaceva come gli altri lo guardavano carichi di
desiderio e non riusciva a trattenere un sorriso di felicità;
ma la cosa che
davvero lo eccitava era l’idea che Axel non riusciva nemmeno
a battere ciglio,
mentre rimaneva con lo sguardo incollato su di lui.
Gli pareva perfino di sentire la sua eccitazione da li, mentre bramava
come non
mai poterlo toccare eppure non poteva.
Il biondo sospirava apposta, si muoveva come se stesse facendo sesso
con
qualcuno e non se ne vergognava.
Quella danza era fatta apposta, doveva essere
un insieme di sensualità ed erotismo, tutto per Axel.
E il bello per Roxas stava proprio in quello.
Portò una mano al lato del suo collo e lo
accarezzò , mentre l’altra scese verso
il petto, vezzeggiandolo e punzecchiandolo come se non fosse la sua
mano ma
quella di un amante voglioso.
La musica si alzava e si abbassava, mentre la luce alle volte si faceva
talmente soffusa che sembrava stesse per andare via da un momento
all’altro.
Il biondo si dondolò suoi fianchi, lentamente.
Fece scivolare la mano lungo il
petto e accarezzò la sua vita, mentre il ventre si spingeva
lievemente in
avanti e poi ancora più lentamente in indietro.
Scivolava verso il basso, Roxas, mentre le ginocchia flettevano
lentamente e la
schiena si inarcava.
Oramai non era più il biondo a muovere il suo corpo, ma ero
lo sguardo carico
di desiderio di Axel che lo spingeva sempre più in basso, per poi farlo risalire e
gemere lievemente
dalla bocca, volutamente e apertamente.
Lo stomaco del rosso si contorceva, mentre le mani prudevano dalla
voglia di
appoggiarsi lungo i fianchi rigidi dell’altro ragazzo e di
tirarlo verso di sé.
Voleva farlo muovere lui, farlo scontrare contro il suo membro e dargli
una
vera ragione per gemere.
Il rosso voleva affondare le sue dita contro
la pelle di Roxas e basta, non desiderava
nient’altro.
Senza fiato, senza affanno, Axel era travolto dai movimenti del biondo.
Roxas sorrise ancora, le gote lievemente arrossate e le labbra
arricciate in un
ghigno; allungò entrambe le mani, che dal suo stomaco
scesero verso le gambe,
accarezzando le cosce e giocherellando con la punta delle dita con
stoffa dei
jeans chiari.
Si muoveva ancora, sensualmente, delicatamente e lentamente. Dondolava
al ritmo
della musica, sorrideva e giocava con lui.
Qualche secondo prima sfiorava le sue gambe e subito dopo ritornava a
giocherellare con i suoi capelli, socchiudeva gli occhi e girava su
sé stesso,
consapevole dello sguardo di Axel contro la sua schiena e sul suo corpo.
Allungava il collo all’indietro e chiudeva gli occhi, mentre
le ultime note
suonavano e le sua mani scivolavano sul suo piccolo corpo e tiravano
lievemente
i vestiti.
E quando il biondo ritornò ad osservare Axel la
sua bocca si socchiudeva e sembrava chiamare il nome del
più grande,
mentre il sorriso divertito non intendeva lasciare il suo volto.
Era erotismo allo stato puro.
I fumi soffusi del Narghilè, gli sguardi indiscreti che
Roxas lanciava, le sue
mani che sembravano sciogliersi sul suo stesso corpo, come se si stesse
masturbando;
tutto, dalla musica agli odori non faceva altro che rendere tutta
quell’atmosfera soffocante.
Tutta quella danza erotica era per lui, Axel lo sapeva, così
come sapeva che
l’erezione a cavallo dei suoi pantaloni aveva iniziato a
pulsare e a farlo
impazzire.
«Piccolo …
Bastardo» soffiò il rosso, il fiato
corto e le guance in fiamme.
Deglutì a fatica e tossì un paio di volte, mentre
la musica finiva e subito
veniva sostituita da una canzone completamente diversa.
Roxas si fermò di colpo, mettendo la parola “
fine” alla sua danza. Senza
aggiungere altro osservò Axel e assottigliò lo
sguardo azzurro, sorridendo.
Con un movimento fulmineo girò le spalle a tutti e si
allontanò dalla pista da
ballo, raggiungendo il lungo tavolo di destra.
Forse non l’aveva detto esplicitamente, ma Axel era sicuro
che lo stesse
aspettando.
«Allora, Axel, hai davvero voglia di
giocare con me?» forse Roxas non lo aveva detto a
voce alta, ma quel suo
pensiero sembrava ancora rimbombare nella pista da ballo,
insieme all’immagine
del biondo che si toccava e gemeva.
Ci
vollero ben dieci minuti prima che
Axel riuscisse a riprendere il pieno controllo del suo corpo.
Per quella lunga attesa, per lo meno così sembrava al rosso,
il ragazzo aveva
sospirato e aveva cercato in tutti i modi di calmare la sua erezione.
Vedere Roxas muoversi davanti a lui, per
lui, aveva avuto il suo effetto e, nonostante
l’aria fresca che gli solleticava
il volto, il pulsare al basso ventre non si calmava affatto.
Fortunatamente non si vedeva quasi nulla grazie ai suoi pantaloni neri
e larghi
che era solito mettere.
Per una volta ringraziò la divina provvidenza che gli
aveva fatto adocchiare i pantaloni a terra e glieli aveva fatti
indossare,
anche perché erano gli unici abbastanza puliti tra tutta la
merda di casa sua.
Sempre che di divina provvidenza di poteva parlare, anche
perché Axel preferiva
di gran lunga definirla botta di culo.
Quindi l’erezione c’era, era li presente e la
sentiva fremere quasi quanto
prima, ma per lo meno era quasi impercettibile sotto i suoi pantaloni.
