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Autore: bittersweet Mel    21/07/2012    4 recensioni
« Sei così ciecamente preso da lui che ti lasceresti condurre sopra al ciglio di un burrone senza alcun timore. Non hai mai pensato che prima o poi ti farà cadere, mentre quel suo solito sorriso gli incornicia il volto e la sua voce ti dice " addio"?» glielo ripeteva spesso, ogni volta che lo trovava con lo sguardo rivolto al tramonto e l’espressione corrucciata.
Eppure ad Axel non importava affatto cadere, in ogni caso avrebbe trasportato più che volentieri Roxas con lui.
Genere: Erotico, Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Axel, Roxas
Note: AU, Lime | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun gioco
- Questa storia fa parte della serie 'When I can only see the floor, you make my window a door.'
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Miel- perché rivesto i neuroni -!?-


Bene cari lettori che avete aperto questa storia spero di avervi incuriosito almeno un po'. 
In ogni caso, bla bla, questa storia è una specie di "seguito", ma è più una piccola continuazione, di
 Come se il tempo non ti bastasse. , una storia che ho pubblicato qualche tempo fa.
Insomma, mi piaceva e appena l’avevo pubblicata avevo già in mente un seguito e visto che a quanto pare era piaciuta mi sono messa a scriverlo per davvero.
Sì, so che in molti sono in vacanza e che magari non hanno internet, ma spero che quelli che siano ancorati a casa come me possano divertirsi
 – non credo sia la parola giusta, con questa storia- a leggere queste pagine.
Beh, ho finito di sproloquiare.
Aggiungo solo un GRAZIE enorme – enormeenormeenorme- a Ella, che ha letto la storia in anteprima.
Grazie neh, altrimenti non l’avrei mai scritta.

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« Se solo il tempo potesse fermarsi nell’esatto momento in cui le tue labbra sfiorano le mie.»

 

 

Non sapevo molto del mio carattere o di me stesso.

Conoscevo il minimo indispensabile e mi bastava, non volevo scavare nel profondo o partecipare a qualche seduta da uno strizzacervelli
per capire quello che ero realmente o quello che provavo.
Io ero Axel e mi bastava solo sapere che ero attratto da tutte le cose più sbagliate: mi piaceva bere, fumavo, mi drogavo, ero pigro, senza dio,
senza idee politiche, senza un’idea per il mio futuro e non disdegnavo il sesso.

Vivevo senza un vero scopo; la mia era una specie di non esistenza e a me andava bene così.

Tutto quello che facevo non mi rendeva di certo un personaggio interessante sotto molti punti di vista, ma alla fine sarebbe risultato perfino troppo
faticoso cercare di avere una vita giusta, seguendo la classica via del “ bravo ragazzo” che fin da piccolo mi avevano inculcato.
No, tutto quello che volevo veramente era uno piccolo spazio indefinito dove vivere tranquillo, dove il sole tramontava costantemente.
Volevo solamente essere lasciato in pace.
E invece vivevo nel nulla di una cittadina senza vita, dove il più grande hobby dei miei compaesani sembrava quello di osservare i treni passare.
Un giorno avrei preso anche io quel treno e me ne sarei andato via da quella merda eppure …
Eppure ogni volta che provavo ad andarmene i miei piedi si bloccavano, si attaccavano al cemento della strada e mi impedivano alcun passo.

Codardo, pensavo all’inizio. Solo un fottuto codardo senza spina dorsale che aveva paura di lasciarsi mammina bella alle spalle.
Invece non era così, non avevo paura di lasciarmi la mia casa alle spalle o la mia famiglia; avevo il terrore di andare via da solo, perché sapevo che
doveva esserci qualcuno al mio fianco, qualcuno con cui condividere il mio viaggio.

Essere single era meglio,molto meglio,  ma diciamolo...Tutti alla fine vogliono innamorarsi, compreso uno sbandato come me.
Peccato che io sia attratto da tutte le cose più sbagliate: Roxas.

 

 

 

A Twilight Town tutto era silenzioso, persino il chiacchiericcio eccitato dei ragazzi sembrava non scalfire quella strana atmosfera di calma che aleggiava sull’intera città.
Era quasi un incantesimo che rendeva quel posto estraniato dal mondo esterno, come se fossero su un pianeta a parte dove tutto girava in un modo diverso.
Tutto alla luce del sole sembrava bello, pulito, giusto,
ma appena il sole calava allora si trasformava.
Quella cittadina silenziosa e lucente diventava assordante e opprimente, prendendo una nuova  forma.
Persino quello che fino a pochi attimi prima pareva qualcosa di candido nel buio di Twilight Town si trasformava in sudiciume, ma era proprio questo che attirava molti ragazzi.
Ed era esattamente quell’attrazione su cui giocava ogni notte Axel, adescando più persone che poteva e traendola in inganno, trasportando il prossimo nel giro della droga.
Si reputava un po’ come il diavolo, diceva nei suoi momenti di egocentrismo, che con poche e abili mosse riusciva ad ammaliare gli altri promettendo solo il più puro e semplice divertimento.
Anche quella sera non faceva differenza, visto che per le strade giravano tante persone e quasi tutte avevano una meta comune:
la festa a Sunset Hill, un colle poco fuori città dove spesso e volentieri un idiota palestrato metteva su baracca e burattini per fare bella figura con tutti.
Axel era sempre stato invitato a quel genere di eventi, non perché fosse uno dei ragazzi più amati della scuola o altro, ma per il semplice motivo che tutti 
quelli che un minimo contavano – secondo i canoni giovanili, ovviamente-  sapevano del suo lavoro.
Spacciava. Volentieri, malvolentieri, roba buona o roba cattiva; non importava, non ai ragazzi che cercavano solamente una serata da ricordare e mettere nell’annuario dei ricordi.
E li Axel sorrideva, felice di avere un qualcosa da fare.
«Axel, muovi il culo altrimenti arriverai tardi.» sbottò di punto in bianco un ragazzo, appoggiando una mano sopra la spalla del rosso e risvegliandolo dai suoi pensieri.
Il rosso sbuffò sonoramente e si mise entrambe le mani in tasca, allontanando lo sguardo dalla massa di ragazzini che si incamminava verso il colle facendo rumore.
«Xigbar.» mormorò di rimando Axel, sorridendo lievemente e osservando l’amico che scuoteva una bottiglia di rum.
Ogni volta che quel tizio gli si avvicinava il rosso non poteva fare a meno di posare lo sguardo sopra la cicatrice che gli ricopriva metà volto, domandandosi come diavolo se la fosse fatta.
Una zuffa da ubriaco? Sì, quello era il pieno stile Xigbar.
Il guercio gli si avvicinò, appoggiandoli il braccio destro sulle sue spalle e trascinando Axel verso di sé.
«Amico, ci avrei scommesso che saresti venuto.»
«Come non potrei? Questa sera guadagnerò talmente tanto da potermi permettere un appartamento fuori città.» fece il rosso, quasi compiaciuto.
«Eh, ma io non parlavo di quello.» ridacchiò Xigbar poco vicino all’orecchio del ragazzo, facendogli storcere il naso per la troppa vicinanza.
Senza sembrare troppo scortese fece un passo indietro e si liberò dalla stretta del più grande, sollevando poi un sopracciglio.
«Per quale altro motivo dovrei andare ad una stupida festa piena di ragazzini viziati e pieni di soldi fino al buco del culo?» domandò con un lieve ghigno,
sottolineando senza nemmeno farsi troppi scrupoli quanto odiasse il genere di persone che si apprestava a vedere i suoi prodotti.
Avrebbe volentieri venduto  roba scadente, se solo non andasse del suo orgoglio. Non voleva mica che si dicesse in giro che come spacciatore faceva schifo,
aveva la sua bella reputazione da difendere.
«Ma come, non sai chi ha organizzato questa festicciola piena di – e qui ti cito- ragazzini viziati e pieni di soldi?» domandò Xigbar con un sorriso sfacciato, mentre
con la mano si sistemava la coda ai capelli striati.
«Hai dimenticato “ fino al buco del culo”, comunque.»
Il moro sbuffò appena, scuotendo la testa e ridacchiando lievemente.
«Beh? Allora, di chi è questa festa?» domandò Axel, lievemente infastidito dal comportamento dell’altro.
Si passò una mano tra i capelli rossi e il suo solito sorriso si spense della sue labbra, trasformando la sua espressione in una un po’ più seria.
Non amava perdere tempo, specialmente con gente che valeva poco o meno un pezzo di cicca masticata.
«Indovina indovinello … » iniziò Xigbar, allungando una mano e dando una pacca sulla spalla del rosso. «quale bel biondino ha intenzione di fare tutto questo macello?» finì la sua
filastrocca dando una pacca più forte sulla spalla del ragazzo, facendolo sbilanciare di un passo in avanti.
Axel riprese l’equilibrio con un saltello e poi rimase immobile per un attimo, sospirando e in seguito annuendo. «Roxas.»

