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Autore: Acceleretor    22/07/2012    1 recensioni
Questa è la storia, più o meno reale della ascesa al potere musicale dei TMB, gruppo di mia appartenenza completamente Veneziano. Seguitela in molti!
Genere: Avventura, Azione, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo III: Un Tour turbolento

 

Premetto. Non avevo mai visto una batteria dal vivo e non potevo immaginare le misure di una di esse.

Erano le due del pomeriggio. C'era un sole che scioglieva le pietre. Quattro cretini aspettavano che un treno diretto a Treviso. Indovinate chi erano.

Ovviamente non poteva arrivare un normalissimo treno che comprendesse più di tre carrozze ed un briciolo di pulizia. No. Il nostro mezzo era una sottospecie di supposta a due vagoni, cigolava come un ferro vecchio e l'aspetto esteriore di sicuro non suscitava giovinezza. L'interno era anche peggio. Assomigliava all'intestino di un cammello, sia per l'odore rancido di piscio e sudore dei passeggeri sia per l'aspetto unto e cadente. Il cesso era un buco nel pavimento del treno che se non stavi attento la trazione della locomotiva poteva risucchiarti le palle. I sedili erano la cosa meglio. Sembrava di sedersi dentro una friggitrice ancora accesa e nessuno di noi aveva poi coraggio di alzarsi. I finestrini erano chiusi ermeticamente e l'unica aria condizionata che avevamo erano le scoregge di Angelo, che ci imbalsamavano per qualche minuto facendoci dimenticare il caldo. La velocità media era di 4 kilometri orari, senza contare i momenti in cui rallentava per aspettare le coincidenze. In sostanza l'unica cosa che funzionava li dentro era il culo di Angelo.

Comunque potete immaginare l'aria era attraversata oltre da peti anche dall'emozione e la fibrillazione di tutti: uno si scaccolava ed appiccicava le umide croste sui sedili per vedere se si univano con l'unto, uno disegnava col suo sudore corporeo su ogni superficie tangibile e, mentre il ciccione gli decantava le sue mitiche doti da nerd io me ne stavo tranquillo e beato ad attendere la fermata, divertito dalle varie figure di merda che continuavo a collezionare con loro...

Ok lo ammetto. Proprio tranquillo non stavo neanch'io. Dopotutto nessuno incitava lo scaccolatore a provare col cerume.

Sta di fatto che ci impiegammo quasi un'ora solo per arrivare a Treviso. Sembravamo appena usciti da una rimessa a causa dell'oliatura dataci dai sedili del treno ma bene o male ci presentammo alla stazione puntuali. Li cominciò l'attesa. Era la prima volta che incontravamo sto tizio, poteva essere un bambino come una mummia incartapecorita. Non avrebbe fatto differenza se con sé aveva ciò che bramavo tanto.

Dopo una decina di minuti ricevetti una telefonata dall'uomo, con le coordinate su come raggiungere la sua macchina nascosta nei dintorni. I passi si facevano pesanti ed il nervosismo saliva, per poi tramutarsi in imbarazzo appena visto e raggiunto il ragazzone che ci attendeva.

Davanti a noi si pose un uomo alto quasi due metri, muscoloso e di origini campagnole, credo. Come tradizione campagnola vuole, prima di presentarsi tirò giù due bestemmie che fecero vibrare la Panda con cui era arrivato. A quanto sembra le imprecazioni erano un richiamo per far uscire l'autista: un pelato alto un metro ed un peto di Angelo, senza denti con un paio di occhiali che brillavano tutt'uno col suo cranio.