Per questo secondo Axel non aveva senso rimanersene fermo al lato della
pista con
ancora lo sguardo puntato al centro dove adesso, a ballare sotto il
ritmo incalzante
della musica,
non c’era più Roxas ma dei ragazzini qualunque.
Tante nullità prive di alcun interesse, in pratica.
Inspirò l’ennesima boccata d’aria fresca
e si passò una mano tra i capelli, ben
conscio di quello che stava per fare.
Insomma, Axel non si reputava di certo uno stupido, anzi, tutto il
contrario, però
non poteva lo stesso dire del suo pene.
No, quella piccola parte di sé – forse dire
“piccola” era un po’ riduttiva,
secondo lui- era stupida e masochista, perché lo portava
sempre e solo alla
ricerca del biondo e, giusto per intendere il tutto molto meglio, verso
il suo
culo.
Quindi il suo cervello cercava di
mandarlo ovunque, tranne che da Roxas; aveva un lavoro da fare, le
tasche piene
di pasticche varie e molti clienti da soddisfare.
Eppure l’altra parte di sé,
quella ancora eccitata dallo spettacolo di Roxas, lo spingeva a
camminare lungo
la pista da ballo.
«Scusami.» Appoggiò
entrambe le mani
sulle spalle di due ragazzi e si fece largo tra di loro, camminando
dentro la
mischia.
«Permesso.» fece poco dopo, scivolando verso
sinistra e evitando di finire
spiaccicato contro due ragazzi intenti a baciarsi appassionatamente.
Scosse la
testa e riprese a camminare, cercando di non farsi pestare i piedi
dalle
persone che si muovevano affianco a lui.
«Oh andiamo, levati.»sbottò ancora,
ruotando gli occhi al cielo con esasperazione.
Proprio vicino a lui dovevano
arrivare i più coglioni? C’era tutta la pista a
disposizione, eppure le teste
di cazzo incapaci
sembravano voler
incappare proprio contro di lui.
«No, non ballo.» Axel scosse la testa e
allontanò il suo braccio dalla presa di
una ragazza che, con le pupille dilatate e lo sguardo vacuo, gli si era
avvicinata con l’intenzione di ballare.
Scosse la testa e sollevò lo sguardo verso il lato libero
della pista,
riuscendo perfino a riconoscere la zazzera bionda di Roxas e la sua
intera
figura,
che lo aspettava a braccia incrociate vicino al lungo tavolo pieno di
cibarie.
Sorrise appena, ricordandosi di quanto quel ragazzo sapesse essere un
bastardo
arrogante con quel suo sorriso falso e irrisorio.
Possibile che tutte le
persone che gli giravano attorno non si accorgevano della sua doppia
faccia e
del suo vero carattere?
Axel lo trovava così evidente quando il biondo
sorrideva e tendeva fin troppo le labbra, creando una stonatura su
tutta la
faccia che rendeva ovvia la sua maschera.
Mentre in quel momento, mentre Axel ancora scalpitava lungo la pista
per non
essere travolto, il sorriso – o ghigno, che a dir si voglia-
che
sorgeva sulle
labbra di Roxas era dannatamente vero e così diverso dagli
altri.
Ma adesso glielo avrebbe fatto passare Axel, quel cazzo di sorriso
dalla
faccia. Lo avrebbe preso pugni e gli avrebbe detto di smetterla di
giocare, e
di farsi scopare una volta per tutte al posto di giocare al “
non sono gay ma
solo curioso”.
«’fanculo.»
sbuffò nuovamente, dando un’ultima
spallata ad un ragazzo e riuscendo ad uscire da quel cerchio scomposto
in cui
si ammucchiavano tutti a ballare.
Si passò una mano sopra la camicia bianca come per darsi un
minimo di
compostezza, allisciando le varie pieghe che tra uno scontro e
l’altro si erano
formati.
Poi sollevò lo sguardo smeraldino e incrociò
nuovamente quello divertito di
Roxas.
Axel deglutì e riprese a camminare, questa volta quasi
nessuno a sbarrargli la
strada.
Quattro falcate ed era arrivato di fianco al biondo, che si limitava a
sorridere quasi compiaciuto.
Il rosso si inumidì le labbra, pronto a parlare; socchiuse
gli occhi e si passò
una mano sopra le palpebre, cercando di trovare le parole giuste da
dire, ma quando la
mano ricadde verso il basso e
gli occhi si aprirono Roxas non era più di fronte a lui.
«Cosa- ?»
Axel si voltò verso destra e poi verso sinistra, ritrovando
in poco tempo
Roxas, che gli dava le spalle e sembrava concentrato a guardare il cibo
esposto
lungo il tavolo.
Il rosso si passò una mano tra i capelli e raggiunse
l’altro ragazzo,
mettendosi al suo fianco e sospirando.
«Ti pagano per fare lo stronzo oppure è un dono di
famiglia?» sibilò Axel,
abbassando il capo tanto bastava per riuscire a vedere il sorriso di
Roxas
allargarsi ancora di più, donando al suo volto
un’espressione alquanto
strafottente.
«Non ci parliamo da più di due mesi e la prima
cosa che fai è insultarmi?»
domandò cantilenante, giocando con l’elegante
bicchiere – un flute, se l’occhio
da non intenditore di Axel non si sbagliava-
che teneva tre le dita sottili. «Così
mi spezzi il cuore.»
Il rosso arricciò appena le labbra e
sospirò rumorosamente, allungando
anche lui una mano verso il tavolo e afferrando un Tumbler e versandoci
dentro
un po’ di ghiaccio e del Bloody
Mary.
«Se avessi un cuore
non mi avresti dato buca
quella sera, non trovi?» domandò Axel non appena
finì di bere il
primo sorso del suo cocktail, scuotendo la
testa per dare più enfasi alle sue parole.
Roxas affilò appena lo sguardo e si passò una
mano sotto al mento, indeciso su
quale bevanda versarsi nel bicchiere.