«Bingo!» fece Xigbar, schioccando le dita e annuendo. «Sai, si dice in giro che tu abbia una piccola cottarella per Mr. Freddezza. Non sprecarci tempo, Ax, tanto quello è fuori dalla tua portata.
Non so se mi spiego, tu sei di serie B mentre lui, beh … » sollevò un paio di volte le sopracciglia e fischiò, facendo ben intendere quello che gli passava per la testa.
Il fulvo gli scoccò un’occhiate degna di un qualsiasi buon cattivo di film di serie B che si rispettasse e digrignò appena i denti, mentre una strana rabbia gli montava dentro la testa.
Non amava essere paragonato ad un tipo di “serie B”, e quanto meno voleva che quel coglione pensasse a Roxas in quei termini.
«No, non ho niente a che vedere con Roxas. Adesso sparisci, ho da fare. » tagliò corto, la voce affilata e lo sguardo tagliente.
Senza aggiungere altro voltò le spalle all’altro e si incamminò lungo la salita, osservando le persone che camminavano e parlavano esaltate.
Ovvio, pensò Axel, se la festa l’aveva organizzata Roxas sicuramente sarebbe uscita fuori uno spettacolo.
Chissà perché era stato invitato, allora. Forse era diventato davvero lo zerbino di Roxas come pensava.
E a quanto pareva la risata di Xigbar alle sue spalle confermava la sua teoria.




