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Autore: Aya Lawliet ___backupFGI    23/07/2012    5 recensioni
[I Roteò e la magia dello Specchio]
«Mi hanno mandato via.»
«E perché?»
«Non sapevo ballare.»

{Li/Tia ♥ potenzialmente OOC}
Genere: Fluff, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Crack Pairing
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Volo di primavera ~

prompt: #077, coin

 

 

 

Caught up in circles, confusion is nothing new.

 

 

Dirlindur era un paese enorme agli occhi di un bambino spaurito. Le case erano grandi, le strade ampie e molto pulite. Quando si sedette su un muretto appena prima della piazza principale, a ripulirsi con qualche foglia secca i piedini esausti, Li si sentì quasi in colpa al pensiero di sporcare la pietra immacolata con tutta quella terra, polvere e sangue.

Aveva camminato per giorni e giorni, settimane e settimane, attraverso un bosco che sembrava non finire mai; ma anche se era più grande, anche se era più bella, questa città non era molto diversa dalle altre che aveva finora attraversato. Se ne accorse non appena le persone scese in piazza per il mercato si accorsero di lui e cominciarono a lanciargli sguardi preoccupati: avevano le stesse espressioni di tutti gli altri, tutti quelli che l’avevano visto nel corso di quel suo viaggio infinito. Aveva solo otto anni, ma cominciava a essere stanco di tutti quegli occhi ansiosi. Erano ancor più fastidiosi dei ciottoli che gli si appiccicavano ai piedi nudi e dei graffi che non avevano mai il tempo di rimarginare prima di ricominciare a sanguinare su nuovi selciati.

Dirlindur era un posto come tanti, sì; però c’era una bella fontana, in quella piazza, e Li dovette resistere con tutte le sue forze per non correrci dentro e restare là per sempre coi piedi a mollo e la testa tra le nuvole.

C’era davvero molta gente. La cosa strana era che il mercato in realtà era quasi deserto; le persone si affollavano piuttosto ai margini della piazza, attorno a uno spazio lasciato libero come per l’attesa di qualcosa, e quelli che lo guardavano non si limitavano a sollevare l’attenzione sulle sue misere condizioni – parole che Li aveva già sentito migliaia di volte – ma formulavano anche commenti su cose che il bambino non aveva mai sentito nominare.

«Avete visto i suoi piedi? Poverino.»

«Ed è così pallido! Per quanto avrà camminato?»

«Che sia anche lui un Roteò?»

«Impossibile. I Roteò si esibiscono sempre in gruppo.»

«Ma questo spiegherebbe la sua stanchezza.»

«E come volete che sia un Roteò, se è conciato così?»

Li cominciava a sentirsi a disagio. Va bene, era una cosa che gli succedeva ogni volta che arrivava in un posto nuovo – per quanto ci provasse, non riusciva ancora a fingere indifferenza, non quando dentro aveva solo voglia di urlare. Non gli era mai piaciuto che lo guardassero così e che parlassero di lui senza neppure curarsi di abbassare la voce. Quelle parole incomprensibili gli erano assolutamente nuove, però. Che cosa cavolo erano i ‘Roteò’?

Distolse lo sguardo dalla folla stranamente ammucchiata insieme, e continuò a massaggiarsi i piedi e a studiare le mura che circondavano la piazza. Non gli ci volle molto a trovare una risposta, a onor del vero.

Le Roteò si sarebbero esibite a Dirlindur quel giorno stesso: così diceva un manifesto non molto lontano dal suo muretto. A quanto pareva, si trattava di ballerine. Ballerine con uno spettacolo itinerante.

Il primo impulso di Li fu quello di rialzarsi subito e fuggire via a gambe levate. E l’avrebbe fatto, se solo quelle gambe lo avessero retto abbastanza a lungo.

Dovette accontentarsi di strisciare via piano, come un cucciolo rispedito nella cuccia, come ormai era abituato a fare.