Si voltò verso il rosso e inclinò la testa di
lato, indicando con un cenno la
tavolata.« Champagne oppure cocktail?»
Il rosso ruotò gli occhi al cielo e afferrò con
un colpo veloce il flute dalle
mani di Roxas, volgendosi
poi verso il tavolo e afferrando una bottiglia di Champagne.
«Come se non lo sapessi che in questi bicchieri si servono
solo bevande con le
bollicine … » borbottò Axel, mentre
versava con cura il liquido semi
trasparente nel bicchiere affusolato dell’altro ragazzo.
Roxas sorrise soddisfatto, allungando la mano e riprendendosi il calice
tra le
mani, portandoci poi sopra la bocca.
Sorseggiò con occhi socchiusi la bevanda bionda e poi
abbassò il flute, fino ad
appoggiarlo sopra al tavolo.
«Te ne intendi.»
Per quando ad Axel avrebbe fatto piacere ricevere un complimento da
Roxas
sapeva bene che non c’era alcuna nota di elogio nella sua
voce, ma invece una
stupita.
«A furia di avere a che fare con gente come te ho imparato
anche io.» rispose
subito Axel,
lievemente infastidito dalle sue stesse parole; in pratica si era
definito un poveraccio senza istruzione e bon ton, ma alla fine era
quello che
era davvero.
Roxas scosse le spalle e schioccò le labbra, passandosi una
mano tra i capelli.
«Se inizi a capire la differenza tra i vari bicchieri allora
non sei tanto da
buttare, sai?»
«Doveva essere un complimento?»
«Non credo proprio. Era solo … » Roxas
si passò una mano sotto al mento,
sollevando poi l’indice e mordicchiandosi appena
l’unghia. « Solo
un’affermazione, ma vedi di non esaltarti troppo.»
Axel sbuffò per la centesima volta in tutta la serata,
sollevando il suo
bicchiere davanti al volto e bevendone un gran sorso.
Appena finito il cocktail fino all’ultima goccia
appoggiò il bicchiere vicino a
quello di Roxas, osservandone il contenuto quasi del tutto intatto.
«Non
lo finisci?» domandò poco dopo,
sollevando un sopracciglio rosso e osservando di sbieco il biondo.
«No.» senza dire altro Roxas gli diede le spalle
– ancora- e sfilò accanto a
lui, accarezzandogli volutamente il braccio.
Il maggiore osservò il bicchiere ancora pieno e scosse la
testa, lasciandolo li
e seguendo Roxas.
Piccolo, bastardo e pure menefreghista. Ma alla fine al biondo che
importava se
un po’ di champagne finiva nel cesso? Probabilmente ci faceva
il bagno e degli
sprechi gli importava ben poco.
Axel ritornò sui suoi vecchi passi e si fermò
ancora vicino al biondo, che se
ne stava a braccia incrociato vicino ad un albero.
«Non mi hai ancora detto come mai non sei venuto con me,
quella sera.» parlò di
punto in bianco Axel, sollevando lo
sguardo verso il cielo pieno di stelle.
Roxas, accanto a lui, sospirò appena e per un attimo il
sorriso si smorzò dalle
sue labbra. Sollevò anche lui lo sguardo verso il cielo e
rimase per un istante
in silenzio.
«Non mi interessava venire.»
«Palle.» sbottò subito Axel, facendo
scendere il suo sguardo verso il biondo.
«Sei stato tu a dirmi che ti piaceva il tramonto.»
Roxas sbuffò, passandosi una mano dietro al collo.
«Dico talmente tante cose che non ha senso aggrapparsi ad una
bugia.»
«Peccato
che non fosse una bugia e ogni
volta che provo a parlarti tu scappi via.»
«Io non scappo affatto, idiota.» Roxas si
accigliò appena, sciogliendo le
braccia dal suo petto e facendole penzolare lungo i suoi fianchi.
«Semplicemente non voglio avere nulla a che fare con
te.»
Axel ringhiò appena, digrignando i denti e facendoli
stridere.
«Ma certo, infatti
è proprio per
questo che prima non stavi affatto ballando per me, non mi stavi
guardando e
non ceravi di portarmi qui da te, eh?» domandò con
ironia il più grande,
scoccando al biondo un’occhiata innervosita.
Roxas sorrise appena, per poi lasciarsi andare in una lieve risata.
Axel lo trovava eccitante quando rideva. Beh, il rosso lo trovava
eccitante
anche quasi parlava, sorrideva, beveva o faceva qualunque altre cose,
infondo.
«Il fatto che io voglia giocare un po’ con te non
significa che tu faccia parte
della mia vita, sappilo.»
Il rosso mugolò un “ma dai?” e si passò
una mano lungo la camicia, slacciandosi un bottone per
far prendere un po’ d’aria al collo.
«E quando ti stancherai di questo gioco?» chiese
con falsa curiosità, ma al
tempo stesso divertito dalle parole del biondo.
Possibile che non si rendesse
conto che quello che lui continuava imperterrito a chiamare
“gioco” in realtà
era pure e semplice attrazione?
«Quando mi stancherò.»
«Ah beh, allora se è così non ha senso
che io rimanga qui a parlare con te.»
Axel fece per andarsene, questa volta per davvero.
Non si era arrabbiato, non
era rimasto deluso, nulla del genere; semplicemente sapeva che Roxas
non
l’avrebbe lasciato andare così facilmente, non
dove aver dato inizio a tutto.
E infatti nemmeno fosse tutto programmato la mano del biondo gli
sbarrò la
strada, afferrandolo per un polso e trascinandolo verso di
sé.
Roxas strattonò appena il braccio di Axel, invogliandolo a
camminare dietro di
lui.
Si mosse lentamente lungo la strada sterrata senza dire una sola
parola,
camminando con passo volutamente oscillante e portandosi dietro il
rosso.