L’intero Sunset hill sembrava splendere di luce propria quella sera.
L’enorme distesa di erba e terriccio era ricoperta da tavolate piene di cibo e alcolici, da ripiani più piccoli circondati da comode poltroncine
e da delle casse,  dove si espandeva musica a tutto volume.
A destra c’era un enorme e lungo tavolo ricoperto di stuzzichini vari, che partivano dalle classiche patatine e finivano con piatti più costosi come il caviale;
i piatti di ceramica – decorati da fini linee color oro- erano disposti uno sopra l’altro in modo decisamente artistico e andavano a formare un elegante cerchio dove tutte le persone poteva afferrare il proprio piatto.
Poco più avanti a quel tavolo c’erano due tavolini bassi con le gambe tozze e squadrate, circondati da poltroncine rosse , dove alcuni ragazzi ci sprofondavano sopra e ridevano.
Sopra ai due tavoli facevano bella mostra dei narghilè decorati con motivi floreali e dalle bocche dei ragazzi radunati li intorno usciva fuori del fumo profumato di diversi aromi.
Sul lato sinistro, invece, c’erano due enormi casse e poco vicino un tavolo con sopra tutto il necessario per rendere la festa più vivace.
Musica rock, punk, house; c’erano CD di tutti i generi e il Dj pareva essere in grado di mixare ogni tipo di sound richiesto.
Centinaia di persone si muovevano a ritmo della musica, seguendo le note musicali e scuotendo i propri corpi senza preoccuparsi delle persone che ballavano affianco a loro.
E in mezzo a quelle persone c’era anche Roxas.
Axel lo aveva riconosciuto non appena aveva raggiunto la cima del colle, il fiato corto sia dalla salita che dalla leggera aspettativa che palpitava nel suo petto.
Il rosso si era fermato poco lontano dal centro, appoggiando una mano sul fianco e lasciando penzolare l’altra lungo la coscia.
Aveva spostato il suo sguardo smeraldino lungo l’intero perimetro e poi si era fermato al centro della pista da ballo, dove i suoi occhi erano rimasti incatenati dalla figura del biondo.
Roxas era li, il suo solito sorriso falso e di circostanza ad adornarli il volto e gli le mani che si spostavano da una spalla all’altra delle persone che lo circondavano.
Parlava tranquillamente, ridendo di tanto in tanto e scoprendo i denti bianchi, mentre gli occhi si socchiudevano o guizzavano da una parte all’altra.
Axel deglutì, mentre l’ansia che aveva sentito appena Xigbar aveva pronunciato il nome del biondo ritornava forte come prima, forse ancora di più.
Era stupido, insensato e dannatamente masochistico, ma gli occhi di Axel non riuscivano a spostarsi di un solo millimetro.
Osservavano con bramosia ogni piccolo spostamento di Roxas, godendo di ogni espressione che riuscivano a catturare.
Il biondo si passava una mano tra i capelli, annuiva, parlava, si girava, si grattava una guancia e dondolava la testa al ritmo di un ritornello che gli piaceva più di un altro;
e intanto Axel impazziva, perché non si era mai ritrovato in tutta la vita a desiderare qualcosa come in quel momento.
Avrebbe voluto poter andare vicino a lui e parlargli come facevano gli altri, guardarlo negli occhi senza dover temere di dire qualcosa di sbagliato.
Axel non aveva la minima idea se Roxas avesse sentito il suo sguardo premere contro di sé, ma quando lo vide sollevare il volto e puntare i suoi occhi azzurri contro di lui si rese conto di essere fottuto.
Fottuto,  perché appena i loro sguardi si erano incatenati Roxas aveva sorriso in quel suo modo strano, facendo formare una piccola fossetta sul lato destro della guancia e scoprendo una parte di denti.
La musica intorno cambiò e Roxas ne sorrise, soddisfatto; il pezzo che adesso ricopriva l’intera collina con le sue note era una canzone che non conosceva, che però
sembrava tanto piacere ai ragazzi sulla pista da ballo.
Il biondo guardò fisso negli occhi Axel e aprì lievemente la bocca, voltando il capo verso i ragazzi che gli stavano intorno e sussurrandogli qualcosa.
Qualche secondo dopo tutti loro avevano smesso di parlare e avevano iniziato a muoversi e a ballare, lasciandosi trasportare dalla musica, chi con abilità e chi meno.
Eppure il biondo rimaneva fermo in mezzo alla pista, gli occhi ancora incatenati a quelli verdi di Axel e un sorriso divertito sulle labbra.
Per un secondo chiuse gli occhi azzurri e quando gli riaprì sembravano diversi, come offuscati.
Roxas sollevò lentamente una mano e si accarezzò a rilento una guancia, mentre il dito indice scivolava verso la bocca e toccava le labbra morbide e dischiuse. 
Axel gelò sul posto, mentre un languore allo stomaco gli provocò brividi per tutto il corpo.
Il corpo del biondo aveva iniziato a muoversi senza fretta, ondeggiando e vibrando di tanto in tanto;
Il bacino si muoveva quasi impercettibilmente in avanti e indietro, mentre  le cosce strusciavano l’una accanto all’altra.
La mano che poco prima accarezzava il suo volto si sollevò, subito seguita dall’altra. Entrambe si sollevarono al cielo e si sfiorarono, mentre le braccia si strofinavano insieme e riscendevano giù, verso il corpo.
A Roxas piaceva come gli altri lo guardavano carichi di desiderio e non riusciva a trattenere un sorriso di felicità;
ma la cosa che davvero lo eccitava era l’idea che Axel non riusciva nemmeno a battere ciglio, mentre rimaneva con lo sguardo incollato su di lui.
Gli pareva perfino di sentire la sua eccitazione da li, mentre bramava come non mai poterlo toccare eppure non poteva.
Il biondo sospirava apposta, si muoveva come se stesse facendo sesso con qualcuno e non se ne vergognava.
Quella danza era fatta apposta, doveva essere un insieme di sensualità ed erotismo, tutto per Axel.
E il bello per Roxas stava proprio in quello.
Portò una mano al lato del suo collo e lo accarezzò , mentre l’altra scese verso il petto, vezzeggiandolo e punzecchiandolo come se non fosse la sua mano ma quella di un amante voglioso.
La musica si alzava e si abbassava, mentre la luce alle volte si faceva talmente soffusa che sembrava stesse per andare via da un momento all’altro.
Il biondo si dondolò suoi fianchi, lentamente.
Fece scivolare la mano lungo il petto e accarezzò la sua vita, mentre il ventre si spingeva lievemente in avanti e poi ancora più lentamente in indietro.
Scivolava verso il basso, Roxas, mentre le ginocchia flettevano lentamente e la schiena si inarcava.
Oramai non era più il biondo a muovere il suo corpo, ma ero lo sguardo carico di desiderio di Axel che lo spingeva sempre più in basso,  per poi farlo risalire e gemere lievemente dalla bocca, volutamente e apertamente.
Lo stomaco del rosso si contorceva, mentre le mani prudevano dalla voglia di appoggiarsi lungo i fianchi rigidi dell’altro ragazzo e di tirarlo verso di sé.
Voleva farlo muovere lui, farlo scontrare contro il suo membro e dargli una vera ragione per gemere.
Il rosso voleva affondare le sue dita contro  la pelle di Roxas e basta, non desiderava nient’altro.
Senza fiato, senza affanno, Axel era travolto dai movimenti del biondo.
Roxas sorrise ancora, le gote lievemente arrossate e le labbra arricciate in un ghigno; allungò entrambe le mani, che dal suo stomaco scesero verso le gambe,
accarezzando le cosce e giocherellando con la punta delle dita con stoffa dei jeans chiari.
Si muoveva ancora, sensualmente, delicatamente e lentamente. Dondolava al ritmo della musica, sorrideva e giocava con lui.
Qualche secondo prima sfiorava le sue gambe e subito dopo ritornava a giocherellare con i suoi capelli, socchiudeva gli occhi e girava su sé stesso,
consapevole dello sguardo di Axel contro la sua schiena e sul suo corpo.
Allungava il collo all’indietro e chiudeva gli occhi, mentre le ultime note suonavano e le sua mani scivolavano sul suo piccolo corpo e tiravano lievemente i vestiti.
E quando il biondo ritornò ad osservare Axel la  sua bocca si socchiudeva e sembrava chiamare il nome del più grande, mentre il sorriso divertito non intendeva lasciare il suo volto.
Era erotismo allo stato puro.
I fumi soffusi del Narghilè, gli sguardi indiscreti che Roxas lanciava, le sue mani che sembravano sciogliersi sul suo stesso corpo, come se si stesse masturbando;
tutto, dalla musica agli odori non faceva altro che rendere tutta quell’atmosfera soffocante.
Tutta quella danza erotica era per lui, Axel lo sapeva, così come sapeva che l’erezione a cavallo dei suoi pantaloni aveva iniziato a pulsare e a farlo impazzire.
«Piccolo … Bastardo» soffiò il rosso, il fiato corto e le guance in fiamme.
Deglutì a fatica e tossì un paio di volte, mentre la musica finiva e subito veniva sostituita da una canzone completamente diversa.
Roxas si fermò di colpo, mettendo la parola “ fine” alla sua danza. Senza aggiungere altro osservò Axel e assottigliò lo sguardo azzurro, sorridendo.
Con un movimento fulmineo girò le spalle a tutti e si allontanò dalla pista da ballo, raggiungendo il lungo tavolo di destra.
Forse non l’aveva detto esplicitamente, ma Axel era sicuro che lo stesse aspettando.
«Allora, Axel, hai davvero voglia di giocare con me?» forse Roxas non lo aveva detto a voce alta, ma quel suo pensiero sembrava ancora rimbombare nella pista da ballo,
insieme all’immagine del biondo che si toccava e gemeva.

 