Dopo le dovute presentazioni il campagnolo aprì il bagagliaio mostrandoci la merce. Sarò franco. A quel tempo mi sembrava una delle batterie usate di Mike Portnoy ma se dovessi descriverla ora come ora direi che era simile ad un cassonetto lasciato ad arrugginire fuori casa. Il rullo era un pezzo d'acciaio ammaccato sui bordi, con una sola pelle, tra l'altro bucata e decorata con qualche fallo ricordante Rocco Siffredi ed imprecazioni fuori luogo. Solo i Tom erano completi di due pelli. Peccato che uno era crepato all'interno e l'altro aveva della malta incollata sul fondo. Il timpano era il pezzo messo meglio, solo la laccatura poteva dirsi rovinata ma non aveva danni evidenti. La cassa si. Un cerchione d'appoggio pelli era incrinato ed impediva l'inserimento della copertura frontale. Il pedale sembrava un mattarello incrostato e le altre meccaniche non invidiavano i ferri usati nelle antiche officine. Parliamo dei piatti? Il Ride era intero ma il suo colore ricordava l'alone interno del treno. L'Hit Hat era distrutto mentre il Crash che mi ero fatto affibbiare, seppur di marca, era stato riparato con una placca di ferro uccidendolo definitivamente. Non avevo aste quindi ci improvvisammo con delle barre affilettate prese dal ferramenta.

Che volete che dica? Era un gioiello a quel tempo. Un gioiello grezzo che aspettava solo un grande batterista per essere portato alla luce. Peccato che io non fossi quel genere di batterista.

Date le banane al campagnolo e rispedendolo da dove veniva, il problema ora era il trasporto. Ci mettemmo più o meno mezzora a trovare un incastro decente per far muovere il sofferente carrettino che sorreggeva tutto.

Alla fine ci ritrovammo con un enorme carretto con i fusti piccoli, Angelo che viaggiava con la grancassa in mano o sopra la testa (assomigliava troppo alle scimmiette che i viandanti portano con se, quelle che suonano i piatti...Più che una scimmietta un orango...), Lali portava tutti i piatti ed il grasso le meccaniche. Io trainavo il carro.

Ovviamente nessuno si era reffatto che avevamo appena cinque fottuti minuti per tornare in stazione e prendere il treno di ritorno. Adesso io non so come fosse apparsa la scena alle persone che ci vedevano passare, ma son sicuro che vedere un filippino con una grancassa, un pel di carota con dei piatti distrutti, un ciccione pieno di ferraglia ed un capellone con un carretto gigante, che correvano come dei folli non fosse piacevole.

Comunque a salire sulla supposta di ritorno ci siamo riusciti, buttando la roba assieme ai nostri corpi prima che partisse. In quel momento mi venne scattata una foto epica. Epica dal momento che stavo ruminando un qualcosa sopra una pila di fusti marci dentro una sottospecie di carovana sorella di quella dell'andata. In compenso il viaggio è stato più veloce e tranquillo: niente caccole, niente sudore. Il meteorismo di Angelo era l'unica cosa rimasta invariata.

Ci sentivamo osservati, tutti avevano gli occhi su di noi. Insomma...Chi non ha mai fatto qualcosa del genere? Non mi sembrava poi troppo strano. Eppure i passeggeri non la vedevano così.

Raggiunta nuovamente la madre patria e scesi dalla carretta scassata ci si presentarono diverse difficoltà:

Ovviamente il merdosissimo capostazione dove scegliere di arrivare al binario 24 al posto del normalissimo binario 3. Il binario 24...L'unico binario in mezzo al nulla, l'unico lontano 800 metri dall'uscita e come fortuna vuole doveva trovarsi in mezzo agli scarti della stazione. Penso di averci impiegato di più per uscire dalla struttura che per arrivare a casa. Tra rovinacci, vecchiette che ti guardavano isteriche e capistazione coglioni in mezzo alle palle siamo riusciti a perdere 3 battelli consecutivi. In compenso il quarto era abbastanza deserto al suo interno ed abbiamo fatto una crociera felice. Felice fin che non siamo scesi. Ci siamo trovati ad un miglio dalla mia topaia. Un miglio infinito per me.

Iniziammo la spedizione in gruppo ma i pesi diversi tra i bagagli ci fecero dividere, sbattere contro i muri, sbagliare strada, rotolare per terra in cerca dei pezzi persi per strada e così via. Tre ore abbiamo passato per raggiungere un'abitazione che normalmente sarebbe stata a dieci minuti di strada dal punto di partenza. Ciò che conta è arrivare comunque. E quello che contava in quel momento era che finalmente potevo montare l'arcano attrezzo ora in mio possesso...

  
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