Lo sguardo del maggiore era soddisfatto, felice di aver azzeccato le
mosse del
biondo.
E adesso? Beh, adesso poteva gustarsi il biondo che gli dava le spalle
e che,
quindi, gli mostrava il sedere.
Solo quando vide Roxas fermasi davanti ad un tavolino e a delle
poltrone si
incuriosì della destinazione, inarcando un sopracciglio e
pronto a parlare.
Eppure il biondo lo precedette, voltandosi con il suo miglior sguardo
glaciale
verso i ragazzi che sedevano scompostamente sulle poltroncine rosse.
«Sparite.» sibilò, aggiungendo alla sua
voce fredda anche un gesto perentorio
della mano.
Axel si trattenne dal ridere quando i due ragazzi si alzarono di scatto
dalle
poltrone e se ne andarono via senza dire una parola, spaventati.
Sicuramente Roxas era una specie di re da quelle parti, dove un suo
ordine era
legge.
«Sai essere persuasivo, blondie.»
ridacchiò il rosso, ritraendo il braccio
dalla leggera presa del più piccolo.
Roxas si voltò verso di lui e sbuffò appena,
stirando le labbra in un sorriso
soddisfatto.
«Questo si chiama “potere”, Axel. Tieniti
quest’immagine stampata in testa,
perché è una cosa che nella tua vita non rivedrai
mai più.»
Il rosso sollevò gli occhi al cielo e scosse la testa;
nemmeno aveva più voglia
di ribattere alle frecciatine di Roxas, adesso l’unica cosa
che lo interessava
davvero era scoprire quello che aveva in mente.
E detto fatto.
Il
biondo si voltò verso il maggiore e
riprese il suo solito sorriso indecifrabile; con un movimento veloce
appoggiò
entrambe le sue mani sopra al petto di Axel e lo spinse indietro.
Camminò verso il rosso e lo fece indietreggiare,
finché le sue gambe cozzarono
contro la pelle della poltroncina rossa.
Axel sollevò un sopracciglio in una domanda silenziosa e si
lasciò scivolare
giù, sedendosi sopra al poltrona.
Appoggiò entrambe le mani sopra i bracciali della poltrona e
affondò le unghie
dentro la pelle rossa.
Roxas si morse il labbro inferiore e avanzò ancora,
finché non si ritrovò di
fronte al fulvo, intendo a guardarlo dal basso verso l’alto.
Roxas non aspettava nient’altro;si allungò in
avanti e appoggiò un ginocchio
sopra al bracciolo, seguito subito dall’altro.
Allungò il braccio sinistro e lo
appoggiò vicino al volto di Axel, mentre si sedeva
più comodo sopra le gambe
del maggiore.
Il rosso aprì bocca per parlare ma Roxas si spinse in avanti
con il bacino e
gli mozzò il fiato in gola.
Il biondo sorrise, lasciandosi scappare una piccola risata. La mano
destra
scivolò sopra al petto di Axel fino a sfiorare il cavallo
dei pantaloni.
«A quanto posso vedere il mio ballo di prima ha sortito i
suoi effetti.»
mormorò con soddisfazione tra sé e sé,
ignorando completamente il mugugno di
Axel sotto di lui.
«Non gasarti troppo, blondie. Non sei tu, è il tuo
culo.» spiegò in un soffio
il rosso.
«Come
no …» lo derise Roxas, scuotendo la
testa e muovendo ancora il bacino. «Allora vediamo un
po’ che cosa fare.»
Axel deglutì e inspirò una boccata
d’aria.
«Non per essere ripetitivo, ma tu sei il tipo etero
più gay che conosco.»
Il biondo ignorò quella non poi tanto velata frecciatina e
allungò un braccio
all’indietro, tastando con i polpastrelli il tavolino fino a
che le sue mani
non si scontrarono in quello che cercava.
Axel capì che il biondo aveva trovato quello che voleva
perché il suo sguardo
azzurro quasi si illuminò di divertimento.
E quando Roxas era divertito quasi sempre lui si ritrovava eccitato e
per nulla
soddisfatto, in quanto il biondo tendeva a lasciarlo senza dargli la
minima
soddisfazione.
Il biondo fece ritornare la mano davanti a lui e portò con
sé un lungo tubo di
plastica semi trasparente, che adagiò con cura vicino
all’ arto superiore del
rosso appoggiato al bracciolo.
Axel seguì il tubo con lo sguardo, si sporse di qualche
centimetro in avanti e
osservò che era agganciato all’attaccatura del
narghilè.
Sollevò un poco la testa e tornò a guardare il
volto concentrato di Roxas,
osservando come le sue labbra tese in un sorriso si socchiusero e si
avvicinarono
al beccuccio del tubicino.
Il biondo aspirò un po’ di fumo,socchiudendo gli
occhi e lasciandolo scivolare
poco dopo fuori dalla sua bocca.
Axel rimaneva incantato da quelle labbra che aveva baciato solo una
volta, le
osservava contrarsi e ricoprirsi di fumo profumato.
Deglutì e inspirò profondamente, mentre
l’odore di marijuana e quello di Roxas
si mischiavano dentro di lui.
Il biondo inspirò ancora e questa volta si sporse in avanti,
arrivando faccia a
faccia con Axel.
I loro nasi si sfioravano, o forse era meglio dire che il biondo
muoveva
lentamente la propria faccia così da accarezzare quella del
ragazzo sotto di
lui con il suo volto.
Roxas si chinò in
avanti e inclinò il
capo, facendo scivolare la bocca verso le labbra di Axel.
Non lo baciò, rimase fermo davanti al rosso con le labbra
socchiuse da dove
usciva una leggera scia di fumo;
le mani del ragazzo scivolarono ancora contro
al cavallo dei pantaloni del rosso e lo accarezzarono, facendo gemere
lievemente Axel.