Ci vollero ben dieci minuti prima che Axel riuscisse a riprendere il pieno controllo del suo corpo.
Per quella lunga attesa, per lo meno così sembrava al rosso, il ragazzo aveva sospirato e aveva cercato in tutti i modi di calmare la sua erezione.
Vedere Roxas muoversi davanti a lui, per lui, aveva avuto il suo effetto e, nonostante l’aria fresca che gli solleticava il volto, il pulsare al basso ventre non si calmava affatto.
Fortunatamente non si vedeva quasi nulla grazie ai suoi pantaloni neri e larghi che era solito mettere.
Per una volta ringraziò la divina provvidenza che gli aveva fatto adocchiare i pantaloni a terra e glieli aveva fatti indossare, anche perché erano gli unici abbastanza puliti tra tutta la merda di casa sua.
Sempre che di divina provvidenza di poteva parlare, anche perché Axel preferiva di gran lunga definirla botta di culo.
Quindi l’erezione c’era, era li presente e la sentiva fremere quasi quanto prima, ma per lo meno era quasi impercettibile sotto i suoi pantaloni.
Per questo secondo Axel non aveva senso rimanersene fermo al lato della pista con ancora lo sguardo puntato al centro dove adesso, a ballare sotto il ritmo incalzante della musica,
non c’era più Roxas ma dei ragazzini qualunque.
Tante nullità prive di alcun interesse, in pratica.
Inspirò l’ennesima boccata d’aria fresca e si passò una mano tra i capelli, ben conscio di quello che stava per fare.
Insomma, Axel non si reputava di certo uno stupido, anzi, tutto il contrario, però non poteva lo stesso dire del suo pene.
No, quella piccola parte di sé – forse dire “piccola” era un po’ riduttiva, secondo lui- era stupida e masochista, perché lo portava sempre e solo alla ricerca del biondo e, giusto per intendere il tutto molto meglio, verso il suo culo.
Quindi il suo cervello cercava di mandarlo ovunque, tranne che da Roxas; aveva un lavoro da fare, le tasche piene di pasticche varie e molti clienti da soddisfare.
Eppure l’altra parte di sé, quella ancora eccitata dallo spettacolo di Roxas, lo spingeva a camminare lungo la pista da ballo.
«Scusami.»  Appoggiò entrambe le mani sulle spalle di due ragazzi e si fece largo tra di loro, camminando dentro la mischia.
«Permesso.» fece poco dopo, scivolando verso sinistra e evitando di finire spiaccicato contro due ragazzi intenti a baciarsi appassionatamente.
Scosse la testa e riprese a camminare, cercando di non farsi pestare i piedi dalle persone che si muovevano affianco a lui.
«Oh andiamo, levati.»sbottò ancora, ruotando gli occhi al cielo con esasperazione.
Proprio vicino a lui dovevano arrivare i più coglioni? C’era tutta la pista a disposizione, eppure le teste di  cazzo incapaci sembravano voler incappare proprio contro di lui.
«No, non ballo.» Axel scosse la testa e allontanò il suo braccio dalla presa di una ragazza che, con le pupille dilatate e lo sguardo vacuo, gli si era avvicinata con l’intenzione di ballare.
Scosse la testa e sollevò lo sguardo verso il lato libero della pista, riuscendo perfino a riconoscere la zazzera bionda di Roxas e la sua intera figura,
che lo aspettava a braccia incrociate vicino al lungo tavolo pieno di cibarie.
Sorrise appena, ricordandosi di quanto quel ragazzo sapesse essere un bastardo arrogante con quel suo sorriso falso e irrisorio.
Possibile che tutte le persone che gli giravano attorno non si accorgevano della sua doppia faccia e del suo vero carattere?
Axel lo trovava così evidente quando il biondo sorrideva e tendeva fin troppo le labbra, creando una stonatura su tutta la faccia che rendeva ovvia la sua maschera.
Mentre in quel momento, mentre Axel ancora scalpitava lungo la pista per non essere travolto, il sorriso – o ghigno, che a dir si voglia- che
sorgeva sulle labbra di Roxas era dannatamente vero e così diverso dagli altri.
Ma adesso glielo avrebbe fatto passare Axel, quel cazzo di sorriso dalla faccia. Lo avrebbe preso pugni e gli avrebbe detto di smetterla di giocare, e di farsi scopare una volta per tutte al posto di giocare al “ non sono gay ma solo curioso”.
 «’fanculo.» sbuffò nuovamente, dando un’ultima spallata ad un ragazzo e riuscendo ad uscire da quel cerchio scomposto in cui si ammucchiavano tutti a ballare.
Si passò una mano sopra la camicia bianca come per darsi un minimo di compostezza, allisciando le varie pieghe che tra uno scontro e l’altro si erano formati.
Poi sollevò lo sguardo smeraldino e incrociò nuovamente quello divertito di Roxas.
Axel deglutì e riprese a camminare, questa volta quasi nessuno a sbarrargli la strada.
Quattro falcate ed era arrivato di fianco al biondo, che si limitava a sorridere quasi compiaciuto.
Il rosso si inumidì le labbra, pronto a parlare; socchiuse gli occhi e si passò una mano sopra le palpebre, cercando di trovare le parole giuste da dire,  ma quando la mano ricadde verso il basso e gli occhi si aprirono Roxas non era più di fronte a lui.
«Cosa- ?»
Axel si voltò verso destra e poi verso sinistra, ritrovando in poco tempo Roxas, che gli dava le spalle e sembrava concentrato a guardare il cibo esposto lungo il tavolo.
Il rosso si passò una mano tra i capelli e raggiunse l’altro ragazzo, mettendosi al suo fianco e sospirando.
«Ti pagano per fare lo stronzo oppure è un dono di famiglia?» sibilò Axel, abbassando il capo tanto bastava per riuscire a vedere il sorriso di Roxas allargarsi ancora di più, donando al suo volto un’espressione alquanto strafottente.
«Non ci parliamo da più di due mesi e la prima cosa che fai è insultarmi?» domandò cantilenante, giocando con l’elegante bicchiere – un flute, se l’occhio da non intenditore di Axel non si sbagliava-  che teneva tre le dita sottili. «Così mi spezzi il cuore.»
Il
rosso arricciò appena le labbra e sospirò rumorosamente, allungando anche lui una mano verso il tavolo e afferrando un Tumbler e versandoci dentro un po’ di ghiaccio e del Bloody Mary.
«Se avessi un cuore non mi avresti dato buca quella sera, non trovi?» domandò Axel non appena finì di bere  il primo sorso del suo cocktail, scuotendo la testa per dare più enfasi alle sue parole.
Roxas affilò appena lo sguardo e si passò una mano sotto al mento, indeciso su quale bevanda versarsi nel bicchiere.
Si voltò verso il rosso e inclinò la testa di lato, indicando con un cenno la tavolata.« Champagne oppure cocktail?»
Il rosso ruotò gli occhi al cielo e afferrò con un colpo veloce il flute dalle mani di Roxas, volgendosi poi verso il tavolo e afferrando una bottiglia di Champagne.
«Come se non lo sapessi che in questi bicchieri si servono solo bevande con le bollicine … » borbottò Axel, mentre versava con cura il liquido semi trasparente nel bicchiere affusolato dell’altro ragazzo.
Roxas sorrise soddisfatto, allungando la mano e riprendendosi il calice tra le mani, portandoci poi sopra la bocca.
Sorseggiò con occhi socchiusi la bevanda bionda e poi abbassò il flute, fino ad appoggiarlo sopra al tavolo.
«Te ne intendi.»
Per quando ad Axel avrebbe fatto piacere ricevere un complimento da Roxas sapeva bene che non c’era alcuna nota di elogio nella sua voce, ma invece una stupita.
«A furia di avere a che fare con gente come te ho imparato anche io.» rispose subito Axel,
lievemente infastidito dalle sue stesse parole; in pratica si era definito un poveraccio senza istruzione e bon ton, ma alla fine era quello che era davvero.
Roxas scosse le spalle e schioccò le labbra, passandosi una mano tra i capelli.
«Se inizi a capire la differenza tra i vari bicchieri allora non sei tanto da buttare, sai?»
«Doveva essere un complimento?»
«Non credo proprio. Era solo … » Roxas si passò una mano sotto al mento, sollevando poi l’indice e mordicchiandosi appena l’unghia. « Solo un’affermazione, ma vedi di non esaltarti troppo.»
Axel sbuffò per la centesima volta in tutta la serata, sollevando il suo bicchiere davanti al volto e bevendone un gran sorso.
Appena finito il cocktail fino all’ultima goccia appoggiò il bicchiere vicino a quello di Roxas, osservandone il contenuto quasi del tutto intatto.

«Non lo finisci?» domandò poco dopo, sollevando un sopracciglio rosso e osservando di sbieco il biondo.
«No.» senza dire altro Roxas gli diede le spalle – ancora- e sfilò accanto a lui, accarezzandogli volutamente il braccio.
Il maggiore osservò il bicchiere ancora pieno e scosse la testa, lasciandolo li e seguendo Roxas.
Piccolo, bastardo e pure menefreghista. Ma alla fine al biondo che importava se un po’ di champagne finiva nel cesso? Probabilmente ci faceva il bagno e degli sprechi gli importava ben poco.
Axel ritornò sui suoi vecchi passi e si fermò ancora vicino al biondo, che se ne stava a braccia incrociato vicino ad un albero.
«Non mi hai ancora detto come mai non sei venuto con me, quella sera.» parlò di punto in bianco Axel, sollevando  lo sguardo verso il cielo pieno di stelle.
Roxas, accanto a lui, sospirò appena e per un attimo il sorriso si smorzò dalle sue labbra. Sollevò anche lui lo sguardo verso il cielo e rimase per un istante in silenzio.
«Non mi interessava venire.»
«Palle.» sbottò subito Axel, facendo scendere il suo sguardo verso il biondo. «Sei stato tu a dirmi che ti piaceva il tramonto.»
Roxas sbuffò, passandosi una mano dietro al collo.
«Dico talmente tante cose che non ha senso aggrapparsi ad una bugia.»