 

 

Flashback: warm nights almost left behind,

Suitcases of memories, time after–

 

 

Dirlindur era un paese bellissimo agli occhi di una bambina come Tia. Lo spettacolo sarebbe iniziato di lì a poco, e lei avrebbe dovuto provare gli esercizi di riscaldamento con le compagne, ma Cicà, Ima e Tuty sapevano benissimo che Tia non riusciva a starsene buona a fare il suo dovere, quando era circondata da giardini lussureggianti e casette bianche come lo zucchero e sentieri di ciottoli luminosi – e allora l’avevano lasciata andare ‘in esplorazione’, come diceva lei, sorridendo della sua poca concentrazione e sapendo che poi sarebbe stata in prima linea per farsi perdonare.

Era più forte di lei. Non resisteva, non poteva resistere, di fronte a un mondo così armonioso. Dopotutto il buon Socras l’aveva predetto, che ciascuno di loro – dei Roteò e delle Roteò – avrebbe finito con l’incanalare nella magia della danza il dono che più lo contraddistingueva; così, se Cicà era in grado di trasmetterti tutta la sua grinta, e Ima ti faceva amare la bellezza, e la piccola Tuty ti regalava tutta la sua precisione, Tia era una manifestazione di pura grazia vivente – perché era la grazia ciò che amava di più al mondo. E in un posto perfetto come Dirlindur, di grazia ce n’era tanta, troppa per limitarsi a danzarci attraverso senza toccarla.

Correva con i capelli al vento, ridendo del contrasto tra l’equilibrio delle torri di questa città e il folle disordine che regnava tra le mura di Capricciuk, l’ultimo scenario del loro numero – che aveva fatto ridere Tuty e Cicà fino alle lacrime e fatto inorridire lei e Ima. Correva leggera, felice del semplice essere lì e ancor più della prospettiva di danzare per gli abitanti del posto; ed era così presa dalla vista che anche una semplice stradina tra due case poteva offrirle, che non si accorse di avere incrociato il cammino di qualcuno finché non gli fu proprio di fronte.

Tia si fermò con un agile volteggio, appena prima di investire il bambino dai capelli biondi che si trascinava nel vicoletto.

Lo guardò da vicino. Era pallido, e anche se non poteva essere molto più giovane di lei, dimostrava molto meno dei suoi anni. Era smunto e stanco e, quando Tia gli sorrise, si affrettò ad abbassare quegli occhi verdi e tristi che parevano troppo grandi per il suo visetto segnato.

Tia comprese il motivo della sua visibile debolezza solo quando lasciò scivolare lo sguardo sui suoi piedi imbrattati di sangue, fresco e rappreso.

Alzò di nuovo gli occhi per cercare i suoi. «Da dove vieni, bambino?»

Lui continuò a guardarsi le dita sporche, incupito. «Da molto lontano.»

«E dove sono la tua mamma e il tuo papà?»

«Mi hanno mandato via.»

«E perché?»

«Non sapevo ballare.»

Tia s’imbronciò. «Che motivo stupido per mandarti via.»

Il bambino alzò timidamente gli occhi, stupito. Lei sorrise di nuovo e lui arrossì un po’.

«Allora non ti piace ballare?»

«Mi piaceva. Papà e mamma lo facevano tutte le sere, e io raccoglievo le monete nel cappello. Ma non sono mai stato utile per nient’altro e alla fine mi hanno mandato via.»

La voce del bambino era rauca e sottile insieme, come se non la usasse da molto tempo. Tia non ci fece caso. Si era appena resa conto di una cosa molto triste.

«Allora tu non vedrai a vederci...»

Il bambino scosse pian piano la testa. «Tanto non ho nemmeno dei soldi...»

«Oh» fece Tia, sorpresa, «ma noi non balliamo mica per i soldi!»

Lui la guardò più sorpreso ancora. Tia sorrise, disse «Sta’ a guardare», e cominciò a ballare in cerchio nel vicolo, canticchiando la sua canzoncina che parlava di nodi e di fiocchi e avvicinandosi sempre più al bambino dai capelli biondi, fino a fermarglisi vicino e a stampargli un bacio sulla guancia.

Il bambino si fece tutto rosso e mosse qualche passo indietro, sporcando ancora un po’ il selciato di sangue e terra.