E appena la bocca del rosso si schiuse Roxas avvicinò di un
millimetro la sua,
facendo sfiorare con lentezza le loro labbra bollenti.
Con un movimento della lingua fece uscire il fumo, che fino a poco
prima aveva
tenuto nei polmoni , fuori dalla bocca con lentezza, facendo scivolare
quella
sottile nube dentro la bocca di Axel.
Il rosso inspirò quasi automaticamente il fumo che il biondo
gli stava
passando, socchiudendo gli occhi e cercando di calmare i battiti
eccitati del
suo cuore.
Il rosso inspirò ancora e poi fece uscire la sostanza dal
naso, osservando la
figura di Roxas seduto sopra di lui circondata da fili di fumo e dalle
luci
colorate.
Tolse le mani dai braccioli della poltrona e
sollevò le braccia,
artigliando con le dita i fianchi del biondo.
Contemporaneamente al suo movimento sentì il corpo del
ragazzo piegarsi verso
di lui più di prima, mentre le sue labbra si sfioravano
nuovamente con le sue.
Socchiuse la bocca, ignorando i gemiti che vi uscirono, e permise a
Roxas di
lasciargli tante scie di baci lungo le sue labbra.
Stava impazzendo, se solo avesse potuto …
Axel strinse più forte la presa sui fianchi di Roxas e
issò la schiena dalla
poltrona, spingendosi in avanti.
La mano destra che prima stringeva quasi con possessione il biondo
adesso
saliva verso l’alto quasi inconsapevolmente ,
finché non arrivò a spingere la
testa del più piccolo contro la sua.
Si impossessò delle labbra di Roxas con più
vigore, schiacciandosi contro di
lui e mordendogli ogni pezzo di morbida carne avesse sotto mano.
Insinuò la lingua dentro la bocca del ragazzo sopra di
lui e non si premurò di essere così gentile dal
tirargli delle ciocche di
capelli biondi per farlo partecipare.
Axel sfiorò la lingua di Roxas con la massima devozione,
saggiando
languidamente ogni parte che poteva.
Sfiorava sensualmente quelle labbra che tante volte lo avevano
disprezzato e
che tanto desiderava con
la sua lingua,
per poi immergersi in un nuovo bacio con trasporto.
Quel movimento assuefacente delle labbra durò poco, giusto
il tempo per
assaporare il sapore dell’altro e lasciarsi andare
momentaneamente;
Axel si annullò completamente sotto Roxas,
sotto i suoi tocchi, sotto il suo bacio e nella sua mente
rimbombò la voce di
Marluxia.
«
Sei così ciecamente preso da lui che ti lasceresti condurre
sopra al
ciglio di un burrone senza alcun timore. Non hai mai pensato che prima
o poi ti
farà cadere, mentre quel suo solito sorriso gli incornicia
il volto e la sua
voce ti dice " addio"?»
glielo ripeteva
spesso, ogni volta che lo trovava con lo sguardo rivolto al tramonto e
l’espressione corrucciata.
Eppure ad Axel non importava affatto cadere, in ogni caso avrebbe
trasportato
più che volentieri Roxas con lui.
«Andiamo via.»
Quelle parole, sussurrate all’orecchio di Axel, lo fecero
quasi sobbalzare
sulla poltroncina;
non si era accorto di Roxas, ancora chino su di lui, che gli
leccava la conchiglia dell’orecchio, non finché
non l’aveva sentito sussurrarci
dentro.
Per un istante si era perso dal mondo reale, ma adesso era tornato e le
parole
del biondo non potevano che intrigarlo.
«Andiamo … Dove?» domandò col
fiato mozzato, mentre si leccava le labbra che
ancora sapevano dell’altro ragazzo.
Roxas sorrise di sbieco e scivolò via da Axel, appoggiando i
piedi per terra e
aspettando che anche l’altro ragazzo si alzasse.
Cosa non molto facile, dato l’erezione che ancora pulsava
nelle sue mutande,
costretta dalla stoffa di pessima qualità che indossava.
«Conosco un posto poco lontano da qui dove non ci va mai
nessuno; non a
quest’ora, per lo meno.»
Era un’impressione di Axel oppure la voce
del biondo suonava volutamente sensuale e lasciva?
Anche il rosso sorrise, scuotendo la testa.
«Ok allora, andiamoci pure.»
Non aggiunsero altro per tutto il tragitto, mentre Axel si lasciava
trasportare
e Roxas guidava.
Attraversarono la folla di ragazzi esaltati che cantavano e ballavano
senza
freni, uscirono dall’intero Sunset Hill e ripercorsero la
strada a ritroso,
incontrando di tanto in tanto ragazzi ubriachi e ondeggianti per strada.
Aveva pressoché poca importanza che i tre quarti delle
persone che si
ritrovavano davanti erano intente vomitare l’anima al ciglio
della strada
oppure a scopare dietro un cespuglio,
per il momento la direzione di Axel e
Roxas era lungo una via poco abitata e decisamente nascosta tra le case
malandate.
C’era un piccolo posto, un
nascondiglio segreto, nelle periferie di Twilight Town che
spesso e volentieri i bambini nel pomeriggio usavano come ritrovo.
Era piccolo, angusto, eppure aveva attirato l’attenzione di
Roxas molto più che
un caffè a cinque stelle dal lato opposto della
città.
Appena le mani del biondo scostarono una sudicia tenda marroncina
– oppure era
rossa?- entrambi i ragazzi entrarono dentro quella piccola
concavità tra due
vecchie case.
Axel si passò una mano dietro al collo, girando su
sé stesso per poter
osservare al maglio l’intero posto.
«Sembra un
ripostiglio.» rise appena, sollevando
un sopracciglio e scuotendo la testa, mentre i suoi occhi si spostavano
dal
poster del torneo di Struggle attaccato sulla parete alla poltrona
quasi
completamente distrutta dove si stava sedendo Roxas.