«Peccato che non fosse una bugia e ogni volta che provo a parlarti tu scappi via.»
«Io non scappo affatto, idiota.» Roxas si accigliò appena, sciogliendo le braccia dal suo petto e facendole penzolare lungo i suoi fianchi. «Semplicemente non voglio avere nulla a che fare con te.»
Axel ringhiò appena, digrignando i denti e facendoli stridere.
«Ma certo, infatti è proprio per questo che prima non stavi affatto ballando per me, non mi stavi guardando e non ceravi di portarmi qui da te, eh?» domandò con ironia il più grande, scoccando al biondo un’occhiata innervosita.
Roxas sorrise appena, per poi lasciarsi andare in una lieve risata.
Axel lo trovava eccitante quando rideva. Beh, il rosso lo trovava eccitante anche quasi parlava, sorrideva, beveva o faceva qualunque altre cose, infondo.
«Il fatto che io voglia giocare un po’ con te non significa che tu faccia parte della mia vita, sappilo.»
Il rosso mugolò un “ma dai?”  e si passò una mano lungo la camicia, slacciandosi un bottone per  far prendere un po’ d’aria al collo.
«E quando ti stancherai di questo gioco?» chiese con falsa curiosità, ma al tempo stesso divertito dalle parole del biondo.
Possibile che non si rendesse conto che quello che lui continuava imperterrito a chiamare “gioco” in realtà era pure e semplice attrazione?
«Quando mi stancherò.»
«Ah beh, allora se è così non ha senso che io rimanga qui a parlare con te.»
Axel fece per andarsene, questa volta per davvero.
Non si era arrabbiato, non era rimasto deluso, nulla del genere; semplicemente sapeva che Roxas non l’avrebbe lasciato andare così facilmente, non dove aver dato inizio a tutto.
E infatti nemmeno fosse tutto programmato la mano del biondo gli sbarrò la strada, afferrandolo per un polso e trascinandolo verso di sé.
Roxas strattonò appena il braccio di Axel, invogliandolo a camminare dietro di lui.
Si mosse lentamente lungo la strada sterrata senza dire una sola parola, camminando con passo volutamente oscillante e portandosi dietro il rosso.
Lo sguardo del maggiore era soddisfatto, felice di aver azzeccato le mosse del biondo.
E adesso? Beh, adesso poteva gustarsi il biondo che gli dava le spalle e che, quindi, gli mostrava il sedere.
Solo quando vide Roxas fermasi davanti ad un tavolino e a delle poltrone si incuriosì della destinazione, inarcando un sopracciglio e pronto a parlare.
Eppure il biondo lo precedette, voltandosi con il suo miglior sguardo glaciale verso i ragazzi che sedevano scompostamente sulle poltroncine rosse.
«Sparite.» sibilò, aggiungendo alla sua voce fredda anche un gesto perentorio della mano.
Axel si trattenne dal ridere quando i due ragazzi si alzarono di scatto dalle poltrone e se ne andarono via senza dire una parola, spaventati.
Sicuramente Roxas era una specie di re da quelle parti, dove un suo ordine era legge.
«Sai essere persuasivo, blondie.» ridacchiò il rosso, ritraendo il braccio dalla leggera presa del più piccolo.
Roxas si voltò verso di lui e sbuffò appena, stirando le labbra in un sorriso soddisfatto.
«Questo si chiama “potere”, Axel. Tieniti quest’immagine stampata in testa, perché è una cosa che nella tua vita non rivedrai mai più.»
Il rosso sollevò gli occhi al cielo e scosse la testa; nemmeno aveva più voglia di ribattere alle frecciatine di Roxas, adesso l’unica cosa che lo interessava davvero era scoprire quello che aveva in mente.
E detto fatto.

Il biondo si voltò verso il maggiore e riprese il suo solito sorriso indecifrabile; con un movimento veloce appoggiò entrambe le sue mani sopra al petto di Axel e lo spinse indietro.
Camminò verso il rosso e lo fece indietreggiare, finché le sue gambe cozzarono contro la pelle della poltroncina rossa.
Axel sollevò un sopracciglio in una domanda silenziosa e si lasciò scivolare giù, sedendosi sopra al poltrona.
Appoggiò entrambe le mani sopra i bracciali della poltrona e affondò le unghie dentro la pelle rossa.
Roxas si morse il labbro inferiore e avanzò ancora, finché non si ritrovò di fronte al fulvo, intendo a guardarlo dal basso verso l’alto.
Roxas non aspettava nient’altro;si allungò in avanti e appoggiò un ginocchio sopra al bracciolo, seguito subito dall’altro.
Allungò il braccio sinistro e lo appoggiò vicino al volto di Axel, mentre si sedeva più comodo sopra le gambe del maggiore.
Il rosso aprì bocca per parlare ma Roxas si spinse in avanti con il bacino e gli mozzò il fiato in gola.
Il biondo sorrise, lasciandosi scappare una piccola risata. La mano destra scivolò sopra al petto di Axel fino a sfiorare il cavallo dei pantaloni.
«A quanto posso vedere il mio ballo di prima ha sortito i suoi effetti.» mormorò con soddisfazione tra sé e sé, ignorando completamente il mugugno di Axel sotto di lui.
«Non gasarti troppo, blondie. Non sei tu, è il tuo culo.» spiegò in un soffio il rosso.