«Anche se non sai ballare come i tuoi genitori volevano» gli disse Tia, «non significa che non devi più sorridere, sai?»

 

 

Then you say: go slow; I fall behind.

 

 

La bambina dai lunghi capelli scuri corse via veloce com’era apparsa, salutandolo allegramente con la mano, e Li immaginò che tornasse dalle sue compagne – le Roteò – perché non poteva che essere una di loro – e rimase a guardarla sparire intontito, quasi tentato dall’idea di andare comunque a guardarlo, quel suo spettacolo. Perché lei gli aveva appena dato qualcosa... Non sapeva bene cosa, ma qualcosa c’era, di sicuro. Qualcosa di caldo e piacevole, che gli vibrava nel petto e lo faceva sentire un po’ meno perso, un po’ meno triste.

Forse dopotutto non tutte le persone erano come suo padre e sua madre e gli abitanti delle città che c’erano lungo la strada.

Forse dopotutto la bambina aveva un po’ ragione.

Per la prima volta da molto tempo, sorrise.

 

 

If you’re lost, you can look and you will find me,

Time after time.

If you fall, I will catch you, I’ll be waiting,

Time after time.

 

 

Pisolandia è un paese assurdo agli occhi di un gruppo di ragazzi che vuole solo portare un po’ di musica e di giravolte nel mondo. Per Li, poi, è ancora più assurdo, da quando ha scoperto che nelle mura di quel paese quattro ragazzine sono state imprigionate per aver disturbato il sonno sempiterno degli abitanti. Soprattutto, è assurdo che una di quelle ragazzine sia proprio lei.

Si sono visti una volta sola, più o meno quattro anni fa, e l’uno non sa il nome dell’altro; ma quando Li la salva dalla torre, Tia lo guarda, lo riconosce e sorride.

Ha lo stesso sorriso che aveva il giorno in cui ha insegnato a sorridere anche a lui.

 

 

Time after time.

 

 

 

 

 

 

Nota: Vi ricordate i vecchi cartoon della Kinder & Ferrero? Io ci sono cresciuta. E non mi vergogno di dire che alcuni, a volte, me li guardo ancora, DUH. xD

I Roteò è un cortometraggio molto infantile, molto semplice ma anche molto dolce, e mi ricordo che da bambina shippavo follemente Li/Tia – non so bene perché, giuro, è così e basta. Qualche settimana fa l’ho guardato di nuovo insieme a mio fratello e mi sono resa conto che un po’ li shippo ancora. Così ho pensato di scribacchiare qualcosa, perché più uno sfigafandom è sfigato, più a me viene voglia di scriverci qualcosa – orsù, ormai dovreste conoscermi! u_ù

Questa shot è palesemente una what if, e l’ho immaginata perché Li è un personaggio adorabile, sempre pronto a ridere e scherzare nonostante (oppure grazie a?) il suo essere solo (e libero) al mondo, e ciò per me presuppone un passato angst *-* Così ho pensato, stai a vedere che magari, proprio dopo il suo essere rimasto solo e aver iniziato a vagabondare, ha incontrato qualcuno che gli ha fatto conoscere il valore di un sorriso? L’accostamento con Tia è fulmineo. Dopotutto, nella canzone finale del cartoon, viene detto espressamente Io sono Tia / il mio sorriso è un volo / che la primavera ti porterà. (Da qui il titolo, by the way.)

Non ultimo, aggiungete il fatto che sto vivendo un bruttissimo periodo familiare e ora come ora non mi dispiacerebbe essere appunto sola e libera come Li... Forse in realtà è soprattutto questo ad avermi influenzata nella scrittura di questa bimbominkiaggine o_ò Beh, spero di non avervi appena traumatizzato!

Ultime noticine: le età dei personaggi sono assolutamente inventate; i nomi delle città no, vengono dal cartoon, e Capricciuk l’ho scovata nel sito ufficiale; la canzoncina di Tia cui faccio riferimento dice gira / e se hai un nodo che ti assilla / un fiocco diverrà; la lyric integrata nel testo è tratta da Time after time di Cyndi Lauper.

   
 
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