«Insomma, pensavo che a te piacessero posti ben
più diversi di questo.» finì
poco dopo, deglutendo e tenendo lo sguardo fisso sulla figura del
biondo.
Possibile che anche in mezzo a tanta merda e sporcizia riuscisse ad
assomigliare ad un principe viziato, con le gambe accavallate su una
poltrona
con le molle al vento e un muro scrostato dietro?
Forse era la sua espressione, quella luce che aveva negli occhi che
faceva
sentire tutti quelli che gli giravano attorno come se lui fosse il vero
padrone.
Ma per Axel non era così, non più di tanto per lo
meno.
Ammetteva che era bello, che era delizioso,
ma sapeva anche quanto quel suo lato principesco fosse solo
una fottuta
finzione.
Quindi non riuscì a trattenere una risata quando vide la
mano di Roxas fargli
segno di avvicinarsi, proprio come farebbe un principe per chiamare il
suo
schiavo.
«Devo fischiare per farti venire qui oppure muovi il
culo?» domandò
retoricamente poco dopo, accavallando le gambe nuovamente.
Axel sollevò gli occhi al cielo e scosse la testa,
raggiungendolo comunque.
Gli si piazzò davanti, mentre i suoi occhi verdi
continuavano a vagare lungo il
suo corpo.
«E adesso che siamo qui? Mi permetterai di scoparti? Sai
com’è, qui sotto sono
abbastanza eccitato.»
Roxas si morse il labbro inferiore con divertimento, scuotendo la testa
e
trattenendo una risata.
«Perché mai dovrei farlo? Come ti ho
già detto non sono gay e non ci tengo ad
avere il tuo cazzo nel culo.»
«Ti ostini ancora a … Ah, al diavolo!»
sbottò Axel, spostandosi di qualche
passo in avanti e appoggiando le mani sopra le spalle di Roxas.
«Ricapitoliamo
un po’ di cose, ti va? Mi hai fatto un pompino, mi hai
baciato e ti sei fatto
quasi scopare, hai ballato per me-
che
sono un ragazzo, ti ricordo, e infine mi hai baciato, ancora. E questo
non è essere gay? »
domandò sollevando un sopracciglio, sicuro al cento
per cento di avere in pugno il biondo.
Eppure Roxas fece spallucce, sostenendo lo sguardo di Axel senza
nessuna
vergogna.
«E a me pare di averti detto che mi piace
sperimentare.»
Il rosso scosse la testa, lasciandosi scappare dalla bocca un suono
gutturale
simile ad una risata.
«E va bene …» mormorò subito
dopo, assottigliando lo sguardo e facendo più
pressione sulle spalle del biondo.
Non aggiunse nient’altro, semplicemente si chinò
in avanti fino ad
inginocchiarsi davanti a Roxas.
Tenne lo sguardo alto, Axel, mentre con una mano sfiorava il cavallo
dei
pantaloni del biondo e osservava la sua bocca socchiudersi appena,
quasi
stupita.
Roxas non lo interruppe, non sollevò una mano per dargli un
pugno né gli
sbraitò contro; scivolò appena in avanti e
sollevò il bacino, facendo carezzare
con maggiore intensità la sua erezione.
Normalmente Roxas detestava lasciarsi andare oppure farsi toccare,
preferiva di
gran lunga avere lui il controllo, eppure per quella notte avrebbe
fatto
un’eccezione.
Tanto non significava nulla per lui, solo pura e semplice voglia di
sperimentare.
Axel sorrise appena a quel gesto e alla consapevolezza che per una
volta
avrebbe potuto fare di testa sua, senza ritrovarsi con un calcio nelle
palle.
La mano che fino a poco prima si muoveva con calma sopra i
pantaloni
adesso scendeva verso la zip, tirandola verso il basso e riempiendo
l’intero
ambiente con il suo suono leggermente stridente.
Allungò poi entrambe le mani sopra i pantaloni e
cercò di calarli verso il
basso, aiutato da Roxas che non si era fatto tanti scrupoli nel
sollevare
nuovamente il bacino.
Axel fece scivolare lentamente la stoffa lungo le cosce di Roxas,
sfiorandole
volutamente con le dita e godendone al tatto.
Erano morbide come pensava, ma sempre tanto diverse da quelle femminili
che
tante volte aveva saggiato.
Avevano una forma perfetta, per lui. Erano lisce, toniche e anche
lievemente
muscolose.
Ma adesso la sua attenzione si spostava lievemente più sopra
alle sue cosce,
così come le sue mani.
Con dita lievemente tremanti accarezzò la stoffa dei boxer
firmati del biondo,
continuando ad osservare dritto negli occhi Roxas.
Il ragazzo lo osservava di rimando, gli occhi lievemente lucidi e per
la prima
volta le guance arrossate per l’imbarazzo.
Era strano, pensò per un secondo Axel, come Roxas potesse
imbarazzarsi per un
motivo del genere quando nemmeno un’ora prima aveva ballato
come una puttana
davanti a centinaia di persone.
Ma l’importante era un’altra cosa: era vedere per
una volta l’espressione di
Roxas così cedevole, quasi arrendevole, mentre lo osservava
e cercava di
mantenere un po’ di contegno.
Era ancora più eccitante del bacio, più eccitante
del ballo e più eccitante del
fumo.
Alla fine la passione poteva diventare una droga, bruciare
fino ad
esaurirsi; e dopo cosa ne sarebbe rimasto? Solo veleno per i polmoni.
Axel gemette un poco, stringendo
più forte le mani sopra
la stoffa e sentendo il sesso del biondo gonfiarsi sempre di
più.
Si trattenne dal commentare, dal lanciare frecciatine o altro, non
voleva
rovinare nulla di tutto quello, non quando la situazione lo stava
facendo
impazzire dalla voglia.
Avrebbe voluto baciare Roxas ancora, pensava, ma doveva accontentarsi
di
continuare a muovere la mano, solleticando con le dita
l’elastico dei boxer.