«Come no …» lo derise Roxas, scuotendo la testa e muovendo ancora il bacino. «Allora vediamo un po’ che cosa fare.»
Axel deglutì e inspirò una boccata d’aria.
«Non per essere ripetitivo, ma tu sei il tipo etero più gay che conosco.»
Il biondo ignorò quella non poi tanto velata frecciatina e allungò un braccio all’indietro, tastando con i polpastrelli il tavolino fino a che le sue mani non si scontrarono in quello che cercava.
Axel capì che il biondo aveva trovato quello che voleva perché il suo sguardo azzurro quasi si illuminò di divertimento.
E quando Roxas era divertito quasi sempre lui si ritrovava eccitato e per nulla soddisfatto, in quanto il biondo tendeva a lasciarlo senza dargli la minima soddisfazione.
Il biondo fece ritornare la mano davanti a lui e portò con sé un lungo tubo di plastica semi trasparente, che adagiò con cura vicino all’ arto superiore del rosso appoggiato al bracciolo.
Axel seguì il tubo con lo sguardo, si sporse di qualche centimetro in avanti e osservò che era agganciato all’attaccatura del narghilè.
Sollevò un poco la testa e tornò a guardare il volto concentrato di Roxas, osservando come le sue labbra tese in un sorriso si socchiusero e si avvicinarono al beccuccio del  tubicino.
Il biondo aspirò un po’ di fumo,socchiudendo gli occhi e lasciandolo scivolare poco dopo fuori dalla sua bocca.
Axel rimaneva incantato da quelle labbra che aveva baciato solo una volta, le osservava contrarsi e ricoprirsi di fumo profumato.
Deglutì e inspirò profondamente, mentre l’odore di marijuana e quello di Roxas si mischiavano dentro di lui.
Il biondo inspirò ancora e questa volta si sporse in avanti, arrivando faccia a faccia con Axel.
I loro nasi si sfioravano, o forse era meglio dire che il biondo muoveva lentamente la propria faccia così da accarezzare quella del ragazzo sotto di lui con il suo volto.
Roxas si chinò  in avanti e inclinò il capo, facendo scivolare la bocca verso le labbra di Axel.
Non lo baciò, rimase fermo davanti al rosso con le labbra socchiuse da dove usciva una leggera scia di fumo;
le mani del ragazzo scivolarono ancora contro al cavallo dei pantaloni del rosso e lo accarezzarono, facendo gemere lievemente Axel.
E appena la bocca del rosso si schiuse Roxas avvicinò di un millimetro la sua, facendo sfiorare con lentezza le loro labbra bollenti.
Con un movimento della lingua fece uscire il fumo, che fino a poco prima aveva tenuto nei polmoni , fuori dalla bocca con lentezza, facendo scivolare quella sottile nube dentro la bocca di Axel.
Il rosso inspirò quasi automaticamente il fumo che il biondo gli stava passando, socchiudendo gli occhi e cercando di calmare i battiti eccitati del suo cuore.
Il rosso inspirò ancora e poi fece uscire la sostanza dal naso, osservando la figura di Roxas seduto sopra di lui circondata da fili di fumo e dalle luci colorate.
Tolse le mani dai braccioli della poltrona e sollevò le braccia, artigliando con le dita i fianchi del biondo.
Contemporaneamente al suo movimento sentì il corpo del ragazzo piegarsi verso di lui più di prima, mentre le sue labbra si sfioravano nuovamente con le sue.
Socchiuse la bocca, ignorando i gemiti che vi uscirono, e permise a Roxas di lasciargli tante scie di baci lungo le sue labbra.
Stava impazzendo, se solo avesse potuto …
Axel strinse più forte la presa sui fianchi di Roxas e issò la schiena dalla poltrona, spingendosi in avanti.
La mano destra che prima stringeva quasi con possessione il biondo adesso saliva verso l’alto quasi inconsapevolmente , finché non arrivò a spingere la testa del più piccolo contro la sua.
Si impossessò delle labbra di Roxas con più vigore, schiacciandosi contro di lui e mordendogli ogni pezzo di morbida carne avesse sotto mano.
Insinuò la lingua dentro la bocca del ragazzo sopra di lui e non si premurò di essere così gentile dal tirargli delle ciocche di capelli biondi per farlo partecipare.
Axel sfiorò la lingua di Roxas con la massima devozione, saggiando languidamente ogni parte che poteva.
Sfiorava sensualmente quelle labbra che tante volte lo avevano disprezzato e che tanto desiderava  con la sua lingua, per poi immergersi in un nuovo bacio con trasporto.  
Quel movimento assuefacente delle labbra durò poco, giusto il tempo per assaporare il sapore dell’altro e lasciarsi andare momentaneamente; 
Axel si annullò completamente sotto Roxas, sotto i suoi tocchi, sotto il suo bacio e nella sua mente rimbombò la voce di Marluxia.
« Sei così ciecamente preso da lui che ti lasceresti condurre sopra al ciglio di un burrone senza alcun timore. Non hai mai pensato che prima o poi ti farà cadere, mentre quel suo solito sorriso gli incornicia il volto e la sua voce ti dice " addio"?» glielo ripeteva spesso, ogni volta che lo trovava con lo sguardo rivolto al tramonto e l’espressione corrucciata.
Eppure ad Axel non importava affatto cadere, in ogni caso avrebbe trasportato più che volentieri Roxas con lui.
«Andiamo via.»
Quelle parole, sussurrate all’orecchio di Axel, lo fecero quasi sobbalzare sulla poltroncina;
non si era accorto di Roxas, ancora chino su di lui, che gli leccava la conchiglia dell’orecchio, non finché non l’aveva sentito sussurrarci dentro.
Per un istante si era perso dal mondo reale, ma adesso era tornato e le parole del biondo non potevano che intrigarlo.
«Andiamo … Dove?» domandò col fiato mozzato, mentre si leccava le labbra che ancora sapevano dell’altro ragazzo.
Roxas sorrise di sbieco e scivolò via da Axel, appoggiando i piedi per terra e aspettando che anche l’altro ragazzo si alzasse.
Cosa non molto facile, dato l’erezione che ancora pulsava nelle sue mutande, costretta dalla stoffa di pessima qualità che indossava.
«Conosco un posto poco lontano da qui dove non ci va mai nessuno; non a quest’ora, per lo meno.»
Era un’impressione di Axel oppure la voce del biondo suonava volutamente sensuale e lasciva?
Anche il rosso sorrise, scuotendo la testa.
«Ok allora, andiamoci pure.»
Non aggiunsero altro per tutto il tragitto, mentre Axel si lasciava trasportare e Roxas guidava.
Attraversarono la folla di ragazzi esaltati che cantavano e ballavano senza freni, uscirono dall’intero Sunset Hill e ripercorsero la strada a ritroso,
incontrando di tanto in tanto ragazzi ubriachi e ondeggianti per strada.
Aveva pressoché poca importanza che i tre quarti delle persone che si ritrovavano davanti erano intente vomitare l’anima al ciglio della strada oppure a scopare dietro un cespuglio,
per il momento la direzione di Axel e Roxas era lungo una via poco abitata e decisamente nascosta tra le case malandate.

C’era un piccolo posto, un nascondiglio segreto, nelle periferie di Twilight Town che spesso e volentieri i bambini nel pomeriggio usavano come ritrovo.
Era piccolo, angusto, eppure aveva attirato l’attenzione di Roxas molto più che un caffè a cinque stelle dal lato opposto della città.
Appena le mani del biondo scostarono una sudicia tenda marroncina – oppure era rossa?- entrambi i ragazzi entrarono dentro quella piccola concavità tra due vecchie case.
Axel si passò una mano dietro al collo, girando su sé stesso per poter osservare al maglio l’intero posto.
«Sembra un ripostiglio.» rise appena, sollevando un sopracciglio e scuotendo la testa, mentre i suoi occhi si spostavano dal poster del torneo di Struggle attaccato sulla parete alla poltrona quasi completamente distrutta dove si stava sedendo Roxas.
«Insomma, pensavo che a te piacessero posti ben più diversi di questo.» finì poco dopo, deglutendo e tenendo lo sguardo fisso sulla figura del biondo.
Possibile che anche in mezzo a tanta merda e sporcizia riuscisse ad assomigliare ad un principe viziato, con le gambe accavallate su una poltrona con le molle al vento e un muro scrostato dietro?
Forse era la sua espressione, quella luce che aveva negli occhi che faceva sentire tutti quelli che gli giravano attorno come se lui fosse il vero padrone.
Ma per Axel non era così, non più di tanto per lo meno.
Ammetteva che era bello, che era delizioso, ma sapeva anche quanto quel suo lato principesco fosse solo una fottuta finzione.
Quindi non riuscì a trattenere una risata quando vide la mano di Roxas fargli segno di avvicinarsi, proprio come farebbe un principe per chiamare il suo schiavo.
«Devo fischiare per farti venire qui oppure muovi il culo?» domandò retoricamente poco dopo, accavallando le gambe nuovamente.
Axel sollevò gli occhi al cielo e scosse la testa, raggiungendolo comunque.
Gli si piazzò davanti, mentre i suoi occhi verdi continuavano a vagare lungo il suo corpo.
«E adesso che siamo qui? Mi permetterai di scoparti? Sai com’è, qui sotto sono abbastanza eccitato.»
Roxas si morse il labbro inferiore con divertimento, scuotendo la testa e trattenendo una risata.
«Perché mai dovrei farlo? Come ti ho già detto non sono gay e non ci tengo ad avere il tuo cazzo nel culo.»
«Ti ostini ancora a … Ah, al diavolo!» sbottò Axel, spostandosi di qualche passo in avanti e appoggiando le mani sopra le spalle di Roxas. «Ricapitoliamo un po’ di cose, ti va? Mi hai fatto un pompino, mi hai baciato e ti sei fatto quasi scopare, hai ballato per me-  che sono un ragazzo, ti ricordo, e infine mi hai baciato, ancora. E questo  non è essere gay? » domandò sollevando un sopracciglio, sicuro al cento per cento di avere in pugno il biondo.
Eppure Roxas fece spallucce, sostenendo lo sguardo di Axel senza nessuna vergogna.
«E a me pare di averti detto che mi piace sperimentare.»
Il rosso scosse la testa, lasciandosi scappare dalla bocca un suono gutturale simile ad una risata.
«E va bene …» mormorò subito dopo, assottigliando lo sguardo e facendo più pressione sulle spalle del biondo.
Non aggiunse nient’altro, semplicemente si chinò in avanti fino ad inginocchiarsi davanti a Roxas.
Tenne lo sguardo alto, Axel, mentre con una mano sfiorava il cavallo dei pantaloni del biondo e osservava la sua bocca socchiudersi appena, quasi stupita.
Roxas non lo interruppe, non sollevò una mano per dargli un pugno né gli sbraitò contro; scivolò appena in avanti e sollevò il bacino, facendo carezzare con maggiore intensità la sua erezione.
Normalmente Roxas detestava lasciarsi andare oppure farsi toccare, preferiva di gran lunga avere lui il controllo, eppure per quella notte avrebbe fatto un’eccezione.
Tanto non significava nulla per lui, solo pura e semplice voglia di sperimentare.
Axel sorrise appena a quel gesto e alla consapevolezza che per una volta avrebbe potuto fare di testa sua, senza ritrovarsi con un calcio nelle palle.
La mano che fino a poco prima si muoveva con calma sopra i pantaloni adesso scendeva verso la zip, tirandola verso il basso e riempiendo l’intero ambiente con il suo suono leggermente stridente.
Allungò poi entrambe le mani sopra i pantaloni e cercò di calarli verso il basso, aiutato da Roxas che non si era fatto tanti scrupoli nel sollevare nuovamente il bacino.
Axel fece scivolare lentamente la stoffa lungo le cosce di Roxas, sfiorandole volutamente con le dita e godendone al tatto.
Erano morbide come pensava, ma sempre tanto diverse da quelle femminili che tante volte aveva saggiato.
Avevano una forma perfetta, per lui. Erano lisce, toniche e anche lievemente muscolose.
Ma adesso la sua attenzione si spostava lievemente più sopra alle sue cosce, così come le sue mani.
Con dita lievemente tremanti accarezzò la stoffa dei boxer firmati del biondo, continuando ad osservare dritto negli occhi Roxas.
Il ragazzo lo osservava di rimando, gli occhi lievemente lucidi e per la prima volta le guance arrossate per l’imbarazzo.
Era strano, pensò per un secondo Axel, come Roxas potesse imbarazzarsi per un motivo del genere quando nemmeno un’ora prima aveva ballato come una puttana davanti a centinaia di persone.
Ma l’importante era un’altra cosa: era vedere per una volta l’espressione di Roxas così cedevole, quasi arrendevole, mentre lo osservava e cercava di mantenere un po’ di contegno.
Era ancora più eccitante del bacio, più eccitante del ballo e più eccitante del fumo.
A
lla fine la passione poteva diventare una droga, bruciare fino ad esaurirsi; e dopo cosa ne sarebbe rimasto? Solo veleno per i polmoni.

Axel gemette un poco, stringendo più forte le mani sopra la stoffa e sentendo il sesso del biondo gonfiarsi sempre di più.
Si trattenne dal commentare, dal lanciare frecciatine o altro, non voleva rovinare nulla di tutto quello, non quando la situazione lo stava facendo impazzire dalla voglia.
Avrebbe voluto baciare Roxas ancora, pensava, ma doveva accontentarsi di continuare a muovere la mano, solleticando con le dita l’elastico dei boxer.
Un lieve gemito scaturì fuori dalle labbra di Roxas appena il rosso infilò un dito dentro le mutande, sfiorando i peli pubici e seguendo la linea dell’elastico.
Deliziato da quel suono Axel scivolò quasi completamente dentro i boxer del biondo, lentamente; 
sfiorò appena la punta del  membro del ragazzo con il pollice e, nello stesso momento,  allungò la mano sinistra verso il volto di Roxas.
Lo afferrò e lo trascinò in avanti, finché la bocca di Axel non si posizionò sopra il collo chiaro del più piccolo.
Axel sospirò, sentendo il fiato corto di Roxas contro di lui  e gli morse il collo, mentre la sua mano si chiuse attorno all'erezione del minore, accarezzandola lentamente. 