Un lieve gemito scaturì fuori dalle labbra di Roxas appena
il rosso infilò un
dito dentro le mutande, sfiorando i peli pubici e seguendo la linea
dell’elastico.
Deliziato da quel suono Axel scivolò quasi completamente
dentro i boxer del
biondo, lentamente;
sfiorò appena la
punta del membro
del ragazzo con il
pollice e, nello stesso momento, allungò
la mano sinistra verso il volto di Roxas.
Lo afferrò e lo trascinò in avanti,
finché la bocca di Axel non si posizionò
sopra il collo chiaro del più piccolo.
Axel sospirò, sentendo il fiato corto di Roxas contro di lui
e gli morse il
collo, mentre la sua mano si
chiuse attorno all'erezione del minore, accarezzandola
lentamente.
Mosse la mano più
velocemente, su e giù, finché non
sentì
Roxas contrarsi sopra la poltrona malmessa e artigliarli con le dita le
sue
spalle.
Solo allora diede un altro morso al collo del biondo e poi si
staccò da lui,
spingendolo in indietro e facendo cozzare la sua schiena contro la
poltrona.
Tolse la mano da dentro i boxer di Roxas e, prima che l’altro
potesse parlare o
domandare qualcosa, con entrambe le mani tirò
l’intimo del ragazzo fino
a farlo
scendere a terra, facendo compagnia ai pantaloni tolti poco prima.
Appena il biondo sentì i boxer togliersi, per la prima volta
da quando era
iniziato quella specie di gioco erotico con Axel, abbassò lo
sguardo mentre un
minimo
di pudore gli solleticò le guance e le rese rosse.
Il fulvo sorrise e decise di distogliere anche lui lo sguardo, in un atto stranamente
gentile.
Appena Roxas si rese
conto di non avere
più lo sguardo pressante del rosso sopra di sé si
mosse lievemente, nella
speranza di sistemarsi meglio sopra la
scomoda
poltrona, ma alla fine rimase fermo li, con le gambe incollate
nell’esatto punto di prima e le mani di Axel appoggiate sopra.
Axel guardò
per una manciata di secondi
il petto del biondo prima di chinarsi su di lui; subito dopo prese
nuovamente tra
le mani il membro , questa volta stringendolo con entrambi i palmi.
Non sapeva se ne era capace, aveva una fottuta strizza alla bocca dello
stomaco
per la paura di combinare qualche cavolata, di vedere lo sguardo
irrisorio di
Roxas poco dopo.
Non aveva mai fatto nulla del genere ad un ragazzo prima
d’ora, quindi considerava
normale avere quella strana sensazione di timore annidarsi vicino ai
polmoni,
appesantendoli.
Scosse appena la testa, deglutendo.
Non era il momento per pensieri del genere o per la paura; aveva tra le
mani
Roxas, l’oggetto più recente dei suoi desideri, e
finalmente poteva fargli
sentire quello che
anche lui aveva provato qualche mese prima.
Inspirò un po’ d’aria e poi socchiuse
gli occhi, avvicinando la punta della
lingua verso la voglia di Roxas.
Sfiorò il suo membro lentamente, senza fretta. Fece
scivolare la lingua sulla
punta, artigliando con le mani le cosce di Roxas.
Era un piacere sentirlo fremere sotto di lui, mentre leccava tutta la
sua
lunghezza senza la minima fretta, facendo accrescere ancora di
più i brividi
nel ragazzo biondo.
Roxas a sua volta stringeva gli occhi e ansimava a bocca chiusa,
stringendosi
tra i denti il labbro inferiore.
Le gambe si contorsero, mentre la saliva calda del rosso non faceva
altro che
mandarlo in estasi.
Un miscuglio di sospiri, di gemiti mal trattenuti e di singhiozzi fu
quello che
susseguì per un breve periodo, finché Roxas non
si sentì teso come una corda di
violino e fu sul punto di venire.
Tese i muscoli all’inverosimile, mentre le pulsazioni della
sua eccitazione
aumentavano a dismisura e seguivano il ritmo del suo cuore.
Axel lo avvertiva, sentiva l’eccitazione di Roxas tra le sue
labbra contrarsi e
fremere, pulsare, e ad ogni sospiro dell’altro sentiva il suo
ego crescere,
gonfiarsi a dismisura.
Era lui l’artefice di quei gemiti, che con la lingua stava
riuscendo a tirare
fuori tutto dal corpo di Roxas.
Axel spingeva il suo capo in avanti, assecondando i ritmi del bacino
del biondo
finché non sentì il ragazzo sotto di lui fremere
più di prima.
Allora succhiò più forte, artigliando le natiche
di Roxas e stringendole più
che poteva, affondando le dita nella pelle morbida e creando dei segni
rossi al
passaggio delle sue unghie.
Roxas gemette ancora, più forte, finché non si
riversò dentro la bocca di Axel
con un gemito più languido degli altri.
Il rosso si staccò appena dal membro del più
piccolo, passandosi una mano sopra
le labbra e assaporando il sapore acre del seme di Roxas.
Era caldo, aspro e, per quanto dovesse fargli schifo, non trovava nulla
di male
nell’averlo inghiottito.
Sollevò lo sguardo smeraldino verso Roxas e sorrise appena
nel vederlo con il
volto arrossato e il petto che si alzava e si abbassava velocemente.
Per un istante gli parve quasi umano, senza il suo piedistallo a
elevarlo sopra
gli altri.
Eppure quella visione durò poco, perché appena
Roxas riuscì a riprendere fiato
la sua solita espressione menefreghista ritornò a farsi
spazio sul suo volto.
Senza dire niente si alzò dalla poltrona, storcendo il
naso alla vista di una molla che fuoriusciva da un buco.