Mosse la mano più velocemente, su e giù, finché non sentì Roxas contrarsi sopra la poltrona malmessa e artigliarli con le dita le sue spalle.
Solo allora diede un altro morso al collo del biondo e poi si staccò da lui, spingendolo in indietro e facendo cozzare la sua schiena contro la poltrona.
Tolse la mano da dentro i boxer di Roxas e, prima che l’altro potesse parlare o domandare qualcosa, con entrambe le mani tirò l’intimo del ragazzo fino
a farlo scendere a terra, facendo compagnia ai pantaloni tolti poco prima.
Appena il biondo sentì i boxer togliersi, per la prima volta da quando era iniziato quella specie di gioco erotico con Axel, abbassò lo sguardo mentre un minimo
di pudore gli solleticò le guance e le rese rosse.
Il fulvo sorrise e decise di distogliere anche lui lo sguardo,  in un atto stranamente gentile.
Appena Roxas si  rese conto di non avere più lo sguardo pressante del rosso sopra di sé si mosse lievemente,  nella speranza di sistemarsi meglio sopra la scomoda
poltrona, ma alla fine rimase fermo li, con le gambe incollate nell’esatto punto di prima e le mani di Axel appoggiate sopra.
Axel  guardò per una manciata di secondi il petto del biondo prima di chinarsi su di lui; subito dopo prese nuovamente tra le mani il membro , questa volta stringendolo con entrambi i palmi.
Non sapeva se ne era capace, aveva una fottuta strizza alla bocca dello stomaco per la paura di combinare qualche cavolata, di vedere lo sguardo irrisorio di Roxas poco dopo.
Non aveva mai fatto nulla del genere ad un ragazzo prima d’ora, quindi considerava normale avere quella strana sensazione di timore annidarsi vicino ai polmoni, appesantendoli.
Scosse appena la testa, deglutendo.
Non era il momento per pensieri del genere o per la paura; aveva tra le mani Roxas, l’oggetto più recente dei suoi desideri, e finalmente poteva fargli sentire quello che
anche lui aveva provato qualche mese prima.
Inspirò un po’ d’aria e poi socchiuse gli occhi, avvicinando la punta della lingua verso la voglia di Roxas.
Sfiorò il suo membro lentamente, senza fretta. Fece scivolare la lingua sulla punta, artigliando con le mani le cosce di Roxas.
Era un piacere sentirlo fremere sotto di lui, mentre leccava tutta la sua lunghezza senza la minima fretta, facendo accrescere ancora di più i brividi nel ragazzo biondo.
Roxas a sua volta stringeva gli occhi e ansimava a bocca chiusa, stringendosi tra i denti il labbro inferiore.
Le gambe si contorsero, mentre la saliva calda del rosso non faceva altro che mandarlo in estasi.
Un miscuglio di sospiri, di gemiti mal trattenuti e di singhiozzi fu quello che susseguì per un breve periodo, finché Roxas non si sentì teso come una corda di violino e fu sul punto di venire.
Tese i muscoli all’inverosimile, mentre le pulsazioni della sua eccitazione aumentavano a dismisura e seguivano il ritmo del suo cuore.
Axel lo avvertiva, sentiva l’eccitazione di Roxas tra le sue labbra contrarsi e fremere, pulsare, e ad ogni sospiro dell’altro sentiva il suo ego crescere, gonfiarsi a dismisura.
Era lui l’artefice di quei gemiti, che con la lingua stava riuscendo a tirare fuori tutto dal corpo di Roxas.
Axel spingeva il suo capo in avanti, assecondando i ritmi del bacino del biondo finché non sentì il ragazzo sotto di lui fremere più di prima.
Allora succhiò più forte, artigliando le natiche di Roxas e stringendole più che poteva, affondando le dita nella pelle morbida e creando dei segni rossi al passaggio delle sue unghie.
Roxas gemette ancora, più forte, finché non si riversò dentro la bocca di Axel con un gemito più languido degli altri.
Il rosso si staccò appena dal membro del più piccolo, passandosi una mano sopra le labbra e assaporando il sapore acre del seme di Roxas.
Era caldo, aspro e, per quanto dovesse fargli schifo, non trovava nulla di male nell’averlo inghiottito.
Sollevò lo sguardo smeraldino verso Roxas e sorrise appena nel vederlo con il volto arrossato e il petto che si alzava e si abbassava velocemente.
Per un istante gli parve quasi umano, senza il suo piedistallo a elevarlo sopra gli altri.
Eppure quella visione durò poco, perché appena Roxas riuscì a riprendere fiato la sua solita espressione menefreghista ritornò a farsi spazio sul suo volto.
Senza dire niente si alzò dalla poltrona, storcendo il naso alla vista di una molla che fuoriusciva da un buco.
Si passò una mano tra i capelli biondi e con tutta la calma del mondo si chinò a terra, tirandosi si i boxer e poi i pantaloni.
Axel, dal canto suo, si era alzato da terra e se n’era fregato altamente delle ginocchia sporche ti terriccio e polvere; preferiva di gran lunga osservare Roxas, che come al solito fingeva che niente fosse cambiato.
«Adesso te ne andrai via e ti farai rivedere tra un paio di mesi?» domandò pacamente Axel, passandosi una mano tra i capelli e osservando dritto negli occhi il biondo.
Roxas fece spallucce e finì di sistemarsi per bene la camicia a mezze maniche, passando le mani sopra le piccole pieghe che si erano formate sui lati.
«Oppure non hai proprio intenzione di parlarmi più?» domandò poco dopo, notando che il più piccolo non aveva la minima intenzione di rispondere alla sua provocazione.
Axel sbuffò sonoramente e scosse la testa, girando su se stesso e guardandosi intorno quasi spazientito.
Roxas sorrise appena, mentre Axel era voltato, e sbuffò anche lui.
«Ci si vede quando ci si vede, va bene?»
Il rosso si fermò e si voltò verso Roxas, sollevando un sopracciglio.
«Wow, quindi potrò rivolgerti la parola senza che tu mi rivolga uno sguardo schifato?»
«Non te lo assicuro.» ammise con un ghigno.
Finito di parlare e di sistemarsi Roxas non fece nient’altro, semplicemente si comportò com’era suo solito fare e si incamminò verso l’angusta uscita di quel luogo.
Un po’ gli faceva schifo pensare di dover ritoccare quella tenda, ma doveva ritornare alla festa; il suo organizzatore non poteva tardare più di tanto, no?
« Aspetta, Roxas.»  esclamò Axel di punto in bianco, con uno strano tremore nella voce.
Quando vide il biondo fermarsi , fermarsi per davvero, e voltare appena il capo verso di lui sbatté le palpebre, incredulo.
Non pensava davvero che … Insomma, fino a qualche mese prima se avesse detto a Roxas di fermarsi si sarebbe ritrovato con un “vaffanculo” nell’aria e le spalle del biondo che si allontanavano ancora più velocemente, eppure adesso Roxas gli rivolgeva metà faccia e aspettava che continuasse a parlare.
Preso dalla foga e dall’eccitazione di quel momento Axel camminò verso di lui, appoggiandogli una mano sopra la spalla.
«Stavo pensando che … Insomma, domani io …» si maledì mentalmente, scuotendo il capo.
Possibile che i vergognasse di chiedere una cosa così stupida quando fino a poco prima aveva il suo cazzo in bocca? «Domani avevo intenzione di partire per una settimana o due al mare. Sai, li c’è un mio amico che mi ospita, è un bravo ragazzo. Beh, in ogni caso, mi chiedevo se volessi venire con me.
Ok, so che sei abituato a posti ben più lussuosi o robe del genere, ma … Sarà divertente, giuro.» si portò una mano al petto una volta finito di parlare, sorridendo appena e osservando il volto di Roxas.
Il biondo rimase fermo per un attimo, forse a pensare davvero se dire di sì oppure di no, ma alla fine si voltò con il suo solito sguardo freddo.
«Io  vivo una vita che in molti sognano. Quasi tutte le persone sono mediocri , girano per le strade e sanno già che non avranno mai nessuna avventura,  sanno di vivere una vita spenta e senza divertimento.
Io non sono così, io vivo il loro sogno nascosto e lo faccio in grande, altrimenti non ne varrebbe la pena.
Esagero, magari, ma vivo il loro sogno e non me ne pento.» si fermò un attimo, giusto il tempo per sogghignare e passarsi una mano tra i capelli spettinati.
«Quindi dammi una buona ragione per cui dovrei sprecare una settimana con te, al mare. »
Axel gli lasciò andare la spalla e sospirò, non sapendo nemmeno lui se essere offeso da quelle parole oppure divertito.
Alla fine sorrise amaramente, facendo spallucce.
«In effetti non credo che tu abbia davvero una buona ragione per stare con me.»
«Esatto.» disse Roxas con espressione seria in volto, eppure ad Axel sembrava di aver visto un minimo di mortificazione nei suoi occhi, ma probabilmente era solo lui che ci sperava con tutto il cuore.
«In ogni caso io te lo dico lo stesso, blondie. Domani alle 9 di mattina alla stazione, ti aspetterò li. Il treno parte alle 10.30, ma arrivando li prima possiamo anche fare colazione.»
Roxas fece spallucce e voltò le spalle ad Axel come prima, scostando poi la tenda marroncina con schifo e percorrendo le strade buie di Twilight Town.
«Ah, che Deja vù.» mormorò Axel al vuoto della stanzetta, mentre nella sua testa gli ritornava in mente quel pomeriggio passato con Roxas sopra la terrazza della scuola,
quando lo aveva visto allontanarsi senza sapere quello che sarebbe successo il giorno seguente.
Si passò una mano dietro al collo e camminò stanco verso la poltrona malridotta, scivolandoci sopra e chiudendo gli occhi.
Avrebbe dormito li, tanto di tornare a casa e sentire sua madre lamentarsi di non avere abbastanza soldi non ne aveva voglia,
specialmente perché sapeva che ad aspettarlo non avrebbe trovato nient’altro che spazzatura.



 

 

 

9:02:15

I secondi passavano e si trasformavano velocemente in minuti, che a loro volta lasciavano il posto alle ore.
Nessuno dei due si era presentato alla stazione.
Axel era ancora addormentato sulla poltrona nel posto segreto e Roxas era rimasto a guardare i treni partire dall’alto del suo appartamento.

   
 
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