Si passò una mano tra i capelli biondi e con tutta la calma
del mondo si chinò
a terra, tirandosi si i boxer e poi i pantaloni.
Axel, dal canto suo, si era alzato da terra e se n’era
fregato altamente delle
ginocchia sporche ti terriccio e polvere; preferiva di gran lunga
osservare
Roxas, che come al solito fingeva che niente fosse cambiato.
«Adesso te ne andrai via e ti farai rivedere tra un paio di
mesi?» domandò
pacamente Axel, passandosi una mano tra i capelli e osservando dritto
negli
occhi il biondo.
Roxas fece spallucce e finì di sistemarsi per bene la
camicia a mezze maniche,
passando le mani sopra le piccole pieghe che si erano formate sui lati.
«Oppure non hai proprio intenzione di parlarmi
più?» domandò poco dopo, notando
che il più piccolo non aveva la minima intenzione di
rispondere alla sua
provocazione.
Axel sbuffò sonoramente e scosse la testa, girando su se
stesso e guardandosi
intorno quasi spazientito.
Roxas sorrise appena, mentre Axel era voltato, e sbuffò
anche lui.
«Ci si vede quando ci si vede, va bene?»
Il rosso si fermò e si voltò verso Roxas,
sollevando un sopracciglio.
«Wow, quindi potrò rivolgerti la parola senza che
tu mi rivolga uno sguardo
schifato?»
«Non te lo assicuro.» ammise con un ghigno.
Finito di parlare e di sistemarsi Roxas non fece nient’altro,
semplicemente si
comportò com’era suo solito fare e si
incamminò verso l’angusta uscita di quel
luogo.
Un po’ gli faceva schifo pensare di dover ritoccare quella
tenda, ma doveva
ritornare alla festa; il suo organizzatore non poteva tardare
più di tanto, no?
« Aspetta, Roxas.»
esclamò Axel di punto
in bianco, con uno strano tremore nella voce.
Quando vide il biondo fermarsi , fermarsi per davvero, e voltare appena
il capo
verso di lui sbatté le palpebre, incredulo.
Non pensava davvero che … Insomma, fino a qualche mese prima
se avesse detto a
Roxas di fermarsi si sarebbe ritrovato con un
“vaffanculo” nell’aria e le
spalle del biondo che si allontanavano ancora più
velocemente, eppure adesso
Roxas gli rivolgeva metà faccia e aspettava che continuasse
a parlare.
Preso dalla foga e dall’eccitazione di quel momento Axel
camminò verso di lui,
appoggiandogli una mano sopra la spalla.
«Stavo pensando che … Insomma, domani io
…» si maledì mentalmente, scuotendo il
capo.
Possibile che i vergognasse di chiedere una cosa così
stupida quando fino
a poco prima aveva il suo cazzo in bocca? «Domani avevo
intenzione di partire
per una settimana o due al mare. Sai, li c’è un
mio amico che mi ospita, è un bravo
ragazzo. Beh, in ogni caso, mi chiedevo se volessi venire con me.
Ok, so che sei abituato a posti ben più lussuosi o robe del
genere, ma … Sarà
divertente, giuro.» si portò una mano al petto una
volta finito di parlare,
sorridendo appena e osservando il volto di Roxas.
Il biondo rimase fermo per un attimo, forse a pensare davvero se dire
di sì
oppure di no, ma alla fine si voltò con il suo solito
sguardo freddo.
«Io vivo
una vita che in molti sognano.
Quasi tutte le persone sono mediocri , girano per le strade e sanno
già che non
avranno mai nessuna avventura, sanno
di
vivere una vita spenta e senza divertimento.
Io non sono così, io vivo il loro
sogno nascosto e lo faccio in grande, altrimenti non ne varrebbe la
pena.
Esagero, magari, ma vivo il loro sogno e non me ne pento.» si
fermò un attimo,
giusto il tempo per sogghignare e passarsi una mano tra i capelli
spettinati.
«Quindi dammi una buona ragione per cui dovrei sprecare una
settimana con te,
al mare. »
Axel gli lasciò andare la spalla e sospirò, non
sapendo nemmeno lui se essere
offeso da quelle parole oppure divertito.
Alla fine sorrise amaramente, facendo spallucce.
«In effetti non credo che tu abbia davvero una buona ragione
per stare con me.»
«Esatto.» disse Roxas con espressione seria in
volto, eppure ad Axel sembrava
di aver visto un minimo di mortificazione nei suoi occhi, ma
probabilmente era
solo lui che ci sperava con tutto il cuore.
«In ogni caso io te lo dico lo stesso, blondie. Domani alle 9
di mattina alla
stazione, ti aspetterò li. Il treno parte alle 10.30, ma
arrivando li prima
possiamo anche fare colazione.»
Roxas fece spallucce e voltò le spalle ad Axel come prima,
scostando poi la
tenda marroncina con schifo e percorrendo le strade buie di Twilight
Town.
«Ah, che Deja vù.» mormorò
Axel al vuoto della stanzetta, mentre nella sua
testa gli ritornava in mente quel pomeriggio passato con Roxas sopra la
terrazza della scuola,
quando lo aveva visto allontanarsi senza sapere quello
che sarebbe successo il giorno seguente.
Si passò una mano dietro al collo e camminò
stanco verso la poltrona
malridotta, scivolandoci sopra e chiudendo gli occhi.
Avrebbe dormito li, tanto di tornare a casa e sentire sua madre
lamentarsi di
non avere abbastanza soldi non ne aveva voglia,
specialmente perché sapeva che
ad aspettarlo non avrebbe trovato nient’altro che spazzatura.
9:02:15
I secondi passavano e si
trasformavano velocemente in
minuti, che a loro volta lasciavano il posto alle ore.
Nessuno dei due si era presentato alla stazione.
Axel era ancora addormentato sulla poltrona nel posto
segreto e Roxas era rimasto a guardare i treni partire
dall’alto del suo appartamento.